LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal proc. gen. mil. contro Bozzato Nicola, nato a Dolo il 13 agosto 1972 e Cardillo Roberto, nato a Padova il 14 maggio 1973, avverso la sentenza 13 aprile 1994 del g.i.p. del trib. mil. di Roma; Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Gironi; Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale militare dott. Bonagora che ha concluso per rigetto; Udito il difensore avv. A. Lanzilao; Investita del ricorso proposto dal procuratore generale militare della Repubblica avverso la sentenza 13 aprile 1994, del tribunale militare di Roma, con cui Bozzato Nicola e Cardillo Roberto, gia' militari in servizio presso il raggruppamento unita' difesa di Roma ed all'epoca del giudizio ormai posti in congedo illimitato per fine ferma, sono stati dichiarati colpevoli di concorso nel reato di violata consegna aggravata, commesso in Roma il 28 maggio 1993, e condannati alla pena di mesi due di reclusione militare, sostituita con mesi quattro di liberta' controllata, ai sensi degli artt. 53 e 56 legge n. 689/1981. O S S E R V A Il predetto ricorso verte sul punto della disposta sostituzione della pena della reclusione militare con la sanzione della liberta' controllata, sull'assunto dell'inapplicabilita', ai reati militari, delle sanzioni sostitutive di cui agli artt. 53 segg. legge n. 689/1981, anche a seguito dell'avvenuta abrogazione, ad opera dell'art. 5, comma 1-bis, del d.l. n. 187/1993, convertito nella legge n. 296/1993, dell'art. 54 legge cit., che limitava la facolta' di disporre la sostituzione in parola ai reati di competenza pretorile. Il tribunale militare di Roma, nell'argomentare la propria decisione, rilevava come non potessero riferirsi al caso di specie, concernente militari ormai in congedo illimitato, le ragioni, tradizionalmente opposte all'applicabilita' delle sanzioni sostitutive ai reati militari, facenti leva sull'incompatibilita'delle stesse con lo status di militare, richiamando, a conforto della tesi esposta, la disciplina degli artt. 1 e 3 legge n. 167/1983 in tema di affidamento in prova del condannato militare, da effettuare a comando od ente militare solo ove il soggetto abbia ancora obblighi di servizio militare, laddove il militare collocato in congedo deve essere affidato al servizio sociale ordinario; non probante in favore della tesi contraria sarebbe, poi, ad avviso del Tribunale, la mancata previsione di fattispecie di reati militari tra i casi di esclusione oggettiva dell'applicabilita' delle sanzioni sostitutive, soccorrendo quanto gia' desumibile dalla sentenza n. 249/1993 di codesta Corte circa la necessita' di risolvere con il ricorso al principio di eguaglianza le eventuali incongruenze ravvisabili all'interno della disciplina della materia, ad evitare che determinate fattispecie siano sfavorevolmente discriminate rispetto a fattispecie di pari o maggiore gravita'. Il ricorrente deduce, per contro, a sostegno del gravame, la palese riferibilita' della disciplina generale della materia ai soli reati comuni, con particolare riguardo all'inesistenza, nel sistema penale militare, della pena pecuniaria (che verrebbe, pertanto, ad esservi introdotta ex novo, per effetto dell'applicazionedella normativa in esame) ed alla sintomatica inclusione, tra i reati per i quali l'art. 60 legge n. 689/1981 sancisce l'inapplicabilita' delle pene sostitutive, del reato di avasione di cui all'art. 385 c.p., e non anche dell'analoga fattispecie di cui all'art. 149, primo comma, n. 2), c.p.m.p., con la conseguenza che, a ritenere la sostituzione estensibile ai reati militari, la stessa sarebbe, del tutto incongruamente, possibile per la fattispecie militare e non, invece, per quella comune. Il p.g. impugnante richiama, altresi', l'inconciliabilita', affermata anche in sede di giurisprudenza di legittimita', delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della liberta' controllata con lo "status" di militare in servizio nonche' le osservazioni svolte da codesta Corte, con la sentenza n. 279/1987, nel senso della inestensibilita' ai reati militari della vigente disciplina dell'applicazione di sanzioni sostitutive e della necessita' di uno specifico intervento del legislatore al riguardo, che tenga conto delle particolarita' connesse alla condizione militare; e cio' a tacere della natura speciale propria della legge penale militare (secondo cui la reclusione militare e' sostituibile unicamente con la reclusione comune, ex artt. 16 e 65 c.p.m.p.), come tale modificabile solo da parte di altra legge speciale, nonche' della particolare finalita' rieducativa assegnata alla reclusione militare, come riconosciuto da codesta Corte con le sentenze nn. 414/1991 e 358/1993. La giurisprudenza di questa Corte di legittimita', richiamata tanto nella sentenza impugnata che nell'atto di gravame, e' ormai prevalentemente attestata nel senso dell'inestensibilita' ai reati militari della disciplina dell'applicazione di sanzioni sostitutive dettata dagli artt. 53 segg. legge n. 689/1981, per le ragioni riassunte e ribadite anche nel ricorso in esame (v., da ultimo, le sentenze in data 7 aprile 1994 n. 01007, 16 giugno 1994 n. 02386 e 22 giugno 1994 n. 01914) ne' si ritiene di poter qui immutare tale indirizzo interpretativo, da assumersi ormai alla stregua di "diritto vivente", condividendo l'assunto della riferibilita' della normativa in parola ai soli reati comuni, anche alla stregua di quanto gia' conformemente ritenuto da codesta Corte nella citata sentenza n. 279/1987, conclusasi con declaratoria di inammissibilita' delle