Ricorso  della  regione  autonoma  della  Sardegna,  in persona del
 presidente della Giunta regionale pro-tempore  on.le  dott.  Federico
 Palomba,  giusta  deliberazione  della Giunta regionale del 18 luglio
 1995, n. 32/44, rappresentata e difesa  -  in  virtu'  di  procura  a
 margine del presente atto - dal prof. avv. Sergio Panunzio, presso il
 cui  studio e' elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Borghese, n.
 3; contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri,  in  persona  del
 Presidente  del Consiglio in carica; per il regolamento di competenza
 in relazione al decreto della Presidenza del Consiglio del  Ministri,
 di  concerto  con  il Ministero del tesoro, del 27 maggio 1995, nella
 parte in cui con esso e' stato disposto il collocamento  fuori  ruolo
 presso   il  Dipartimento  per  i  servizi  tecnici  nazionali  della
 Presidenza del Consiglio dell'ing. Antonio Trombetti, dirigente della
 regione  Sardegna;  nonche',  per   quanto   possa   occorrere,   dal
 conseguente  telegramma  del segretario generale della Presidenza del
 Consiglio dei Ministri del 15 giugno 1995, con il quale  il  suddetto
 decreto e' stato comunicato alla regione Sardegna.
                               F A T T O
    La  regione  autonoma della Sardegna in base all'art. 3, lett. a),
 dello Statuto speciale (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3), e' titolare
 - com'e' noto - di una potesta' legislativa esclusiva in  materia  di
 ordinamento  degli uffici regionali e di stato giuridico ed economico
 del relativo personale. In base all'art. 6 del  medesimo  Statuto  la
 regione  e'  altresi' titolare, nella stessa materia, di una potesta'
 amministrativa esclusiva.
    L'ordinamento degli uffici e  lo  stato  giuridico  del  personale
 regionale   sono   stati  organicamente  disciplinati  dalla  regione
 Sardegna  con  la  legge  17  agosto  1978,  n.  51,   e   successive
 modificazioni.  Di  tale  personale fa parte attualmente anche l'ing.
 Antonio Trombetti, con qualifica dirigenziale.
    Cio' premesso, e' accaduto che con telegramma del 15 giugno  1995,
 ricevuto  il  successivo  19  giugno,  il  segretario  generale della
 Presidenza  del  Consiglio  ha  comunicato  alla  regione  che  -  in
 applicazione dell'art. 7, secondo comma, del d.-l. 20 giugno 1994, n.
 507,  convertito  in  legge 21 ottobre 1994, n. 584 - con d.P.C.M. 27
 maggio 1995 l'ing. Antonio Trombetti, dipendente della  regione,  era
 stato  collocato  fuori  ruolo presso il Dipartimento servizi tecnici
 nazionali della Presidenza del Consiglio, per tre anni a partire  dal
 26  giugno  1995.  Preso  atto  di cio', con fonogramma del 23 giugno
 1995, la regione Sardegna ha comunicato alla Presidenza del Consiglio
 che,  anche  in  considerazione  del  fatto  che  la   normativa   da
 quest'ultima  invocata  attiene  ad esigenze di pubblica incolumita',
 avrebbe  autorizzato  il  proprio   dipendente   ing.   Trombetti   a
 presentarsi  a Roma presso il Dipartimento Servizi tecnici nazionali,
 ma che peraltro considerava il decreto del Presidente  del  Consiglio
 lesivo  delle  proprie competenze e pertanto si riservava di proporre
 ricorso per conflitto di attribuzioni. Infine, con nota del 4  luglio
 1995,  il  segretario  generale  della  Presidenza  del Consiglio dei
 Ministri ha comunicato alla Regione la presa  di  servizio  dell'ing.
 Trombetti  presso il Dipartimento servizi tecnici nazionali a partire
 dal 26 giugno u.s., ed ha finalmente tramesso copia del  d.P.C.M.  27
 maggio 1995.
    Il  decreto  in  questione  risulta  essere  stato  emanato  dalla
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con  il  Ministero
 del  tesoro, visto, fra l'altro: l'art. 58 del t.u. statuto impiegati
 civili dello Stato (d.P.R. n. 3/1957), che disciplina  presupposti  e
 procedimento  per  il collocamento fuori ruolo del personale statale;
 il d.P.R. n. 571/1958, recante norme d'esecuzione del succitato  art.
 58;  la  legge  n.  183/1989  sulla  difesa  del  suolo; il d.P.R. n.
