LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul  ricorso  proposto  dalla
 signora  Jannel Olimpia vedova Della Valle, elettivamente domiciliata
 presso l'avv. Giuseppe Abbamonte in Roma, via Proba  Pretonia  n.  60
 (c/o dott. G. Salazar), avverso la decisione n. 2/94/C della sezione,
 giurisdizionale  regionale  della  Campania  della Corte dei conti in
 data 28 gennaio 1994;
    Uditi nella pubblica udienza del 19 ottobre 1994, con l'assistenza
 del segretario signora Nicoletta Esposito,  il  consigliere  relatore
 dott.  Vittorio  Visca  e  l'avv.  Giuseppe  Abbamonte, patrono della
 ricorrente; non costituita l'amministrazione resistente;
    Visti i documenti del ricorso iscritto al n. 179253  del  registro
 di segreteria.
                               F A T T O
    Con la pronuncia indicata in epigrafe, furono respinti due ricorsi
 proposti   dalla   signora   Jannel   Olimpia,   vedova  del  docente
 universitario prof. Guido Della Valle, deceduto  nel  1962,  tendenti
 rispettivamente  alla  liquidazione  del  trattamento  di pensione di
 riversibilita'   in   applicazione   della   sentenza   della   Corte
 costituzionale  n.  501  del  21  aprile5 maggio 1988 intervenuta nei
 confronti dei magistrati collocati a riposo anteriormente al 1 luglio
 1983 ed alla rideterminazione dello stesso trattamento in  base  alla
 retribuzione  teorica  spettante  ai  docenti "a tempo pieno", di cui
 all'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382.
    Avverso  detta decisione ricorre ora in appello la parte innanzi a
 questo Collegio chiedendo la riliquidazione del  proprio  trattamento
 di  pensione, in applicazione della sopravvenuta sentenza della Corte
 costituzionale n. 1 del 1991, con l'attribuzione al dante  causa  del
 trattamento  economico  del  docente "a tempo pieno" e sollevando, in
 subordine, questione di legittimita'  costituzionale,  per  contrasto
 con  gli artt.  31, 24 e 113 della Costituzione, degli artt. 3, comma
 5, 6 e 7 del t.u. 12 luglio 1934, n. 1214, nonche' dell'art. 6  della
 legge  14  gennaio 1994, n. 19, nella parte in cui non e' previsto il
 doppio grado di giurisdizione in materia di giudizi pensionistici.
    Alla odierna udienza l'avv. Abbamonte ha insistito nella  indicata
 eccezione   di   costituzionalita'  rilevando  che  a  seguito  della
 privatizzazione del rapporto di pubblico  impiego,  introdotta  dalla
 legge   n.   29/1993  e  successive  modificazioni,  con  conseguente
 riconoscimento dell'appellabilita' delle pronunce giurisdizionali che
 interessano il settore, appare illegittima  l'esclusione  del  doppio
 grado di giurisdizione nei confronti dei pensionati che, in tal modo,
 sarebbero  privati  di  adeguati mezzi di difesa giudiziaria dei loro
 diritti.
                             D I R I T T O
    1. - L'appello proposto dalla parte privata e' inammissibile  alla
 luce  dell'attuale  normativa,  la  quale  non  prevede,  avverso  le
 sentenze delle neo-istituite sezioni giurisdizionali regionali  della
 Corte  dei  conti,  la  esperibilita'  di  alcun  mezzo di gravame in
 materia pensionistica e, seguatamente, dell'appello  alla  Corte  dei
 conti in sede centrale.
    Ed invero, l'art. 1, comma 5 del testo del d.-l. 15 novembre 1993,
 n. 453 coordinato con la legge di conversione 14 gennaio 1994, n. 19,
 recante  disposizioni  in  materia di giurisdizione e controllo della
 Corte dei conti,  prevede  che  avverso  le  sentenze  delle  sezioni
 giurisdizionali  regionali  in  materia  di  contabilita' pubblica e'
 ammesso  l'appello  alle  sezioni  giurisdizionali  centrali,  mentre
 invece analogo rimedio non e' previsto per le controversie in materia
 pensionistica, dall'art. 6 della stessa legge n. 19/1994.
    2.  - La parte privata, in via subordinata, ha chiesto che venisse
 sollevato,  preliminarmente,  incidente  di  costituzionalita'  della
 novella  normativa  sopra  indicata  nella  parte in cui non e' stata
 prevista la esperibilita' dell'appello  avverso  le  sentenze  emesse
 dalle  sezioni  giurisdizionali  regionali  della Corte dei conti nei
 giudizi in materia pensionistica.
