IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ne giudizio di convalida dell'arresto di flagranza di Giannella Alessandro, nato il 13 maggio 1975 a Trani ed ivi residente in Statale 16 n. 9/A; soldato nell'8 rgt. Genio guastatori "Santerno" in Villa Vicentina (Udine), viene procunciata la seguente ordinanza. FATTO E DIRITTO Il 14 luglio 1995 in Villa Vicentina l'Arma territoriale procedeva all'arresto del soldato Giannella Alessandro, colto in flagranza del reato di "furto militare pluriaggravato in concorso". Dal verbale, trattandosi di militare sorpreso mentre faceva passare al disopra del muro di cinta della caserma una tanica contenente olio da motore che in tal modo consegnava ad una donna in attesa dinanzi al muro medesimo, si rileva come il reato che ha indotto all'adozione della misura restrittiva e' stato, piu' precisamente, quello di furto militare a danno dell'amministrazione militare (art. 230, primo e secondo comma, del c.p.m.p.), per il quale e' prevista la pena della "reclusione militare" da uno a cinque anni. Il 15 luglio il procuratore militare in sede a norma dell'art. 390 del c.p.p. ha chiesto a questo giudice la convalida dell'arresto. Successivamente nella stessa giornata il procuratore militare, a seguito di interrogatorio del Giannella, ne ha disposto l'immediata scarcerazione ed ha revocato l'istanza di convalida. Nell'udienza e' comparso il solo difensore, che ha chiesto il diniego della convalida dell'arresto, "in mancanza dei presupposti ex art. 381, quarto comma, del c.p.p.". Ritiene questo giudice di dover, monostante la revoca del p.m. e la gia' avvenuta liberazione dell'arrestato, comunque procedere al giudizio di convalida; questo infatti "deve seguire anche nel caso in cui il pubblico ministero abbia rimesso in liberta' il fermato o l'arrestato per una qualsiasi delle ragioni previste dalla legge, non essendo egli esonerato dall'obbligo di sottoporre al controllo giuridizionale il suo operato e quello della polizia giudiziaria che da lui dipende" (Cass., sez. VI, sentenza 2102 del 9 ottobre 1990). La gia' avvenuta liberazione dell'arrestato comporta, secondo la stessa giurisprudenza, soltanto la parziale inapplicabilita' dell'art. 390 c.p.p., nel senso che non hanno piu' ragion d'essere i termini perentori indicati rispettivamente al primo comma per il pubblico ministero e al secondo comma per il giudice. Procedendosi, dunque, al giudizio di pertinenza di questo giudice, va preliminarmente osservato che esso presenta una certa problematicita', dal momento che il reato di furto militare a danno dell'amministrazione militare e' punito con la "reclusione militare" da uno a cinque anni, mentre l'art. 381, primo comma, del c.p.p. prevede la facolta' di arresto in flagranza per i delitti non colposi per i quali e' stabilita la pena della "reclusione" superiore nel massimo a tre anni. Quest'ultima disposizione e', del resto, in linea con la direttiva n. 32 della delega legislativa, nella quale l'arresto obbligatorio e facoltativo in flagranza sono previsti esclusivamente per i reati puniti con la reclusione. Il principio dell'art. 13, terzo comma, della Costituzione, secondo cui provvedimenti restrittivi della liberta' personale possono essere provvisoriamente adottati dall'autorita' di Polizia solamente "in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati tassativamente dalla legge", non consente di certo di ritenere che l'arresto in flagranza possa estendersi ai corrispondenti casi in cui la pena prevista sia non gia' la reclusione, bensi' la reclusione militare. Si tratta, del resto, di entita' diversamente disciplinate (rispettivamente artt. 23 del c.p. e 22 del c.p.m.p. e relative leggi penitenziarie), tanto che ogniqualvolta la Corte di cassazione o la Corte costituzionale, nelle loro diverse competenze, sono state chiamate, anche in ambiti piu' accessibili ad applicazioni estensive o analogiche, ad interpretazioni di norme riguardanti o comunque riferentesi alla sola reclusione, mai hanno sancito che queste dovessero per cio' solo applicarsi anche alla reclusione militare. La diversita' e', d'altra parte, ben confermata dal fatto che determinati reati militari sono puniti