LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio iscritto al n. 185 del ruolo generale contenzioso dell'anno 1995 avente ad oggetto il ricorso in appello proposto da Rocchetti Saverio rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Monterossi avverso la sentenza pronunciata dal tribunale civile di Paola in data 21 febbraio 1995 nella causa elettorale vertente tra il prefetto di Cosenza e Rocchetti Saverio; Letto il ricorso e gli atti tutti di causa; Udita la relazione del Consigliere relatore; Udito il procuratore della parte ed il pubblico ministero in persona del dott. Giuseppe Chiaravalloti, avvocato generale presso questa Corte; Ritenuto e considerato quanto segue; ESPOSIZIONE DEL FATTO Alle elezioni amministrative del 20 novembre 1993 Rocchetti Saverio veniva eletto sindaco del comune di Guardia Piemontese e la sua elezione veniva convalidata dal consiglio con deliberazione n. 19 del 4 dicembre 1993. Con nota del 12 ottobre 1994, tramessa al sindaco del comune di Guardia Piemontese, il prefetto della provincia di Cosenza sollecitava la revoca della convalida di elezione a sindaco dopo aver premesso che ricorreva condizione di ineliggibilita' preesistente, ai sensi dell'art. 1, comma quarto, della legge 18 gennaio 1992 n. 16, per avere il Rocchetti riportato sentenza di condanna, divenuta irrevocabile il 20 dicembre 1980, dal tribunale di Paola per i delitti previsti e puniti dagli artt. 12 e 14 della legge 14 ottobre 1974, n. 497. Il prefetto con la sopracitata nota rilevava che alla stregua della condanna riportata dal Parrotta doveva considerarsi nulla la sua elezione alla suindicata carica ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della legge 18 gennaio 1992, n. 16. Con delibera del 22 novembre 1994 il consiglio comunale di Guardia Piemontese disattendeva la richiesta del prefetto e convalidava l'elezione a sindaco del Rocchetti a suo tempo deliberata ritenendo non sussistere i presupposti di legge circa la condizione di ineliggibilita' anche in considerazione dell'intervenuta riabilitazione. Avverso tale delibera proponeva ricorso, ai sensi dell'art. 82 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, il prefetto di Cosenza, evocando davanti al tribunale di Paola il Rocchetti perche' venisse annullata la deliberazione comunale impugnata e dichiarata l'ineleggibilita' del Rocchetti alla carica di sindaco e la nullita' della convalida. Nel costituirsi in giudizio il Rocchetti deduceva l'inammissibilita' del ricorso proposto dal prefetto e nel merito ne contestava la fondatezza. Con la suindicata sentenza il tribunale di Paola ha dichiarato l'ineleggibilita' del Rocchetti alla carica di sindaco del comune di Guardia Piemontese e per l'effetto la nullita' della delibera consiliare che convalidava l'elezione. Con il proposto gravame il Rocchetti ha censurato l'impugnata decisione per aver i primi giudici erroneamente disatteso l'eccezione di inammissibilta' ed improcedibilita' del ricorso; assimilato il porto illegale di arma all'uso (illecito) dell'arma; interpretato la norma contenuta nell'art. 1, quarto comma, della legge n. 16/1992 ritenendo l'onnicomprensivita' della elencazione contenuta nell'ultima parte della lettera A dell'art. 1, legge n. 16/1992 per essere ricompresi tutti i delitti concernenti la violazione della legge sulle armi; ritenuto che la riabilitazione conseguita posteriormente alla convalida della elezione non avesse efficacia sanante e la non applicabilita' della norma contenuta al comma 4-sexies dell'art. 1 della legge 18 gennaio 1992 n. 16. Costituitosi in giudizio il prefetto di Cosenza ha contestato la fondatezza dei motivi di gravame chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza. Con le conclusioni scritte il pubblico ministero ha sollevato, in relazione al dettato degli artt. 3 e 51 della Costituzione, questione di illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, lett. a) della legge 18 gennaio 1992 n. 16, nella parte in cui stabilisce che non possono essere candidati a ricoprire le cariche ivi indicate, coloro che hanno riportato condanna per delitti "concernenti l'uso od il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti" introducendo cosi' nell'ordinamento cause di ineleggibilita' non tipizzate con precisione e determinatezza. MOTIVI DELLA DECISIONE Il procuratore generale ha sollevato questione di incostituzionalita' della norma di cui all'art 1, lett. a) della legge 18 gennaio 1992, n. 16 gia' ritenuta da questa Corte rilevante e non manifestamente infondata in altro analogo giudizio per le seguenti osservazioni: gli impedimenti al diritto di elettorato passivo, per un verso devono rispettare il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 e ribadito dall'art. 51 della Carta fondamentale e, per altro verso, non possono estendersi e dilatarsi oltre il limite strettamente necessario a garantire l'interesse pubblico, giacche', per il succitato art. 51 della Costituzione, l'eleggibilita' e' la regola, la ineleggibilita' l'eccezione; che il legislatore del 1992, laddove, modificando i commi primo, secondo, terzo e quarto dell'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, ha sancito all'art. 1, lett. a) della legge 18 gennaio 1992, n. 16, la ineleggibilita' alle cariche pubbliche ivi indicate - tra cui quelle a sindaco, assessore e consigliere comunale - per chi abbia riportato condanna, anche non definitiva, tra l'altro "per un delitto concernente l'uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti", si e' sottratto