IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza di rinvio degli atti alla
 Corte costituzionale, letti gli atti del  procedimento  n.  2775/1995
 r.g.g.i.p. nei confronti di:
      1)  Stefanuto  Pierdomenico nato il 20 giugno 1951 a Portogruaro
 (Venezia), residente a Codroipo (Udine), via  Trento  n.  7,  con  il
 domicilio  eletto  in Camino al Tagliamento (Udine), via Comunis n. 2
 presso l'azienda agricola "Le Gru";
     2) Scaini Guido  nato  il  5  maggio  1969  a  Codroipo  (Udine),
 residente  a  Varmo (Udine), fraz. Gradiscutta, via del Mulino n. 36,
 persone sottoposte ad indagini in ordine al reato p. e  p.  dall'art.
 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431;
    Vista  la  richiesta  del  pubblico ministero pervenuta in data 11
 aprile 1995 che, all'esito delle indagini preliminari, insta  per  il
 giudizio    incidentale    di    legittimita'    costituzionale    e,
 subordinatamente, per l'archiviazione per infondatezza della  notizia
 di reato ai sensi dell'art. 554 del c.p.p. osserva.
    Il  procedimento  penale  trova la sua origine nella comunicazione
 della notizia di reato in data 26 aprile 1993 da parte  degli  agenti
 del   Comando   vigilanza   ittico   venatoria   dell'amministrazione
 provinciale di Udine i quali accertarono  nel  corso  dell'aprile  di
 quell'anno   l'avvenuta   ceduazione  su  terreni  di  cui  risultava
 affittuaria l'azienda agricola "Le Gru", appunto  amministrata  dallo
 Stefanutto,  e su terreni nella disponibilita' di certo Scaini Guido,
 di  un  bosco  di  particolare  pregio  naturalistico   posto   sulle
 particelle  20,  23  e  24  del  foglio  3  in comune di Varmo, delle
 dimensioni di mq. 6000 circa.
    Lo stesso si situava sulle rive del fiume "Roggia di Varmo", acqua
 regolarmente iscritta al n. 403 dell'elenco delle acque pubbliche,  e
 si inseriva in una piu' vasta zona alberata costeggiante le sue rive:
 sussistevano, pertanto, tanto il vincolo imposto dall'art. 1 lett. c)
 della  legge  n. 431/1985 quanto quello di cui alla sua lett. g); per
 di piu' ricadendo la zona in ambito di  tutela  ambientale  integrale
 denominata  "E2"  Roggia  di  Varmo  ricompresa nell'ambito del Parco
 regionale del fiume Tagliamento, era pure  configurabile  il  vincolo
 previsto dalla lett. f) legge cit.
    I lavori, come comprovato anche dai fascicoli fotografici in atti,
 avevano  provocato  un visibile e rilevante mutamento dello stato dei
 luoghi con il taglio ceduo di decine di alberi di alto fusto, in  una
 zona   espressamente   definita  dai  verbalizzanti  "di  particolare
 interesse  naturalistico":  non  vi  e'  dubbio,  pertanto,  che   in
 conseguenza  dell'impatto  ambientale e del deturpamento estetico del
 paesaggio, gli  stessi  necessitassero  dell'apposita  autorizzazione
 c.d. "paesistica" ai sensi dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n.
 1497,  come  prescritto  dall'art.  82,  quinto  comma, del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616, introdotto dall'art. 1, primo comma, della legge
 n. 431/1985 di conversione del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312.
    Nel  corso  delle  indagini   si   appuro',   invece,   che   tale
 autorizzazione  non era stata ne' richiesta ne' coneguita, ma che gli
 autori del taglio avevano ricevuto assicurazioni dal comune di  Varmo
 circa  la  superfluita' della stessa per effettuare in loco lavori di
 ceduazione interessanti piante di alto fusto.
    L'intervento attuato trova la sua specifica disciplina nella legge
 urbanistica generale della regione Friuli-Venezia  Giulia  la  quale,
 avvalendosi  della  potesta'  normativa primaria nel settore concessa
 dall'art. 4 n. 12 dello statuto di autonomia, ha  previsto  nell'art.
 131,  decimo  comma,  della  legge regionale 19 novembre 1991, n. 52,
 introdotto  dall'art.  23,  secondo  comma,  della legge regionale 14
 luglio  1992,  n.  19,  l'esenzione  "(d)all'autorizzazione  prevista
 dall'art.  7  della  legge 29 giugno 1939, n. 1497" oltreche' per una
 serie di interventi edilizi, pure per "le  operazioni  ammesse  dalle
 vigenti   norme   ed  attinenti  all'attivita'  agricola,  al  taglio
 colturale del bosco, al taglio  di  diradamento,  all'avviamento  del
 bosco  ceduo  al  governo  ad  alto  fusto, ai tagli di utilizzazione
 boschiva, alla forestazione,  alla  riforestazione,  agli  interventi
 antincendio  e di conservazione, escluse le opere di difesa forestale
 e di sistemazione idraulico-forestale, le piste forestali,  le  opere
 di bonifica fondiaria, ivi compresi i riordini fondiari (lett. b).