 106/1993 istitutivo del Dipartimento per i servizi tecnici  nazionali
 presso  la Presidenza del Consiglio dei Ministri; e l'art. 7, secondo
 comma, del d.-l. 20 giugno 1994, n.    398,  reiterato  con  d.-l.  8
 agosto  1994,  n.  507,  ed infine convertito con modificazioni nella
 legge 21 ottobre 1994, n. 584, contenente misure urgenti  in  materia
 di  dighe,  che  in particolare ha disciplinato il collocamento fuori
 ruolo  presso  i  Servizi  tecnici  nazionali  della  Presidenza  del
 Consiglio   di   cento  unita'  di  personle  appartenente  ad  altre
 amministrazioni.
    Con il decreto in questione la Presidenza  del  Consiglio,  avendo
 ritenuto  di  dovere  provvedere  ai  sensi  della  disciplina  della
 succitata legge n. 584/1994, ha individuato delle unita' di personale
 - appartenente ai ruoli dell'amministrazione dello Stato ed anche  di
 altre  amministrazioni - provvisto di professionalita' specialistiche
 nelle materie di competenza dei Servizi Tecnici (art.  1),  e  ne  ha
 disposto  il  collocamento  fuori  ruolo presso il Dipartimento per i
 servizi tecnici nazionali per un periodo di tre  anni  (art.  2).  Lo
 stesso  decreto (art. 3) ha infine stabilito che la spesa relativa al
 trattamento economico fondamentale di tale personale resta  a  carico
 delle  Amministrazioni  di  appartenenza,  ai sensi dell'art. 7 della
 legge n. 584/1994. Fra le unita' di personale individuate dal decreto
 vi e' appunto anche l'ing.  Antonio  Trombetti,  dirigente  di  ruolo
 dell'Amministrazione della regione autonoma della Sardegna.
    Il  suddetto  d.P.C.M., nella parte in cui dispone il collocamento
 fuori ruolo dell'ing. Trombetti presso il Dipartimento per i  servizi
 tecnici  nazionali,  e'  gravemente  lesivo  delle attribuzioni della
 regione Sardegna che pertanto lo impugna con il presente ricorso, per
 i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    1.  - Violazione delle competenze costituzionali di cui agli artt.
 3, lett. a), e 6 dello Statuto speciale della Sardegna (l.  cost.  26
 febbraio 1948, n. 3) e relative norme d'attuazione.  Violazione artt.
 115 e l16 della Costituzione.
   In  base alla Costituzione (art. 115) le regioni sono enti pubblici
 "autonomi" e non gia'  "dipendenti"  dallo  Stato,  ed  alla  regione
 ricorrente  la  Costituzione  (art. 116) garantisce una condizione di
 particolare  autonomia.  Tale  speciale  autonomia  e'   innanzitutto
 organizzativa,   e   si  e'  concretizzata,  in  primo  luogo,  nella
 attribuzione alla Regione di copetenze legislative ed  amministrative
 di  rango  esclusivo in materia di ordinamento dei propri uffici e di
 stato giuridico ed economico del proprio personale (artt. 3, lett. a,
 e 6 St.).
    I   dipendenti   dell'amministrazione   regionale   (come   l'ing.
 Trombetti)   sono   dunque   sottoposti   esclusivamente   al  potere
 organizzativo della stessa Regione, la quale soltanto (e non anche lo
 Stato,  che  in  materia  ha  solo  un  potere  di  indirizzo  e   di
 coordinamento)  puo' adottare provvedimenti modificativi del rapporto
 di  servizio  dei  propri  dipendenti,  quali  i   provvedimenti   di
 "comando",  di "distacco", ed anche di "collocamento fuori ruolo" (se
 ne veda infatti la relativa disciplina stabilita dagli artt.  28  ss.
 della  citata  legge  della  regione  Sardegna  sull'ordinamento  del
 personale, n. 51/1978).
    Non spetta, dunque, al Presidente del Consiglio dei Ministri  (ne'
 ad   alcun'altra   autorita'   statale)  il  potere  di  disporre  il
 collocamento fuori ruolo di dipendenti regionali. Trattandosi  di  un
 provvedimento  che  incide  sull'organizzazione  amministrativa della
 regione - oltretutto in modo particolarmente rilevante, per il  fatto
 stesso  che  (a  differenza  del  "comando"  e  del  "distacco") esso
 determina una vacanza temporanea nel ruolo -  il  collocamento  fuori
 ruolo,  come  gia'  si  e'  detto, non puo' che competere alla stessa
 Regione, titolare in tale materia  di  potesta'  legislative  e  (per
 quanto  qui  soprattutto interessa) amministrative di tipo esclusivo.
