ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1,
 della   legge   27   luglio  1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento
 penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
 della liberta'), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1994 dal
 Tribunale  di  sorveglianza di Sassari sull'istanza proposta da Costa
 Giovanni, iscritta al n. 8 del registro ordinanze 1995  e  pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 maggio 1995 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
    Ritenuto che il Tribunale di  sorveglianza  di  Sassari,  con  una
 prima  ordinanza  del 23 settembre 1993 (r.o. n. 736 del 1993), aveva
 sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4-bis,
 comma  1,  della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
 penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
 della  liberta'),  come sostituito dall'art. 15, comma 1, lettera a),
 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306,  convertito  nella  legge  7
 agosto  1992,  n.  356, nella parte in cui subordina l'ammissione del
 condannato  al  regime  della  semiliberta'  al   presupposto   della
 collaborazione  con  la  giustizia  a  norma  dell'art. 58- ter della
 medesima legge;
     che il giudice  a  quo,  data  l'applicabilita'  di  tale  regime
 normativo  anche ai condannati con sentenza definitiva anteriore alla
 data di entrata in vigore della nuova  disciplina,  ne  ravvisava  il
 contrasto  con  l'art.  25,  secondo  comma,  Cost., ritenendo che il
 principio di non retroattivita' della legge penale dovesse estendersi
 anche  "alle  disposizioni  di  natura  sostanziale   relative   alla
 modalita'  di esecuzione della pena ed in particolare alle misure al-
 ternative alla detenzione";
      che il medesimo giudice ravvisava  inoltre  il  contrasto  della
 norma   impugnata   con   l'art.   3  Cost.,  perche'  l'applicazione
 retroattiva della nuova disciplina avrebbe  concretato  un  diseguale
 trattamento  di  condannati  i  quali  avessero  parimenti espiato il
 periodo minimo di pena previsto dalla  legge  per  l'ammissione  alla
 semiliberta',  a  seconda  che,  prima  dell'entrata  in vigore della
 medesima disciplina,  anche  per  circostanze  casuali,  il  relativo
 procedimento di sorveglianza fosse stato o meno definito;
      che  questa Corte, con ordinanza n. 367 del 1994, ha ordinato la
 restituzione degli atti al predetto Tribunale  di  sorveglianza,  per
 nuovo  esame  della  rilevanza  della  questione,  data  la possibile
 incidenza sulla stessa della sopravvenuta sentenza n. 357  del  1994,
 con  la  quale  e'  stata  dichiarata l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 4-bis, comma 1, secondo periodo, della  legge  n.  354  del
 1975, come sostituito dall'art. 15, comma 1, lettera a), del decreto-
 legge  n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992, nella
 parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo  periodo  del
 medesimo  comma  possano  essere  concessi  anche  nel caso in cui la
 limitata partecipazione al  fatto  criminoso,  come  accertata  nella
 sentenza  di  condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con
 la giustizia, sempre che  siano  stati  acquisiti  elementi  tali  da
 escludere  in  maniera  certa  l'attualita'  di  collegamenti  con la
 criminalita' organizzata;
      che con la nuova ordinanza di rimessione,  ora  all'esame  della
 Corte,  il  Tribunale  di  sorveglianza  di  Sassari, riproponendo la
 medesima questione di legittimita' costituzionale, di cui afferma  la
 perdurante  rilevanza,  osserva che dalla "motivazione della sentenza
 (di condanna), e dalla stessa entita' della condanna inflitta, appare
 evidente la circostanza che la partecipazione del Costa  Giovanni  al
 fatto  criminoso  sia  tutt'altro  che  marginale,  ne' d'altra parte
 questa  circostanza  e'  stata   prospettata   da   questo   Collegio
 nell'ordinanza di rimessione (precedente)", sicche' nessuna incidenza
 puo'  avere  sulla  fattispecie  la  sentenza n. 357 del 1994, per la
 quale si puo' prescindere da una  collaborazione  rilevante  ai  fini
 dell'ammissione alle misure alternative alla detenzione solo nei casi
 di   limitata  partecipazione  al  fatto  criminoso  accertata  nella
 sentenza di condanna;
      che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,   rappresentato   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,
 concludendo per l'infondatezza della questione;
    Considerato  che,  successivamente   alla   riproposizione   della
 questione,  questa  Corte, con sentenza n. 68 del 1995, ha dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale,  tra  l'altro,  del  medesimo  art.
 4-bis,  comma 1, secondo periodo, della legge n. 354 del 1975, "nella
 parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo  periodo  del
 medesimo  comma  possano  essere  concessi  anche  nel  caso  in  cui
 l'integrale accertamento dei fatti e  delle  responsabilita'  operato
 con  sentenza  irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione
 con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi  tali  da
 escludere  in  maniera  certa  l'attualita'  di  collegamenti  con la
 criminalita' organizzata", con cio' venendosi a superare il ristretto
 ambito della limitata partecipazione  al  fatto  criminoso  preso  in
 considerazione dalla precedente sentenza n. 357 del 1994;
      che  nella  prima  ordinanza  di rimessione, ove si trovano piu'
 completamente esposte le ragioni  dei  dubbi  di  incostituzionalita'
 ravvisati  dal  Tribunale di sorveglianza di Sassari, ribaditi con la
 seconda ordinanza, si precisa  tra  l'altro  che  il  richiedente  la
 semiliberta' aveva, durante il processo di cognizione, "optato per un
 atteggiamento   di   sostanziale   rifiuto   a   qualunque  forma  di
 collaborazione", e cio' a differenza di "alcuni dei correi,  i  quali
 prestarono  un'attivita'  collaborativa  con  gli organi inquirenti e
 contribuirono pertanto a fare luce completa sulle dinamiche  e  sulle
 modalita'   di   compimento   del   reato,  determinando  le  precise
 responsabilita' dei compartecipi al reato e facendo luce su tutti gli
 aspetti del sequestro di persona commesso";
      che in tal modo, si precisa  ancora  nell'ordinanza,  "al  Costa
 veniva    sostanzialmente    preclusa   qualunque   possibilita'   di
 collaborazione futura  (  ..),  non  esistendo  piu'  alcun  elemento
 residuo di incertezza su cui far luce";
      che    dunque,    secondo    quanto    espressamente   affermato
 dall'autorita'  rimettente,  l'ostacolo  alla  concedibilita'   della
 misura  alternativa  richiesta  deriva  dalla  mancanza del requisito
 della collaborazione con la giustizia, che non sarebbe comunque  piu'
 prestabile  da  parte del condannato, non potendo ormai una eventuale
 condotta collaborativa essere "utile" nei sensi  precisati  dall'art.
 58-  ter  dell'ordinamento  penitenziario, in relazione all'integrale
 accertamento  dei  fatti  e  delle  responsabilita'  operato  con  la
 sentenza di condanna;
     che  tale ostacolo, peraltro, potrebbe nella specie essere venuto
 meno, a seguito della declaratoria di illegittimita' dell'art. 4- bis
 recata, in parte qua, dalla citata sentenza n. 68  del  1995,  emessa
 dopo la proposizione della nuova ordinanza di rimessione;
      che,  pertanto,  questa  Corte deve necessariamente provvedere a
 una nuova restituzione degli atti al giudice  a  quo,  per  ulteriore
 esame  della rilevanza della questione, questa volta basato sul novum
 rappresentato dalla sentenza n. 68 del 1995.