all'ineludibile obbligo di congrua determinatezza e tipizzazione delle fattispecie assunte a causa ostativa all'esercizio del fondamentale diritto pubblico soggettivo di elettorato passivo. Su tali premesse puo' fondatamente dubitarsi che la norma sopra richiamata, avendo il legislatore previsto quale causa di ineleggibilita' la condanna riportata per un delitto "concernente l'uso o il trasporto di armi", espressione quest'ultima del tutto generica e suscettibile di essere oggetto di interpretazione sino a ricomprendere le situazioni piu' diverse, si pone in contrasto sia con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione e sia con il successivo art. 51 che recita "tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". Gia' con altra pronuncia del 28 novembre 1972 la Corte costituzionale, in fattispecie anologa, rilevava quanto segue: E' vero che l'art. 51 della Costituzione rimette alla legge di stabilire i requisiti di eleggibilita', i quali possono essere cosi' positivi come negativi od ostativi, ma proprio perche' quest'ultimi, risolvendosi in causa di ineleggibilita', formano altrettante eccezioni al generale e fondamentale principio, enunciato in apertura dello stesso art. 51, del libero accesso, in condizioni di uguaglianza, di tutti i cittadini alle cariche elettive, e' necessario che siano tipizzati dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare, quanto piu' possibile, situazioni di persistente incertezza, troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie, che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la proclamata pari capacita' elettorale passiva dei cittadini. Sulla base di tali principi non possono non condividersi i profili di incostituzionalita' della norma sopra richiamata dai confini estremamente generici ed elastici, suscettibile di essere dilatata in sede interpretativa sino a ricomprendere le situazioni piu' diverse e meno gravi tali da non giustificare ragionevolmente l'ineleggibilita' dovendosi convenire che: la dizione lessicale del dettato normativo "delitti concernenti l'uso e trasporto di armi" non consente di individuare univocamente le specifiche fattispecie di reato per le quali il legislatore ha inteso riservare la causa di ineleggibilita' dovendosi, comunque, rilevare che l'espressione "uso di armi" non puo' essere assunta come equivalente a quella di porto e detenzione di armi giacche' usare un'arma e' cosa diversa dal mero portarla o dal semplice detenerla o trasportarla sia sotto il profilo lessicale e sia sotto il profilo concettuale e della sua specifica accezione giurisprudenziale ed anche legislativa; la mancata previsione normativa delle ipotesi di porto e detenzioni di armi e l'utilizzazione della generica espressione "uso o trasporto" non esclude l'intenzione del legislatore di individuare altre ipotesi ostative all'esercizio del diritto di elettorato passivo o l'esclusione di determinate fattispecie criminose meno gravi dovendosi rilevare che nell'applicazione interpretativa restrittiva di detta norma sarebbe eleggibile alle precitate cariche rappresentative chi ad esempio abbia riportato condanna per il grave reato di porto abusivo di arma da guerra (art. 4, legge n. 895/1967 e succ. modif.: pena sino a dieci anni di reclusione), mentre sarebbe ineleggibile chi abbia riportato condanna per il piu' lieve delitto di semplice trasporto di armi, nell'ipotesi prevista dall'art. 18, legge n. 110/1975 (pena sino ad un anno di reclusione) e, di contro, ad un interpretazione estensiva verrebbero accomunate in una stessa gravissima sanzione ipotesi di ben diversa rilevanza nei limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, ricollegantesi alle funzioni elettorali (col condannato per gravi reati di porto e detenzioni di armi, munizioni, esplosivi, aggressivi chimici e congegni micidiali di guerra, sarebbe ugualmente ineleggibile, ad esempio, l'incauto erede che non abbia provveduto a nuovamente denunciare l'arma gia' denunciata dal suo dante causa). Conclusivamente deve convenirsi che la norma in oggetto, introducendo nell'ordinamento cause di ineleggibilita' non tipizzate con precisione e determinatezza, porta inevitabilmente a situazioni di persistente ed irrisolvibile incertezza, lasciando spazio ad interpretazioni piu' varie ed a decisioni, nella pratica giudiziaria, contrastanti e gia' verificatisi nell'ambito questo circondario avendo il tribunale di Castrovillari, in fattispecie identica, con sentenza evocata dallo stesso odierno ricorrente in prime cure ed allegata agli atti, accolto il ricorso evidenziando nella motivazione che allorquando la legge n. 16/1992 parla di uso e trasporto di armi, essendo tali fatti sufficientemente determinati e non comparabili (e men che meno equiparabili) a condotte, seppure simili, ampiamente differenti sia oggettivamente che soggettivamente, non e' possibile intendere quei termini in accezioni diverse, piu' ampie o semplicemente analogiche. La Corte, pertanto, riconosciuta la rilevanza ai fini della decisione del ricorso in appello e della non manifesta infondatezza delle suindicate questioni di legittimita' costituzionale dell'art 1, lett. a) della legge 18 gennaio 1992 n. 16 nella parte in cui stabilisce che non possono essere candidati a ricoprire le cariche ivi indicate coloro che hanno riportato condanna per delitto concernente l'uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, sospende il giudizio in corso e rimette le questioni stesse all'esame della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.