IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dalla sig.ra Lenzi Annalisa, contro l'Azienda Trasporti Consorziali (A.T.C.) di Bologna in persona del suo direttore generale e legale rappresentante per il pagamento rateale del provvedimento sanzionatorio di L. 189.200 inflittole per avere circolato sull'autobus della linea 37 in Bologna, sprovvista di regolare documento di viaggio; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di citazione in giudizio dell'Azienda Trasporti Consorziali (A.T.C.) e le memorie e documentazioni da essa prodotte; Visti gli atti tutti della causa; Udita la parte resistente alla pubblica udienza del 13 luglio 1995; Ritenuto in fatto e diritto quanto segue; RITENUTO IN FATTO Che in data 17 novembre 1994 la sig.ra Lenzi Annalisa, viaggiando su un autobus della linea 37 della A.T.C. in Bologna, risultava, da un controllo del personale della medesima A.T.C., sprovvista di biglietto; Che con ricorso presentato il 31 maggio 1995 la Lenzi Annalisa proponeva opposizione avverso il provvedimento sanzionatorio sovra menzionato, regolarmente notificatole; Che la ricorrente adduceva la estrema precarieta' della sua situazione economica, producendo in atti fotocopie della pensione di reversibilita' della madre, unica fonte di reddito del suo nucleo familiare e del libretto suo di disoccupazione; Che non contestando il fatto cosi' come esposto nella verbalizzazione dell'agente accertatore della A.T.C., chiedeva la rateizzazione della somma dovuta; Che, fissata l'udienza e disposta la comparizione delle parti, si costituiva l'Azienda Trasporti Consorziali di Bologna A.T.C. in pesona del suo direttore generale e legale rappresentante a mezzo dell'avv. Cesare Agostini, depositando in atti copia del verbale di accertamento e dell'ingiunzione opposta, chiedendo il rigetto della domanda della ricorrente e la sua condanna anche al pagamento delle spese di lite, quantificate in L. 250.000; Che la ricorrente non compariva all'udienza del 13 luglio 1995 mentre l'Azienda A.T.C., a mezzo come sopra, sostituito dalla dott.ssa proc. Magnani, si riportava ai motivi di ricorso enunciati; Che la sanzione e' stata comminata in foza degli artt. 4, 5, 6 della legge regionale dell'Emilia Romagna del 29 gennaio 1987 n. 4, nella misura massima edittale, cosi' come risulta stampato nell'apposito modulo di versamento allegato all'ingiunzione; Che i citati articoli della legge regionale attribuiscono al direttore generale dell'Azienda speciale resistente sia la funzione di ricevere il rapporto sulla violazione (art. 4), sia la potesta' di emettere l'ordinanza ingiunzione (art. 5), devoluta quindi direttamente all'Azienda stessa (art. 6); Che gli artt. 4, 5, 6 della legge regionale n. 4 dell'Emilia-Romagna del 29 gennaio 1987 appaiono al giudice di pace in contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 97, 117 et 118 della Costituzione. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - La rateizzazione richiesta dalla ricorrente trova un insormontabile ostacolo nelle inequivoche disposizioni della l.r. dell'Emilia-Romagna 29 gennaio 1987 n. 4 che, non prestandosi ad alcuna diversa interpretazione,non permettono il pagamento rateale delle sanzioni, poiche' " .. le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati .." (art. 1.2, legge 24 novembre 1981, n. 689). 2. - L'art. 17.3 della legge n. 689/1981 prevede, relativamente alle sanzioni amministrative e nelle materie di competenza regionale o per le funzioni amministrative delegate a codesti enti territoriali, che il rapporto circa l'accertata violazione venga inoltrato .. all'ufficio regionale competente". E, sempre nella stessa legge, l'art. 18 stabilisce che e' dovere dell'autorita' competente a ricevere il rapporto di valutarne la fondatezza nonche' di determinare l'entita' della somma dovuta dal trasgressore per la violazione e infine di ingiungerne il pagamento. Pare quindi emergere con sufficiente chiarezza che nelle materie di competenza delle Regioni puo' attribuirsi potesta' sanzionatoria soltanto ad un ufficio della Regione stessa. Principio peraltro accolto nella legge regionale n. 21 del 28 aprile 1984 dell'Emilia-Romagna, in cui agli artt. 14 e 15 si attribuiscono ad organi bene individuati degli enti territoriali la funzione di ricevere il rapporto e la potesta' sanzionatoria; organi quali il presidente della Giunta regionale, il sindaco, il presidente della Giunta provinciale (del comitato circondariale di Rimini) e delle comunita' montane. Nonostante cio', gli artt. 4 e 5 della legge regionale 29 gennaio 1987 n. 4 dell'Emilia-Romagna, citata, hanno attribuito la competenza a ricevere il rapporto e ad erogare la successiva sanzione, nel caso del viaggiatore sprovvisto di biglietto, utente di un mezzo di trasporto dell'Azienda speciale A.T.C., non ad un ufficio regionale, come richiesto dall'art. 17 della legge n. 689/1981, e neppure ad uno degli organi indicati dalla legge regionale n. 21/1984 bensi' allo stesso direttore generale dell'Azienda che gestisce il