Ricorso  della  regione  autonoma  della  Sardegna,  in persona del
 Presidente della Giunta regionale pro-tempore  on.le  dott.  Federico
 Palomba,  giusta  deliberazione  della Giunta regionale del 18 luglio
 1995 rappresentata e difesa - in virtu'  di  procura  a  margine  del
 presente  atto - dal prof. avv. Sergio Panunzio, presso il cui studio
 e' elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese, n.  3;  contro
 la  Presidenza  del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente
 del  Consiglio  in  carica;  per  il  regolamento  di  competenza  in
 relazione  alla nota del Ministero delle Finanze - Dipartimento delle
 entrate, Direzione  generale  per  gli  affari  giuridici  e  per  il
 contenzioso tributario, del 14 giugno 1995, prot. n. V/10/1244/95.
                               F A T T O
   L'art.  34  del  d.P.R.  19  maggio  1949,  n.  250 (recante "Norme
 d'attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna") stabilisce  che
 gli  uffici  finanziari  provinciali  dello  Stato debbano provvedere
 periodicamente alla "liquidazione dei nove decimi del  gettito  delle
 tasse  di  bollo,  monomorta,  surrogazione  del  registro  e  bollo,
 concessioni governative ed ipotecarie, percette nel territorio  della
 regione", come pure al "versamento a favore della regione della quota
 ad   essa  spettante  entro  gli  stessi  termini  stabiliti  per  il
 versamento allo  Stato".    Si  tratta  di  una  disciplina  che  da'
 attuazione  alle  disposizioni  contenute  nell'art.  8 dello Statuto
 speciale per la Sardegna (l.   Cost. 26 febbraio  1948,  n.  3,  come
 sostituito  dall'art.  1  della  legge  13  aprile  1983, n. 122) che
 garantiscono alla regione la sua autonomia finanziaria stabilendo (in
 particolare alla lettera b) dell'art.  8) che spettano alla  regione,
 fra  l'altro,  i "nove decimi del gettito delle imposte sul bollo, di
 registro, ipotecarie, sul  consumo  dell'energia  elettrica  e  delle
 tasse  sulle  concessioni  governative  percette nel territorio della
 regione".
   Cio' premesso, e' stata trasmessa recentemente anche  alla  regione
 Sardegna  la  nota  del  Ministero  delle finanze del 14 giugno u.s.,
 indicata in epigrafe,  con  la  quale  il  Ministero  da'  istruzioni
 all'Ente  poste  italiane  affinche'  questi, "tenuto conto di quanto
 disposto dall'art. 13 del d.-l. 11 luglio 1992,  n.  359,  convertito
 con  modificazioni  dalla  legge  8  agosto 1992, n. 359", versi alla
 regione Sardegna le somme  ad  essa  spettanti  in  base  alle  norme
 statutarie e di attuazione dianzi richiamate nella misura:
     a)  "  . . . di 3/5 dei valori distribuiti per l'importo di bollo
 con imputazione sul  capo  1,  cap.  22100,  causale  --quota  valori
 bollati del mese di . . . per bollo''"; e
     b)  " . . . di 9 decimi del 50% dei valori bollati distribuit per
 tassa sulle concessioni  governative,  con  imputazione  al  capo  1,
 capitolo  220800, causale --quota valori bollati distribuiti nel mese
 di . . .  per concessioni governative''".
   Con  la  stessa nota il Ministero dispone altresi' che "Le restanti
 somme vanno attribuite  all'Erario  dello  Stato  con  versamento  ai
 consueti capitoli".
   Le  suddette  determinazioni ministeriali, contenute nella nota del
 14  giugno  1995,   sono   gravemente   lesive   delle   attribuzioni
 costituzionali della Regione autonoma della Sardegna, che pertanto le
 impugna  per  regolamento  di  competenza  con  il  presente ricorso,
 fondato sui seguenti motivi di
                                DIRITTO
   1. - Violazione dei principi costituzionali relativi alla autonomia
 finanziaria della regione Sardegna: spec. artt. 7 ed 8 dello  Statuto
 speciale per la Sardegna (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3) e relative
 norme  d'attuazione  (spec.  art.  34 d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250),
 nonche' artt. 116 e 119 Cost.
