IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1977 del 1991 proposto da Sardelli Raffaele rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Macchitella e domiciliato presso lo studio dell'avv. Maddalo in Lecce, via Battisti n. 112, contro l'unita' sanitaria locale BR/2, in persona del legale rappresentante per l'accertamento del diritto a percepire le differenze fra il trattamento economico spettante all'aiuto di anestesia e rianimazione e quello spettante al primario di detto servizio, per il periodo 12 luglio 1995-30 aprile 1991, con rivalutazione monetaria ed interessi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalla parte ricorrente sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 4 aprile 1995 il relatore dott. Antonio Cavallari e udito altresi' l'avv. Giuseppe Macchitella per il ricorrente; RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO Sardelli Raffaele espone di essere aiuto corresponsabile del servizio di anestesia e rianimazione del presidio ospedaliero di Ostuni e di aver svolto le funzioni primariali ininterrottamente dal 12 maggio 1985 al 1 luglio 1985 in sostituzione del primario assente e dal 2 luglio 1985 fino (pag. 2 dell'atto introduttivo) alla data di proposizione del ricorso, notificato il 9 luglio 1991, in posto vacante. Chiede la corresponsione della differenza fra il trattamento economico spettante all'aiuto corresponsabile e quello del primario (trattamenti comprensivi dello stipendio base, dell'indennita' medico-specialistica, dell'indennita' di dirigenza medica e primariale, del compenso per lavoro straordinario) a decorrere dal 12 luglio 1985 (sessantunesimo giorno successivo all'inizio dell'attivita' primariale) e fino al 30 aprile 1991, con rivalutazione monetaria ed interessi; quantifica le somme pretese. Nella memoria depositata il 20 marzo 1995 illustra le proprie pretese estendendole fino al 30 settembre 1991 (dal 1 ottobre 1991 ha assunto le funzioni di primario del servizio di anestesia e rianimazione del presidio ospedaliero di Ostuni quale primario di ruolo vincitore di concorso pubblico). All'udienza del 4 aprile 1995 la causa e' stata ritenuta per la decisione. D I R I T T O La Corte costituzionale nella sentenza 19 giugno 1990, n. 296, sviluppando un discorso iniziato nella sentenza 23 febbraio 1989, n. 57, ha ritenuto che la sostituzione del titolare di una posizione funzionale piu' elevata assente per malattia, ferie, congedo, missione, motivi di famiglia e simili, oppure non immediatamente disponibile in caso di urgenza rientri "tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale" e non costituisca quindi esercizio di mansioni superiori, secondo la previsione dell'art. 29, terzo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979. Tale avviso e' confortato dalle norme (art. 7, comma quinto e settimo del d.P.R. n. 128 del 1969 per il personale medico; artt. 2, 5, 8, 11, 14, 17, 31, 34, 36, 38, 41, 44, 47, 55 e 56 del d.P.R. n. 821 del 1984 per il personale non medico delle unita' sanitarie locali) che fanno rientrare fra gli ordinari compiti del titolare di determinate posizioni funzionali, caratterizzate dall'assunzione di particolari responsabilita', la sostituzione del superiore in caso di assenza o impedimento di questo o nei casi di urgenza. Ha ritenuto poi che l'art. 29, secondo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979 disciplini l'assegnazione dell'impiegato allo svolgimento di mansioni superiori, evidentemente in relazione ad un posto vacante, per un periodo non superiore a sessanta giorni nell'anno solare ed in relazione a tale situazione escluda variazioni del trattamento economico. Lo svolgimento delle mansioni superiori per un lasso di tempo ulteriore, secondo la Corte costituzionale, non trova la propria disciplina nell'art. 29 del d.P.R. n. 761 del 1979 ma direttamente nell'art. 36 della Costituzione, sicche' al prestatore di lavoro spetta il trattamento economico corrispondente all'attivita' svolta; il contrasto tra questa situazione e le norme di legge non esclude il diritto al compenso in base all'art. 2126, primo comma, c.c., se il rapporto non e' nullo per illiceita' dell'oggetto o della causa. Alla citata sentenza della Corte costituzionale ha fatto seguito il d.P.R. n. 384 del 1990, che (negli artt. 55 e 121, rispettivamente per tutto il personale del comparto della sanita' e per l'area medica) ha previsto, per lo svolgimento delle mansioni superiori in relazione ad un posto vacante, l'erogazione di un compenso pari alla differenza fra lo stipendio base della posizione superiore e quello della posizione di appartenenza e per un periodo non superiore a sei mesi. Fermo restando che il testo contenente questa norma ha il valore formale di un atto amministrativo talche' la stessa puo' essere disapplicata dal giudice se lesiva di un diritto soggettivo, il Collegio ritiene che l'immediata operativita' dell'art. 36 della Costituzione trovi un ostacolo nell'art. 33 del d.P.R. n. 3 del 1957 (emanato in virtu' della legge di delega 20 dicembre 1954, n. 1181), applicabile al personale delle unita' sanitarie locali in forza del richiamo contenuto nell'art. 83 del d.P.R. n. 761 del 1979 (richiamo volto a colmare le lacune sia dello stato giuridico del personale in esame che della disciplina del trattamento economico e degli istituti normativi di carattere economico dello stesso personale). L'art 33 in questione, prevedendo che "l'impiegato ha diritto allo stipendio ed agli assegni per carichi di famiglia, nella misura stabilita dalla legge, in relazione alla quantita' e qualita' delle prestazioni rese", si riferisce alla misura dello stipendio stabilita in relazione alla qualifica (recte livello funzionale) formalmente posseduta. Invero il riferimento alla corrispondenza del trattamento economico alla qualita' e quantita' delle prestazioni rese sembrerebbe deporre nel senso del rilievo di queste indipendentemente dalla qualifica rivestita dal dipendente; tale interpretazione e' pero' da escludere in quanto la norma sancisce un principio generale in relazione alla situazione fisiologica degli uffici pubblici, cioe' lo svolgimento da parte dell'impiegato delle funzioni inerenti alla sua qualifica, secondo quanto sancito dal precedente art. 31. Esula dall'ambito della disposizione in esame la disciplina di una situazione anomala (eccezionale secondo il terzo comma del citato art. 31), relativa allo svolgimento di mansioni diverse da quelle inerenti alla qualifica rivestita. In conclusione, si deve ritenere che l'art. 33 del d.P.R. n. 3 del 1957 vieti di corrispondere al dipendente che svolga mansioni superiori il trattamento economico corrispondente alle funzioni svolte. Del contrasto fra tale norma e l'art. 36 della Costituzione il Collegio dubita e che il dubbio non sia manifestamente infondato risulta dall'iter seguito dalla Corte costituzionale nelle citate sentenze nn. 57 del 1989 e 296 del 1990 (anche se la successiva sentenza della Corte 27 maggio 1992, n. 236, sembra nutrire qualche perplessita' in proposito). La rilevanza del1a questione e' indubbia in quanto il ricorrende pretende, per il periodo in cui ha svolto le funzioni superiori in posto vacante, il complessivo trattamento economico previsto per il titolare delle funzioni stesse, trattamento da un lato negato dall'art. 33 del d.P.R. n. 3 del l957, dall'altro diverso e superiore rispetto a quello contemplato dall'art. 121, settimo comma, del d.P.R. n. 384 del 1990, testo che disciplina solo in parte il periodo di tempo interessato dalla vicenda in questione. Il ricorso non puo' quindi essere deciso senza che venga, previamente, risolta la questione di legittimita' costituzionale sollevata.