IL PRETORE
   Ne  procedimento  penale  a  carico  di Poledrelli Riccardo e Verri
 Massimo, imputati del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma,  della
 legge  n.  319/1976 per avere, in qualita' di titolari della stazione
 di servizio di via  Bologna  n.  115,  effettuato  in  fognatura  uno
 scarico   con  parametri  superiori  ai  limiti  tabellari  quanto  a
 materiali sedimentabili, materiali in sospensione, COD, oli minerali,
 tensioattivi, solfuri, rame, ferro e zinco.
                             O S S E R VA
   Che il p.m., d'udienza dott. Nicola Proto ha richiesto pronuncia di
 questo pretore in ordine all'ipotesi di non manifesta infondatezza  e
 rilevanza   della  questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
 articoli 1 e 56 del d.-l. n. 9/1995 per violazione degli articoli  25
 e  77  della  Costituzione,  con  trasmissione  degli atti alla Corte
 costituzionale. Osserva il pretore che  la  richiesta  e'  fondata  e
 ritiene  pertanto  di dover dichiarare rilevante e non manifestamente
 infondata, per violazione degli articoli 25 e 77 della  Costituzione,
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale  del d.-l. 16 gennaio
 1995, n. 9.
   Circa i  presupposti  di  diritto  in  ordine  alla  non  manifesta
 infondatezza si rileva quanto segue:
   1) Violazione degli articoli 25 e 77 della Costituzione.
   Il  principio  della  riserva  di legge in materia penale possiede,
 quale primo e fondamentale significato, quello secondo cui le  scelte
 di  politica  criminale  sono  monopolio  esclusivo  del parlamento e
 l'ammissibilita' che nuove norme di diritto penale  siano  introdotte
 attraverso  decreti-legge  o  decreti  legislativi  e'  connessa alla
 circostanza che, in entrambi i casi si  realizzi  e  sia  assicurato,
 comunque, l'intervento del parlamento in posizione sovraordinata, ora
 quale organo delegante (art. 75 della Cost.), ora quale organo cui e'
 rimesso il potere di conferire stabilita' e durevolezza attraverso la
 legge  di conversione, a disposizioni normative precarie e soggette a
 decadenza in caso di inutile decorso del termine di 50 giorni dettato
 dall'art. 77, ultimo comma, della Costituzione. Nella materia che  ci
 occupa  invece,  con  la  reintegrazione  di  vari  decreti-legge mai
 convertiti si e' realizzata, di fatto, la sottrazione  al  parlamento
 della  sua  esclusiva  competenza  a  disporre in materia penale, con
 l'inammissibile  assunzione  da  parte  dell'esecutivo  del  relativo
 potere  di  bilanciamento  e  di  valutazione  degli interessi che in
 materia penale e' di  esclusiva  competenza  dell'organo  assembleare
 rappresentativo della sovranita' popolare.
   Deve aggiungersi che la prassi della reiterazione dei decreti-legge
 in materia penale con contenuto identico ovvero, talvolta, come nella
 specie,  con  contenuto  diverso, ha come conseguenza di sottrarre di
 fatto, al parlamento la possibilita' prevista  dall'art.  77,  ultimo
 comma,  della  Costituzione  "di  regolare  con    legge  i  rapporti
 giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti".  E'  evidente
 che,  se  la reiterazione dei decreti nella stessa materia si protrae
 per un anno, si  potranno  deteminare  effetti  definitivi  quale  il
 giudicato,  non  modificabili in sede giudiziaria, con la conseguente
 gravissima compressione dei diritti dei  singoli,  resa  ancora  piu'
 incisiva dalla disparita' di trattamento che potrebbe verificarsi ove
 due  fattispecie  identiche,  ma  giudicate  sotto  la  vigenza di un
 diverso decreto-legge, vengano diversamente giudicate.
   Va ulteriormente osservato che la reiterazione a catena, per  circa
 un  anno  di  diversi decreti-legge in relazione alla stessa materia,
 denota in modo  palese,  con  specifico  riferimento  all'ultimo  dei
 decreti  emanati,  la  carenza  dei  requisiti  della  "necessita' ed
 urgenza".   Requisiti che,  se  possono  ipotizzarsi  come  esistenti
 rispetto al primo dei decreti, certamente sono venuti meno ad un anno
 di  distanza  e  cioe' dopo un periodo di tempo tale da consentire la
 normale legiferazione del parlamento in via ordinaria.
   Il presente giudizio, allo stato e vigente il d.-l. n. 9/1995,  non
 si  puo' essere definito in modo indipendente dalla risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  3  del  predetto
 decreto-legge per violazione art. 77 della Costituzione.