   1.1. - In base alle norme costituzionali sopra indicate (artt.    7
 ed  8 Statuto) l'autonomia finanziaria della regione Sardegna (che e'
 l'imprescindibile presupposto dell'autonomo  esercizio  di  tutte  le
 competenze  ad essa costituzionalmente attribuite) si fonda, sotto il
 profilo delle entrate, sulla partecipazione - nella misura  stabilita
 da  niorme  costituzionali - al gettito dei tributi erariali riscossi
 nel  territorio  regionale.  Tale  partecipazione   e'   prevista   e
 disciplinata dall'art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (come
 sostituito dall'art. 1 della legge 13 aprile 1983, n. 122).
   In  particolare l'art. 8, lett. b), dello Statuto stabilisce - come
 si e' gia' detto - che spettano  alla  regione  i  nove  decimi  "del
 gettito"  (cioe'  dell'intero gettito) delle imposte di bollo e delle
 tasse  sulle  concessioni  governative  percette  nella  Regione,   e
 conseguentemente  l'art.  34  del  d.R.R.  n. 250/1949 (contenente la
 disciplina d'attuazione dello Statuto) dispone, come pure si e'  gia'
 visto,  che  i  competenti  uffici  statali  debbono  provvedere alla
 liquidazione ed al versamento a favore della  Regione  "del  gettito"
 (cioe',  ancora  una volta, dell'intero gettito) delle suddette tasse
 "percette nel territorio della regione".
   E'  evidente  che  per  la  regione  Sardegna,  la  cui   autonomia
 finanziaria  si  fonda  essenzialmente sulla partecipazione a tributi
 erariali, la garanzia della sua  autonomia  finanziaria  sta,  da  un
 lato,    nella    impossibilita'    per   lo   Stato   di   procedere
 (unilateralmente) alla modificazione delle  quote  di  partecipazione
 regionale, se non attraverso procedure di revisione costituzionale o,
 comunque,   basate   sulla   partecipazione   anche   della  regione;
 dall'altro,  nell'applicazione  della  quota  regionale  a  tutto  il
 gettito derivante dal tributo erariale.
   Viceversa, con la nota ministeriale impugnata si dispone che l'Ente
 poste  versi  alla  regione  Sardegna  delle  quote  di  gettito  non
 corrispondenti a quelle  statutariamente  prescritte:  anziche'  nove
 decimi,  soltanto  3/5  del  gettito della tassa di bollo, e soltanto
 nove decimi del solo 50% del gettito della  tassa  sulle  concessioni
 governative.
   Tale  nota  ministeriale,  pertanto,  nella parte in cui dispone (o
 comunque  presuppone  la  volonta')  di   trasferire   alla   Regione
 ricorrente  una  quota  percentuale  di  tutto il gettito delle tasse
 suddette, complessivamente percetto nella regione, minore della quota
 dei  nove  decimi  ad  essa  spettante  e'  certamente  lesiva  delle
 attribuzioni   costituzionali   e  dell'autonomia  finanziaria  della
 regione  Sardegna,  violando  palesemente  la  disciplina   stabilita
 dall'art.  8, lett. b) dello Statuto sardo, e l'art. 34 del d.P.R. n.
 250/1949.
   1.2. - A prevenire sin d'ora una possibile obiezione  della  difesa
 della  Presidenza  del  Consiglio, osserviamo a questo punto come non
 varrebbe  eccepire  che  la  nota  ministeriale  in  questione  possa
 configurarsi come esecutiva di quanto disposto dall'art. 13 del d.-l.
 11  luglio  1992,  n.  333  ("Misure urgenti per il risanamento della
 finanza pubblica"), convertito nella legge 8  agosto  1992,  n.  359.