    Poiche'  e'  indubbio  che  l'intervento  eseguito  dalle  persone
 sottoposte ad indagini rientri nel "taglio  colturale  del  bosco"  e
 deve presumersi (per espressa indicazione della Stazione forestale di
 San Giorgio di Nogaro) sia stato eseguito in conformita' alle vigenti
 norme  essendo rispettati gli artt. 36 e 44 del regolamento regionale
 contenente prescrizioni di massima e di  polizia  forestale  previste
 dall'art. 10 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (prevedendo l'art. 36
 nei  cedui  semplici la superfluita' delle riserve di matricine per i
 tagli di robinie, castagno, ontano, salice e pioppo e l'art. 44  cit.
 la   facolta'  di  capitozzatura  dei  boschi  soggetti  a  periodica
 prolungata  sommersione  per  le  specie   del   genere   "Salix"   e
 "Platanus"),  ne discende l'esenzione dalla necessita' di conseguire,
 in virtu' della  richiamata  norma  regionale  l'autorizzazione  c.d.
 "paesistica",  atteso  che  l'art.  131,  decimo  comma,  della legge
 regionale n. 52/1991  la  rende  superflua  "nell'ambito  delle  zone
 elencate  al  quinto comma dell'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616", senza precisamente distinguere al loro interno.
    Legittime risultano, pertanto,  le  condotte  dello  Stefanutto  e
 dello  Scaini, in quanto contenute ed autorizzate dalle vigenti norme
 regionali.
    Si impone,  peraltro,  la  questione  di  costituzionalita'  delle
 medesime,  apparendo  esse non conformi ai dettati costituzionali per
 violazione di principi generali posti  dalla  legge  c.d.  "Galasso",
 dalla   stessa   qualificati  come  "norme  fondamentali  di  riforma
 economico-sociale"  (art.  2)   e   non   derogabili   quindi   dalla
 legislazione   regionale,   neppur  primaria,  e  meramente  ispirate
 dall'intento del legislatore regionale di attrarre nell'ambito  della
 normativamente  prevalente  materia urbanistica pure settori relativi
 alla   disciplina    dell'ambiente,    intento    gia'    all'origine
 dell'impugnativa  dell'intera  legge  n.    431/1985 con conflitto di
 competenza per l'asserita lesione dell'autonomia primaria in  materia
 urbanistica  (censura  respinta dalla Corte costituzionale nella nota
 sentenza n. 151/1986).
    La legge nazionale, infatti, consente  nei  territori  coperti  da
 foreste  e  da  boschi, vincolati ai sensi dell'art. 1 lett. g) della
 leggge n. 431/1985 " .. il  taglio  colturale,  la  forestazione,  la
 riforestazione, .. previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti
 in  materia"  (art.  82,  ottavo  comma,  del  d.P.R.  n.  616): cio'
 significa che le ordinarie  attivita'  di  utilizzazione  del  bosco,
 svolte nel rispetto delle prescrizioni per esse imposte, sono tuttora
 ammesse  proprio  perche' l'osservanza delle norme forestali, poste a
 tutela e valorizzazione di  tali  luoghi,  garantiscono  l'innocuita'
 dell'intervento  e  rappresentano una garanzia della sua correttezza;
 per  tal ragione per espresso disposto normativo i progetti di taglio
 e forestazione devono previamente  essere  esaminati  ed  autorizzati
 dagli  organi  competenti (Cass. 6 aprile 1993, n. 3147, ric. p.m. in
 proc. De Lieto).
    E', pertanto, vietato qualsiasi intervento boschivo  diretto  alla
 distruzione  anziche' alla conservazione del bosco quale, ad esempio,
 il taglio a raso di piante, idoneo  per  le  sue  caratteristiche  ad
 indurre  un'alterazione permanente dello stato dei luoghi e rilevanti
 modifiche al sistema ambientale  nelle  sue  componenti  estetiche  e
 naturalistiche  (Cass. 30 novembre 1988, ric. Poletto; Cass. 14 marzo
 1992, n. 2704, ric. Martelli); e' al contrario consentita, in assenza
 di autorizzazione, "l'attivita'-agro-silvo-pastorale che non comporti
 alterazione  permanente  dello  stato  dei  luoghi  per   costruzioni
 edilizie od altre opere civili" (art. 82, dodicesimo comma, d.P.R. n.
