LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dall'Istituto
 autonomo  case popolari della provincia di Como, in persona dell'ing.
 Francesco Acquaro, averso S/RIF. su istanza rimborso I.C.I.;
    Letti gli atti;
    Sentite le parti;
    Udito il relatore dott. Guido Sica;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con ricorso ritualmente proposto l'Istituto chiedeva  disporsi  il
 rimborso, gia' vanamente richiesto in via amministrativa, dell'I.C.I.
 versata  all'A.F.  per  il  1993,  assumendo  di  non essere soggetto
 passivo del tributo, avuto riguardo alla sua natura di ente  pubblico
 ed   alle   funzioni   esercitate;   in   via  subordinata,  deduceva
 l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,  lett.  a),
 nn.  1,  2,  3, 6 e 7 della legge n. 421/1992 e degli artt. 1 e 7 del
 D.Lgs. n. 504/1992 per violazione degli artt. 2, 3 e 53 Cost.
    L'A.F. depositava deduzioni e chiedeva respingersi la domanda.
    All'udienza di discussione, sentite le parti,  la  Commissione  si
 riservava di decidere.
    Contrariamente  a quanto assume, l'Istituto rientra tra i soggetti
 passivi dell'I.C.I. essendo proprietario di immobili; e' da  ritenere
 tuttavia  fondata  la questione di legittimita' sollevata, nei limiti
 che vengono di seguito precisati.
    L'incidenza del tributo assorbe - secondo le indagini espletate  -
 il 34% dell'importo complessivo dei canoni e supera comunque la quota
 normativamente   destinata   a   coprire   le   spese   generali,  di
 amministrazione e per tasse  ed  imposte;  per  poter  provvedere  al
 pagamento dell'imposta e' stato necessario utilizzare per l'esercizio
 1993  somme iscritte in bilancio per altri fini (v. note n. 146/S del
 22 luglio 1993 e n. 9044/A del 14  ottobre  1993  del  Ministero  dei
 LL.PP.).
    Non  e'  possibile,  d'altra  parte,  promuovere  un aumento delle
 entrate, giacche' la misura del canone di locazione,  finalizzata  al
 soddisfacimento   di  esigenze  di  solidarieta'  nei  confronti  dei
 soggetti piu' deboli, e' rigidamente predeterminata; di  conseguenza,
 il  prelievo  del  tributo e' tale da impedire, o comunque gravemente
 pregiudicare,  l'ulteriore  esercizio   dei   compiti   istituzionali
 dell'Ente.
    La peculiarita' delle funzioni espletate era stata tenuta presente
 in  passato  dal  legislatore nella disciplina dell'I.S.I. (art. 7) e
 dell'I.N.V.I.M. (art. 25, secondo comma, lett. b) d.P.R. n. 643/1972,
 art. 26 legge n. 141/1983); nella non disposta esenzione  dell'I.C.I.
 o,  quanto  meno,  nella mancata previsione di una diversa misura del
 tributo,  e'  quindi  da  ravvisare  la  violazione   di   molteplici
 disposizioni costituzionali: dell'art. 53, perche' non trovano alcuna
 considerazione  ne'  gli  scopi  sociali  perseguiti,  ne' i numerosi
 vincoli che influiscono nell'azione  dell'Istituto,  rendendo  rigida
 l'entita'  delle  entrate;  degli  artt.  2 e 3, perche' ignorando le
 specifiche finalita' solidaristiche perseguite dall'istituto, non  e'
 previsto  per  l'I.C.I. un trattamento esentivo (art. 7) o quantomeno
 differenziato (art. 6).
    La questione di legittimita' non appare, pertanto,  manifestamente
 infondata.
    La  questione  di  legittimita', rilevante ai fini della decisione
 della proposta azione di rimborso, non e',  pertanto,  manifestamente
 infondata.