servizio di trasporto pubblico in regime di monopolio legale, e, sempre allo stesso direttore generale e' demandata la potesta' sanzionatoria, conferendo in tal modo, si dica cosi', dignita' di ufficio regionale ad un organo aziendale che, viceversa, e' direttore di un "ente strumentale dell'ente locale, dotato di personalita' giuridica, di autonomia patrimoniale e aziendale e di proprio statuto". (V. art. 23 della legge 8 giugno 1990 n. 142). Appare sufficientemente palese dalla lettera e dalla ratio dei combinati disposti delle citate leggi nn. 689/1981 e legge regionale 21/1984, viceversa, l'intenzione dei legislatori di delegare competenza in campo di sanzioni amministrative ad enti pubblici politici e non ad enti pubblici economici o aziende speciali. Principio questo che sposa perfettamente l'art. 118 Cost. in tema di deleghe di funzioni amministrative. Nel disposto costituzionale si individuano fra gli eventuali delegatari Province, Comuni o altri enti locali. Difficilmente accoglibile la pretesa di ricomprendervi anche una Azienda speciale come l'A.T.C. (legge 22 luglio 1975, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616), certamente non assimilabile ad un "ufficio della Regione", come al contrario, viene imposto dagli artt. 4 e 5 della legge regionale n. 4/87. Si consideri ora che in forza dell'art. 23 della legge n. 142/90 l'Azienda ha l'obbligo di indirizzare e informare la propria attivita' secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicita'. Adempiendo l'Azienda a tale disposto, puo' sorgere giustificato dubbio relativamente al requisito della "terzieta'" di qualsivoglia organo dotato di potesta' sanzionatoria. Il requisito della terzieta' di qualsivoglia organo giudicante costituisce l'incoercibile presupposto della sua indifferenza e distacco da interessi materiali ed economici, ed e' garanzia prima di imparzialita' di giudizio. E percio' stesso che, nella storia, sono sempre apparse gravemente inficiate da pregiudiziali di natura economica quelle pronunce giurisdizionali emesse dagli stessi organi che poi ne lucravano gli esiti. Nel caso di specie, non vi e' dubbio che l'organo che si vuole dotare di potesta' sanzionatoria ex artt. 4 e 5 legge regionale n. 4/1987, propenda costantemente in ossequio al conseguimento di profitti economici; non per altro la sanzione pecuniaria, nel caso di mancata conciliazione in misura ridotta, e' applicata al trasgressore sempre nella misura massima che, non a caso, risulta gia' prestampata nei moduli di versamento inviati al contravventore. In tal modo sembrano pregiudicati i principi di corretta amministrazione ex art. 97 della Costituzione, poiche' una buona amministrazione ha l'obbligo di essere precisa, puntuale ed equa; mai vessatoria perche' assillata da esigenze di bilancio. Cosi' che e' lecito domandarsi se non sia in contrasto con il citato art. 97 Cost. lo spogliarsi da parte della Regione Emilia-Romagna di una sua potesta' delegandola ad altri e diversi soggetti di diritto, portatori di precisi e propri interessi economici. 5. - Altro punto in cui non appare manifestamente infondata l'ipotesi di incostituzionalita' degli artt. 4 e 5 legge regionale n. 4/1987 si puo' intravedere in relazione all'art. 3 della Costituzione perche' cittadini che si trovino in condizioni diverse, in occasioni diverse vengono comunque tutti assoggettati alla stessa sanzione, la cui somma, si ripete uguale per tutti nella misura massima, e' gia' stampata sul modulo allegato all'ordinanza ingiunzione di pagamento. Ma cosi' facendo, si finisce per applicare un principio di responsabilita' oggettiva che giunge a sovvertire l'idea di uguaglianza di fronte alla legge. Come ad esempio il caso di chi, provenendo da altra citta', dopo l'orario di chiusura degli esercizi che vendono "titoli di viaggio", essendone quindi sprovvisto, salga tuttavia sull'autobus nella presunzione e speranza di trovare ivi un dispositivo distributore che gli renda possibile la prestazione incombentegli, come si auspicherebbe posto che il creditore deve facilitare il debitore dell'adempimento, quantomeno non aggravarglielo, e il caso di chi, in altre condizioni, altri orari, magari per sua negligenza risulti sprovvisto di biglietto. Sembra cosi' violato anche il principio desumibile dal combinato disposto dell'art. 3.1 e 97 della Costituzione, sia sotto il profilo della ragionevolezza, per cui la legge deve trattare in maniera uguale situazioni uguali e in maniera diversa situazioni diverse, sia sotto quello piu' specifico dell'imparzialita', onde non sconfinare nell'arbitraria tutela di altri e vari interessi. 6. - Pertanto, sugli articoli 4, 5, 6 della legge regionale 29 gennaio 1987 n. 4 dell'Emilia-Romagna, va sollevata d'ufficio la questione di costituzionalita' in relazione agli artt. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione. 7. - La rilevanza della questione appare indubitabile ai fini del decidere, non potendo altrimenti essere definito il giudizio senza dare applicazione alle norme in questione della cui costituzionalita' si deve invece dubitare. 