IL PRETORE
   Rilevato che alla precedente udienza e' stato nominato un difensore
 d'ufficio, nella persona del  presidente  del  consiglio  dell'ordine
 locale  -  quale  soggetto  in  ultima  istanza  tenuto ad assicurare
 l'esercizio della funzione  defensionale  nel  processo  penale  -  a
 seguito  della reiezione della richiesta di rinvio del procedimento -
 per legittimo impedimento - proposta dai  difensori  di  fiducia  che
 avevano dichiarato la propria astensione dall'udienza;
   Rilevato che la richiesta di rinvio era stata respinta ritenendosi,
 come  argomentato  nell'ordinanza in atti, che la astensione - per le
 sue  modalita'  -  non  potesse  essere   ricondotta   alla   nozione
 processuale del legittimo impedimento;
   Rilevato   che  all'odierna  udienza  il  difensore  gia'  nominato
 d'ufficio, dopo che i difensori  di  fiducia  avevano  confermato  la
 propria  adesione  alla ulteriore astensione, questa volta deliberato
 dall'Unione camere  penali,  ha  anche  egli  dichiarato  di  aderire
 all'astensione;
   Rilevato  pertanto  che  allo  stato  non sono esperibili ulteriori
 rimedi processuali, sicche' occorre prendere atto che,  al  di  fuori
 della  normale  dialettica processuale (che consente tra l'altro alle
 parti di impugnare i provvedimenti ordinatori relativi alle richieste
 di rinvio per legittimo  impedimento),  l'ulteriore  utile  esercizio
 della   funzione  giurisdizionale  -  funzione  definita  "a  risalto
 primario dell'ordinamento dello Stato" dalla sentenza 114/1994  della
 Corte Costituzionale - e' impedito;
   Rilevato  che  con  precedenti ordinanze questo pretore ha proposto
 due questioni di legittimita' costituzionale, entrambe relative  alla
 interpretabilita'   dell'art.   486.5   cpp  nel  senso  di  ritenere
 costituente legittimo impedimento l'astensione  del  difensore  dalle
 udienze anche quando la stessa sia deliberata senza congruo termine e
 senza  termine  finale  certo,  la  seconda  (procedimento Bilato) in
 particolare   relativa   all'astensione   del   difensore   d'ufficio
 espressamente nominato;
   Ritenuto   che   appare   opportuno   riproporre  la  questione  di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto  dagli  artt.  97,
 486.5  c.p.p.   e 29 disp. att. cpp, in relazione agli artt. 2, 24.1,
 24.2, 35.1, 97, 101.2 e 112 Cost., per due ragioni;
   Ritenuto in particolare, quanto alla prima, che il nuovo periodo di
 astensione, deliberato il 12 luglio 1995 dall'Unione  camere  penali,
 conferma  la  rilevanza della questione proposta, sia nei giudizi nei
 quali e' gia' stata sollevata, sia  in  questo,  comprovando  che  la
 problematica  indicata  e'  immanente  allo  sviluppo  del  processo,
 sicche'    l'eventuale    occasionale    interruzione    o    assenza
 dell'agitazione  al  momento  della  richiesta  pronuncia della Corte
 adita non avrebbe influenza tale da far cessare  la  rilevanza  della
 questione;
   Ritenuto   poi,  quanto  alla  seconda  ragione  a  sostegno  della
 riproposizione, che le modalita' anche  di  questa  nuova  astensione
 (che  ha determinato l'ulteriore rinvio di processi rinviati a queste
 udienze in relazione ai termini indicati  via  via  nelle  precedenti
 astensioni)  hanno imposto un ulteriore approfondimento teorico delle
 questioni  processuali  connesse  al  fenomeno  dell'astensione;   in
 particolare  che  deve  affermarsi essere l'astensione dall'attivita'
 defensionale  legittima,  e   quindi   riconducibile   al   legittimo
 impedimento  idoneo ad imporre il rinvio del processo, solo quando le
 modalita' della stessa rispettino i tre punti indefettibili, indicati
 come   contenuto   minimale   anche   di    eventuali    codici    di
 autoregolamentazione  dall'art.  2.1  della  legge  n.  146/1990:  il
 preavviso minimo indicato dall'articolo 2.5; l'indicazione preventiva
 della durata - certa  -  delle  singole  astensioni;  le  prestazioni
 assicurate compatibili con le finalita' di cui all'art. 2.1 cit.;
