IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
    Roviera  Marino,  nato  il 22 gennaio 1956 a Rivarolo Canavese, in
 espiazione di pena presso  la  Casa  di  Alessandria,  ha  presentato
 istanza intesa ad ottenere un permesso premio allo scopo di coltivare
 interessi affettivi, culturali e di lavoro.
    L'istanza e' inammissibile.
    L'art.  58-quater  dell'ordinamento  penitenziario  stabilisce  al
 secondo comma che "La diposizione del primo comma si applica anche al
 condannato nei cui confronti e'  stata  disposta  la  revoca  di  una
 misura alternativa ai sensi dell'art. 47, undicesimo comma, dell'art.
 47-ter, sesto comma o dell'art. 51, comma primo".
    Il  primo comma della suddetta norma statuisce che "L'assegnazione
 al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in  prova  al
 servizio  sociale  nei  casi  previsti  dall'art.  47,  la detenzione
 domiciliare  e  la  semiliberta'  non  possono  essere  concessi   al
 condannato  per uno dei delitti previsti nel primo comma dell'art. 4-
 bis ..".
    Nell'art. 4 del d.-l. 13 maggio 1991,  n.  152,  convertito  nella
 legge  12 luglio 1991, n. 203, si legge altresi' che "Le disposizioni
 di cui all'art. 58-quater, secondo comma, della legge 26 luglio  1975
 n.  354,  si  applicano  ai  condannati  nei  confronti  dei quali il
 provvedimento di revoca e' stato adottato dopo la data di entrata  in
 vigore del presente decreto".
    Dalle  norme di cui sopra si evince percio' che non possono essere
 concessi permessi premio ai detenuti che  abbiano  avuto  revoche  di
 misure  alternative  alla  detenzione  per un certo periodo di tempo,
 avendo commesso delitti  "ostativi"  (presi  cioe'  nel  primo  comma
 dell'art. 4-bis o.p.), anche prima del 1991.
    La  durata  di  tale divieto e' fissata dall'art. 58-quater, terzo
 comma "per un periodo di tre anni  dal  momento  in  cui  e'  ripresa
 l'esecuzione  della  custodia  o  della  pena  o  e'  stato emesso il
 provvedimento di revoca indicati nel secondo comma".
    Nel caso di specie al detenuto che e' ristretto per  il  reato  di
 rapina  aggravata, commessa prima del 1991, (reato compreso nel primo
 comma dell'art.  4-bis  o.p.)  e'  stata  revocata  la  semiliberta',
 perche'  non  si era dimostrato idoneo al trattamento (art. 51, primo
 comma, o.p.), con ordinanza in data 25 ottobre 1994 del tribunale  di
 sorveglianza  di  Torino,  in  quanto sussistevano a suo carico gravi
 indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di altre rapine.
    Il Roviera ha prodotto copia della sentenza  16  maggio  1995  del
 tribunale di Milano, che lo ha assolto dai reati, a cagione dei quali
 gli era stata revocata la semiliberta'.
    Questo   magistrato,   ritiene   che   comunque   l'istanza  resti
 inammissibile, anche alla luce di quanto stabilito dalla  Cassazione,
 con sentenza 9 marzo 1994.
    Nel  caso  in esame alla suprema Corte il presidente del tribunale
 di  sorveglianza  di  Roma  con  decreto  30  giugno8   luglio   1993
 "dichiarava  inammissibile  l'istanza  di  Curti  Mario  tendente  ad
 ottenere la riammissione al regime di semiliberta' rilevando che  nei
 confronti  del  predetto  era stata disposta con ordinanza 27 ottobre
 1992  la  revoca  del  beneficio  penitenziario  della  semiliberta',
 talche'  il  divieto per un periodo di tre anni della concessione del
 beneficio (art. 58-quater, terzo comma, o.p.).
    Avverso tale decreto, con  atto  21  luglio  1993,  ricorreva  per
 cassazione  l'avv.  Pietro  Carotti, difensore del Curti, denunziando
 che la revoca della semiliberta' era stata illegittimamente  disposta
 per  un  fatto  per  il  quale il giudice per le indagini preliminari
 della pretura circondariale di Roma aveva disposto l'archiviazione in
 data 18 marzo 1993".
    La  cassazione  rigettava tuttavia il ricorso evidenziando che "il
 decreto pretorio sulla denunzia per il reato di evasione non  rimuove
 gli  effetti  dell'ordinanza  di  revoca della semiliberta', divenuto
 esecutivo nella specie per  la  mancata  impugnazione  da  parte  del
 Curti",   cosicche'   non   poteva  contestarsi  in  quella  sede  la
 legittimita' della revoca e l'effetto preclusivo  che  ne  deriva  in
 forza dell'art. 58-quater o.p.
    La  sentenza sopracitata appare come precedente utilizzabile anche
 nel caso all'esame di questo magistrato.