con la reclusione (es. artt. 77, primo comma, 78, 84 e 85 primo comma, ecc.); nonche' dalla disposizione dell'art. 23 del c.p.m.p., secondo cui le dizioni "pene detentive" o "restrittive della liberta' personale" sono le piu' idonee a comprenderle entrambe. E proprio in materia di liberta' personale a questa espressione si ricorreva, per comprendere tanto l'una quanto l'altra, nelle previgenti disposizioni degli articoli 313 del c.p.m.p. (mandato di cattura obbligatorio), 314 del c.p.m.p. (mandato di cattura facoltativo) e nella disposizione dichiarata illegittima (sentenza n. 503 del 1989) del-l'art. 308 del c.p.m.p. (arresto in flagranza). Va inoltre rilevato che l'art. 381, secondo comma, lett. g), consente l'arresto in flagranza per il furto configurato dall'art. 624 del c.p., prescindendo dalla sussistenza di qualsiasi aggravante; ma e' chiaro che, per le ragioni gia' esposte ed altre analoghe, l'arresto in flagranza non puo' riguardare anche il furto militare previsto dall'art. 230 del c.p.m.p. Deve infine mettersi in rilievo come il principio dell'art. 261 del c.p.m.p. (complementarita' della legge processualmilitare) non introduce in materia alcun elemento di novita', dovendosene desumere solamente che per un reato militare punito con la reclusione sia applicabile l'arresto in flagranza alle stesse condizioni che rendono adottabile la misura restrittiva per i reati comuni, "salvo che la legge disponga diversamente". E, dopo la caducazione per illegittimita' dell'art. 308 del c.p.m.p., non v'e' alcuna norma speciale che nel rito penale militare disciplini diversamente l'istituto dell'arresto in flagranza. Sulla base di queste premesse, si dovrebbe considerare inapplicabile l'arresto in flagranza nel caso del reato addebitato al militare Giannella e dichiarare pertanto illegittimo il provvedimento restrittivo adottato. Ma e' del tutto irrazionale, e percio' lesivo del principio dell'art. 3 della Costituzione, che fatti quale quello di furto (art. 624 del c.p.) e di furto militare (art. 230 del c.p.m.p.), sostanzialmente uguali e quindi connotabili di uguale gravita', sottostiano ad un diverso trattamento quanto all'applicabilita' dell'arresto in flagranza; e' allo stesso modo irrazionale che delitti non colposi per i quali e' stabilita la "reclusione superiore nel massimo a tre anni" e delitti pure non colposi per i quali e' invece stabilita la reclusione militare superiore a quello stesso limite, e quindi ancora fatti di reato di uguale gravita', sottostiano alla descritta diversa regolamentazione in tema di misure precautelari di competenza della polizia giudiziaria. Si consideri, quale esempio sconcertante, che nemmeno la flagranza del reato militare di rivolta (art. 174 del c.p.m.p.) obbliga o facoltizza de iure condito all'arresto in flagranza. Viene sollevata, pertanto, questione di legittimita' dell'art. 381, primo e secondo comma, lett. g), nella parte in cui e' esclusa, rispettivamente, l'applicabilita' dell'arresto in flagranza ai reati puniti con la reclusione militare per uguale durata, e al reato di furto militare (art. 230 del c.p.m.p.), in relazione all'art. 3 della Costituzione. Si tratta senza dubbio di questione in malam partem, ma che si ritiene ugualmente sollevabile trattandosi di materia processuale e comunque, come talvolta ha affermato la stessa Corte costituzionale, per non dover riconoscere la non impugnabilita' di norme costitutive di privilegi positivi. La dichiarazione di illegittimita' dovrebbe, a parere di questo giudice, estendersi ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, agli artt. 380, primo comma, del c.p.p. (arresto obbligatorio in flagranza), 384 primo comma, del c.p.p. (fermo di indiziato di delitto), 280 del c.p.p. (condizioni di applicabilita' delle misure coercitive), e 287 del c.p.p. (condizioni di applicabilita' delle misure interdittive), che tutte presentano gli stessi vizi delle disposizioni direttamente impugnate. E cio' in quanto dall'auspicata dichiarazione d'illegittimita' in parte de qua dell'art. 381 del c.p.p. potrebbero derivare nell'ambito della normativa processuale applicabile dinanzi ai tribunali militari immediate ulteriori irrazionalita'.