 Tale  decreto-legge (che invero e' richiamato dalla nota ministeriale
 in questione) aveva a suo tempo disposto (artt. 9 e  10)  un  aumento
 dell'imposta di bollo e delle tasse sulle concessioni governative, ed
 aveva altresi' stabilito all'art. 13 che le entrate derivanti da tali
 aumenti  "sono riservate all'erario e concorrono, anche attraverso il
 potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura  degli  oneri
 per il servizio del debito pubblico, nonche' alla realizzazione delle
 linee  di  politica economica e finanziaria in funzione degli impegni
 di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".
   La  suddetta  eventuale  obiezione  sarebbe  infatti  inconferente,
 perche'  fondata  su  di  una errata interpretazione della disciplina
 stabilita dal d.-l. n. 333/1992 (interpretazione  che  inoltre,  come
 ora si vedra', la renderebbe incostituzionale).
   La   regione   Sardegna   ritiene  infatti  che  quella  disciplina
 legislativa  vada  correttamente  intepretata  nel  senso  della  sua
 inapplicabilita'  alla  regione  stessa  ed ai gettiti delle suddette
 tasse percetti nel suo territorio.  Se  viceversa  fosse  applicabile
 quella disciplina sarebbe certamente costituzionale, specie alla luce
 dei  principi  enunciati  da  codesta  ecc.ma Corte nella sentenza n.
 363/1993  (avente  ad   oggetto   una   questione   di   legittimita'
 costituzionale, proposta con ricorso della medesima regione Sardegna,
 relativa all'art.  13 del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito
 in  legge  14  novembre  1992,  n. 438, che in modo analogo riservava
 all'erario le maggiori entrate tributarie derivanti da  una  modifica
 della  disciplina  fiscale  stabilita dagli artt. 9 e 10 dello stesso
 d.-l. n. 384/1992). Non vi e'  dubbio,  infatti,  che  la  disciplina
 stabilita  dagli  artt. 9 e 10 del d.-l. n. 333/1992, ove applicabile
 anche alla regione Sardegna, si porrebbe in contrasto (cosi' come nel
 caso analogo ricordato degli artt. 9 e 10 del d.-l. n. 384/1992)  con
 le norme statutarie e d'attuazione gia' esaminate, che riservano alla
 regione  ricorrente  i nove decimi di tutto il gettito delle tasse di
 bollo e  di  concessioni  governative  percette  in  Sardegna,  senza
 prevedere  o  consentire  che  lo  Stato  possa riservarsi il maggior
 gettito  di  eventuali  modifiche  legislative  alla  disciplina  dei
 suddetti  tributi  erariali.  Ma  in  tal  caso si tratterebbe di una
 deroga all'art. 8 dello Statuto speciale  della  Sardegna  certamente
 incostituzionale,  perche'  non  conforme  al principio dell'art. 54,
 quarto comma, dello stesso Statuto, secondo cui  eventuali  modifiche
 delle  disposizioni  del  titolo  III  -  in cui e' compreso l'art. 8
 possono - essere effettuate con legge ordinaria dello Stato, ma  solo
 dopo  che  al  riguardo sia stata "sentita" la regione Sardegna (alla
 quale, peraltro, non venne mai chiesto di esprimere un  parere  circa
 la   destinazione   delle  maggiori  entrate  derivanti  dalla  nuova
 disciplina fiscale  stabilita  dagli  artt.  9  e  10  del  d.-l.  n.
 333/1992).
   Secondo   un   pacifico   canone   interpretativo,  quando  di  una
 disposizione legislativa  si  possono  dare  diverse  interpretazioni
 occorre    preferire    quella    interpretazione    che   eviti   la
 incostituzionalita' della legge.   E' appunto questo  il  caso  della
 disciplina del d.-l. n. 333/1992, ed in particolare del suo art. 13.
