Ricorso della regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Gian Carlo Mori all'uopo autorizzato con delibera G.R. in data 12 luglio 1995 n. 2357, elettivamente domiciliata in Roma, Foro Traiano 1/A presso l'avv. Gian Paolo Zanchini, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Cocchi per procura a margine del presente atto, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 30 giugno 1995 n. 261, portante "disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanita'". F A T T O Ai fini di provvedere alla copertura dei debiti di parte corrente delle U.S.L. e delle aziende ospedaliere per gli anni 1993 e 1994, a seguito della entrata in vigore - a partire dal 1 gennaio 1995 - della nuova organizzazione del S.S.N. ed in conformita' alle innovazioni introdotte con il d.-lgs. n. 502/1992, il Governo ha dapprima emanato il d.-l. 1 aprile 1995 n. 100. Con tale decreto-legge si prevedeva: all'art. 1 la possibilita' per la Cassa DD.PP. di concedere alle regioni mutui per la copertura delle "maggiori occorrenze finanziarie di parte corrente" per gli anni 1993 e 1994 nei limiti indicati nella tab. A, con onere finanziario a carico dello Stato; all'art. 2 la possibi'lita' di utilizzare in favore delle gestioni stralcio le eventuali disponibilita' derivanti dai mutui per i ripiani della maggior spesa sanitaria per gli anni 1985-1992, una volta accertata l'estinzione delle relative posizioni debitorie. Il decreto-legge e' stato convertito dal Parlamento. Il Governo ha, quindi, emanato il decreto-legge 29 aprile 1995 n. 135, avente le medesime finalita'. In tale nuovo decreto-legge assume, peraltro rilievo il solo art. 2, laddove si prevedeva che, a decorrere dal 1 gennaio 1995, la contabilita' economico-finanziaria e patrimoniale e la contabilita' finanziaria delle U.S.L. e delle Aziende Ospedaliere prevista dall'art. 5 d.lgs. n. 502/1992 e successive integrazioni dovevano essere tenute separate rispetto a quelle degli anni 1994 e precedenti, reiterando cosi' un principio gia' proprio del d.lgs. n. 502/1992 e delle conseguenti leggi regionali. Anche tale decreto-legge non e' stato convertito dal Parlamento. Il Governo ha emanato, quindi, il successivo decreto-legge 30 giugno 1995 n. 261. L'art. 2 di detto decreto-legge, nel confermare il principio della separazione delle contabilita' delle U.S.L. e delle aziende ospedaliere con riguardo ai periodi fino al 31 dicembre 1994 e dal 1 gennaio 1995, al primo comma, introduce altri due precetti: a) il primo, in forza del quale le richiamate contabilita' relative agli anni precedenti al 1995 "sono garantite direttamente dalle regioni, che ne assumono integralmente le relative obbligazioni"; b) un secondo, in base al quale si dispone che, con successivo d.m., vengano stabilite le modalita' ed i criteri di finanziamento del debito eventualmente accertato fino alla data di costituzione in azienda delle U.S.L. e degli ospedali, a mente di quanto previsto dagli artt. 3. e 4 dal d.lgs. n. 552/1992. In altri termini, con tali disposizioni, mentre si riserva genericamente l'indicazione delle modalita' e dei criteri di copertura dei debiti pregressi delle U.S.L. al 31 dicembre 1994, senza indicare neppure sommariamente il soggetto e/o i soggetti su cui gli stessi dovranno far carico, tout court si accollano tali debiti alle regioni, che devono sopportare integralmente le relative obbligazioni (e cioe' per capitali, interessi e spese), creando tra l'altro una nuova e diversa legittimazione passiva delle regioni per dette obbligazioni. Tale disposizione, nella misura in cui nella sostanza, fa divenire i debiti delle U.S.L. e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994 debiti delle regioni, senza la specifica previsione di una loro copertura finanziaria e senza indicare la partecipazione dello Stato all'onere per il ripianamento, viola le disposizioni contenute negli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione ed, in particolare, i principi costituzionali che disciplinano l'autonomia finanziaria nelle regioni a statuto ordinario. Tale disposizione legislativa la regione Liguria impugna in via principale per chiedere che la ecc.ma Corte ne dichiari la