proposte questioni di legittimita' costituzionale e messa in mora del legislatore per l'emanazione di "piu' adeguata normativa". Non si ritiene, tuttavia, tale precedente statuizione (ribadita con successiva ordinanza n. 230 del 1990) preclusiva di una nuova investitura di codesta Corte in ordine ad analoga questione, consentendo le sopravvenute modifiche legislative e le particolarita' della fattispecie diverse e sin qui non esaminate prospettazioni. L'abrogazione dell'art. 54 legge n. 689/1981 ha, invero, fatto venir meno, a giudizio del Collegio, il piu' forte argomento opposto ad un intervento additivo del giudice delle leggi, a suo tempo ravvisato nella non omologabilita' della categoria dei "reati di competenza del pretore" a quella dei "reati militari rientranti nell'astratta competenza del pretore", sulla base del tetto massimo della pena edittale detentiva, stante i diversi criteri in realta' applicabili per la determinazione della competenza pretorile, ora per eccesso ed ora per difetto rispetto al predetto tetto sanzionatorio. A seguito dell'espunzione dal sistema del citato art. 54, le sanzioni sostitutive risultano, invero, attualmente applicabili a tutti i reati (comuni), in relazione alla sola entita' della pena in concreto determinata dal giudice (ferme restando le esclusioni oggettive di cui all'art. 60 legge n. 689/1981), con sostanziale, piena omologabilita' della categoria dei "reati comuni" ai "reati militari", la cui pregiudiziale esclusione dall'ambito di applicabilita' della disciplina positiva in materia, gia' sostanzialmente riconosciuta inappagante ed incongrua da codesta Corte nella sentenza n. 279/1987 (tanto da postulare un "indifferibile" intervento del legislatore), appare ora vieppiu' insostenibilmente lesiva del principio costituzionale di eguaglianza (art. 3, primo comma, Costituzione) - per l'ingiustificato e discriminatorio sacrificio della condizione personale e sociale del cittadino militare - e del principio della funzione rieducativa della pena (art. 27, terzo comma, Cost.) - per la denegata fruibilita', da parte del condannato militare, di alternative sanzionatorie aventi indubbia valenza risocializzante, sia per contenuti intrinseci che per la loro maggiore adeguatezza e proporzionalita' rispetto al disvalore concreto degli illeciti commessi, quale apprezzato dal giudice del merito. La modificazione intervenuta, a livello di disciplina positiva, con l'abrogazione del citato art. 54 sembra, in altri termini, aprire a codesta Corte la via di un intervento meramente adeguatore della normativa vigente, nel senso della declaratoria di illegittimita' costituzionale della medesima limitatamente alla mancata estensione ai reati militari, secondo l'interpretazione ormai consolidata ed impostasi come "diritto vivente", dell'applicabilita' delle sanzioni sostitutive prevista per i soli reati comuni, senza piu' postulare quell'intervento additivo, gia' ritenuto precluso dalla pregressa possibilita' di una " pluralita' di scelte discrezionali" e dalla non rintracciabilita', nell'ordinamento, di una "soluzione costituzionalmente obbligata". Ancor piu' agevole il sollecitato intervento appare con riferimento al caso di specie, in cui la natura della pena sostitutiva (liberta' controllata) non pone le problematiche relative all'introduzione, nel sistema penale militare, della pena pecuniaria, ritenuta sin qui ad essa estranea (v., peraltro gli artt. 410 c.p.m.p. e 150, 152 d.P.R. n. 237/1964, contemplanti fattispecie originariamente dotate di rilevanza penale), ed in cui la qualita' di militari in congedo illimitato dei prevenuti rende non pertinenti le obiezioni circa l'incompatibilita' della semidetenzione e, per quanto qui interessa, della liberta' controllata con lo "status" o la condizione del militare nonche' quelle relative alla particolare finalita' rieducativa della reclusione militare in vista del recupero del condannato al servizio alle armi. Limitando, poi, la questione di legittimita' costituzionale a quanto strettamente rilevante nel caso in esame, le norme da sottoporre al giudizio di codesta Corte vanno individuate negli artt. 53 (in quanto concernente, in generale, la sostituibilita' delle pene detentive brevi) e 56 (in quanto specificamente relativo alla sanzione della liberta' controllata, in concreto adottata nell'ipotesi considerata) della legge n. 689/981 e, pur ritenendosi, in generale, la rilevanza, ai fini della definizione del giudizio demandato al Collegio, del problema complessivo dell'applicabilita' della liberta' controllata ai reati previsti dalla legge penale militare, commessi da militari e giudicati dall'a.g. militare, ancor piu' specificamente rilevante e pertinente, nella presente fattispecie, stimasi la sotto-questione della legittimita' costituzionale dell'attuale disciplina restrittiva in relazione a soggetti gia' militari all'epoca della commissione del reato ma non piu' tali all'atto del giudizio e della condanna, allorche' nessuna preclusione (non solo di principio ma neppure di contingente "natura organizzativa" - v. sent. n. 279/87) sembra ragionevolmente piu' opponibile alla concreta applicazione della sanzione sostitutiva. Conclusivamente, non potendo sul presente ricorso pronunciarsi indipendentemente dalla risoluzione della suesposta questione di legittimita' costituzionale, che si solleva d'ufficio ritenendosene la non manifesta infondatezza, va disposta, ex art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con sospensione del giudizio in corso ed ogni altro conseguenziale adempimento.