   Diversamente  dal  citato d.-l. n. 384/1992, che conteneva anche un
 art. 13-ter il cui tenore ("Le disposizioni del presente decreto sono
 applicabili nelle  regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  provincie
 autonome  di  Trento  e  di Bolzano in quanto non in contrasto con le
 norme dei rispettivi statuti e con le relative  norme  d'attuazione")
 implicava  senza  alcun  dubbio  che  la disciplina contenuta in quel
 decreto-legge era di regola applicabile anche alla  regione  Sardegna
 (che   proprio  per  questo  la  impugno',  instaurando  il  giudizio
 conclusosi con la citata sentenza n. 363/1992), il  precedente  d.-l.
 n.  333/1992  non  contiene,  invece, alcuna disposizione analoga che
 obblighi l'interprete a  ritenerlo  applicabile  anche  alla  regione
 Sardegna  (e  quindi a ritenerlo incostituzionale). Esso ben poteva e
 puo' intendersi nel senso che la riserva all'erario di  cui  all'art.
 13 sia applicabile alle sole regioni (a statuto ordinario o speciale)
 i cui statuti non garantiscono ad esse in modo rigido (come fa invece
 l'art.  8 dello Statuto sardo) una aliquota fissa di tutto il gettito
 percetto  nel  territorio  regionale;  e  che   di   conseguenza   la
 devoluzione allo Stato delle maggiori entrate derivanti dagli artt. 9
 e  10  del  d.-l. n. 333/1992 si debba effettuare soltanto nei limiti
 stabiliti dall'art. 8 dello Statuto sardo, restando cosi immutata  la
 quota  destinata  alla Regione da tale norma, anche in relazione agli
 incrementi  del  gettito  prodotti   dalla   nuova   disciplina   del
 decreto-legge.  Ed infatti e' in tal modo che la disciplina del d.-l.
 n. 333ÿ/ÿ1992 e' stata intesa fin dall'inizio dalla regione Sardegna,
 che proprio per questo motivo non l'ha impugnata  innanzi  a  codesta
 ecc.ma  Corte,  come  invece ha fatto successivamente per il d.-l. n.
 384/1992, il cui art. 13 - per il motivo  gia'  illustrato  (presenza
 dell'art.  13-ter)  -  non era suscettibile di essere interpretato in
 modo analogo.
   2. - In subordine, incostituzionalita' dell'art. 13  del  d.-l.  11
 luglio  1992,  n. 333, convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359, per
 violazione degli artt. 8 e 54 quarto comma,  dello  Statuto  speciale
 per la Sardegna.
   Qualora,  in  denegata  ipotesi, codesta ecc.ma Corte non ritenesse
 fondata l'interpretazione della  disciplina  del  d.-l.  n.  333/1992
 sostenuta  dalla  regione  ricorrente, in tal caso sorgerebbe allora,
 pregiudizialmente,  una  questione  di  costituzionalita'   di   tale
 disciplina  che  - sommessamente riteniamo - codesta ecc.ma Corte non
 potrebbe  non  sollevare,  anche   d'ufficio,   per   instaurare   il
 conseguente giudizio incidentale di costituzionalita'.
   Ed  infatti, ove essa sia rilevante e non manifestamente infondata,
 una questione di costituzionalita' puo' e deve essere  sollevata  nel
 corso  di  un giudizio pendente per conflitto di attribuzioni. In tal
 senso e' l'insegnamento di codesta ecc.ma Corte,  formulato  in  modo
 particolarmente  perspicuo  sin  dalla  ordinanza  n.  22/1960  (rel.