 616/1977  introdotto  dall'art. 1 della legge n. 431), norma volta ad
 agevolare lo svolgimento dell'ordinaria attivita'  agricola  in  zona
 tutelata   per   gli  inevitabili  ma  inoffensivi  minimi  mutamenti
 esteriori che essa comporta (tant'e' che resta esclusa dall'esenzione
 qualsiasi modifica dovuta a  costruzioni  edilizie  pur  se  connesse
 all'attivita'  agro-silvo-pastorale)  e che si reputa, per quanto qui
 di  interesse,  consenta  gli   interventi   di   silvicoltura   (non
 distinguibili,  per  la  verita', dal taglio colturale) in assenza di
 autorizzazione paesaggistica alle stesse condizioni imposte dall'art.
 82, ottavo comma, d.P.R. n. 616 cit. prima  esaminato,  cioe'  previa
 autorizzazione   forestale  rilasciata  in  base  alla  normativa  di
 settore.
    Secondo l'interpretazione preferibile, peraltro, tali attenuazioni
 di tutela, giustificate da comprensibili  ragioni,  devono  limitarsi
 per  cio'  che  concerne  i  boschi  e  le  foreste alla sola ipotesi
 prevista dalla lett. g) dell'art. 82, quinto  comma,  del  d.P.R.  n.
 616, cioe' al corrispondente vincolo, con esclusione della situazione
 in  cui  boschi  e  foreste siano ricompresi contestualmente in altra
 zona di tutela: cio' sia per ragioni letterali ("nei boschi  e  nelle
 foreste  di cui alla lett. g) del quinto comma ..": ottavo comma) sia
 per ragioni sistematiche poiche' in tal caso il bosco (ad es. situato
 sulla riva di un fiume) o la foresta (in ipotesi localizzata oltre  i
 1600  metri alpini) sorgono su una porzione di territorio gia' in se'
 ed autonomamente tutelata, per cui  il  preesistente  vincolo  permea
 anche  la  vegetazione  esistente in loco e tale da rappresentare una
 struttura costitutiva di quell'ambiente sotto il profilo  estetico  e
 biologico, sicche' la riduzione della superficie boscata o, comunque,
 il  mutamento esteriore restano soggetti alla necessita' della previa
 autorizzazione, in ipotesi di una  eventuale  favorevole  valutazione
 dell'impatto  ambientale dell'intervento, poiche' un taglio colturale
 indiscriminato  muterebbe  irreversibilmente  il  volto  di   un'area
 autonomamente   vincolata   per   le  sue  pregevoli  caratteristiche
 paesaggistiche e naturali.
    Ed  invero  in  tali  casi  benche'  un  intervento   di   normale
 utilizzazione  della  risorsa  boschiva  che non ne alteri, pertanto,
 l'essenza puo' presumersi non in contrasto con la  tutela  costituita
 dallo  specifico  valore  paesaggistico rappresentato dai boschi, ben
 potrebbe il medesimo intervento recare pregiudizio agli altri  valori
 ambientali  singolarmente  e  contestualmente  protetti:  si pensi al
 fatto che il vincolo di cui alla lett. c) dell'art. 82, quinto comma,
 d.P.R.  n.  616/1977 non fa riferimento al solo corso d'acqua ma pure
 ad una vasta fascia  circostante  dell'ampiezza  di  150  metri,  col
 preciso  intento  di salvaguardare anche le sponde che caratterizzano
 il corso fluviale, normalmente connotate  da  una  precisa  identita'
 botanica  e  faunistica che identifica un pregevole habitat naturale,
 sicche' le esigenze di  utilizzazione  colturale  del  bosco  possono
 cedere  a  fronte della necessita' di mantenere inalterato l'ambiente
 fluviale nel suo complesso.
    Si ritiene, pertanto, che l'esonero dal vincolo per le opere indi-
 cate dall'art. 82,  ottavo  comma,  del  d.P.R.  n.  616  cit.  valga
 solamente  per i boschi e le foreste classificati dall'art.1 lett. g)
 della legge n. 431 non  topograficamente  ricompresi  in  altra  area
 indicata  in tal ultima norma, rivivendo al contrario il vincolo, con
 la conseguente necessita' di ottenere la  preventiva  autorizzazione,
 ogniqualvolta   si   vogliano   apportare   al  territorio  mutamenti
 visivamente   apprezzabili   (ivi   compresi   tagli   colturali    e
 forestazioni),  quando  convivano  altri  vincoli imposti dall'art. 1
 cit.;    consegue    altresi'    l'applicabilita',    per    pacifica
 interpretazione  della  sanzione penale prevista dagli artt. 1-sexies
 della legge n. 431 e 20 lett. c) della legge 28 gennaio 1985, n.  47,
 nell'ipotesi in cui tale autorizzazione non sia stata rilasciata.