 Il  diverso  convincimento  che  ispira   l'impugnato   decreto   del
 Presidente  del  Consiglio  appare  come  il  retaggio di una visione
 "monolitica"  dell'amministrazione  pubblica,  con  al   vertice   il
 Governo,   racchiudente   nelle   sue   strette   maglie   non   solo
 l'amministrazione statale diretta e  le  amministrazioni  degli  enti
 statali  dipendenti  o  strumentali, ma financo le amministrazioni di
 enti come  le  regioni  cui  la  Costituzione  garantisce  invece  un
 posizione di autonomia.
    Certo,  per  chi  accolga  una  siffatta  configurazione non vi e'
 ostacolo  a  riconoscere   al   Governo   il   potere   di   disporre
 (autoritativamente  ed  unilateralmente) del rapporto di servizio dei
 dipendenti delle regioni, ed addirittura di disporne il  collocamento
 fuori ruolo presso uffici dello Stato. Ma si tratta, com'e' ben noto,
 di   una  configurazione  incompatibile  con  il  disegno  pluralista
 tracciato dalla Costituzione, che affida alle  regioni  autonomia  di
 valutazione   politica   degli   interessi   locali  e  dei  modi  di
 soddisfarli, con propri apparati amministrativi  distinti  da  quelli
 del  Governo  e  dell'amministrazione  centrale.  Al  riguardo  basta
 richiamare l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, ed in  particolare
 quanto affermato in proposito nella sentenza n. 229/1989.
    Il  decreto  in  questione  e'  dunque  sicuramente  lesivo  delle
 attribuzioni della Regione ricorrente.
    Giova osservare, a questo punto, come  il  decreto  impugnato  non
 possa  in alcun modo trovare una giustificazione che valga a superare
 le esposte censure, neppure cercando di sostenere una sua  natura  di
 atto   governativo   di   indirizzo   e   coordinamento,   come  tale
 costituzionalmente idoneo a condizionare l'esercizio  della  potesta'
 esclusiva  della  Regione  di  organizzazione dei propri uffici e del
 proprio personale. E' sin troppo palese, infatti, che il  decreto  in
 questione  non  puo'  assolutamente  configurarsi  come  un  atto  di
 indirizzo nei confronti  della  Regione  ricorrente,  stante  il  suo
 contenuto  assolutamente  specifico  e puntuale: e' infatti lo stesso
 decreto del Presidente del Consiglio che ha disposto  unilateralmente
 ed esaustivamente il collocamento fuori ruolo del dirigente regionale
 ing. Trombetti, senza che alla Regione sia residuato alcuno spazio di
 intervento  per  dare attuazione al provvedimento statale. Del resto,
 il decreto del Presidente del Consiglio  manca  anche  dei  requisiti
 formali   propri   degli   atti   amministrativi   di   indirizzo   e
 coordinamento. E la stessa disposizione legislativa su  cui  esso  e'
 fondato  (il  gia' citato art. 7, secondo comma, del decreto legge n.
 508/1994) configura il decreto del Presidente del Consiglio  come  un
 atto  immediatamente  dispositivo  del  collocamento  fuori ruolo del
 personale, e non gia' come un atto che indirizzi -  in  modo  piu'  o
 meno stringente e vincolante - a disporre in tal senso anche gli enti
 diversi dallo Stato ai cui ruoli il personale appartiene: fra i quali
 enti, invero, le regioni non sono neppure menzionate.
    Il  rilievo da ultimo formulato induce infine ad osservare come la
 collocazione fuori ruolo anche del personale regionale  disposta  dal
 decreto  in  questione  non trova neppure fondamento nella disciplina
 legislativa cui, con esso, la Presidenza  del  Consiglio  afferma  di
 volere  dare  esecuzione.  Infatti  il  secondo comma dell'art. 7 del
 d.-l. n. 508/1994  (come  convertito  e  modificato  dalla  legge  n.
