IL TRIBUNALE ORDINARIO Ha deliberato la seguente ordinanza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 4389 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 1994, posta in decisione all'udienza collegiale del 9 dicembre 1994, vertente tra Olivia D'Alessandro, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna Giannamati, con studio in Roma, via della Conciliazione n. 44, attrice e Andrea De Angelis, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Avalle, con studio in Roma, via dei Greci n. 10, convenuto. Premesso che con atto di citazione notificato il 13 gennaio 1994 Olivia D'Alessandro ha convenuto in giudizio davanti a questo tribunale Andrea De Angelis, chiedendo che fosse condannato a pagarle la somma di L. 1.500.000 mensili, rivalutabili annualmente secondo gli indici del costo della vita, come contributo al mantenimento della comune loro figlia naturale Mila, nata il 29 novembre 1989, riconosciuta da entrambi e a lei affidata con decreto del 22 luglio 1993 del tribunale per i minorenni di Roma: che alla domanda ha resistito il convenuto, sostenendo di non essere in grado di versare un importo maggiore di quello che gia' di fatto egli corrispondeva all'attrice; che la causa - istruita mediante la produzione di documenti, ad opera dell'una e dell'altra parte - e' stata posta in decisione dal collegio all'udienza del 9 dicembre 1994; Considerato che nei giudizi vertenti tra genitori naturali di minorenni e aventi ad oggetto il mantenimento di questi non e' prescritto l'intervento obbligatorio del pubblico ministero, come invece nelle cause di separazione personale tra coniugi (art. 70, comma 1, n. 2 c.p.c.) e in quelle di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 5, comma 1, legge 1 dicembre 1970, n. 898), nonche' nei procedimenti di revisione delle relative pronunce, ove si tratti di modificazioni dei provvedimenti riguardanti la prole (art. 710 c.p.c. nel testo risultante dalla sentenza n. 416/1992 della Corte costituzionale e art. 9, comma 1, legge 1 dicembre 1970, n. 898); che la Corte, nella citata sentenza e in quella n. 185/1986, ha individuato la ragione di tutte le menzionate disposizioni nell'esigenza di assicurare una particolare tutela all'interesse morale e materiale dei minorenni; che un'analoga salvaguardia non e' apprestata ai figli nati fuori del matrimonio, nelle cause come questa, in cui tuttavia e' un uguale loro interesse che viene in questione; che la disparita' di trattamento che ne consegue appare contrastare con il principio enunciato dall'art. 30, comma 3, Cost., che la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 55/1979) ha inteso nel senso di un vincolo che impone al legislatore di garantire ai figli naturali, nei limiti della compatibilita' con i diritti dei membri della famiglia legittima, ogni tutela giuridica e sociale adeguata a quella che l'ordinamento attribuisce in ogni campo ai figli legittimi; che non e' quindi manifestamente infondata la questione - che viene rilevata di ufficio - di legittimita' costituzionale dell'art. 70 c.p.c., nella parte ini cui non prescrive l'intervento obbligatorio del pubblico ministero nelle cause vertenti tra i genitori di figli naturali minorenni e aventi ad aggetto il mantenimento di questi, con riferimento all'art. 30, comma 3 Cost.; che la questione e' altresi' rilevante in questo giudizio, in quanto, se fosse accolta, occorrerebbe disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero per il suo intervento, a norma dell'art. 71, comma 1, c.p.c., mentre altrimenti la causa potrebbe essere senz'altro decisa;