IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE
   Ha  emesso  la  seguente  Ordinanza  nel procedimento di esecuzione
 della  rogatoria  internazionale  richiesta  dal  giudice  istruttore
 presso il tribunale di grande istanza di Thonon-les-Bains, delegato a
 questo  ufficio  a seguito di ordinanza di delibazione della Corte di
 appello di Milano in data 8 maggio 1991.
   A seguito di richiesta della a.g. francese, in  epigrafe  indicata,
 la  Corte  di  appello  di  Milano delegava ai giudici delle indagini
 preliminari  di  Milano  e  di  Busto  Arsizio  l'audizione  di  tali
 Carezzato  Gilberto  ed  Ezat  Becheri  e inoltre "l'attuazione delle
 indagini specificate ai punti 1) - 4) della rogatoria..." che qui  si
 trascrivono:
     1)  esperire  sul vostro territorio le indagini opportune al fine
 di identificare i coautori o eventuali complici di  fatti  attribuiti
 agli accusati stop converrebbe conoscere la destinazione che potrebbe
 aver  avuto  la  falsa  valutazione e verificare approfonditamente le
 dichiarazioni degli accusati stop tutte le  audizioni  utili  possono
 aver luogo tra cui anche quelle di Burstro stop;
     2)  fornire  tutte  le  informazioni sul procedimento seguito nei
 confronti di Fischer e ricercare gli eventuali legami  esistenti  con
 gli accusati stop;
     3)   procedere   ad   un'indagine   capillare   sulle   attivita'
 professionali, i mezzi di sostentamento e  le  amicizie  abituali  di
 Sporchia Oscar e degli altri tre accusati stop;
     4) indirizzarmi tutte le informazioni utili sulle loro rispettive
 situazioni  penali (estrato del casellario giudiziario - informazioni
 generali di polizia stop si prega di procedere a tutte  le  attivita'
 complementari   (audizioni   perquisizioni  sequestri)  che  sembrino
 necessarie per accertare la verita' e permettono inoltre di stabilire
 il possibile meccanismo di smercio  della  falsa  valuta  sul  vostro
 territorio   (acquisto  dei  falsi  biglietti  della  Banca  Centrale
 Americana).
   Questo  giudice,  con  nota  23  maggio  1991  in  atti,   chiedeva
 chiarimenti  all'ufficio  delegante,  in  particolare  in  ordine  al
 "contenuto delle attivita' di indagine demandate",  per  il  corretto
 adempimento  dell'incarico  ricevuto, segnalando: "Sotto quest'ultimo
 profilo, in particolare, pare doveroso segnalare  forti  perplessita'
 nella  individuazione  del reale ambito di potere-dovere riconosciuto
 dall'ordinamento a  questo  giudice  in  relazione  alla  materia  in
 oggetto.  Invero,  dalla  lettura  del  testo degli artt. 723 e segg.
 c.p.p., parrebbe doversi ritenere che  il  legislatore  abbia  inteso
 disciplinare  - con le disposizioni citate - soltanto una parte della
 piu'  ampia  attivita'  di  assistenza  giudiziaria  prevista   dalle
 convenzioni  di  carattere  internazionale sottoscritte (e di per se'
 autonomamente ed immediatamente  efficaci  per  l'ordinamento)  e  in
 particolare  la  materia di "comunicazioni, notificazioni e attivita'
 di acquisizione probatoria", con riferimento in  ogni  caso  ad  atti
 specifici  da  compiersi  (anche  a non voler intendere l'espressione
 "acquisizione probatoria" in senso strettamente tecnico) come risulta
 da tenore letterale delle disposizioni in  oggetto  e  della  mancata
 previsione  di  ogni  autonomo  e  discrezionale  potere  di indagine
 conferito al giudice investito del caso (significativo  in  proposito
 pare  il  confronto  con  la  vicenda  della modifica dell'art.   299
 c.p.p.,  laddove  soltanto  con  espressa  disposizione  normativa  e
 indicazione  di specifici presupposti e limiti, e' stato riconosciuto
 al giudice un autonomo e discrezionale potere di accertamento).
   Si mette qui in rilievo come, in tale contesto, una  indiscriminata
 attivita'  di  indagine  coordinata da questo ufficio, verrebbe quasi
 naturalmente a porsi in contrasto con principi  di  fondo  del  nuovo
 codice  di rito, in particolare laddove - come nel caso presente - la
 richiesta della autorita' straniera abbia ad oggetto fatti e condotte
 penalmente  perseguibili  nel  territorio  dello   Stato   e   dunque
 "obbligatoriamente" rimessi alla attivita' del P.M.
   Con  ordinanza  29  maggio  1991,  la  Corte  di  Appello disponeva
 procedersi  senz'altro  nella  escuzione   dell'incarico   conferito,
 ritenendo   che   "...la   richiesta   dell'Autorita'   straniera  di
 svolgimento di indagini di Polizia Giudiziaria non puo'  considerarsi
 inibita  all'Autorita'  Giudiziaria  Italiana,  posto  che l'art. 725
 c.p.p. effettua un generico richiamo alle norme  del  codice  stesso,
 senza alcuna esplicita esclusione".
   Veniva in tal modo formulata una interpretazione estremamente ampia
 della  categoria  di  "attivita' di acquisizione probatoria" prevista
 dall'art. 723 c.p.p. ritenuta comprensiva non solo del compimento  di
 specifici  atti espressamente richiesti dalla Autorita' straniera, ma
 di  attivita'   discrezionali   e   generalizzate   di   indagine   -
 conseguentemente,  il  disposto  di  cui  all'art. 725, secondo comma
 c.p.p. ("per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme
 di questo Codice..."), veniva  letto  come  riconoscimento,  in  capo
 all'organo  chiamato  alla  esecuzione della rogatoria, dei poteri di
 cui agli art. 358 e segg.  c.p.p. e dunque, piu' in  generale,  della
 titolarita' dell'insieme dei poteri e delle facolta' ripartiti, nello
 schema ordinario del Codice, tra giudice e P.M.