 584/1994)  ha  riconosciuto  al Presidente del Consiglio il potere di
 individuare   cento   unita'   di   personale   "appartenenti    alle
 amministrazioni  statali,  anche  ad  ordinamento  autonomo e ad enti
 pubblici,  inclusi  qelli  economici",  e  quindi  di   disporne   il
 collocamento in posizione di fuori ruolo presso il Dipartimento per i
 servizi  tecnici  nazionali,  "anche in deroga agli ordinamenti delle
 amministrazioni  e  degli  enti  di  appartenenza".  Tale  disciplina
 legislativa   risulta   essere   costituzionalmente  corretta  e  non
 inficiata  da  quella  visione  "monolitica"  delle   amministrazioni
 pubbliche  che  invece  reca con se' il decreto impugnato. E' chiaro,
 infatti, che il riferimento contenuto nel secondo comma  dell'art.  7
 agli  "enti  pubblici,  inclusi  quelli  economici",  non riguarda le
 regioni, ma riguarda invece i  soli  enti  pubblici  "strumentali".(o
 "dipendenti")   dello   Stato,  fra  cui  anche  quelli  "economici".
 Riguarda, cioe',  quegli  enti  substatali  le  cui  amministrazioni,
 assieme   a   quella   strettamente   statale  (dello  Stato-Governo)
 costituiscono realmente nel loro insieme un  apparato  amministrativo
 che   si   configura   ancora  come  unitario,  essendo  tutte,  tali
 amministrazioni, sottoposte all'indirizzo politico ed  amministrativo
 del  Governo  (art.  95  Cost.). E' quindi perfettamente coerente con
 tale disegno che per il personale di questi enti substatali  (ma  non
 per  quello  delle regioni) il secondo comma dell'art. 7 del d.-l. n.
 507/1994  abbia  riconosciuto  appunto al Presidente del Consiglio il
 potere di disporne il collocamento fuori ruolo presso il Dipartimento
 dei servizi tecnici della Presidenza  in  base  soltanto  all'assenso
 dell'interessato,  ma  senza  l'assenso  e  neppure  la consultazione
 dell'ente di appartenenza.
    Di quanto ora detto si ha del  resto  una  testuale  conferma  nel
 successivo  art. 8 dello stesso d.-l. n. 507/1994. Tale articolo (che
 non era contenuto nel precedente d.-l. 20 giugno 1994,  n.  398,  non
 convertito  e,  quindi,  reiterato  con modifiche ed integrazioni dal
 successivo d.-l. n. 507/1994)  contiene  un  primo  comma  (anch'esso
 modificato  in  sede  di  conversione)  che  recita:  "Il  comando di
 personale di cui all'art. 10, comma 5, del d.P.R. 5 aprile  1993,  n.
 106,  nonche'  il  comando di personale ed i processi di mobilita' di
 cui all'art. 12, comma 8-quater, secondo periodo, del d.-l. 5 ottobre
 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge  4  dicembre
 1993,  n.  493,  possono riguardare anche personale proveniente dalle
 regioni, dagli enti locali, dagli enti pubblici  economici".  Orbene,
 se si considera che la richiamata disposizione del d.P.R. n. 106/1993
 disciplina  il  comando  presso  gli uffici del Segretariato Generale
 della Presidenza del Consiglio del personale  "proveniente  da  altre
 amministrazioni  statali,  anche  ad  ordinamento autonomo, e da enti
 pubblici, anche  economici"  (secondo  una  formulazione  identica  a
 quella  del secondo comma dell'art. 7 del d.-l. n. 507/1994), risulta
 chiaro che quando il d.-l. n. 507/1994 ha voluto ricomprendere  anche
 le  regioni  fra  gli  enti  pubblici del cui personale puo' in varie
 forme avvalersi la Presidenza del Consiglio per i propri uffici  esso
 lo ha detto espressamente: come appunto ha fatto all'art. 8. Ma lo ha
 fatto  solo  in relazione alla disciplina del comando di cui all'art.
 8, non anche in relazione  alla  disciplina  del  collocamento  fuori
 ruolo  di cui al secondo comma dell'art. 7 (dove non si parla affatto
 di regioni). Il che ha anche una sua logica, in considerazione  della
 maggiore incidenza sulla organizzazione degli uffici regionali che il
 collocamento  fuori  ruolo  ha,  rispetto al comando; ed anche per la
 maggiore  onerosita'  del  primo  per  l'ente  di  appartenenza   del
 dipendente a causa della specifica disciplina applicabile nel caso in
 questione  (infatti, mentre il secondo comma dell'art. 7 del d.-l. n.
 508/1994  stabilisce  che  il  trattamento  economico  del  personale
 collocato   fuori   ruolo   continuta  ad  essere  corrisposto  dalle
 amministrazioni di appartenenza, nel caso del  comando  presso  altri
 enti  pubblici  - secondo quanto stabilito dall'art. 57, terzo comma,
 del d.P.R. n. 3/1957 - alla spesa del  personale  comandato  provvede
 direttamente   "l'ente  presso  cui  tale  personale  va  a  prestare
 servizio").
