IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli atti del procedimento penale a carico di: 1) De Rosa Carmine, nato a Gerace (Reggio Calabria), 1 agosto 1934, elettivamente domiciliato presso l'avv. Aldo Pannain, via Achille Papa, n. 21, Roma; 2) Pasqualucci Antonio, nato a Borbona (Rieti), 26 maggio 1956, elettivamente domiciliato come sopra; 3) Di Carlo Girolamo, nato a Raffadali (Agrigento), 10 ottobre 1938, elettivamente domiciliato c/o avv. Valter Cara, via A. Grandi, n. 6, Villanova di Guidonia; 4) Schiavoni Enrico, nato a Roma, 5 aprile 1947, domicilio dichiarato in via Calabria, n. 58, Villalba di Guidonia; 5) Fratini Angelo, nato a Paganico Sabino (Rieti), 4 agosto 1938, domicilio dichiarato in Via Garibaldi, n. 129, Villanova di Guidonia; 6) Palma Rocco, nato a Botrugno (Lecce), 26 luglio 1925, domicilio dichiarato in Via G. Paisiello, n. 10, Guidonia; 7) Cara Giovanni, nato a Tivoli, 14 ottobre 1957, elettivamente domiciliato c/o avv. Valter Cara, via A. Grandi, n. 6, Villanova di Guidonia; 8) Nardi Giancarlo, nato a Guidonia, 12 giugno 1952, elettivamente domiciliato c/o avv. Emilio Ricci, Via Ticino, n. 6, Roma; 9) Costabile Raimondo, nato a Torre Annunziata, 1 aprile 1949, domicilio dichiarato in via Trento, n. 51, Guidonia; 10) Felici Mario, nato a Roma, 9 gennaio 1941, elettivamente domiciliato c/o avv. Roberto Benettoni, Lungotevere Flaminio, n. 46, Roma; 11) Diaferia Filippo, nato a Guidonia Montecelio, 1 aprile 1945, domicilio dichiarato in Via p. Andreano, n. 4, Guidonia Montecelio; in ordine ai seguenti reati: Il primo ed il secondo: A) del reato p. e p. dagli artt. 110 del c.p. e 20, lett. B), della legge n. 47/1985 perche', in concorso tra loro, il De Rosa quale committente-esecutore dei lavori ed il Pasqualucci quale direttore dei lavori, ponevano in essere una costruzione edilizia (villino bifamiliare), senza concessione edilizia: 1) perche' quella rilasciata (n. 191/1990) illegittima pertanto Tamquam non esset - perche' viziata da violazione di legge in quanto: a) la composizione degli appartamenti priva dei requisiti minimi relativi alla superficie abitabile (art. 43 del reg. ed. e d.m. 5 luglio 1975) avendo una superficie di mq. 24,14 inferiore a quella prescritta (mq. 28); b) l'inserimento di superfici non residenziali (e conseguenti cubature) non in conformita' con le disposizioni tecniche; cio' al fine di non inserire nel calcolo il disimpegno ed il corpo scala, rappresentati come aperti nel progetto; c) il calcolo della cubatura erroneo e non rispondente ai criteri di cui al d.i. n. 1444/68, cosi' da comportare un aumento di mc. 18 (superiore al 2% di eccesso); 2) perche' il manufatto concretamente posto in essere con difformita' essenziali, il rispetto a quello approvato, da renderlo strutturalmente e funzionalmente diverso da quello autorizzato con la predetta concessione, consistite, tra l'altro, nella esecuzione: a. fuori terra di un piano previsto in progetto come interrato di h. 1.50 lato strada, con conseguente aumento di cubatura pari a mc: 135 (operando la riduzione di un doppio triangolo per i restanti lati interrati), oltre alla realizzazione di due finestre sul lato al posto di due bocche di lupo; b. dell'inglobamento dell'intercapedine nella superficie utile dell'interrato pari ad un aumento di sup. utile di 46 mq.; c. del cambio di destinazione d'uso del piano interrato (con esclusione di un posto macchina per alloggio) in abitativo, mediante la realizzazione di opere edilizie a cio' preordinate quali: impianto di riscaldamento, angolo cottura con gli attacchi idrici, caminetto in pietra, rifiniture ed impianti elettrici di tipo civile, pavimenti in monocottura; d. della chiusura, con conseguente aumento di volume (mc. 58 in piu') del vano scala e del disimpegno al piano terra (in progetto rappresentati aperti e non cubati); e. nell'aumento di superficie lorda al piano terra di circa 6 mq. (pari a mc. 19.20, totale dei due alloggi) derivante da maggiori dimensioni dello spiccato delle murature esterne, superiore al 2% previsto dalla legge regionale n. 36/87; f. nella mancata realizzazione del tramezzo divisorio tra lo studio professionale e la cucina, elidendo in tal modo la destinazione non residenziale prevista in progetto, ed ottenendo di fatto un unico locale a cucina, tutto residenziale; g. nel cambio d'uso dell'intero piano sottotetto da servizi a residenziale, mediante la realizzazione di 2 bagni completi di tutti i sanitari (per ogni singolo alloggio, impianti di riscaldamento, citofonico ed elettrico, con tutte le rifiniture del tipo civile abitazione (pavimenti tipo monocottura, ecc.); h. nell'ampliamento