    E la questione dedotta, ad avviso del Collegio, e', nella  specie,
 rilevante e non manifestamente infondata.
    3.1.  -  Preliminarmente  la  sezione  ritiene di poter confermare
 quanto evidenziato nella  precedente  ordinanza  di  remissione  alla
 Corte  costituzionale in data 11 maggio 1994, in fattispecie analoga,
 (ordinanza pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 1a serie speciale  -
 n.  41  del  5 ottobre 1994, n. 589) in ordine alla legittimazione di
 questo giudice a procedere all'esame della prospettata  questione  ed
 alla sua eventuale remissione alla Corte costituzionale.
    3.2. - D'altra parte, ancorche' in fase di progressiva estinzione,
 la  sezione  non puo' essere privata della sua istituzionale funzione
 dell'jus  dicere,   e,   quindi,   non   puo'   trovare   limitazione
 all'esercizio  della sua funzione giurisdizionale per il fatto che la
 sezione stessa, a norma dell'art. 1,  punto  8  del  testo  normativo
 indicato,  rimarra'  soppressa dalla data di insediamento dell'ultima
 delle  sezioni giurisdizionali regionali e, in ogni caso, a decorrere
 dall'1 gennaio 1995.
    4. - Cio' premesso, appare all'evidenza la rilevanza della dedotta
 questione che, ove accolta, in sede costituzionale, consentirebbe  la
 prosecuzione ulteriore, in sede centrale, dell'instaurato giudizio di
 appello.
    La questione, inoltre, oltre che rilevante, si appalesa, ad avviso
 della  sezione,  anche  non  manifestamente  infondata in rapporto ai
 parametri costituzionali  di  cui  agli  artt.  3,  97  e  111  della
 Costituzione,  e  con  riferimento  all'art.  6 del d.-l. 15 novembre
 1993, n. 453 convertito, con modificazioni, dalla  legge  14  gennaio
 1994, n. 19.
    5.1.  -  Un  primo  profilo  attiene  al dubbio circa il possibile
 contrasto tra la disposizione dell'art. 6  del  testo  del  d.-l.  15
 novembre  1993,  n. 453, come convertito dalla legge 14 gennaio 1994,
 n. 19,  che  non  prevede  l'esperibilita'  dell'appello  avverso  le
 sentenze pronunciate in materia pensionistica dalle istituite sezioni
 giurisdizionali  regionali  della  Corte dei conti, e il principio di
 parita' di trattamento sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    Va osservato in merito che la tutela giurisdizionale dei  pubblici
 dipendenti in attivita' di servizio e' assicurata dal doppio grado di
 giurisdizione, giusta le disposizioni introdotte con legge 6 dicembre
 1971,  n. 1034 (istituzione dei tribunali amministrativi regionali) e
 del d.P.R. 21 aprile 1973, n. 214 (Regolamento  di  esecuzione  della
 legge 6 dicembre 1971, n. 1034) in concreta attuazione dell'art. 125,
 secondo   comma,   della   Costituzione;   invece,   il   contenzioso
 pensionistico del pubblico impiego e'  caratterizzato  dal  principio
 della  unicita'  del  giudizio  affidato  peraltro  non ad un giudice
 centralizzato - che pur potrebbe  assumere  carattere  di  necessita'
 attesa  la  esigenza  di  nomofilachia,  ma a sezioni giurisdizionali
 periferiche di unico grado. Sicche' la mancata  previsione  normativa
 del  doppio  grado  di  giurisdizione  nella  materia  delle pensioni
 pubbliche si pone, ad avviso della sezione, in posizione  assimetrica
 -  in  violazione  dell'art.  3  della Costituzionale - in rapporto a
 tutti gli altri  giudizi  vertenti  tra  pubblica  amministrazione  e
 pubblici  dipendenti,  o  anche  in  rapporto  a  giudizi  inerenti a
 contabilita' pubblica e responsabilita' amministrativa, per  i  quali
 ultimi  la  stessa  legge  n.  19/1994  (art. 1, punto 5) assicura la
 proponibilita' dell'appello  alle  sezioni  giurisdizionali  centrali
 della Corte dei conti.