    2. - Violazione, sotto ulteriore profilo, delle competenze e norme
 costituzionali gia' indicate,  nonche'  dei  principi  costituzionali
 relativi  all'autonomia  finanziaria  della  regione  Sardegna: spec.
 artt.  7-8  dello  Statuto   speciale   (e   delle   relative   norme
 d'attuazione) ed artt. 116 e 119 Cost.
    Il d.P.C.M. impugnato (art. 3) stabilisce che la spesa relativa al
 trattamento  economico  fondamentale  del personale di cui all'art. 1
 (cioe' anche del personale di  enti  diversi  dallo  Stato)  resta  a
 carico  delle  amministrazioni  di  appartenenza.  Si  tratta  di una
 soluzione che deroga alla disciplina ordinaria del collocamento fuori
 ruolo, secondo cui le spese per  il  personale  fanno  invece  carico
 all'amministrazione e all'ente presso cui esso presta servizio.
    Dunque,  nel  caso  in  questione,  sara'  la regione Sardegna che
 continuera' a retribuire  l'ing.  Trombetti,  anche  se  esso  presta
 servizio  in  posizione di fuori ruolo presso l'Amministrazione dello
 Stato. Cio' determina anche  una  grave  violazione  della  autonomia
 finanziaria  regionale,  garantita  dalle  norme costituzionali sopra
 indicate.
    Secondo i principi costituzionali (e la giurisprudenza di  codesta
 ecc.ma   Corte)   alla  Regione  ricorrente  e'  garantita  autonomia
 finanziaria ("una propria finanza", come recita l'art. 7 Statuto) per
 potere assolvere in modo autonomo alle funzioni sue proprie. Porre  a
 carico  della  finanza regionale l'organizzazione ed il funzionamento
 di uffici statali, preposti all'assolvimento di funzioni  proprie  ed
 esclusive  dello  Stato,  significa  sottrarre  alla  Regione risorse
 economiche che sono ad essa attribuite e garantire per l'assolvimento
 delle proprie funzioni, significa dunque limitare l'esercizio di tali
 funzioni.
    Tale  e'  appunto  il  caso  in  questione,  in  cui  col  decreto
 presidenziale  impugnato  non  solo  si dispone il collocamento fuori
 ruolo presso un ufficio statale di un dipendente  della  Regione,  ma
 per  di  piu'  si pone a carico della Regione il trattamento conomico
 del dipendente regionale che presta servizio presso lo  Stato:  cioe'
 si  pone a carico della Regione il finanziamento di attivita' proprie
 dello Stato.
    3.  -  Violazione,  sotto  ulteriore  profilo,  delle   competenze
 regionali  di  cui  alle norme costituzionali gia' indicate, anche in
 relazione al principio di leale collaborazione.
    In via del tutto subordinata si rileva che se anche - in  denegata
 ipotesi  - fosse costituzionalmente ammissibile il collocamento fuori
 ruolo di personale regionale disposto dalla Presidenza del  Consiglio
 dei  Ministri, in considerazione della sua evidente e grave incidenza
 sulle attribuzioni e competenze regionali comunque la Presidenza  del
 Consiglio  non  avrebbe  potuto  disporre il collocamento fuori ruolo
 dell'ing. Trombetti se non mediante una procedura che avesse visto il
 consenso, o comunque la partecipazione della Regione ricorrente.
    Una procedura,  cioe',  rispettosa  di  quel  principio  di  leale
 collaborazione  che  -  secondo  la  giurisprudenza di codesta ecc.ma
 Corte  -  e'  un  principio  essenziale  ed  implicito  nel   sistema
 costituzionale dei rapporti Stato-regioni (onde non necessita neppure
 di apposite previsioni a livello legislativo).
    Nel  caso di specie tale principio e' stato del tutto ignorato. La
 Presidenza del Consiglio non  solo  non  ha  cercato  di  raccogliere
 previamente   il   consenso   della   Regione  sul  provvedimento  di
 collocamento fuori ruolo dell'ing.  Trombetti,  ma  non  ha  ritenuto
 necessario neppure chiedere al riguardo il parere della regione. Come
 gia'  si  e'  detto,  la  Presidenza del Consiglio ha comunicato alla
 Regione di avere gia' disposto il collocamento  fuori  ruolo  con  il
 telegramma  del  15  giugno  1995.  Cioe' glielo ha comunicato a cose
 fatte: oltre due settimane dopo avere emanato il d.P.C.M.  27  maggio
 1995, qui impugnato.