della superficie ad "abbaino" di circa 1 metro lineare per la sua lunghezza nei lati corti dell'edificio, con aumento di superficie con altezza costante 220; In Guidonia Montecelio il 19 novembre 1993 e succesivamente. B) del reato p. e p. dagli artt. 110 e 640 del c.p. perche', in concorso tra loro e nelle rispettive qualita', con artifici e raggiri consistiti tra l'altro nel presentare progetti e domande di rilascio di concessione a costruire, nel realizzare un manufatto strutturalmente e funzionalmente diverso da quello autorizzato nei termini di cui al capo che precede, inducevano in errore l'Amministrazione Comunale di Guidonia Montecelio che faceva corrispondere a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione una somma inferiore a quella dovuta per un importo globale di . 9.028.438; In Guidonia Montecelio in data anteriore al 19 novembre 1993. Dal terzo all'undicesimo: C) del reato p. e p. dagli artt. 113 del c.p. e 20, lett. B), della legge n. 47/1985 perche', in qualita' di componenti della C.E.C., attuando condotte tra loro indipendenti, ma colposamente finalizzate unitamente a quelle del De Rosa e del Pasqualucci al raggiungimento di un unico evento illecito, consistite, tra l'altro, nel non fare espletare accertamenti tecnici dal competente ufficio comunale prima di esprimere il parere sul rilascio della concessione di cui al precedente capo A) della rubrica, nel non esaminare i progetti ed i disegni allegati alla domanda di rilascio della concessione, nel trascurare il contenuto delle disposizioni vigenti in materia edilizia, esprimendo un parere palesemente erroneo e viziato da illegittimita', cosi' da comportare il rilascio di un atto amministrativo illegittimo per violazione di legge, ponevano in essere il fabbricato di cui al capo A). In Guidonia Montecelio nell'anno 1990. Ritenuto in fatto 1. - In seguito a consulenza tecnica il p.m. presso la pretura di Roma ordinava contestualmente il sequestro probatorio e preventivo delle opere edilizie in oggetto con provvedimento del 16 febbraio 1994 e richiedeva al g.i.p. la convalida del sequestro preventivo o, in caso di mancata convalida, l'emissione di autonomo decreto di sequestro preventivo; il 3 marzo 1994 il g.i.p. non convalidava il sequestro preventivo e rigettava la richiesta di sequestro preventivo, ritenuto che era in atto il sequestro probatorio; in data 3 novembre 1994 il De Rosa presentava istanza di dissequestro sul presupposto che le opere potevano godere del recente condono edilizio di cui al d.-l. 27 settembre 1994, n. 551, essendo state ultimate entro il 31 dicembre 1993 e pagata una rata di oblazione. In data 11 ottobre 1994 questo g.i.p. rilevava che il pagamento parziale dell'oblazione non e' causa di estinzione dei reati edilizi, ma solo titolo per ottenere la sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 44 della legge n. 47 del 1985; conseguentemente sospendeva il procedimento fino al 15 dicembre 1994, data di scadenza del termine di presentazione ed integrazione della domanda di condono edilizio fissata dal citato d.-l. n. 551 del 1994, invitando la parte a presentare la documentazione integrativa a sostegno della domanda di condono edilizio e rigettava l'istanza di dissequestro. Il 16 novembre 1994 il De Rosa presentava una nuova istanza di dissequestro, con motivi aggiunti del 22 novembre 1994: faceva presente di avere versato integralmente le somme dovute a titolo di oblazione e che queste erano state ritenute congrue dal comune (pur mancando il rilascio formale della concessione in sanatoria a titolo di condono edilizio); chiedeva pertanto la declaratoria di estinzione dei reati e conseguente dissequestro delle opere. Il p.m. esprimeva parere contrario (recte rigettava) al dissequestro trasmettendo gli atti a questo g.i.p. competente in merito al provvedimento di eventuale declaratoria di estinzione dei reati, sollecitando questo g.i.p. a sollevare questione di costituzionalita' della normativa sul condono edilizio. Ritiene questo giudice che vada sollevata l'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in relazione alle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge n. 28 febbraio 1985, n. 47, per contrasto con gli artt. 3, 32, comma primo, 41, primo e secondo comma, 42, secondo comma, 101, secondo comma, 117, 118 della Costituzione. Considerato in diritto 1. - L'eccezione e' rilevante per le seguenti ragioni: il De Rosa si e' avvalso della procedura di condono edilizio di cui al d.