 Sandulli), un brano della  cui  motivazione  ci  sia  qui  consentito
 riportare: "
  ....      deve  ammettersi  la  possibilita'  di  sollevare  in  via
 incidentale, in un giudizio  innanzi  alla  Corte  per  conflitto  di
 attribuzione,  la  questione  della legittimita' costituzionale delle
 disposizioni legislative in base alle  quali  il  conflitto  dovrebbe
 essere  risolto.    Non puo' infatti ritenersi che proprio la Corte -
 che e' il solo  organo  competente  a  decidere  delle  questioni  di
 costituzionalita'  delle  leggi  -  sia  tenuta  ad  applicare  leggi
 incostituzionali, e neanche che, nell'ipotesi di  incostituzionalita'
 delle  leggi  che  regolano  la materia, possa e debba disapplicarle,
 senza mettere in moto il meccanismo (di portata generale e necessaria
 nel vigente ordinamento) destinato a condurre, se del  caso,  con  le
 debite  garanzie  di  contraddittorio, alla eliminazione, con effetti
 erga omens, delle leggi incostituzionali.    Ne'  alcuna  preclusione
 puo'  derivare  alla  possibilita'  di  sollevare in giudizio, in via
 incidentale, una questione relativa alla legittimita'  costituzionale
 di  una  legge, dal fatto che il giudizio verta tra gli stessi enti -
 Stato e regione - l'uno dei quali avrebbe  potuto  sollevare,  e  non
 sollevo',  a suo tempo, in via principale, mediante ricorso contro la
 legge dell'altro, la questione di cui trattisi (cfr. la  sentenza  di
 questa  Corte  10  marzo  1957, n. 42). Infatti il non avere agito in
 tempo utile a tutela del proprio ordinamento, mediante  l'impugnativa
 in  via  principale  di  una  legge  altrui  lesiva di esso, non puo'
 precludere,  rispettivamente  allo   Stato   e   alle   Regioni,   la
 possibilita'  di  difendere  in giudizio le posizioni giuridiche loro
 spettanti in  quanto  soggetti  dell'ordinamento,  anche  se  per  la
 realizzazione di tale difesa si imponga la necessita' di sollevare un
 incidente  di legittimita' costituzionale nei confronti della legge a
 suo tempo non impugnata in via principale".
   L'oggetto della presente  controversia  e'  costituito  dalla  nota
 ministeriale  14  giugno  1995,  in  quanto lesiva delle attribuzioni
 regionali.  Ancorche'  tale  nota  possa  ritenersi   fondata   sulla
 disciplina  contenuta  nell'art.  13 del d.-l. n. 333/1992, l'oggetto
 del presente conflitto e' distinto,  formalmente  e  sostanzialmente,
 dall'oggetto   dell'eventuale   questione  di  costituzionalita'  del
 suddetto art. 13.    Questione  la  cui  soluzione  si  palesa  pero'
 pregiudiziale  rispetto  al  presente giudizio, ove la disciplina del
 d.-l.  n.  333/1992  si  ritenesse  applicabile  anche  alla  regione
 Sardegna.
   Ovvia  e'  la  rilevanza di una siffatta questione. Infatti la nota
 ministeriale qui impugnata, nella parte in cui implica  la  riduzione
 della  percentuale del gettito complessivo delle tasse spettante alla
 regione, troverebbe fondamento nell'art. 13 del  d.-l.  n.  333/1992,
 ove  esso  sia  appunto  inteso  come  applicabile anche alla regione
 Sardegna.   E  quindi  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'  di
 quell'articolo  di legge, in parte qua, comporterebbe direttamente la
 caducazione della nota ministeriale qui impugnata.
   Assolutamente  manifesta  e'  poi  la  fondatezza  della   suddetta
 questione  (assai  piu'  che "non manifestamente infondata"), poiche'
 essa non puo' che essere risolta applicando i principi gia' affermati
 dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte:  sent.  n.  70/1987,  e
 soprattutto  la  gia' citata sent. n. 363/1993. Infatti l'art. 13 del
 d.-l. n.  333/1992 (convertito in legge n. 395/1992) e' in insanabile
 contrasto con la norma costituzionale del quarto comma  dell'art.  54
 dello  Statuto  della regione Sardegna, poiche' la regione non e' mai
 stata "sentita" in merito alla destinazione  delle  maggiori  entrate
 tributarie   percette  nel  suo  territorio  in  virtu'  della  nuova
 disciplina stabilita dagli artt.  9  e  10  del  d.-l.  n.  333/1992;
 entrate che, ai sensi dell'art.  8, lett. b), dello Statuto, spettano
 alla  regione  ricorrente  nella  misura  di  nove decimi dell'intero
 gettito percetto nel suo territorio.