   Rilevato  infatti  che,  se  la  legge 146/1990 non ha applicazione
 immediata nei confronti  dei  rappresentanti  della  classe  forense,
 proprio perche' regolamenta il diritto di sciopero in relazione ad un
 rapporto di lavoro quale che sia la sua natura giuridica, tuttavia il
 dichiarato  intento  del legislatore di "contemperare l'esercizio del
 diritto di sciopero  con  il  godimento  dei  diritti  della  persona
 costituzionalmente  garantiti,  alla liberta' ed alla sicurezza", con
 l'espressa previsione del "bene", "amministrazione  della  giustizia"
 "con   particolare   (e   quindi   non   esclusivo)   riferimento  ai
 provvedimenti  restrittivi  della  liberta'  personale  ed  a  quelli
 cautelari  e urgenti nonche' ai processi penali con imputato in stato
 di   detenzione",   rende   tale   normativa   quantomeno   parametro
 interpretativo  autorevolissimo  e  non discrezionale, guida per quel
 bilanciamento degli interessi cui il giudice e' chiamato nel  momento
 nel  quale  e'  investito  della  richiesta  di  rinvio per legittimo
 impedimento (v. SU ud. 27 marzo 1992 dep. 24 aprile 1992, Fogliani);
   Ritenuto quindi che va confermato il dubbio di  incostituzionalita'
 degli  artt.  97 e 486.5 cpp, 29 disp. att. c.p.p. nella parte in cui
 siano interpretabili nel  senso  di  ritenere  legittimo  impedimento
 l'astensione   dalle  udienze,  anche  quando  la  stessa  sia  stata
 deliberata senza il rispetto del termine di cui  all'art.  2.5  della
 legge  146/1990  e senza termine finale certo, anche per il difensore
 d'ufficio che sia stato nominato dopo la reiezione della richiesta di
 rinvio proposta da altro precedente difensore per il medesimo motivo;
   Il  termine  di  cui  all'art. 2.5 legge n. 146/1990 appare infatti
 dare concretezza temporale alla nozione di "congruo termine",  invece
 usata    nelle    precedenti   ordinanze,   apparendo   tra   l'altro
 manifestazione univoca di volonta' legislativa gia' espressa  proprio
 nella disciplina specifica (si tenga conto che la disciplina ha avuto
 riferimento  alla  natura del servizio di interesse pubblico, sicche'
 apparirebbe certamente censurabile un'eventuale norma che  prevedesse
 per  gli  appartenenti  alla  classe  forense un termine di preavviso
 diverso  da  quello  previsto  per  i  magistrati  e  per  gli  altri
 dipendenti della amministrazione della giustizia);
   Si e' detto della rilevanza della questione, giacche' una pronuncia
 della  Corte,  anche  in  via  interpretativa,  per  la  sua evidente
 autorevolezza non potrebbe che comportare  un  adeguamento  spontaneo
 dei   difensori,   si'   da  consentire  tra  l'altro  l'utile  certa
 prosecuzione del giudizio, anche in tempi futuri;
   I parametri della non  manifesta  infondatezza  sono  quelli  degli
 artt.  2,  24.1, 24.2, 35.1, 97, 101.2 e 112 Cost. (l'interpretazione
 che qui si contesta priva infatti ogni cittadino della tutela che, in
 quanto tale e  prescindendo  da  concreti  specifici  interessi,  gli
 deriva  dall'ordinato  funzionamento  della  giurisdizione; determina
 grave perturbamento della possibilita' di agire in  giudizio  per  la
 tutela  dei propri diritti, vanifica l'inviolabile diritto di difesa;
 comporta grave  turbamento  nelle  occupazioni  dei  cittadini  terzi
 coinvolti   nel   processo   quali   testi  e  consulenti;  impedisce
 l'applicazione adeguata e coordinata delle norme organizzative di cui
 agli artt. 132 e 160 disp. att. c.p.p.  e  477  c.p.p.  impedisce  lo
 svolgimento  della  funzione  giurisdizionale  senza  che  questo sia
 previsto dalla legge;  contribuisce  ad  impedire  l'accertamento  di
 merito   che   e'   la  conseguenza  immediata  della  previsione  di
 obbligatorieta' dell'azione penale);
   Vanno adottati i consequenziali provvedimenti ordinatori, dovendosi
 disporre che le  notifiche  avvengono  a  mezzo  polizia  giudiziaria
 stante  l'urgenza  determinata  dall'opportunita'  che la Corte adita
 possa esaminare questa ordinanza insieme con  quelle  precedentemente
 trasmesse.