Giudizio per conflitto di attribuzione della regione Molise, in persona del presidente pro-tempore rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del presente atto, dall'avv. Vincenzo Colalillo, presso il quale elettivamente domicilia in Roma alla via Appia Nuova n. 519 presso avv. Clementino Palmiero contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro-tempore; e il Comitato Interministeriale per la Programmazione economica, in persona del legale rappresentante pro-tempore, in relazione e per la caducazione della delibera del C.I.P.E. del 13 marzo 1995, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 1995 con la quale si sono statuiti i criteri generali per la assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica nonche' per la determinazione dei relativi canoni. FATTO E DIRITTO La regione Molise con il presente giudizio solleva un conflitto di attribuzione in riferimento alla delibera CIPE in quanto la materia disciplinata in tale atto rientra nella competenza della regione in applicazione del combinato disposto degli artt. 117 e 118 della Costituzione. A tale fine necessita premettere che nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 1995 e' stata pubblicata la deliberazione del CIPE 13 maggio 1995 avente ad oggetto: edilizia residenziale pubblica; criteri generali per l'assegnazione degli alloggi e per la determinazione dei canoni con la quale l'organo statale ha disciplinato gli ambiti di applicazione inerenti la assegnazione di alloggi popolari la cui materia rientra nelle competenze regionali e per le quali la regione Molise ha gia' legiferato. Sostanzialmente con tale atto di indirizzo il CIPE ritiene di poter impartire disposizioni cui devono uniformarsi e dare attuazioni le regioni limitando la propria sfera decisionale ed autonomia amministrativa e legislativa. Tale delibera e' stata emanata in attuazione dell'art. 2, comma secondo, della legge 5 agosto 1978 n. 457, recante "norme per la edilizia residenziale". Detto articolo recita in particolare: "il CIPE ... determina, su proposta del Comitato per l'edilizia residenziale, i criteri generali per le assegnazioni e per la fissazione dei canoni delle abitazioni di edilizia residenziale pubblica...". La deliberazione CIPE del 13 marzo 1995 concretamente incide in modo penetrante in materia, rispetto al limite contenutistico della stessa norma tanto da ledere l'autonomia regionale sotto molteplici assetti. 1. - In primo luogo, i criteri in ordine alla determinazione dei canoni (8.2 del provvedimento) sono tali da vanificare in concreto, l'esercizio, da parte della Regione, delle proprie competenze, poiche' non consentono, se non entro limiti molto ristretti, l'adeguamento degli stessi alle diverse realta' locali sia sotto il profilo della capacita' reddituale dell'utenza, sia sotto quello dei valori catastali. In particolare, il punto 8.2 della deliberazione de qua determina, per la fascia B dei canoni, un valore di "canone di riferimento" fisso pari al 4,50% del valore catastale degli alloggi. Data l'estrema variabilita' del valore catastale, sia a livello regionale che nazionale, la scelta di un parametro univoco non suscettibile di correttivi che tengono conto delle specificita' delle situazioni locali, puo' comportare risultati fortemente lesivi del principio di uguaglianza di trattamento dell'utenza. La prevista fascia di oscillazione fra il 3% ed il 6% del valore catastale - in relazione al reddito - non e' sufficiente a garantire la realizzazione dei fini sociali perseguiti dall'edilizia residenziale pubblica. Sotto questo profilo, pertanto, il provvedimento in questione non attribuisce alla legislazione regionale spazi sufficienti per gli adeguamenti di canone che appaiono indispensabili per la salvaguardia dei fabbisogni abitativi prioritari delle fasce piu' deboli. La stessa Corte costituzionale ha, piu' volte, ribadito che gli I.A.C.P. sono tenuti ad applicare canoni inferiori a quelli di mercato, non essendo equiparabili a prestazioni di tipo privatistico (Corte costituzionale sentenza n. 59/1969, 193/1976 e 347/1993). 2. - In secondo luogo, il punto 8.7 del provvedimento in esame prevede che, in mancanza di provvedimenti regionali attuativi, gli enti gestori procedano all'applicazione dei nuovi canoni, adottando i parametri stabiliti nello stesso paragrafo, con decorrenza dal settimo mese successivo alla pubblicazione della delibera CIPE sulla Gazzetta Ufficiale. In sostanza, il provvedimento oggetto del presente argomento, prevede un meccanismo sostitutivo rispetto ai poteri di competenza dell'amministrazione regionale, in palese contrasto con le disposizioni costituzionali. Infatti cosi' come strutturato e in riferimento agli stessi contenuti della delibera il CIPE invade le competenze costituzionalmente attribuite alle Regioni dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, in materia di lavori pubblici di interesse regionale. Occorre inoltre sottolineare che le funzioni amministrative e per tale materia comprendente le opere pubbliche di qualsiasi natura anche di edilizia residenziale pubblica, che si eseguono nel territorio di una Regione, sono state oggetto ai sensi dell'art. 87, comma I, del d.P.R. n. 616/1977 di trasferimento e non di semplice delega in capo alle Regioni.