    5.2.  -  Tale  anomalia  assume  piu'  spiccato  rilievo anche nei
 riguardi della posizione del pensionato pubblico se  raffrontata  con
 il  lavoratore  privato  a  riposo,  garantito dalla possibilita' del
 ricorso al doppio grado di giurisdizione,  in  caso  di  controversia
 pertinente  il  rapporto  di  quiescenza,  negato,  invece,  agli  ex
 pubblici dipendenti, sottoposto  alla  speciale  giurisdizione  della
 Corte   dei  conti,  e  che  pure  versano  in  posizioni  soggettive
 sostanzialmente identiche al pensionato "privato", pur  sottoposti  a
 sistema  pensionistico in parte diverso e differenziato sotto profili
 particolari.
    5.3. - La rilevata discriminazione tra lavoratore privato e quello
 pubblico appare  ancor  piu'  ingiustificata  e  irrazionale  ove  si
 consideri che, sulla base degli artt. 2 e segg. del d.lgs. 3 febbraio
 1993,  n.  29,  come  sostituito  dall'art. 12 del d.lgs. 23 dicembre
 1993,   n.   564,   i   rapporti   di  lavoro  dei  dipendenti  delle
 amministrazioni pubbliche, con salvezza di taluni limiti posti  dalla
 stessa normativa, sono regolati dalle disposizioni del Capo I, titolo
 II del Libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
 subordinato nell'impresa.
    Cio' significa che il rapporto di pubblico impiego, pur con talune
 particolarita',  ha assunto una connotazione privatistica, ponendosi,
 i due rapporti, su un medesimo solco  di  omogeneizzazione  da  tempo
 perseguito dal legislatore ordinario. A conferma di tale orientamento
 sta  l'art. 33 del citato d.lgs. n. 546/1993 che ha sostituito l'art.
 68 del d.lgs. n.  29/1993,  secondo  cui  sono  devoluti  al  giudice
 ordinario  in  funzione  del  giudice di lavoro tutte le controversie
 riguardanti   il   rapporto   di   lavoro   dei   dipendenti    delle
 amministrazioni   pubbliche,   con   esclusione   di  talune  materie
 espressamente e tassativamente ivi indicate.
    In particolare, in virtu' del primo comma del citato art. 68, come
 soprasostituito, sono in ogni caso devolute al giudice  ordinario  in
 funzione del giudice del lavoro le controversie attinenti al rapporto
 di  lavoro in corso, in tema, tra l'altro, di diritti patrimoniali di
 natura retributiva, di diritti patrimoniali di natura indennitaria  e
 risarcitoria,  e  di  previdenza  ed assistenza, con esclusione della
 materia pensionistica riservata  alla  Corte  dei  conti.  Di  nessun
 rilievo,  ai  presenti fini, sono le disposizioni contenute nel terzo
 comma dello stesso art. 68 come modificato dall'art. 33 del d.lgs. n.
 546/1993, concernenti il rinvio della operativita' della  devoluzione
 delle controversie di lavoro alla giurisdizione del giudice ordinario
 in funzione del giudice del lavoro al terzo anno successivo alla data
 di  entrata  in  vigore  del  decreto e comunque non prima della fase
 transitoria di cui all'art. 72: per vero, il "congelamento",  durante
 detto  periodo  transitorio,  della  operativita',  in argomento, del
 decreto legislativo non puo' rimuovere la sostanza del  problema  che
 riguarda  la  trasformazione  del  rapporto  di  pubblico  impiego in
 rapporto  a  prevalente  connotazione  privatistica,  con   esplicita
 riserva  alla  giurisdizione  dell'A.G.O.  in  tema  di  controversie
 attinenti alla materia della retribuzione del pubblico impiego.