    Anche nella presente fattispecie infatti:
      la revoca della semiliberta' e' stata disposta sulla base di  un
 procedimento  penale,  conclusosi  successivamente  con una pronuncia
 favorevole al reo;
      la revoca appare legittimamente disposta da parte del  tribunale
 di  sorveglianza  di  Torino,  perche' i gravi indizi di colpevolezza
 erano stati confermati dal tribunale della liberta' di  Milano  e  la
 magistratura  di  sorveglianza non puo' certamente entrare nel merito
 di un procedimento, andando di diverso avviso rispetto  all'autorita'
 procedente.
    Il  prevenuto  non aveva proposto ricorso per Cassazione contro il
 provvedimento di revoca.
    La decisione sulla revoca non appare  rimuovibile  in  alcun  modo
 (ne'  comunque  vi  e'  stata ancora decisione in merito da parte del
 tribunale di sorveglianza di Torino).
    Pertanto l'effetto preclusivo, evidenziato  dai  supremi  giudici,
 che  si  verifica  per  il  giudicato  formatosi sulla revoca ex art.
 58-quater, secondo comma o.p., si e' realizzato anche  nei  confronti
 del  Roviera, a cui non possono essere concessi permessi premiali per
 anni  tre  dalla  data  del  provvedimento  di  revoca  della  misura
 alternativa da parte del tribunale di sorveglianza.
    Piu'  precisamente il reo non potra' ottenere permessi-premio fino
 al 25 ottobre 1997, per cui tutte le istanze che perverranno  fino  a
 tale  data,  compresa  quella  odierna,  dovranno  essere  dichiarate
 inammissibili.
    Questo magistrato  dubita  tuttavia  della  conformita'  dell'art.
 58-quater o.p. come sopra interpretato alle norme di cui all'art. 3 e
 27 Cost.
    La  rigidita'  del  meccanismo di revoca e l'impossibilita' di una
 sua rimozione, provocano un risultato  processuale  ingiusto  per  il
 reo,  che  si  trova  ristretto  per  la  mancata  impugnazione di un
 provvedimento praticamente inimpugnabile nel  1994  (non  potendo  il
 tribunale  di sorveglianza sindacare la decisione del tribunale della
 liberta'), ed oggi pero' venuto meno in suo favore.
    Un  intervento  integrativo  della   Corte   costituzionale,   che
 impedisse  l'operativita'  del  meccanismo  di  cui sopra nel caso di
 soggetti  assolti  successivamente  per  insussistenza  del  fatto  o
 perche'  essi  non  lo  hanno  commesso,  eviterebbe  sicuramente  un
 risultato iniquo, garantendo  un  esame  nel  merito  dell'istanza  e
 l'attuazione  del precetto costituzionale, relativo alla rieducazione
 del condannato (art. 27 Cost.).
    Il suddetto intervento non consentirebbe  altresi'  la  violazione
 del  principio  di  uguaglianza  (art. 30 Cost.) che l'art. 58-quater
 provoca invece nel momento  in  cui  equipara  la  revoca  di  misure
 alternative  nei confronti di soggetti poi assolti, solo per il fatto
 che  non  e'  stato  proposto  gravame,  alla revoca nei confronti di
 soggetti, successivamente  condannati  con  sentenza  definitiva  per
 comportamenti illeciti tenuti nel corso della misura in esecuzione.
    Lo  scrivente  pertanto,  debita della legittimita' costituzionale
 dell'art.  58-quater  o.p.  in   relazione   alle   norme   parametro
 sopraindicate,   nella   parte  in  cui  non  dispone  che  l'effetto
 preclusivo di cui al primo e secondo comma della suddetta  norma  non
 opera nei casi in cui, dispostosi la revoca di una misura alternativa
 per sussistenza di indizi di colpevolezza a carico del condannato, in
 relazione  a  procedimento  penale  pendente,  intervenga sentenza di
 assoluzione perche' il fatto non sussiste o per non aver commesso  il
 fatto.
    La  questione  appare  altresi'  rilevante ai fini della decisione
 sull'istanza del Roviera, che in  difetto  della  pronuncia  additiva
 sopra  prospettata  dovrebbe  attendere il 1997 prima di un'esame nel
 merito delle proprie richieste di permesso premiale.
    Sull'ammissibilita'  di   una   declaratoria   di   illegittimita'
 costituzionale  nel corso di un procedimento di concessione e diniego
 di permesso premio, questo  magistrato  si  limita  a  richiamare  la
 recentissima  pronuncia  della  Corte  costituzionale  n.  227 del 26
 giugno 1995, in cui, seppur in via incidentale si afferma  con  ampia
 motivazione  che i procedimenti di concessione o diniego dei permessi
 premio hanno natura giurisdizionale, con  conseguente  legittimazione
 dei   magistrati   di   sorveglianza   a   sollevare   questione   di
 incostituzionalita' delle norme applicande.