   La  normativa  regionale, al contrario, pur perseguendo un lodevole
 sforzo di semplificazione e razionalizzazione nell'art.  23,  secondo
 comma,  lett.  b)  della  legge n. 19/1992 (ove, infatti, si elencano
 unitariamente   tra   gli   interventi   esenti   da   autorizzazione
 paesaggistica  le  operazioni  attinenti all'attivita' agricola: art.
 82, dodicesimo comma,  del  d.P.R.  n.  616/1977  e  quelli  relativi
 all'attivita'  boschiva  in  genere: ottavo comma) oltre ad aver reso
 superflua la necessita' di un'apposita autorizzazione  forestale  per
 gli  interventi  di  ceduazione, essendo sufficiente la loro astratta
 "ammissibilita'" sulla base delle vigenti norme di  settore,  non  ha
 soprattutto distinto, in difformita' dalle previsioni del legislatore
 nazionale,  nell'ambito  dei  luoghi  elencati  dall'art.  82, quinto
 comma, del  d.P.R.  n.  616  all'interno  dei  quali  gli  interventi
 boschivi  siano  realizzati:  percio'  gli  stessi  devono  ritenersi
 consentiti anche laddove piu'  vincoli  di  tutela  coesistano,  come
 nella   fattispecie   avvenuto,  con  il  conseguente  esonero  dalla
 necessita' di ottenere la specifica autorizzazione ambientale ove  vi
 sia  il rispetto (neppur esso previamente verificato) della normativa
 forestale e con la mancata applicazione, in tal caso, della  sanzione
 penale di cui all'art.1-sexies della legge n. 431.
    A  parere  di  chi  scrive trattasi di disciplina da sottoporre al
 vaglio del giudizio di costituzionalita'  attesta  la  non  manifesta
 infondatezza  della  questione: l'art. 131, decimo comma, della legge
 19 novembre 1991, n. 52, introdotto dall'art. 23, secondo comma della
 legge regionale 14  luglio  1992,  n.  19,  alla  lettera  b),  pare,
 infatti,   violare  l'art.  25,  secondo  comma,  della  Costituzione
 incidendo esso sul principio della riserva di legge in materia penale
 e sull'esclusiva potesta' sanzionatoria dello Stato, avendovi qui  la
 regione  indirettamente interferito poiche', escludendo con una legge
 regionale determinate zone dall'ambito di  applicazione  del  vincolo
 paesistico  previsto  dalla  normativa statale, si e' resa lecita una
 condotta altrimenti considerata illecita  dallo  Stato  e  penalmente
 sanzionata;   pare   altresi'  in  contrasto  con  l'art.  116  della
 Costituzione  poiche'  lo Statuto di autonomia riconosce alla regione
 Friuli-Venezia  Giulia,  all'art.  6,  n.  3,   competenza   soltanto
 integrativa  e  di  attuazione  in  materia  paesaggistica sicche' il
 legislatore regionale non poteva sovrapporre una  propria  disciplina
 difforme  e  contrastante con i dettami del legislatore statuale, per
 di piu' da quest'ultimo espressamente qualificati e definiti  in  via
 programmatica  "norme  fondamentali di riforma economico-sociale" cui
 in effetti tale valore deve attribuirsi (cfr. Corte cost.  27  giugno
 1968,  n. 151); nonche' con l'art. 3 della Costituzione discriminando
 favorevolmente coloro che attuano interventi di ceduazione  del  tipo
 in  esame nell'ambito del territorio regionale, ove restano sottratti
 all'irrogazione di qualsiasi sanzione penale, rispetto a tutti quelli
 che operano gli stessi interventi sul restante  territorio  nazionale
 (per un'analoga questione di costituzionalita' sull'art. 11, lett. a)
 della  legge  regione Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, cfr. Corte cost.
 23/31 marzo 1994,  n.  110,  dichiarativa  dell'illegittimita'  della
 norma per contrasto con l'art. 117 della Costituzione).
    La  questione  pare,  infine,  rilevante in fatto dipendendo dalla
 norma qui  in  esame  le  ragioni  dell'archiviazione  che  andra'  a
 deliberarsi,   cioe'   l'infondatezza  della  notizia  di  reato  per
 l'assenza di qualsiasi fattispecie penalmente rilevante in ipotesi di
 rigetto dell'incidente di costituzionalita', o l'archiviazione per la
 carenza dell'elemento psicologico del reato nelle persone  sottoposte
 ad  indagini,  ove  si  accertasse  la  non  conformita'  della norma
 regionale al dettato costituzionale.