IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel procedimento penale a
 carico di Dal Monte Ugo, nato  ad  Argenta  il  2  maggio  1944,  ivi
 residente  via Tobagi, n. 5, imputato del reato p. e p. dall'art. 21,
 III comma, legge n. 319/76 per avere, in qualita' di  titolare  della
 lavanderia  Dalta,  effettuato  uno scarico in pubblica fognatura con
 parametri  superiori  ai  limiti  tabellari  relativamente  a:  azoto
 ammoniacale,  ferro,  coliformi totali e fecali, streptococchi e test
 di ittiotossicita'. In Argenta il 25 settembre 1991.
                             O S S E R V A
    Che  il  p.m.  d'udienza  dott.  Alberto  Campili,  vice   pretore
 ordinario, ha richiesto la pronuncia di questo pretore in ordine alla
 ipotesi  di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di
 legittimita' del d.-l. 17 marzo 1995 n. 79,  nell'intero  suo  testo,
 per   violazione   degli  artt.  25  e  77  della  Costituzione,  con
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Osserva  il  pretore  che  la  richiesta  e'  fondata  e  ritiene,
 pertanto,   di   dover  dichiarare  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata, per violazione degli artt. 3, 25 e 77 della  Costituzione,
 la  questione  di legittimita' costituzionale del d.-l. 17 marzo 1995
 n. 79, nell'intero suo testo, in particolare in relazione all'art.  3
 dello stesso.
    A tale proposito, si rileva quanto segue:
    Nella fattispecie concreta e applicabile il d.-l. 17 marzo 1995 n.
 79, in particolare l'art. 3 "Modifiche degli scarichi delle pubbliche
 fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
 fognature",  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio
 1995. Esso reitera,  nella  sostanza,  precedenti  decreti-legge  non
 convertiti, l'ultimo dei quali e' il d.-l. 16 gennaio 1995 n. 9.
    L'art.  25  cpv.  della  Costituzione  fissa,  tra  gli  altri, il
 principio della riserva di legge in materia penale.
    E' implicito in tale principio il fatto che  tutte  le  scelte  di
 politica  criminale siano monopolio esclusivo del parlamento, cio' in
 quanto la rappresentativita' del medesimo si  impone  quale  garanzia
 contro la commissione di arbitrii. Il potere legislativo e', infatti,
 un  centro  dialettico  della  maggioranza  e  delle  minoranze  e le
 decisioni prese si fondano sul dibattito parlamentare dopo vari vagli
 critici.
    L'ammissibilita'  che  nuove  norme  di   diritto   penale   siano
 introdotte  attraverso decreti legislativi o decreti-legge e connessa
 alla  circostanza  che,  in  entrambi  i  casi,  si  realizzi  e  sia
 assicurato l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata.
    Rispetto   ai   decreti   legislativi,   il  parlamento  conserva,
 attraverso la delegazione, la prerogativa della  iniziativa  e  delle
 fondamentali    scelte   politiche,   con   controllo   della   Corte
 costituzionale anche sulla conformita'  di  tali  atti  normativi  ai
 criteri    della   delegazione.   I   decreti-legge   sono,   invece,
 provvedimenti provvisori, destinati, entro  il  termine  di  sessanta
 giorni previsto dall'art. 77, ult. comma, Cost., ad essere convertiti
 in legge o a perdere efficacia ex tunc.
    In   materia   penale   cio'   significa  che  ai  reati  commessi
 anteriormente alla data di entrata in vigore di un decreto-legge  non
 convertito,   si  applica  la  normativa  precedente,  in  quanto  un
 decreto-legge non convertito e privo di effetto fin  dall'inizio.  La
 Corte  costituzionale,  con  sentenza  19  febbraio  1985  n. 51, ha,
 infatti, dichiarato l'illegittimita' costituzionale, del quinto  come
 dell'art.  2  del  c.p.  nella  parte in cui rendeva applicabili alle
 ipotesi da esso previste (e cioe' al caso di mancata  conversione  di
 un  decreto-legge  recante  norme  piu'  favorevoli)  le disposizioni
 contenute nel secondo e terzo comma di tale articolo. Tale  questione
 rileva  poiche  il  decreto-legge  in  oggetto  potrebbe  non  essere
 convertito.
    Pertanto, alla luce di quanto sopra, il ricorso  al  decreto-legge
 in  materia  penale  oltre  che  talora inopportuno in relazione alla
 complessita' e alla delicatezza delle  questioni  trattate,  presenta
 dei profili di incostituzionalita' per violazione del principio della
 riserva di legge, se e' fatto al di fuori dei rigorosi e straordinari
 estremi  della  necessita' ed urgenza. Lo stesso, inoltre, essendo in
 una posizione  precaria,  puo'  far  venir  meno  le  garanzie  della
 certezza del diritto.
    Si   osserva   che,   nella   materia   in  questione,  invece,  i
 decreti-legge, con contenuto parzialmente diverso, si sono  reiterati
 a catena per circa un anno, evidenziando, in modo palese, soprattutto
 con  specifico riferimento all'ultimo dei decreti emanati, la carenza
 dei requisiti della "necessita'  ed  urgenza".  Ora  se  puo'  essere
 opinabile il fatto che tali requisiti sussistessero rispetto al primo
 dei  decreti emanati in subiecta materia, certamente essi sono venuti
 meno ad un anno di distanza e cioe' dopo un periodo di tempo tale  da
 consentire la normale legiferazione del Parlamento in via ordinaria.
    Inoltre,  con  la  continua  ed  ininterrotta reiterazione di vari
 decreti-legge  mai  convertiti  si  e'  realizzata,  di   fatto,   la
 sottrazione al Parlamento della sua esclusiva competenza e dispone in
 materia    penale,    con   l'inammissibile   assunzione   da   parte
 dell'esecutivo del relativo potere di bilanciamento e di  valutazione
 degli  interessi  che,  in  materia penale, e di esclusiva competenza
 dell'organo assembleare rappresentativo della sovranita' popolare.
    Ancora, la prassi della reiterazione dei decreti-legge in  materia
 penale,  ha,  come  nella  specie,  la  conseguenza  di  sottrarre al
 Parlamento la possibilita' prevista dall'art. 77 ultimo  comma  della
 Costituzione  "di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla
 base dei decreti non convertiti".
    E' evidente che, se  la  reiterazione  dei  decreti  nella  stessa
 materia  si  protrae  per  un  anno,  si potranno determinare effetti
 definitivi quale il giudicato, non modificabili in sede  giudiziaria,
 con  la  conseguente gravissima compressione dei diritti dei singoli,
 resa  ancora  piu'  incisiva  dalla  disparita'  di  trattamento  che
 potrebbe  verificarsi  ove due fattispecie identiche, ma commesse e/o
 giudicate sotto la  vigenza  di  un  diverso  decreto-legge,  vengono
 diversamente giudicate.
    Dalle  considerazioni  esposte  si desume che il presente giudizio
 non puo' essere definito, allo stato e vigenti i principi  del  d.-l.
 n.  79/1995  in  esame,  in modo indipendente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale.