IL TRIBUNALE MILITARE
   All'odierna  udienza  preliminare  nella  causa  a  carico di Caini
 Alberto e' intevenuto il p.m..
   Il difensore di fiducia ha dichiarato di astenersi in adesione alla
 delibera dell'Assemblea  generale  degli  avvocati  italiani  che  ha
 deciso  l'astensione  dalle  udienze civili, penali, amministrative e
 tributarie.
   Si e' proceduto quindi, ai sensi dell'art. 420.3 c.p.p., a nominare
 un sostituto d'ufficio secondo i criteri indicati dall'art. 97 c.p.p.
 e 29 disp. att..
   Tutti i professionisti intervenuti hanno dichiarato di astenersi  e
 per  ultimo  il membro del consiglio dell'Ordine forense delegato dal
 presidente dell'Ordine.
   Il g.i.p. preso atto della descritta situazione  solleva  questione
 di  legittimita'  costituzionale  del  combinato disposto degli artt.
 420.3, 97 c.p.p., 29 disp. att. in relazione all'art. 1  della  legge
 12  giugno  1990 n. 146 nella parte in cui non prevede tra i soggetti
 destinatari della stessa le persone esercenti un servizio di pubblica
 necessita'  (art.  359  c.p.),  in  quanto   il   sistema   derivante
 dall'applicazione   di   dette   norme  non  consente  di  assicurare
 l'effettiva  partecipazione  del  difensore  dell'imputato,  ritenuta
 necessaria  ai  sensi  del  primo comma dell'art. 420 c.p.p., per una
 valida celebrazione dell'udienza preliminare, ne' indica i  modi  per
 comunque  consentirla,  per  violazione  degli  artt. 2, 24, 40 e 101
 della Costituzione, ed osserva quanto segue.
   L'art. 420 c.p.p. al fine di realizzare in termini di effettivita',
 oralita' ed immediatezza il contraddittorio, prevede come  necessaria
 la  partecipazione  all'udienza  preliminare del p.m. e del difensore
 dell'imputato.
   La necessita' che il difensore sia presente (per  evitare  nullita'
 assoluta  ex  art. 179 c.p.p.) impone che ove egli non compaia, venga
 designato ai sensi dell'art. 97.4 un sostituto.
   Non  essendo  stabilito  nulla in caso di assenza del difensore per
 legittimo impedimento, diversamente da quanto avviene per l'imputato,
 e' evidente che si  e'  voluto  escludere,  a  differenza  da  quanto
 previsto  per  il  dibattimento,  ogni  rilievo  dell'impedimento del
 difensore anche se legittimo ed implicante assoluta impossibilita'  a
 comparire.
   Il  congegno  previsto  dal codice di rito completa quale strumento
 per ovviare a tale situazione il meccanismo previsto dall'art. 97.4.
   Il giudice quando e' richiesta la presenza del difensore  e  quello
 di  fiducia  o  d'ufficio  non e' stato reperito non e' comparso o ha
 abbandonato  la  difesa,  designa  come  sostituto  altro   difensore
 immediatamente reperibile.
   All'uopo,  per  l'individuazione  del reperibile soccorre l'art. 29
 disp.  att.  secondo  cui  l'a.g.  ricerca  il  difensore   d'ufficio
 nell'ambito e secondo l'ordine della tabella indicata nel comma terzo
 dello stesso art. 29.
   E  ancora  nel  caso  di  mancanza  o di inidoneita' della tabella,
 provvede nell'ambito dell'elenco  indicato  dal  comma  primo  sempre
 dell'art.    29  citato e se anche questo manca o e' inidoneo in base
 agli albi professionali ovvero designando il presidente o  un  membro
 del consiglio dell'ordine forense.
   Nessuna  altra strada e' percorribile nel caso in cui, pur esperiti
 tutti tali tentativi, non si riesca ad assicurare  l'effettivita'  di
 quella  partecipazione  che  costituisce conditio sine qua non per la
 celebrazione dell'udienza.
   Anche perche' la legge 12 giugno 1990 n. 146 (norme  sull'esercizio
 del  diritto  di  sciopero  nei  servizi  pubblici essenziali e sulla
 salvaguardia dei diritti della persona  costituzionalmente  tutelati)
 disciplinante  l'esercizio  del  diritto  di  sciopero  da  parte  di
 soggetti che, legati alla p.a. da un rapporto di lavoro di  qualsiasi
 tipo,   espletino   la  loro  attivita'  in  determinati  settori  di
 particolare  rilievo  sociale,  non  ricomprende,  tra   i   soggetti
 destinatari  della  stessa,  le  persone  esercenti  un  servizio  di
 pubblica necessita',  difettando  in  costoro  un  qualsiasi  vincolo
 organico  con l'Amministrazione in ragione del quale soltanto si puo'
 far dipendere l'assoggettamento  agli  obblighi  stabiliti  da  dette
 leggi.
   Invero  spirito  della  legge  in questione e' quello di operare un
 contemperamento tra diritti tutti costituzionalmente garantiti  quali
 quello di sciopero da una parte e quelli alla vita, alla salute, alla
 liberta'  personale  ecc. dall'altra, attraverso una regolamentazione
 del primo che senza costituire  soppressione  dello  stesso  consenta
 comunque  la  realizzazione  dell'attivita'  pubblicistica in settori
 essenziali per la salvaguardia dei diritti della persona.
   A  questa  esigenza  di  contemperamento  di  posizioni  soggettive
 costituzionalmente garantite e quanto meno di pari dignita' e valore,
 non  si  puo'  sottrarre  il conflitto scaturente dalla necessita' di
 assicurare la salvaguardia del diritto dello Stato  e  dei  cittadini
 all'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  ed  il diritto della
 classe forense di astenersi dall'attivita' professionale.
   Che tale diritto possa essere tout court definito di  sciopero  non
 sembra ci siano seri ostacoli.
   Infatti  non esiste una norma che definisca lo sciopero ed anche se
 in origine esso e' nato  come  forma  di  autotutela  dei  lavoratori
 dipendenti  in vista di un interesse economico di categorie nondimeno
 col tempo ha assunto un significato piu'  ampio  quale  strumento  di
 lotta  non  solo  per finalita' immediatamente economiche ma anche di
 protesta politica volta alla trasformazione  sociale.  Lo  si  rileva
 anche  dalla  sentenza  costituzionale  n. 290/1974 che ha dichiarato
 costituzionalmente illegittimo l'art. 503 c.p. prevedente lo sciopero
 ai fini non  contrattuali  "nella  parte  in  cui  punisce  anche  lo
 sciopero  politico  che  non  sia  diretto a sovvertire l'ordinamento
 costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare  il  libero  esercizio
 dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranita' popolare".
   E  che  tanto  valga  oltre  che per il lavoro dipendente anche per
 quello autonomo  lo  si  evince  dalla  sentenza  costituzionale  nn.
 222/1975  la  quale  riconosce  che  "non  ogni astensione del lavoro
 autonomo si configura come serrata e che invece costituisce esercizio
 del  diritto  costituzionalmente   garantito   dall'art.   40   della
 Costituzione".
   Alla  luce  di tali considerazioni appare del tutto incomprensibile
 ed assolutamente irrazionale che mentre per  i  pubblici  dipendenti,
 che   operano   nel   settore   giustizia,  siano  previsti  numerose
 limitazioni al diritto di sciopero, dettate dalla necessita'  di  non
 intacccare  diritti  dei  cittadini  per  costituzione  meritevoli di
 tutela, altrettanto non si verifichi per coloro che in ragione  della
 loro  attivita',  per  i  quali il diritto di sciopero, quale diritto
 costituzionalmente garantito, deve ritenersi sussistente, diritto che
 peraltro per consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione  e'
 riconducibile  alla  nozione  processulae di legittimo impedimento, e
 che puo' essere esercitato al di fuori dell'ambito di  una  qualsiasi
 legge  che  lo  regoli  come  prescritto  dallo  stesso art. 40 della
 Costituzione  -  sono  comunque  soggetti   irrinunciabili   per   la
 salvaguardia di quei diritti; ma soprattutto ne risulta, ed e' quello
 che  in  questa  sede  principalmente  interessa,  che il sistema ora
 delineato per cui la legge n. 146/1990, -  "che  tra  le  altre  cose
 prevede  il dovere, da parte della p.a. e delle imprese erogatrici di
 servizi di pubblica necessita', di stabilire  aliquote  di  personale
 tenuto  comunque    a  prestare la propria attivita' anche durante lo
 sciopero di categoria, non opera nei confronti della  classe  fornese
 (con la conseguenza che la finalita' perseguita da quella legge venga
 sistematicamente    frustrata   e   irrimediabilmente   compromessa);
 unitamente alla circostanza che da un lato la presenza del  difensore
 dell'imputato,  ex  art.  420,  e'  ritenuta necessaria per la valida
 celebrazione del processo, dall'altro che il  meccanismo  predisposto
 dagli  artt.  420.3,  97.4  c.p.p.  29  disp.  att.  non  consenta di
 assicurare  una   effettiva   presenza   del   difensore,   si   pone
 indubbiamente   in   contrasto   con  le  norme  della  Costituzione:
 innanzitutto con l'art.    2  della  Costituzione,  che  riconosce  e
 garantisce  i  diritti  inviolabili  dell'uomo, poi con l'art. 24 che
 assicura a tutti la possibilita' di agire in giudizio per  la  tutela
 dei  propri diritti, quindi con la norma (101) per cui i guidici sono
 soggetti soltanto alla legge infine con l'art. 40 che  prescrive  che
 il  diritto  di  sciopero  si eserciti nell'ambito delle leggi che lo
 regolano.
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale non appare a questo
 giudice manifestamente infondata e rilevante nel caso di  specie  non
 potendosi la funzione guirisdizionale esercitare.