8. - Quanto all'aspetto della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' degli artt. 4, 5, 6 della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 4/1987, si assumono violati: a) art. 117 della Costituzione, che indica nei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato un limite invalicabile all'esercizio del potere legislativo delle Regioni. In particolare, la Corte costituzionale con sentenza del 6/14 ottobre 1993 ha affermato che l'art. 17 della legge 689/81 deve essere considerato come limite per il potere legislativo regionale, posto che esso " .. introduce un principio sugli uffici territorialmente competenti che vincola il legislatore regionale, anche a salvaguardia del buon andamento dell'attivita' amministrativa". Al contrario, gli artt. 4 e 5 della legge regionale n. 4 piu' volte citata hanno attribuito la competenza a ricevere il rapporto e la conseguente potesta' sanzionatoria non ad un ufficio della Regione, ex art. 17, legge 689/81, bensi' al Direttore dell'impresa che gestisce in regime di monopolio legale il trasporto pubblico; b) art. 118 della Costituzione ultimo comma. La Regione non puo' delegare proprie funzioni amministrative se non agli Enti indicati dall'art. 118 Cost. Al contrario, gli artt. 4 e 5 legge regionale n. 4/1987 dell'Emilia-Romagna assegnano ai direttori di aziende speciali funzioni e compiti che non possono essere loro delegati, posto che l'art. 23 legge n. 142/1990 esclude le aziende speciali dal novero degli enti locali che, ai sensi degli artt. 2, 18, 28 della stessa legge sono unicamente i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Comunita' montane; c) art. 3 della Costituzione. Si ravvisa, secondo l'insegnamento del giudice delle leggi, violazione dei parametri di razionalita' per violazione dell'art. 3 della Costituzione in presenza di irragionevoli disparita' di trattamento legislativo (v. sentenza dell'Alta Corte n. 375 del 6-14 ottobre 1993) nel caso di incongrua contraddizione di legge regionale con principi di carattere generale, pure affermati dalla medesima legislazione regionale. Nel caso di specie si rileva una incongruenza tra le norme denunciate e gli artt. 5, 14 e 15 della legge regionale Emilia-Romagna 28 aprile 1984 n. 21 sulla "Disciplina delle sanzioni amministrative di competenza regionale" che attribuiscono esclusivamente ad organi ben individuati degli Enti locali territoriali la funzione di ricevere il rapporto e la conseguente potesta' sanzionatoria. L'irragionevolezza della scelta emerge, oltre che dal conflitto affermato dalla precedente legge regionale n. 21/84, anche dal fatto che la deroga non riguarda l'intera procedura di accertamento della violazione e della sanzione (per la quale la legge regionale 4/87, art. 3 richiama le norme della legge regionale 21/84), ma esclusivamente e irragionevolmente l'individuazione dell'autorita' competente a ricevere il rapporto e sanzionare l'infrazione; d) art. 97 della Costituzione. Indispensabile e' il requisito della "terzieta'" da parte dell'organo accertatore-sanzionatore rispetto ad interessi patrimoniali inerenti l'intera questione. Nel caso di specie l'organo accertatore, ai sensi dei nominati articoli della legge regionale n. 4/1987, e' invece portatore di un proprio interesse al pagamento della sanzione nella misura massima edittale; e cio' contrasta con i principi generali della legge 24 novembre 1981 n. 689, art. 1, che stabilisce i criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative che debbono essere irrogate con gradualita', tenuto conto della gravita' della violazione, dell'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonche' della personalita' dello stesso trasgressore e delle sue condizioni economiche, che, nel caso di specie, la ricorrente ha documentato. I predetti principi di terzieta', di imparzialita', di buon andamento della p.a. mancano sicuramente nel caso in esame, dal momento che le norme di legge regionale affidano la funzione sanzionatoria al dirigente responsabile dell'azienda speciale che, gestendo il servizio di trasporto pubblico, e' vincolata all'obbligo di pareggio del bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi (art. 23 legge n. 142/1990). Applicando la sanzione sempre nella misura massima, e lo provano i moduli con la cifra gia' prestampata, viene anche violato l'art. 3 della Costituzione poiche' in pratica si applica il principio di responsabilita' oggettiva a situazioni diverse, ma il disposto dell'art. 6 legge regionale n. 4/1987 si appalesa in violazione dell'art. 97 della Costituzione poiche' la norma regionale prevede che i proventi delle sanzioni siano devoluti alle medesime imprese che gestiscono il servizio. Evidente appare cosi' l'interesse ad applicare la sanzione massima sempre e comunque al fine esclusivo di bilancio. Per le considerazioni che precedono, si rende quindi necessaria la sospensione del giudizio con la rimessione della questione suindicata alla Corte costituzionale.