   Nella   interpretazione  della  Corte  d'appello  di  Milano  sopra
 riportata, dunque, il legislatore, con le norme  citate,  si  sarebbe
 limitato  a ritrascrivere il testo dell'art. 657 del Codice abrogato,
 ignorando del tutto, nella materia in oggetto, i  principi  di  fondo
 della  dialettica processuale secondo cui si articola il nuovo codice
 ed e' questo il punto che  si  pone  qui  all'attenzione  della  Alta
 Corte, sotto un profilo di conformita' ai principi della legge delega
 16 febbraio 1987 n. 81.
   Invero  e'  noto  che  la  materia dei rapporti giurisdizionali con
 autorita'  straniere  risulta  disciplinata  in  materia  autonoma  e
 diretta  "dalle  norme delle convenzioni internazionali in vigore per
 lo  Stato  e  dalle  norme  di  diritto   internazionale   generale",
 limitandosi  sul  punto il legislatore nazionale ad una disciplina di
 carattere integrativo e surrogatorio.
   In merito, il decreto-legge n. 81/1987 non reca alcuna disposizione
 espressa e tuttavia, al punto  104,  prevede,  in  via  conclusiva  e
 riassuntiva,  "adeguamento  di  tutti  gli  istituti  processuali  ai
 principi e criteri innanzi determinati".
   In tale contesto normativo, pare evidente che una deroga profonda a
 principi cardine del nuovo processo,  quale  quello  del  venir  meno
 della  ordinaria  dialettica  tra  giudice  e  p.m.,  potrebbe venire
 giustificata soltanto in ragione di una esplicita disciplina, in  tal
 senso  orientata,  promanante  da  Fonti  di  diritto  internazionale
 ovvero, sotto diverso profilo, in quanto ragionevolmente  imposta  da
 una  esigenza  di  semplificazione della forme, laddove la materia in
 oggetto  fosse  riconosciuta  come  radicalmente  estranea  al  campo
 problematico (e dunque alle esigenze di garanzia) in cui prende forma
 il   nuovo  processo  e  per  questo  "naturalmente"  sottratta  alla
 indicazione generale di cui al punto 104) citato dalla legge delega.
   Sotto il  primo  profilo,  occorrera'  qui  fare  riferimento  alla
 Convenzione europea di assistenza giudiziaria firmata a Strasburgo il
 20 aprile 1959, rilevando come il testo sottoscritto si limiti a fare
 riferimento  alla  "Autorita'  Giudiziaria" dei singoli paesi, con un
 rinvio pieno ed integrale dunque - per la  fase  della  esecuzione  -
 all'ordinamento interno dei singoli stati firmatari.
   Sotto  il  secondo  profilo,  ad  escludere  l'ipotesi  di  lettura
 prospettata, sara' sufficiente sottolineare  come  l'organo  chiamato
 alla  esecuzione  della  rogatoria  e' lo stesso che, nel sistema del
 codice, sara' poi chiamato a valutare "se sussistono gravi indizi  di
 colpevolezza"  (art. 705 c.p.p.) a fronte di conseguenti richieste di
 estradizione e di applicazione di misure cautelari.
   Appare dunque evidente che, ove il giudice  della  rogatoria  fosse
 ritenuto  investito non solo del dovere di compimento di singoli atti
 espressamente  individuati  (dunque  con  una  funzione  "neutra"  di
 garanzia del corretto adempimento dell'atto), ma di un vero e proprio
 potere   discrezionale   di   indagine,   allora   si   riproporrebbe
 senza'altro,  quanto  meno  come  problema  aperto,  il  tema   della
 distinzione  o  sovrapposizione  tra  organo  dell'indagine  e  della
 decisione  (e  su  temi  di  grande  rilievo   costituzionale   quali
 estradizione  e  liberta'  personale):  dunque,  ampiamento dentro il
 campo definito dal punto 104)  citato  e  la  materia  pare  pertanto
 necessariamente  sottratta  alla  libera  valutazione del legislatore
 delegato.
   D'altro  canto,  nel  senso  prospettato,  la  disciplina  in esame
 (nell'interpretazione  datane  dalla  Corte  di  Appello  di  Milano)
 porrebbe di per se' evidenti problemi di compatibilita' nel confronto
 diretto  con  gli  artt.  3  e 24 della Costituzione, ponendo - nella
 procedura avviata su richiesta  di  A.G.    straniera  -  la  persona
 sottoposta  ad  indagine  di  fronte ad un giudice - inquisitore, con
 evidente affievolimento  della  ordinaria  dialettica  processuale  e
 della tendenziale parita' tra accusa e difesa.
   Da  ultimo,  si rileva qui un ulteriore profilo di violazione della
 legge delega, osservando come, nel caso di specie,  la  richiesta  di
 esperire  "le indagini opportune al fine di identificare i coautori o
 eventuali complici dei fatti attribuiti agli accusati" ha riguardo in
 realta'  ad ipotesi di reato perseguibili nel paese  ai  sensi  degli
 art.  453  e  segg.  c.p.p.:  in  tal  senso  il riconoscimento di un
 autonomo e discrezionale potere di indagine in capo al giudice  della
 rogatoria  verrebbe  a  dar luogo ad una legittimazione alle indagini
 concorrente con quella del P.M., in violazione dunque del  punto  57)
 della  legge  delega,  relativo  alla individuazione della competenza
 esclusiva del P.M.