ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del decreto-
 legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni, nella legge
 13 maggio 1988, n. 154 (Norme in materia tributaria  nonche'  per  la
 semplificazione  delle  procedure  di  accatastamento  degli immobili
 urbani), promosso con ordinanza  emessa  il  9  novembre  1993  dalla
 Commissione tributaria di primo grado di Trieste, sui ricorsi riuniti
 proposti  da  Mocher  Laura ed altra contro l'Ufficio del Registro di
 Trieste, iscritta  al  n.  50  del  registro  ordinanze  del  1995  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 6, prima
 serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 ottobre 1995 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  A  seguito  di  una  compravendita  immobiliare  era   stata
 richiesta,  nella  domanda  di  voltura, l'attribuzione della rendita
 catastale, ex art. 12 della legge 13 maggio 1988, n.  154  (Norme  in
 materia  tributaria nonche' per la semplificazione delle procedure di
 accatastamento  degli  immobili  urbani).  Poiche'  dal   certificato
 trasmesso  dall'Ufficio  tecnico  erariale  al competente Ufficio del
 registro  era  risultato  un  valore   superiore   al   corrispettivo
 dichiarato  nell'atto,  erano  stati notificati alla parte venditrice
 due  avvisi  di  liquidazione  dell'imposta  (relativi  all'INVIM  ed
 all'imposta  di  registro), conseguenti alla rettifica del valore fi-
 nale dell'immobile.
    Nel  corso  del   giudizio   introdotto   dal   contribuente   per
 l'annullamento  di  detti  avvisi, la Commissione tributaria di primo
 grado di Trieste, con ordinanza emessa il 9 novembre 1993  (pervenuta
 alla  Corte  il 20 gennaio 1995), ha sollevato, in relazione all'art.
 24,  primo  e  secondo  comma,  della  Costituzione,   questione   di
 legittimita'  costituzionale  del citato art. 12 del decreto-legge 14
 marzo 1988, n. 70, convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  13
 maggio  1988,  n.  154,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il
 certificato   catastale,   attestante   l'avvenuta   iscrizione   con
 attribuzione  di  rendita,  trasmesso  dall'Ufficio  tecnico erariale
 all'Ufficio del registro, non venga comunicato o notificato anche  al
 contribuente.
   Il giudice a quo , premessa la rilevanza della questione per essere
 decisiva,  ai  fini  dell'accoglimento  o del rigetto del ricorso, la
 legittimita' dell'omessa notifica del certificato, richiama anzitutto
 la generale disciplina ( ex art.  51,  primo  comma,  del  d.P.R.  26
 aprile   1986,   n.   131)  che  consente  all'Ufficio  del  registro
 l'eventuale rettifica del valore dichiarato sulla base di  molteplici
 parametri,   quali   i   trasferimenti   dell'ultimo   triennio,   la
 potenzialita' di produzione di reddito, le  indicazioni  fornite  dai
 comuni. Dal quadro normativo emergerebbero come principi generali sia
 il  vincolo  dell'amministrazione ad attenersi ai parametri legali di
 cui sopra sia il correlativo diritto del  contribuente  di  conoscere
 questi  ultimi  attraverso  la  notifica dell'avviso di accertamento.
 Cio' sarebbe funzionale da un lato alla delimitazione  delle  ragioni
 adducibili   dall'Ufficio   nella   successiva   fase  contenziosa  e
 dall'altro lato all'esercizio del diritto di difesa del  contribuente
 di  fronte alla maggiore pretesa fiscale attraverso l'eventuale prova
 che essa non e' conforme ai parametri legali.
    Inoltre  la  stessa   predeterminazione   dei   citati   parametri
 dimostrerebbe  che  il  legislatore  ha  inteso  ancorare  il  valore
 imponibile alle condizioni del mercato.
    Il  criterio  della  determinazione   automatica   sarebbe   stato
 introdotto  soltanto  per  stabilire il livello al di sotto del quale
 l'Ufficio puo' procedere alla rettifica del valore. Perfino  in  caso
 di  omessa  dichiarazione del corrispettivo sarebbe prevista, ex art.
 53 del citato T.U., la  determinazione  del  valore  previa  notifica
 dell'avviso   di  accertamento.  Pertanto  la  mancata  notifica  del
 certificato   di   attribuzione   della   rendita,   richiesta    dal
 contribuente,  nell'a'mbito della procedura di cui all'impugnato art.
 12, porrebbe questi in una condizione deteriore rispetto  a  chi  non
 abbia  neppure  indicato il corrispettivo. Inoltre, poiche' l'Ufficio
 procede in  modo  automatico,  calcolando  il  valore  attraverso  la
 rendita   fissata   dall'Ufficio   tecnico   erariale,  l'interessato
 resterebbe privato della possibilita' di far valere  in  giudizio  le
 proprie ragioni, avendo preso conoscenza del valore de quo soltanto a
 seguito   dell'avviso   di   liquidazione   dell'imposta.   In   cio'
 risiederebbe la lesione del diritto di difesa.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso
 per l'inammissibilita', ovvero per  l'infondatezza  della  questione.
 L'Autorita'  intervenuta  rileva  che la trasmissione del certificato
 catastale  altro  non  e'  che   una   modalita'   del   procedimento
 amministrativo, si' che la mancata previsione di una comunicazione al
 contribuente  non  puo'  comportare  alcuna attenuazione della tutela
 giurisdizionale.   Pertanto   la   norma   impugnata   non    sarebbe
 correttamente  individuata, ne' sarebbe esattamente evocato l'art. 24
 della Costituzione, che non attiene ai procedimenti amministrativi.
    Nell'imminenza  della  camera   di   consiglio   l'Avvocatura   ha
 depositato  una  memoria  ulteriore,  rappresentando  la  circostanza
 dell'intervenuta   acquiescenza   della   parte    acquirente    alla
 determinazione delle imposte risultante dalla valutazione automatica.
                        Considerato in diritto
   1.  -  E'  denunciato l'art. 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n.
 70, convertito, con modificazioni, nella legge  13  maggio  1988,  n.
 154,  il quale prevede che in caso di trasferimenti di fabbricati non
 ancora  iscritti  in  catasto  con  attribuzione   di   rendita,   il
 contribuente possa chiedere, contestualmente alla domanda di voltura,
 l'attribuzione  della rendita stessa e la determinazione dell'imposta
 dovuta  secondo  il meccanismo della c.d. "valutazione automatica" ex
 art. 52  del  d.P.R.  26  aprile  1986,  n.  131  (reddito  catastale
 moltiplicato per 100). La norma e' sospettata di violazione dell'art.
 24  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che il
 certificato  contenente  l'attribuzione  della   rendita   da   parte
 dell'Ufficio  tecnico  erariale,  trasmesso all'Ufficio del registro,
 sia  anche  comunicato  e  notificato  al  contribuente.  Secondo  la
 Commissione   remittente,   quest'ultimo   viene   infatti   "privato
 dell'effettiva possibilita' di far  valere  in  giudizio  le  proprie
 ragioni,  in  contraddittorio  con  la  parte  avversa, e cioe' della
 possibilita' di prospettare al giudice  tributario  ogni  domanda  ed
 ogni ragione che non fossero legittimamente precluse".
    2. - La questione non e' fondata.
    2.1.  - Come questa Corte ha gia' avuto occasione di sottolineare,
 la valutazione forfettaria, ovvero automatica, del valore  dei  beni,
 prevista dal citato art. 52 del d.P.R. n. 131 del 1986, si risolve in
 una  mera  semplificazione  del sistema di determinazione dei valori,
 riconducibile   al   generale   criterio   di   utilizzazione   delle
 presunzioni.  Essa  non  introduce un nuovo sistema di determinazione
 dei valori imponibili, ma semplicemente limita il potere di rettifica
 che gli uffici finanziari hanno nel caso in cui non ritengano congruo
 il valore dei beni dichiarati, impedendo loro  di  procedere  ad  una
 maggiore  valutazione  allorche'  il valore dei beni stessi sia stato
 dichiarato in misura non inferiore all'ammontare determinato in  modo
 automatico   (reddito   catastale   aggiornato  moltiplicato  per  il
 coefficiente 100 per i fabbricati: cfr. ordinanze n. 78 del 1991 e n.
 586 del 1987).
    Subito dopo l'entrata in vigore della legge, era  stata  avvertita
 in    dottrina    la    difformita'    di   trattamento   conseguente
 all'impossibilita' di utilizzare la descritta opportunita'  nei  casi
 in  cui  all'immobile oggetto del trasferimento non risultasse ancora
 attribuita  la  rendita.  Ed  appunto  attraverso   il   procedimento
 descritto  nella  norma  impugnata,  il legislatore ha reso possibile
 l'auspicata  espansione,  prevedendo  l'applicabilita'  dell'art.  52
 allorche'  l'interessato  dichiari,  nell'atto pubblico, di volersene
 avvalere e faccia specifica istanza, nella domanda di voltura, per la
 determinazione della rendita. In tal caso l'Ufficio tecnico  erariale
 trasmette al competente Ufficio del registro un certificato catastale
 attestante  l'avvenuta  iscrizione con attribuzione della rendita, la
 quale consente di ottenere il risultato di  cui  sopra;  e  l'effetto
 preclusivo   della   rettifica   si  estende  anche  all'INVIM,  come
 conseguenza dell'operativita' della valutazione automatica.
    Il  meccanismo  tipico  di  tale  valutazione   impedisce   dunque
 all'ufficio   finanziario   di   sottoporre  a  rettifica  il  valore
 dichiarato: se questo risulta superiore a  quello  tabellare,  frutto
 della  semplice  operazione  aritmetica  di  moltiplicazione  per  il
 coefficiente, l'ufficio stesso si limita a recuperare  la  differenza
 d'imposta.
    2.2.   -  Emerge  allora  chiaramente  come  la  trasmissione  del
 certificato  in  parola  rimanga  tutta   interna   al   procedimento
 impositivo, costituendo semplice atto prodromico della determinazione
 del   valore   imponibile.   L'attribuzione  della  rendita  acquista
 rilevanza per  il  contribuente,  solo  in  quanto  produttiva  della
 determinazione  forfettaria  che egli aveva richiesto (come limite al
 potere  di  accertamento  dell'ufficio).  Ma,  prodottasi questa, nel
 giudizio dinanzi alla  Commissione  tributaria  adita  per  impugnare
 l'avviso  di  riliquidazione  dell'imposta  di  registro  (come  pure
 dell'INVIM), l'interessato ha accesso  all'impugnativa  dell'atto  di
 classamento e dunque la possibilita' di offrire anche elementi atti a
 dimostrare  una  valutazione  dell'immobile erronea e non conforme ai
 parametri legali: esattamente come se, venuto a conoscenza attraverso
 l'avviso di liquidazione della rendita, egli autonomamente impugnasse
 l'atto di attribuzione, ai sensi degli artt. 1 e  16  del  d.P.R.  26
 ottobre   1972,   n.   636  (secondo  l'accezione  estensiva  che  la
 giurisprudenza ormai consolidata conferisce  a  quest'ultima  norma),
 nonche' a norma dell'ancor piu' esplicito dettato degli artt. 2 e 19,
 lettera f) , del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
    Pertanto, non e' dato scorgere nella denunciata norma alcun vulnus
 del diritto di agire in giudizio, il quale rimane comunque garantito,
 venendo   "in  discussione  non  gia'  l'  an,  ma  solo  il  quomodo
 dell'accesso  alla  tutela  giurisdizionale  avanti  le   Commissioni
 tributarie" (sentenza n. 9 del 1993).