    Ordunque anche se, come espressamente previsto, e' fatta salva  la
 giurisdizione  speciale  di  questa  Corte  dei  conti  in tema delle
 pensioni  pubbliche,  appare  pero'  assai  problematico  e   suscita
 perplessita'  il  fatto  che  un  medesimo  rapporto,  in costanza di
 servizio dell'impiegato statale, abbia una  colorazione  privatistica
 (e,  come  tale,  e' assistito dalle garanzie giurisdizionali proprie
 del lavoratore privato), mentre, invece, all'atto  del  passaggio  al
 trattamento    di   quiescenza,   diventa   rapporto   pubblicistico,
 attribuendosi alla pensione - che e'  retribuzione  differita  giusta
 orientamento  della stessa Corte costituzionale e, ormai, del diritto
 vivente - e al suo titolare una garanzia giurisdizionale limitata  ad
 un  solo  di  grado, di giurisdizione, costituito dalle neo-istituite
 sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti. Talche',  in
 costanza  di servizio del lavoratore statale, il diritto patrimoniale
 alla retribuzione, in caso  di  controversie  nascenti  tra  pubblica
 amministrazione  e  suoi  dipendenti, puo' attingere alle ordinarie e
 plurime valutazioni di piu' giudici, ordinati in piu'  gradi,  mentre
 lo   stesso   diritto   patrimoniale,   all'atto   del  pensionamento
 dell'impiegato,  non  solo  assume  una  diversa colorazione ma trova
 altresi' un unico rimedio giurisdizionale, limitato ad  un  grado  di
 giudice  regionale  -  Corte  dei  conti  -  che  pure  ha competenza
 funzionale, nel suo apparato centrale, in sede di appello,  ancorche'
 in specifica (altra) materia (contabilita' pubblica). In tal modo, ad
 avviso     della     sezione,    il    diritto    fondamentale    del
 cittadino-pensionato   statale,    viene    ingiustificatamente    ed
 irragionevolmente  compresso,  al  cospetto  non  solo del pensionato
 privato ma anche del dipendente statale in costanza di servizio.
    6. - La norma dell'art. 6 della legge n. 19/1994 appare inoltre di
 dubbia  costituzionalita'  anche   con   riferimento   al   parametro
 costituzionale di cui all'art. 97 della Costituzione.
    Anche  se  la  norma  costituzionale  ora  richiamata  concerne la
 sezione II del titolo  III  della  parte  II  della  Costituzione,  e
 concerne  l'organizzazione dei pubblici uffici, egualmente rileva nel
 caso di specie, atteso  che  l'ordinamento  processuale  e,  piu'  in
 particolare, l'organizzazione delle sfere di competenza per gradi non
 puo'  non  rispondere  a  quelle  esigenze  di  buon  andamento  e di
 imparzialita' che sono canoni  fondamentali  e  irrinunciabili  della
 struttura organizzativa dello Stato moderno.
    Non  risponde  a  criterio  di  ragionevolezza di logica giuridica
 collegata ad una razionale  organizzazione  degli  apparati  pubblici
 anche di giustizia, prevedere l'affidamento di un determinato tipo di
 controversia   ad   un   giudice  periferico,  decentrato  a  livello
 regionale,  e  non  prevedere,  al  contrario,  la  possibilita'   di
 appellare  le  sue  sentenze al giudice di secondo grado che non deve
 essere all'uopo istituito, ma gia' esiste,  anzi  esiste  perche'  ha
 esercitato  e continua nell'attualita' ancora ad esercitare, sia pure
 in funzione di giudice di unico grado a livello centralizzato, quella
 stessa determinata funzione  di  giustizia  ora  decentrata  a  nuovi
 organismi periferici.
    7.  -  Un  ulteriore  dubbio  di  costituzionalita'  si profila in
 rapporto alle statuizioni contenuti nell'art. 111, terzo comma  della
 Costituzione,  che prevede il ricorso in Cassazione per i soli motivi
 inerenti alla giurisdizione, contro le  decisioni  del  Consiglio  di
 Stato e della Corte dei conti.
    Ed  invero,  sembra  potersi desumere dalla testuale lettura della
 precitata norma costituzionale che il ricorso in  Cassazione,  per  i
 motivi  di  giurisdizione,  possa essere promosso solo con riguardo a
 pronunce rese, nell'ambito delle proprie competenze  giudiziarie,  da
 un  organo di vertice. In definitiva, poiche' nel vigente ordinamento
 processuale non esiste un caso in  cui  le  pronunce  di  un  giudice
 periferico,  rispetto  al  quale  vi  sia  un  livello  superiore  di
 organizzazione funzionale di apparato, siano sottratte ad ogni  mezzo
 di  impugnativa  (con  eccezione  di quello esperibile in presenza di
 straripamento di potere), appare contrastante con  ogni  criterio  di
 ragionevolezza  l'introduzione  di  un unico grado di giurisdizione a
 livello  decentrato  in  materia  di  contenzioso  pensionistico   di
 istituzionale competenza della Corte dei conti.
    Per  le esposte considerazioni, la sezione ritiene rilevante e non
 manifestamente  infondata  la  questione  dedotta  di  illegittimita'
 costituzionale,  peraltro gia' sollevata per fattispecie analoga, con
 la gia' citata ordinanza di questa sezione dell'11 maggio 1994.