IL TRIBUNALE MILITARE
   All'odierna udienza preliminare nella  causa  a  carico  di  Zurino
 Michele e' intervenuto il p.m..
   Il difensore di fiducia ha dichiarato di astenersi in adesione alla
 delibera  dell'Assemblea  generale  degli  avvocati  italiani  che ha
 deciso l'astensione dalle udienze civili,  penali,  amministrative  e
 tributarie.
   Si e' proceduto quindi, ai sensi dell'art. 420.3 c.p.p., a nominare
 un  sostituto  d'ufficio  secondo  i  criteri indicati dall'art. 97.4
 c.p.p. e 29 disp. att..
   Tutti i professionisti intervenuti hanno dichiarato di astenersi  e
 per  ultimo  il membro del consiglio dell'Ordine forense delegato dal
 presidente dell'Ordine.
   Il giudice per le indagini preliminari preso atto  della  descritta
 situazione  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
 combinato disposto degli artt. 420.3, 97 c.p.p.,  29  disp.  att.  in
 relazione all'art. 1 della legge 12 giugno 1990 n. 146 nella parte in
 cui  non  prevede  tra i soggetti destinatari della stessa le persone
 esercenti un servizio di pubblica  necessita'  (art.  359  c.p.),  in
 quanto  il  sistema  derivante  dall'applicazione  di dette norme non
 consente  di  assicurare  l'effettiva  partecipazione  del  difensore
 dell'imputato, ritenuta necessaria ai sensi del 1 comma dell'art. 420
 c.p.p.  per  una  valida  celebrazione  dell'udienza preliminare, ne'
 indica i modi per comunque consentirla, per violazione degli artt. 2,
 24, 40, 101 della Costituzione, ed osserva quanto segue.
   L'art. 420 c.p.p. al fine di realizzare in termini di effettivita',
 oralita' ed immediatezza il contraddittorio, prevede come  necessaria
 la  partecipazione  all'udienza  preliminare del p.m. e del difensore
 dell'imputato.
   La necessita' che il difensore sia presente (per  evitare  nullita'
 assoluta  ex  art. 179 c.p.p.) impone che ove egli non compaia, venga
 designato ai sensi dell'art. 97.4 un sostituto.
   Non essendo stabilito nulla in caso  del  difensore  per  legittimo
 impedimento,  diversamente  da  quanto  avviene  per  l'imputato,  e'
 evidente che si e' voluto escludere, a differenza da quanto  previsto
 per  il  dibattimento,  ogni  rilievo  dell'impedimento del difensore
 anche se legittimo ed implicante assoluta impossibilita' a comparire.
   Il congegno previsto dal codice di rito  completa  quale  strumento
 per ovviare a tale situazione il meccanismo previsto dall'art. 97.4.
   Il  giudice  quando e' richiesta la presenza del difensore e quello
 di fiducia o d'ufficio non e' stato reperito non  e'  comparso  o  ha
 abbandonato   la  difesa,  designa  come  sostituto  altro  difensore
 immediatamente reperibile.
   All'uopo, per l'individuazione del reperibile  soccorre  l'art.  29
 disp.   att.  secondo  cui  l'a.g.  ricerca  il  difensore  d'ufficio
 nell'ambito e secondo l'ordine della tabella indicata nel terzo comma
 dello stesso art. 29.
   E  ancora  nel  caso  di  mancanza  o di inidoneita' della tabella,
 provvede nell'ambito dell'elenco  indicato  dal  primo  comma  sempre
 dell'art.    29  citato e se anche questo manca o e' inidoneo in base
 agli albi professionali ovvero designando il presidente o  un  membro
 del consiglio dell'ordine forense.
   Nessuna  altra strada e' percorribile nel caso in cui, pur esperiti
 tutti tali tentativi, non si riesca ad assicurare  l'effettivita'  di
 quella  partecipazione  che  costituisce conditio sine qua non per la
 celebrazione dell'udienza.
   Anche perche' la legge 12 giugno 1990 n. 146 (norme  sull'esercizio
 del  diritto  di  sciopero  nei  servizi  pubblici essenziali e sulla
 salvaguardia dei diritti della persona  costituzionalmente  tutelati)
 disciplinante  l'esercizio  del  diritto  di  sciopero  da  parte dei
 soggetti che, legati alla p.a. da un rapporto di lavoro di  qualsiasi
 tipo,   espletino   la  loro  attivita'  in  determinati  settori  di
 particolare  rilievo  sociale,  non  ricomprende,  tra   i   soggetti
 destinatari  della  stessa,  le  persone  esercenti  un  servizio  di
 pubblica necessita',  difettando  in  costoro  un  qualsiasi  vincolo
 organico  con l'Amministrazione in ragione del quale soltanto si puo'
 far dipendere l'assoggettamento  agli  obblighi  stabiliti  da  dette
 leggi.
   Invero  spirito  della  legge  in questione e' quello di operare un
 contemperamento tra diritti tutti costituzionalmente garantiti  quali
 quello di sciopero da una parte e quelli alla vita, alla salute, alla
 liberta'  personale  ecc. dall'altra, attraverso una regolamentazione
 del primo che senza costituire  soppressione  dello  stesso  consenta
 comunque  la  realizzazione  dell'attivita'  pubblicistica in settori
 essenziali per la salvaguardia dei diritti della persona.
   A  questa  esigenza  di  contemperamento  di  posizioni  soggettive
 costituzionalmente garantite e quanto meno di pari dignita' e valore,
 non  si  puo'  sottrarre  il conflitto scaturente dalla necessita' di
 assicurare la salvaguardia del diritto dello Stato  e  dei  cittadini
 all'esercizio  della  funzione  giurisdizionale  ed  il diritto della
 classe forense di astenersi dall'attivita' professionale.
   Che tale diritto possa essere tout court definito di  sciopero  non
 sembra ci siano seri ostacoli.
   Infatti  non esiste una norma che definisca lo sciopero ed anche se
 in origine esso e' nato  come  forma  di  autotutela  dei  lavoratori
 dipendenti  in vista di un interesse economico di categoria nondimeno
 col tempo ha assunto un significato piu'  ampio  quale  strumento  di
 lotta  non  solo  per finalita' immediatamente economiche ma anche di
 protesta politica volta alla trasformazione  sociale.  Lo  si  rivela
 anche  dalla  sentenza  della Corte costituzionale n. 290/1974 che ha
 dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 503 c.p.  prevedente
 lo sciopero a fini non contrattuali "nella parte in cui punisce anche
 lo  sciopero  politico che non sia diretto a sovvertire l'ordinamento
 costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare  il  libero  esercizio
 dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranita' popolare".
   E  che  tanto  valga  oltre  che per il lavoro dipendente anche per
 quello  autonomo  lo   si   evince   dalla   sentenza   della   Corte
 costituzionale   n.   222/1975  la  quale  riconosce  che  "non  ogni
 astensione del lavoro autonomo si configura come serrata e che invece
 costituisce  esercizio  del  diritto   costituzionalmente   garantito
 dall'art. 40 della Costituzione".
   Alla  luce  di tali considerazioni appare del tutto incomprendibile
 ed assolutamente irrazionale che mentre per  i  pubblici  dipendenti,
 che   operano   nel   settore   giustizia,  siano  previsti  numerose
 limitazioni al diritto di sciopero, dettate dalla necessita'  di  non
 intaccare  diritti  dei  cittadini  per  costituzione  meritevoli  di
 tutela, altrettanto non si verifichi per coloro che in ragione  della
 loro  attivita'  -  per i quali il diritto di sciopero, quale diritto
 costituzionalmente garantito, deve ritenersi sussistente, diritto che
 peraltro per consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione  e'
 riconducibile  alla  nozione  processuale di legittimo impedimento, e
 che puo' essere esercitato al di fuori dell'ambito di  una  qualsiasi
 legge  che  lo  regoli  come  prescritto  dallo  stesso art. 40 della
 Costituzione  -  sono  comunque  soggetti   irrinunciabili   per   la
 salvaguardia di quei diritti; ma soprattutto ne risulta, ed e' quello
 che  in  questa  sede  principalmente  interessa,  che il sistema ora
 delineato per cui la legge n.  146/1990  -  che  tra  le  altre  cose
 prevede  il dovere, da parte della p.a. e delle imprese erogatrici di
 servizi di pubblica necessita', di stabilire  aliquote  di  personale
 tenuto  comunque  a  prestare  la  propria attivita' anche durante lo
 sciopero di categoria -, non opera nei confronti della classe forense
 (con la conseguenza che la finalita' perseguita da quella legge venga
 sistematicamente   frustrata   e   irrimediabilmente    compromessa);
 unitamente  alla circostanza che da un lato la presenza del difensore
 dell'imputato, ex art. 420, e'  ritenuta  necessaria  per  la  valida
 celebrazione  del  processo, dall'altro che il meccanismo predisposto
 dagli artt.  420.3,  97.4  c.p.p.  29  disp.  att.  non  consenta  di
 assicurare   una   effettiva   presenza   del   difensore,   si  pone
 indubbiamente  in  contrasto  con  le   norme   della   Costituzione:
 innanzitutto  con  l'art.    2  della  Costituzione  che  riconosce e
 garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, poi con l'art.    24  che
 assicura  a  tutti la possibilita' di agire in giudizio per la tutela
 dei propri diritti, quindi con la norma (101) per cui i giudici  sono
 soggetti  soltanto  alla legge infine con l'art. 40 che prescrive che
 il diritto di sciopero si eserciti nell'ambito  delle  leggi  che  lo
 regolano.
   La  questione  di  legittimita'  costituzionale non appare a questo
 giudice manifestamente infondata e rilevante nel caso di  specie  non
 potendosi la funzione giurisdizionale esercitare.