illegittimita' costituzionale per contrasto con i sopra ricordati parametri costituzionali. D I R I T T O Contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. Le norme costituzionali sopra richiamate disciplinano il potere legislativo, il potere amministrativo e la autonomia finanziaria delle regioni a statuto ordinario. In materia di spesa sanitaria, allorche' lo Stato ha ritenuto di modificare le norme regolanti il finanziamento dell'attivita' del Servizio sanitario nazionale rispetto al disegno originario contenuto negli artt. 51 legge n. 833/1978 (che lo prevedeva a totale carico dello Stato) la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte si e' espressa con diversi successivi orientamenti. Infatti, rispetto ad un primo indirizzo (cfr. ad esempio sentenza n. 245/1989) fondato sul principio secondo il quale la parte essenziale della spesa sanitaria non puo' non gravare sullo Stato perche' il diritto alla salute spetta egualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato uniformemente su tutto il territorio nazionale (con la conseguenziale illegittimita' delle norme che tendessero ad accollare alle Regioni il ripianamento dei debiti delle U.S.L. in caso di insufficienza delle quote del F.S.N.) e rispetto al tentativo del legislatore statale, piu' volte ribadito, di porre a carico del bilancio delle Regioni l'onere di finanziamento dei debiti delle U.S.L., la Corte - con la decisione n. 283/1991 e mutando parzialmente indirizzo - ha poi ritenuto non irragionevole (ne' in contrasto con gli artt. 116 - 119 Cost.) che lo Stato ponga a carico delle Regioni una parte del deficit delle U.S.L., non potendo negarsi che alla formazione del deficit concorrano anche decisioni delle regioni e delle province, su cui grava anche il compito di stretti controlli sulle eccedenze di spesa delle U.S.L. In altri termini, sul presupposto di una corresponsabilizzazione delle Regioni nei meccanismi decisionali regolanti la spesa sanitaria in concorrenza con lo Stato, codesta Corte ha ritenuto che fosse legittimo accollare alle Regioni stesse una parte dell'onere di ripianamento delle posizioni debitorie delle U.S.L. medesime. Tale orientamento ha fatto si' che il legislatore statale, nell'approvare il d.lgs. n. 502/1992 di riorganizzazione del S.S.N., all'art. 13 si spingesse a disporre addirittura che le Regioni avrebbero dovuto far fronte con finanziamenti propri (non soltanto agli effetti finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'art. 1 ed a quelli conseguenti all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la determinazione del parametro capitario di finanziamento di cui all'art. 1, ma anche) ai disavanzi di gestione delle U.S.L. e delle Aziende Ospedaliere, con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato. Ma codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 355/1993, mentre ha ritenuto legittime le prime disposizioni, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale della seconda parte della medesima norma per contrasto con gli invocati parametri costituzionali. E cio' in base alle letterali considerazioni che si riportano: "Cio' che, invece, si pone parzialmente in contrasto con l'autonomia finanziaria costituzionalmente garantita alle Regioni e' la disposizione finale del primo comma dell'art. 13, per la quale qualsiasi altro eventuale disavanzo di gestione delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e' posto in ogni caso a carico delle finanze regionali con immediato e totale esonero di interventi finanziari da parte dello Stato. E', infatti, ben vero che ai deficit delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere le Regioni possono far fronte, oltreche' attraverso una ristrutturazione delle forme e del livello quantitativo e qualitativo dei servizi erogati, mediante il ricorso ai nuovi poteri d'imposizione tributaria previsti dall'art. 13, secondo comma, del decreto legislativo impugnato ('tasse sanitarie' e variazioni in aumento dei contributi o dei tributi regionali). Ma - pur a non considerare il problema dell'adeguatezza delle nuove risorse reperibili dalle Regioni rispetto all'entita' dei disavanzi delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere - in mancanza di una disciplina transitoria diretta a permettere un graduale adeguamento della finanza regionale al nuovo sistema introdotto dalla disposizione esaminata, basato sullo spostamento al livello regionale dell'onere di riequilibrio finanziario del servizio sanitario nazionale, e' obiettivo il rischio che l'utilizzazione dei ricordati strumenti tributari sia in gran parte assorbita, soprattutto in una prima fase, dalla copertura dello scarto, presumibilmente elevato, fra i costi delle prestazioni assistenziali ipotizzati, secondo un parametro ottimale, dallo Stato e la situazione di partenza effettivamente esistente nelle unita' sanitarie locali. Di modo che, in considerazione della esigenza costituzionale di preservare, insieme all'equilibrio del bilancio statale (art. 81 Cost.), anche l'equilibrio finanziario dei bilanci regionali (art. 119 Cost.) e un accettabile livello qualitativo e quantitativo di prestazioni dirette a soddisfare interessi del singolo cittadino e della collettivita' costituzionalmente rilevanti (art. 32 Cost.), risulta irragionevole la previsione di un esonero totale e immediato dello Stato dal ripiano degli eventuali disavanzi di gestione delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere senza che sia predisposta nel contempo una disciplina che miri a rendere graduale - e quindi controllabile, sotto il profilo delle finanze regionali, e adeguato, sotto il profilo delle prestazioni, - il passaggio verso il nuovo sistema e il funzionamento a regime dello stesso. Nella specie, la disposizione dell'art. 2 d.-l. n. 261/1995 e' per le stesse ragioni ancor piu' illegittima, in considerazione: della assoluta genericita' di previsione di un decreto ministeriale sui criteri o metodi di ripianamento dei debiti pregressi delle U.S.L. al 31 dicembre 1994, senza neppure l'indicazione dei soggetti che sono tenuti a partecipare a detti oneri; al contrario, dell'immediato effetto sui bilanci regionali derivante dall'abnorme meccanismo utilizzato nel far divenire i debiti delle U.S.L. e delle aziende ospedaliere compresi nelle gestioni stralcio (e cioe' al 31 dicembre 1994) come debiti propri delle Regioni, il cui patrimonio diviene cosi' - in forza della assunzione delle obbligazioni nella loro titolarita' - direttamente aggredibile dai debitori delle U.S.L. E non vi e' dubbio che, nonostante l'attenzione e la sottigliezza del meccanismo utilizzato, lo stesso comporti una vulnerazione dell'autonomia finanziaria delle Regioni, facendo divenire ex lege debito delle Regioni stesse un disavanzo accumulato da soggetti terzi. Ma quelle stesse ragioni che hanno consentito alla Corte di ritenere (sentenza n. 355/1993) costituzionalmente illegittimo, in parte qua, l'art. 13 d.lgs. n. 502/1992 puntualmente sono applicabili all'art. 2 del d.-l. n. 261/1995. Cio' non senza rilevare che la illegittimita' della norma contenuta nell'art. 2 impugnato si porrebbe - ad avviso dalla Regione ricorrente - non soltanto nella logica transitoria e per i debiti fino al 1994, maturati in vigenza del pregresso schema organizzativo ed istituzionale. Infatti, pur nella logica della riforma introdotta dal d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, nel servizio sanitario si assiste ad un fenomeno di compresenza di poteri decisionali articolati tra Stato e Regioni con gli effetti disegnati dagli artt. 12 e 13 d.lgs. n. 502/1992. In tale ottica, anche a regime e' difficile negare che eventuali fattori di squilibrio finanziario, che non possano essere corretti mediante provvedimenti a livello regionale ed infraregionale, quali ad esempio la strutturale insufficienza del fondo stabilito dallo Stato ex art. 12, possano concorrere a dar luogo a fenomeni di riformazione del deficit. Di tal che, pure dopo l'applicazione della riforma ex d.lgs. n. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni, pare alla Regione ricorrente che non possa - questa volta in senso opposto non invocarsi anche a regime il criterio sotteso alla decisione n. 283/1991 di codesta ecc.ma Corte. Ed ancora per cio' l'art. 2 del d.-l. 261/1995 appare costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost.