IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Visti gli atti del procedimento penale a carico di:
     1) De Rosa Carmine, nato a Gerace  (Reggio  Calabria),  1  agosto
 1934,  elettivamente  domiciliato  presso  l'avv.  Aldo  Pannain, via
 Achille Papa, n. 21, Roma;
     2) Pasqualucci Antonio, nato a Borbona (Rieti), 26  maggio  1956,
 elettivamente domiciliato come sopra;
     3)  Di  Carlo  Girolamo, nato a Raffadali (Agrigento), 10 ottobre
 1938, elettivamente domiciliato c/o avv. Valter Cara, via A.  Grandi,
 n. 6, Villanova di Guidonia;
     4)  Schiavoni  Enrico,  nato  a  Roma,  5  aprile 1947, domicilio
 dichiarato in via Calabria, n. 58, Villalba di Guidonia;
     5) Fratini Angelo, nato a Paganico Sabino (Rieti), 4 agosto 1938,
 domicilio dichiarato in Via Garibaldi, n. 129, Villanova di Guidonia;
     6)  Palma  Rocco,  nato  a  Botrugno  (Lecce),  26  luglio  1925,
 domicilio dichiarato in Via G. Paisiello, n. 10, Guidonia;
     7)  Cara  Giovanni, nato a Tivoli, 14 ottobre 1957, elettivamente
 domiciliato c/o avv. Valter Cara, via A. Grandi, n. 6,  Villanova  di
 Guidonia;
     8)   Nardi   Giancarlo,   nato   a   Guidonia,  12  giugno  1952,
 elettivamente domiciliato c/o avv. Emilio Ricci, Via  Ticino,  n.  6,
 Roma;
     9)  Costabile  Raimondo,  nato a Torre Annunziata, 1 aprile 1949,
 domicilio dichiarato in via Trento, n. 51, Guidonia;
     10) Felici Mario, nato a  Roma,  9  gennaio  1941,  elettivamente
 domiciliato c/o avv. Roberto Benettoni, Lungotevere Flaminio, n.  46,
 Roma;
     11)  Diaferia Filippo, nato a Guidonia Montecelio, 1 aprile 1945,
 domicilio dichiarato in Via p. Andreano, n. 4, Guidonia Montecelio;
 in ordine ai seguenti reati:
   Il primo ed il secondo:
   A) del reato p. e p. dagli artt. 110 del c.p. e 20, lett. B), della
 legge n. 47/1985 perche', in concorso tra  loro,  il  De  Rosa  quale
 committente-esecutore  dei  lavori  ed il Pasqualucci quale direttore
 dei lavori, ponevano in  essere  una  costruzione  edilizia  (villino
 bifamiliare), senza concessione edilizia:
     1)  perche'  quella rilasciata (n. 191/1990) illegittima pertanto
 Tamquam non esset - perche' viziata da violazione di legge in quanto:
      a) la composizione degli appartamenti priva dei requisiti minimi
 relativi alla superficie abitabile (art. 43 del reg.  ed.  e  d.m.  5
 luglio  1975)  avendo  una superficie di mq. 24,14 inferiore a quella
 prescritta (mq. 28);
      b) l'inserimento di superfici non  residenziali  (e  conseguenti
 cubature)  non  in  conformita' con le disposizioni tecniche; cio' al
 fine di non inserire nel calcolo il disimpegno  ed  il  corpo  scala,
 rappresentati come aperti nel progetto;
      c)  il  calcolo  della  cubatura  erroneo  e  non rispondente ai
 criteri di cui al d.i. n. 1444/68, cosi' da comportare un aumento  di
 mc.  18 (superiore al 2% di eccesso);
     2)  perche'  il  manufatto  concretamente  posto  in  essere  con
 difformita' essenziali, il rispetto a quello approvato,  da  renderlo
 strutturalmente e funzionalmente diverso da quello autorizzato con la
 predetta concessione, consistite, tra l'altro, nella esecuzione:
      a.  fuori  terra di un piano previsto in progetto come interrato
 di h. 1.50 lato strada, con conseguente aumento di  cubatura  pari  a
 mc:  135 (operando la riduzione di un doppio triangolo per i restanti
 lati interrati), oltre alla realizzazione di due finestre sul lato al
 posto di due bocche di lupo;
      b. dell'inglobamento dell'intercapedine nella  superficie  utile
 dell'interrato pari ad un aumento di sup. utile di 46 mq.;
      c.  del  cambio  di  destinazione d'uso del piano interrato (con
 esclusione di un posto macchina per alloggio) in abitativo,  mediante
 la realizzazione di opere edilizie a cio' preordinate quali: impianto
 di  riscaldamento,  angolo cottura con gli attacchi idrici, caminetto
 in pietra, rifiniture ed impianti elettrici di tipo civile, pavimenti
 in monocottura;
      d. della chiusura, con conseguente aumento di volume (mc. 58  in
 piu')  del  vano  scala  e del disimpegno al piano terra (in progetto
 rappresentati aperti e non cubati);
      e. nell'aumento di superficie lorda al piano terra  di  circa  6
 mq.  (pari a mc. 19.20, totale dei due alloggi) derivante da maggiori
 dimensioni dello spiccato delle murature  esterne,  superiore  al  2%
 previsto dalla legge regionale n. 36/87;
      f.  nella  mancata  realizzazione  del tramezzo divisorio tra lo
 studio  professionale  e  la  cucina,  elidendo  in   tal   modo   la
 destinazione  non  residenziale prevista in progetto, ed ottenendo di
 fatto un unico locale a cucina, tutto residenziale;
      g. nel cambio d'uso dell'intero piano sottotetto  da  servizi  a
 residenziale,  mediante la realizzazione di 2 bagni completi di tutti
 i sanitari (per ogni singolo  alloggio,  impianti  di  riscaldamento,
 citofonico  ed  elettrico,  con  tutte  le rifiniture del tipo civile
 abitazione (pavimenti tipo monocottura, ecc.);
      h. nell'ampliamento della superficie ad  "abbaino"  di  circa  1
 metro  lineare per la sua lunghezza nei lati corti dell'edificio, con
 aumento di superficie con altezza costante 220;
   In Guidonia Montecelio il 19 novembre 1993 e succesivamente.
   B)  del  reato  p.  e p. dagli artt. 110 e 640 del c.p. perche', in
 concorso tra loro e nelle rispettive qualita', con artifici e raggiri
 consistiti tra l'altro nel presentare progetti e domande di  rilascio
 di   concessione   a   costruire,   nel   realizzare   un   manufatto
 strutturalmente e funzionalmente diverso da  quello  autorizzato  nei
 termini   di   cui   al   capo  che  precede,  inducevano  in  errore
 l'Amministrazione  Comunale  di  Guidonia   Montecelio   che   faceva
 corrispondere  a  titolo  di  oneri  di  urbanizzazione e di costo di
 costruzione una somma  inferiore  a  quella  dovuta  per  un  importo
 globale di . 9.028.438;
   In Guidonia Montecelio in data anteriore al 19 novembre 1993.
   Dal terzo all'undicesimo:
   C) del reato p. e p. dagli artt. 113 del c.p. e 20, lett. B), della
 legge  n.  47/1985  perche',  in qualita' di componenti della C.E.C.,
 attuando condotte tra loro indipendenti, ma colposamente  finalizzate
 unitamente  a  quelle del De Rosa e del Pasqualucci al raggiungimento
 di un unico evento illecito, consistite, tra l'altro,  nel  non  fare
 espletare  accertamenti tecnici dal competente ufficio comunale prima
 di esprimere il parere sul  rilascio  della  concessione  di  cui  al
 precedente  capo  A) della rubrica, nel non esaminare i progetti ed i
 disegni allegati alla domanda  di  rilascio  della  concessione,  nel
 trascurare   il  contenuto  delle  disposizioni  vigenti  in  materia
 edilizia, esprimendo un  parere  palesemente  erroneo  e  viziato  da
 illegittimita',   cosi'   da   comportare  il  rilascio  di  un  atto
 amministrativo illegittimo  per  violazione  di  legge,  ponevano  in
 essere il fabbricato di cui al capo A).
   In Guidonia Montecelio nell'anno 1990.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  In seguito a consulenza tecnica il p.m. presso la pretura di
 Roma ordinava contestualmente il sequestro  probatorio  e  preventivo
 delle  opere  edilizie  in  oggetto con provvedimento del 16 febbraio
 1994 e richiedeva al g.i.p. la convalida del sequestro preventivo  o,
 in  caso  di  mancata  convalida,  l'emissione di autonomo decreto di
 sequestro preventivo; il 3 marzo 1994 il g.i.p.  non  convalidava  il
 sequestro   preventivo   e   rigettava   la  richiesta  di  sequestro
 preventivo, ritenuto che era in atto il sequestro probatorio; in data
 3 novembre 1994 il De Rosa presentava  istanza  di  dissequestro  sul
 presupposto che le opere potevano godere del recente condono edilizio
 di  cui  al  d.-l.  27 settembre 1994, n. 551, essendo state ultimate
 entro il 31 dicembre 1993 e pagata una rata di oblazione.
   In data 11 ottobre 1994 questo g.i.p.  rilevava  che  il  pagamento
 parziale dell'oblazione non e' causa di estinzione dei reati edilizi,
 ma  solo titolo per ottenere la sospensione del procedimento ai sensi
 dell'art. 44 della legge n. 47 del 1985; conseguentemente  sospendeva
 il  procedimento  fino  al  15  dicembre  1994,  data di scadenza del
 termine di presentazione ed integrazione  della  domanda  di  condono
 edilizio fissata dal citato d.-l. n. 551 del 1994, invitando la parte
 a  presentare  la documentazione integrativa a sostegno della domanda
 di condono edilizio e rigettava l'istanza di dissequestro.
   Il 16 novembre 1994 il De Rosa  presentava  una  nuova  istanza  di
 dissequestro,  con  motivi  aggiunti  del  22  novembre  1994: faceva
 presente di avere versato integralmente le somme dovute a  titolo  di
 oblazione  e  che queste erano state ritenute congrue dal comune (pur
 mancando il rilascio formale della concessione in sanatoria a  titolo
 di condono edilizio); chiedeva pertanto la declaratoria di estinzione
 dei reati e conseguente dissequestro delle opere.
   Il   p.m.   esprimeva   parere   contrario   (recte  rigettava)  al
 dissequestro trasmettendo gli atti  a  questo  g.i.p.  competente  in
 merito  al  provvedimento di eventuale declaratoria di estinzione dei
 reati,  sollecitando  questo  g.i.p.   a   sollevare   questione   di
 costituzionalita' della normativa sul condono edilizio.
   Ritiene   questo   giudice   che   vada  sollevata  l'eccezione  di
 incostituzionalita' dell'art. 39 della legge  23  dicembre  1994,  n.
 724,  in  relazione  alle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto
 della legge n. 28 febbraio 1985, n. 47, per contrasto con  gli  artt.
 3,  32,  comma  primo,  41, primo e secondo comma, 42, secondo comma,
 101, secondo comma, 117, 118 della Costituzione.
                        Considerato in diritto
   1. - L'eccezione e' rilevante per le seguenti ragioni: il  De  Rosa
 si e' avvalso della procedura di condono edilizio di cui al d.-l.  n.
 551  del  1994,  come modificata dall'art. 39 della legge 23 dicembre
 1994,  n.  724  ed  ha  espressamente  chiesto  la  declaratoria   di
 estinzione  dei  reati  ed  il  conseguente  dissequestro delle opere
 edilizie; questo g.i.p. deve dunque valutare se, ai  sensi  dell'art.
 129  del  c.p.p.,  sussistano  motivi  di  proscioglimento;  e' stato
 inoltre  investito   dal   p.m.   in   ordine   alla   questione   di
 costituzionalita'   della  normativa  sottesa  alla  declaratoria  di
 estinzione dei reati edilizi.
   Il De Rosa intende, tra l'altro, sanare una situazione  che  e'  in
 contrasto  con  gli  strumenti urbanistici vigenti: alcuni dei locali
 realizzati hanno un rapporto superficie/abitante inferiore al  minimo
 inderogabile  consentito;  le  zone  destinate  a  garage  sono state
 trasformate in volumi residenziali, con cio'  violando  l'obbligo  di
 creazione di parcheggi; volumi destinati ad essere interrati e quindi
 non   abitabili,   sono   stati   resi   abitabili;   alcuni   volumi
 illegittimamente trasformati in zone  residenziali  hanno  un'altezza
 interna  inferiore al minimo consentito per il rilascio della licenza
 di abitabilita'.
   2. - L'eccezione non e' manifestamente infondata  per  le  seguenti
 ragioni:  il  De  Rosa  ha  presentato una duplice domanda di condono
 edilizio,  concernente  i  due  villini  oggetto  delle  imputazioni,
 avvalendosi  del  d.-l.  n.  551 del 1994, nonche' dell'art. 39 della
 legge n. 724 del 1994; egli  ha  infatti  versato  le  somme  da  lui
 calcolate  a  titolo di oblazione concernenti le parti di immobile da
 lui ritenute difformi dal progetto approvato; ha ottenuto dal sindaco
 del comune di Montecelio una duplice attestazione di congruita' delle
 somme versate in relazione alle superfici da condonare; il termine di
 esecuzione dei lavori e'  anteriore  al  31  dicembre  1993,  sicche'
 sussistono  i  presupposti  temporali del condono. Sulla scorta della
 documentazione prodotta il De Rosa chiede sia dichiarata l'estinzione
 dei reati ascrittigli.
   3. - Ritiene questo giudice che l'art. 39 della legge  n.  724  del
 1994,  in  relazione alle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto
 della legge n. 47 del 1985, si ponga in contrasto con  gli  artt.  3,
 32,  comma  primo, 41, primo e secondo comma, 42, secondo comma, 101,
 secondo comma, 117, 118 della Costituzione.
   4. - Contrasto con l'art. 3 e con l'art. 32 della Costituzione.
   Sotto il primo aspetto si rileva  che  l'art.  3,  comma  1,  della
 Costituzione  stabilisce  che: "Tutti i cittadini hanno pari dignita'
 sociale e sono eguali davanti alla legge...  (omissis)";  il  secondo
 comma  dell'art.    citato  dispone  che:  " compito della Repubblica
 rimuovere  gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando
 di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei  cittadini,  impediscono  il
 pieno  sviluppo della personalita' umana e l'effettiva partecipazione
 di  tutti  i  lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica  e
 sociale del Paese".
   L'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 stabilisce
 che:  "Le  disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge 28
 febbraio 1985, n. 47, e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,
 come  ulteriormente  modificate  dal  presente articolo, si applicano
 alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre  1993,
 e  che  non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al
 30 per cento della volumetria della  costruzione  originaria  ovvero,
 indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore
 a   750   metri  cubi.  Le  suddette  disposizioni  trovano  altresi'
 applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di  cui  copra
 relative  a  nuove  costruzioni  non  superiori ai 750 metri cubi per
 singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria".
   In sostanza la norma in esame estende, con modifiche, il cosiddetto
 condono edilizio previsto dall'art. 31 della legge  n.  47  del  1985
 alle  costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1993. La norma non fa
 alcuna distinzione tra abusi meramente formali ed abusi  sostanziali.
 Sicche'  possono essere sanate anche opere che siano in contrasto con
 gli strumenti urbanistici  vigenti.  Inoltre  possono  essere  sanate
 anche  opere che siano in contrasto con disposizioni di legge poste a
 tutela del corretto uso del territorio (ad esempio  disposizioni  che
 regolano     i     rapporti     inderogabili     tra     numero    di
 abitanti/superfici/volumi (v. d.m. 2 aprile  1968,  pubblicato  sulla
 Gazzetta  Ufficiale  n. 97 del 16 aprile 1968, richiamato dall'art. 8
 della legge 28 febbraio 1985, n. 47), o a salvaguardia  della  salute
 (ad esempio in tema di abitabilita' di edifici ai sensi dell'art. 221
 t.u.  leggi sanitarie.)   ai sensi dell'art. 31 della legge n. 47 del
 1985: cio' contrasta con l'art. 32, comma primo, della Costituzione.
   Possono  godere  del  cosiddetto  condono  edilizio   ed   ottenere
 l'abitabilita'  in  deroga  alle disposizioni vigenti anche opere che
 non rispettino le altezze interne degli edifici (d.m. 5  luglio  1975
 in  Gazzetta  Ufficiale  del  18 luglio 1975, n. 190). In tal modo si
 crea  inoltre  una  disparita'  di  trattamento  tra   il   cittadino
 rispettoso  delle  leggi, il quale non ha potuto ne' potra' edificare
 in una zona o ha potuto farlo o potra' farlo per volumi ridotti,  nel
 rispetto  degli  strumenti  urbanistici  vigenti ed il cittadino che,
 violando la legge, finira' con  il  godere  di  opere  di  dimensioni
 maggiori  rispetto  a  quelle  consentite dagli strumenti urbanistici
 vigenti, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
   5. - Deve inoltre dirsi che tale disparita' di trattamento si  pone
 in  contrasto  con  limiti  di  ragionevolezza.  Non vi e' dubbio che
 l'art.   39 della legge n.  724  del  1994  e'  un  provvedimento  di
 clemenza  della  stessa  natura di quello di cui alla legge n. 47 del
 1985; pertanto valgono le considerazioni gia'  formulate  da  codesta
 Corte  Costituzionale,  con  la sentenza n. 369 del 23-31 marzo 1988,
 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 13 aprile 1988, che  ha
 escluso trattarsi di amnistia o di oblazione, sostenendo trattarsi di
 un  provvedimento  di  clemenza  speciale.  Al punto 5, pag. 23 della
 sentenza la Corte si pose allora il problema della conformita'  della
 legge   n.  47  del  1985  ai  principi  sanciti  dall'art.  3  della
 Costituzione. La Corte in particolare affronto' il  tema  dei  limiti
 costituzionali  all'esercizio della potesta' di clemenza dello Stato,
 osservando che: "Tutte le volte in cui si rompe il nesso costante tra
 reato e punibilita' e quest'ultima viene utilizzata per fini estranei
 a  quelli  relativi  alla  difesa  dei   beni   tutelati   attraverso
 l'incriminazione  penale,  tale  uso, nell'incidere negativamente sul
 principio di uguaglianza  ex  art.  3  Cost.,  deve  trovare  la  sua
 "giustificazione"   nel   quadro   costituzionale  che  determina  il
 fondamento ed i limiti del potere punitivo  dello  Stato";  la  Corte
 ribadi' - come gia' aveva fatto con la sentenza n. 36 del 19 febbraio
 1986  -  la necessita' di porre in evidenza "il carattere eccezionale
 dell'amnistia e  la  necessita'  di  contenere,  nei  piu'  ristretti
 limiti,  l'esercizio  della  relativa  potesta'"  e che "detti limiti
 vanno  ancor  piu'  richiamati  quando  l'effetto   estintivo   debba
 dispiegarsi    nei   confronti   di   reati   che,   direttamente   o
 indirettamente, violano precetti, costituzionalmente sanciti, posti a
 tutela  di  fondamentali  esigenze  della   collettivita'".      Tali
 considerazioni  a parere della Corte non valgono solo per l'amnistia,
 ma nei confronti di tutti i provvedimenti di clemenza e  specialmente
 nei  confronti del cosiddetto condono edilizio. Infatti "contraddire,
 vanificare,  sia  pure  temporaneamente,  le  "ragioni  prime"  della
 "punibilita'",   attraverso   l'esercizio   arbitrario   della   "non
 punibilita'", equivale non soltanto a violare l'art. 3 Cost.,  ma  ad
 alterare,  con il principio dell'obbligatorieta' della pena, l'intero
 "volto" del sistema costituzionale in materia penale".
   In sostanza la Corte riteneva che  il  condono  edilizio  del  1985
 potesse  essere  considerato  in  ultima analisi non in contrasto con
 l'art.  3  Cost.,  esclusivamente   perche'   si   trattava   di   un
 provvedimento   di   clemenza  una  tantum,  del  tutto  eccezionale,
 necessario per chiudere un passato di  illegalita'  ed  iniziare  una
 nuova  era di legalita':  infatti al punto 6, pag. 24 della sentenza,
 si legge, tra l'altro:   "Il legislatore, con  la  legge  citata,  ha
 inteso  chiudere  un passato d'illegalita' di massa, alla quale aveva
 anche contribuito la non sempre perfetta efficienza delle  competenti
 autorita' amministrative ed ha mirato a porre "sicure" basi normative
 per  la repressione futura di fatti che violano fondamentali esigenze
 sottese al governo del territorio, come la  sicurezza  dell'esercizio
 dell'iniziativa  economica  privata,  il    suo  coordinamento a fini
 sociali (art. 41, secondo e terzo comma Cost.)  la  funzione  sociale
 della  proprieta'    (art.  42,  secondo  comma, Cost.) la tutela del
 paesaggio e del patrimonio storico  ed  artistico  (art.  9,  secondo
 comma, Cost.) ecc".
   Gia'   allora   quella  motivazione  desto'  notevoli  perplessita'
 determinate dall'impressione che si volesse far sopravvivere l'iniqua
 legge di condono per ragioni di opportunita'  sociale  e  soprattutto
 finanziaria  (posto che il condono era stato determinato anche allora
 da ragioni di bilancio deficitario dello Stato). Oggi  quella  stessa
 motivazione  non  sembra  possa richiamarsi se non per dichiarare che
 l'odierno provvedimento di  clemenza  confligge  con  i  principi  di
 uguaglianza  dei cittadini, di tutela del territorio e dell'ambiente,
 della iniziativa privata, dello sviluppo ordinato  della  societa'  e
 dell'economia,   della   salute  pubblica,  cioe'  di  tutti  i  beni
 fondamentali che lo Stato dovrebbe proteggere in via primaria  e  che
 non possono essere sviliti da semplici considerazioni finanziarie.
   L'attuale   condono   si   salda  cronologicamente  al  precedente,
 escludendo  la  punibilita'  per  tutti  i  reati  edilizi   commessi
 ininterrottamente sino al 31 dicembre 1993, ivi compresi quelli ancor
 piu'  gravi  -  anche  sotto  il  profilo  soggettivo - commessi dopo
 l'ottobre 1983, e perfino dopo la vigenza della legge n. 47 del 1985;
 cioe' proprio di quella legge che avrebbe dovuto non solo  "chiudere"
 con  il  passato,  ma  soprattutto  garantire il pieno rispetto delle
 regole per il futuro.  Cosi' anche coloro che, ad onta  di  reiterati
 sequestri  e  ripetute  violazioni  di  sigilli, hanno continuato con
 l'abusivismo selvaggio in dispregio delle norme vigenti  e  irridendo
 gli  altri  cittadini che si comportavano secondo legge, possono oggi
 godere dell'impunita' penale  e  accrescere  il  proprio  patrimonio,
 sottraendo  alla  pubblica amministrazione il potere di regolamentare
 l'uso del territorio.
   6. - Contrasto  con  gli  artt.  3  e  101,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
   L'attuale  condono  (art.  39,  comma  4, secondo periodo, legge n.
 724/1994) prevede che l'interessato rilasci un'autocertificazione  ex
 art.  4  della  legge  4  gennaio  1968,  n.  15 e sostanzialmente si
 sostituisca  all'Amministrazione  nell'accertamento  dei  fatti:   e'
 previsto che il lasso di tempo di uno o due anni equivalga a rilascio
 di  concessione  tacita  in sanatoria. Cio' impedirebbe al giudice di
 sindacare   la   concessione,   per   evitare   illecite    ingerenze
 nell'attivita'  della  pubblica  amministrazione:  di  fatto, dunque,
 sarebbe il privato a determinare  tutti  i  presupposti  sia  per  il
 rilascio  della concessione sia per la declaratoria di estinzione del
 reato.
   La normativa sul condono  prevede  che  si  intendano  ultimate  le
 costruzioni costituite dal rustico e dalla copertura; prevede inoltre
 che  la  costruzione  sia  sanata  in  virtu' di singole richieste di
 concessione ciascuna per  750  metri  cubi.  Poiche'  il  rustico  e'
 costituito  dalla  sola  tamponatura  esterna  e  dalla  copertura  e
 prescinde dalla divisione  interna  degli  ambienti  in  uno  o  piu'
 appartamenti,   ogni   costruttore  abusivo  che  abbia  eseguito  un
 fabbricato superiore ai 750 metri cubi puo' dichiarare che l'immobile
 ancora vuoto internamente e con le sole tramezzature che  dunque  non
 ne'  individuano  con certezza le destinazioni) andra' diviso in piu'
 appartamenti,  ciascuno  di  750  metri  cubi,  ottenendo  cosi'   la
 possibilita' di sanatoria. Potra' inoltre ad libitum sanare anche dei
 volumi che aveva originariamente destinato a scopi tecnici, ottenendo
 cioe'  una sanatoria anticipata per variazioni che saranno effettuate
 di fatto solo successivamente alla scadenza dei termini del  condono.
 Sostanzialmente   la   punibilita'   per   il  fatto  commesso  sara'
 determinata dalla  sola  volonta'  dell'interessato,  con  violazione
 dell'art. 101, secondo comma, Cost.
   A  cio'  si aggiunge che e' prevista l'estinzione dei reati e delle
 relative sanzioni, ivi  compresa  la  demolizione,  solo  sulla  base
 dell'ultimazione  del  rustico e della copertura entro il termine del
 31 dicembre 1993, a prescindere  dalla  circostanza  che  oltre  tale
 termine  i  lavori  siano  illecitamente  proseguiti,  sia  pure  per
 suddividere il fabbricato in  piu'  appartamenti  o  per  trasformare
 volumi tecnici in volumi residenziali.  Sostanzialmente tali soggetti
 godranno  dell'estinzione dei reati o della sanatoria amministrativa,
 evitando l'acquisizione o la demolizione, pur avendo di fatto operato
 illecitamente  anche  dopo  il termine di scadenza del condono e solo
 perche' avevano gia' eseguito le tamponature esterne del fabbricato e
 posto un tetto di copertura.  Cio'  viola  sia  il  precetto  di  cui
 all'art.  3  che  quello  di  cui  all'art. 101, comma secondo, della
 Costituzione.
   7. - Contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
   In sostanza il governo del territorio  fino  al  31  dicembre  1993
 viene  di  fatto  sottratto  agli  enti  preposti: regioni, province,
 comuni, in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.;  anzi  tali  enti
 saranno  costretti  a  rivedere  i  propri  piani  e saranno di fatto
 condizionati  dall'esistenza  di  opere  anche  in  zone  scarsamente
 urbanizzate. Con la nuova legge di condono sarebbero coloro che hanno
 costruito  abusivamente ad avere disciplinato sino ad oggi, di fatto,
 il territorio e a programmarne lo sviluppo futuro, a decidere dove  e
 come   e   cosa   costruire,   esautorando   gli   enti   pubblici  e
 condizionandone la futura attivita', costringendoli a variare i piani
 regolatori anche in modo radicale.
   8. - Contrasto con gli artt. 3, 41,  secondo  e  terzo  comma,  42,
 secondo comma, della Costituzione.
    noto   che   i   Comuni   dovranno  affrontare  per  le  opere  di
 urbanizzazione delle spese  di  gran  lunga  maggiori  rispetto  agli
 introiti  che  deriveranno  dal  cosiddetto  condono  edilizio;  cio'
 comportera', come  per  il  passato,  aumenti  di  imposte  locali  e
 statali, che andranno ripartite anche tra coloro che hanno rispettato
 le  leggi  ed anche cio' determina la violazione dei diritti tutelati
 dagli artt. 3, 41, secondo e terzo comma, 42, secondo comma, Cost.
   Attraverso il condono la condotta illecita dei  privati  che  hanno
 costruito  illegalmente  assurge a fonte originaria di acquisto di un
 diritto soggettivo perfetto, mentre coloro che non hanno  violato  le
 leggi  resteranno confusi in un massa che puo' vantare solo interesse
 legittimo all'uso del territorio: in  altri  termini  il  diritto  di
 proprieta'  di  coloro  che  non  hanno  sino ad oggi costruito ed il
 diritto di iniziativa economica privata viene ad essere  condizionato
 non  dagli  strumenti urbanistici vigenti predisposti dall'autorita',
 bensi' da quelli creati di fatto dai costruttori abusivi: coloro che,
 rispettosi della normativa vigente, non  hanno  costruito,  subiranno
 inevitabili  limitazioni  sia  per  l'iniziativa  privata  sia per il
 libero diritto di proprieta', in contrasto con gli artt. 3,  primo  e
 secondo  comma,  41,  primo  e  terzo  comma, 42, secondo comma della
 Costituzione.  Essi,  infatti,  dovranno  modulare  le  richieste  di
 concessione  edilizia tenendo conto del preesistente (con limitazioni
 per le distanze, per i volumi) e  correranno  anche  il  rischio  del
 diniego  di  concessione  nel  caso  in  cui  i limiti urbanistici di
 densita' siano stati gia' saturati  dalle  costruzioni  abusive.  Ne'
 puo'  obiettarsi  che,  eventualmente,  i  comuni potranno rilasciare
 concessioni in deroga ai predetti limiti per non danneggiare i futuri
 richiedenti le concessioni: sia perche' non sembra  consentito  dalle
 vigenti  disposizioni;  sia  perche' cio' determinerebbe un ulteriore
 problema, che, in verita', si pone fin da oggi proprio in virtu'  del
 cosiddetto  condono edilizio, in relazione all'art. 32 Cost., come si
 chiarira' al punto seguente.
   9. - Contrasto con l'art. 32 della Costituzione.
   Fa  parte del patrimonio culturale sia scientifico che comune anche
 in  virtu'  di  esperimenti  effettuati  che  lo  stato   di   salute
 psicofisico  dipende  in  grandissima  parte dal contesto urbanistico
 edilizio e ambientale in cui si vive.
   La programmazione pubblica dello sviluppo edilizio serve non solo a
 disciplinare in senso lato lo  sviluppo  ordinato  delle  citta',  ma
 serve,  piu'  concretamente,  a  consentire  che  siano previste aree
 destinate all'insediamento di ospedali,  posti  di  pronto  soccorso,
 posti  di  polizia,  caserme  dei  vigili del fuoco, consistenti aree
 destinate  al  verde,   aree   destinate   a   parcheggi   e   strade
 sufficientemente   larghe   per  consentire  un  flusso  di  traffico
 scorrevole che limiti  l'inquinamento  acustico  ed  atmosferico.  Il
 condono   indiscriminato  di  tutte  le  costruzioni  sostanzialmente
 impedisce la  programmazione  e  determina  la  creazione  di  interi
 quartieri  del  tutto  privi  di caratteristiche di vivibilita':   il
 traffico si blocca, con evidente limitazioni transito perfino  per  i
 mezzi  di  soccorso: si pensi ai feriti bloccati nelle ambulanze o ai
 mezzi dei vigili  del  fuoco  che  non  possono  raggiungere  con  la
 necessaria celerita' la meta. Il rallentamento del traffico determina
 un  consistente  aumento dell'inquinamento atmosferico ed acustico; i
 provvedimenti frequenti con cui i sindaci di  molte  citta'  italiane
 gia' da tempo limitano la circolazione dei veicoli perche' sono stati
 superati  gli  indici di tollerabilita' dell'inquinamento atmosferico
 sono noti a tutti. Ugualmente noti sono  i  comunicati  degli  organi
 pubblici che invitano la popolazione, specie giovanissimi ed anziani,
 a  non  uscire  per  evitare  danni  alla  salute  a  causa del grave
 inquinamento.  Si tratta di notevolissime limitazioni della  liberta'
 individuale e soprattutto di attentati alla salute pubblica.
   Inoltre  il condono attuale prescinde anche dal rispetto dei limiti
 di densita' di popolazione rispetto alle  superfici  disponibili:  e'
 stato  scientificamente  dimostrato che il sovraffollamento determina
 un aumento considerevole di patologie psichiche.
   Da quanto sopra emerge, ad avviso dello scrivente, che la normativa
 sul condono edilizio si pone in contrasto con  i  principi  stabiliti
 dall'art. 32, comma 1, Cost.
   10.  -  Sono  in  contrasto  con  l'art.  32,  comma  primo,  della
 Costituzione anche l'art. 38 della legge  n.  47  del  1985,  laddove
 prevede  l'estinzione  del  reato  di  cui  all'art.  221  t.u. leggi
 sanitarie e l'art. 35, penultimo comma, della medesima legge, laddove
 consente il rilascio della licenza di abitabilita'  anche  in  deroga
 alle   disposizioni  vigenti  (salvo  in  materia  di  statica  o  di
 prevenzione incendi), con cio' privilegiando l'uso del bene da  parte
 del  privato  rispetto  alla  tutela  della  salute  sia di chi abita
 l'immobile  condonato,  sia  dei  condomini  e  degli  abitanti   del
 quartiere   che  vedranno  aumentare  ingiustificatamente  il  carico
 urbanistico, l'uso delle   fogne (quando esistono),  delle  strade  e
 delle   altre   infrastrutture.   Si   sottolinea   infatti   che  e'
 giurisprudenza costante in tema di licenza  di  abitabilita'  (valida
 anche dopo la recente modifica dell'art. 221, comma primo, t.u. leggi
 sanitarie)   -   come  stabilito  anche  dalle  sezioni  unite  della
 cassazione con sentenza 12 ottobre 1993, Pulera' -  che  il  disposto
 dall'art.     221  t.u.  citato  protegge  sia  l'interesse  igienico
 sanitario  che  quello  urbanistico.  L'interesse  sanitario  non  e'
 limitato all'accertamento della salubrita' del singolo appartamento e
 alla  tutela  di  colui che intende occuparlo, ma anche alla verifica
 della esistenza di idonee infrastrutture, perche' si    estende  alla
 tutela  anche  degli  altri  occupanti dell'immobile e del quartiere:
 sarebbe del tutto irrazionale consentire di abitare un  fabbricato  i
 cui  muri siano asciutti, ma privo di allacciamenti alle fogne o tale
 da  creare  un'eccedenza  del  numero  di  abitanti  previsto   dagli
 strumenti urbanistici: cio' infatti determinerebbe danni generali per
 il conseguente inquinamento.
   11.  -  Lo  sviluppo disordinato della citta' crea interi quartieri
 privi di infrastrutture di fondamentale importanza  (specialmente  le
 scuole),  determinando  cosi' dei veri e propri ghetti, dove non solo
 la popolazione vive in condizioni di disagio fisico e psicologico, ma
 dove si creano le  condizioni  di  sottosviluppo  culturale  che  poi
 sfocia  nella proliferazione della delinquenza, dapprima comune e poi
 organizzata.  Cio'  contrasta  con  i  principi  di  tutela  indicati
 dall'art.  3,  secondo  comma,  della  Costituzione  che assegna alla
 Repubblica il compito di rimuovere ogni ostacolo al  "pieno  sviluppo
 della personalita' umana".
   12.  -  Ulteriore  profilo di contrasto con gli artt. 3 e 101 della
 Costituzione.
   Un altro  aspetto  che  va  considerato  e'  la  superficialita'  e
 l'irrazionalita'  della disciplina. Occorre dire che la norma risente
 certamente dell'anomalia della sua nascita:  il  Governo  ha  infatti
 emanato  il  primo  decreto-legge  di  condono  edilizio,  fondato su
 ragioni di urgenza  di  sapore  esclusivamente  finanziario,  ponendo
 cosi'  il  Parlamento di fronte al fatto compiuto ed alla difficolta'
 di far marcia indietro. Frattanto  la  reiterazione  dei  decreti  ha
 creato  una  situazione  di  incertezza e di abusivismo diffuso: sono
 fiorite le costruzioni abusive, ma nella normativa non  si  prevedeva
 alcuna  disposizione  (ad  esempio  di aerofotogrammetria preventiva)
 atta a dimostrare in modo oggettivo l'esistenza delle costruzioni  ad
 una data certa. La disposizione di cui all'art. 39 della legge n. 724
 del  1994 (c.d. legge finanziaria) risente dunque della necessita' di
 garantire immediati  introiti  allo  Stato,  indipendentemente  dalle
 conseguenze  sul  piano economico, sociale, giudiziario. L'impatto e'
 premiale per coloro che  consapevolmente  violano  le  norme  penali.
 Invero  gli  strumenti  di  controllo  della veridicita' dell'assunto
 degli interessati sono esigui: e' sufficiente che  la  parte  rilasci
 una   dichiarazione   sostitutiva   di  atto  notorio  per  creare  i
 presupposti  di  condono;  non  vi  e'  una  norma  di  raccordo  tra
 l'amministrazione  e  l'a.g.  La  sospensione del processo avviene in
 presenza del versamento di una rata di  oblazione;  non  e'  previsto
 l'obbligo della parte di trasmettere all'a.g. procedente la copia dei
 successivi  versamenti;  sicche' se l'interessato versa solo la prima
 rata e interrompe i versamenti successivi, il termine di prescrizione
 del reato riprende  a  decorrere  senza  che  l'a.g.  lo  sappia  (la
 sospensione  di diritto del processo, e quindi della prescrizione del
 reato, opera solo nel caso in  cui  sia  osservata  la  procedura  di
 condono);  con  il  rischio  che  (per  i  reati per i quali sia gia'
 decorso per buona parte il termine di  prescrizione),  alla  scadenza
 dei  termini  di  condono,  quando  il  processo  sara'  ripreso  per
 verificare  se  vi  sia  stata  estinzione  del  reato  per  avvenuto
 integrale versamento dall'oblazione, il giudice si trovera' di fronte
 ad un reato estinto invece per prescrizione.
   Seguendo  l'autorevole  tesi  espressa,  sia  pure incidentalmente,
 dalle sezioni unite cassazione (12 ottobre 1993, Pulera') secondo cui
 il giudice ordinario non puo' sindacare la  domanda  di  condono,  si
 perviene  all'assurdo  che  la  sentenza  di proscioglimento e' nella
 disponibilita' dell'imputato che abbia solo prodotto  in  udienza  la
 domanda  di  condono  ed  abbia  atteso il decorso del termine per la
 concessione tacita; in siffatti casi  il  giudice  ordinario  diventa
 semplice   notaio   della   volonta'  dell'imputato,  con  violazione
 dell'art.  101, secondo comma, della Costituzione.