-l. n. 551 del 1994, come modificata dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ed ha espressamente chiesto la declaratoria di estinzione dei reati ed il conseguente dissequestro delle opere edilizie; questo g.i.p. deve dunque valutare se, ai sensi dell'art. 129 del c.p.p., sussistano motivi di proscioglimento; e' stato inoltre investito dal p.m. in ordine alla questione di costituzionalita' della normativa sottesa alla declaratoria di estinzione dei reati edilizi. Il De Rosa intende, tra l'altro, sanare una situazione che e' in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti: alcuni dei locali realizzati hanno un rapporto superficie/abitante inferiore al minimo inderogabile consentito; le zone destinate a garage sono state trasformate in volumi residenziali, con cio' violando l'obbligo di creazione di parcheggi; volumi destinati ad essere interrati e quindi non abitabili, sono stati resi abitabili; alcuni volumi illegittimamente trasformati in zone residenziali hanno un'altezza interna inferiore al minimo consentito per il rilascio della licenza di abitabilita'. 2. - L'eccezione non e' manifestamente infondata per le seguenti ragioni: il De Rosa ha presentato una duplice domanda di condono edilizio, concernente i due villini oggetto delle imputazioni, avvalendosi del d.-l. n. 551 del 1994, nonche' dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994; egli ha infatti versato le somme da lui calcolate a titolo di oblazione concernenti le parti di immobile da lui ritenute difformi dal progetto approvato; ha ottenuto dal sindaco del comune di Montecelio una duplice attestazione di congruita' delle somme versate in relazione alle superfici da condonare; il termine di esecuzione dei lavori e' anteriore al 31 dicembre 1993, sicche' sussistono i presupposti temporali del condono. Sulla scorta della documentazione prodotta il De Rosa chiede sia dichiarata l'estinzione dei reati ascrittigli. 3. - Ritiene questo giudice che l'art. 39 della legge n. 724 del 1994, in relazione alle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge n. 47 del 1985, si ponga in contrasto con gli artt. 3, 32, comma primo, 41, primo e secondo comma, 42, secondo comma, 101, secondo comma, 117, 118 della Costituzione. 4. - Contrasto con l'art. 3 e con l'art. 32 della Costituzione. Sotto il primo aspetto si rileva che l'art. 3, comma 1, della Costituzione stabilisce che: "Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge... (omissis)"; il secondo comma dell'art. citato dispone che: " compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalita' umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". L'art. 39, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 stabilisce che: "Le disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresi' applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui copra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria". In sostanza la norma in esame estende, con modifiche, il cosiddetto condono edilizio previsto dall'art. 31 della legge n. 47 del 1985 alle costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1993. La norma non fa alcuna distinzione tra abusi meramente formali ed abusi sostanziali. Sicche' possono essere sanate anche opere che siano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti. Inoltre possono essere sanate anche opere che siano in contrasto con disposizioni di legge poste a tutela del corretto uso del territorio (ad esempio disposizioni che regolano i rapporti inderogabili tra numero di abitanti/superfici/volumi (v. d.m. 2 aprile 1968, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, richiamato dall'art. 8 della legge 28 febbraio 1985, n. 47), o a salvaguardia della salute (ad esempio in tema di abitabilita' di edifici ai sensi dell'art. 221 t.u. leggi sanitarie.) ai sensi dell'art. 31 della legge n. 47 del 1985: cio' contrasta con l'art. 32, comma primo, della Costituzione. Possono godere del cosiddetto condono edilizio ed ottenere l'abitabilita' in deroga alle disposizioni vigenti anche opere che non rispettino le altezze interne degli edifici (d.m. 5 luglio 1975 in Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 1975, n. 190). In tal modo si crea inoltre una disparita' di trattamento tra il cittadino rispettoso delle leggi, il quale non ha potuto ne' potra' edificare in una zona o ha potuto farlo o potra' farlo per volumi ridotti, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti ed il cittadino che, violando la legge, finira' con il godere di opere di dimensioni maggiori rispetto a quelle consentite dagli strumenti urbanistici vigenti, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 5. - Deve inoltre dirsi che tale disparita' di trattamento si pone in contrasto con limiti di ragionevolezza. Non vi e' dubbio che l'art. 39 della legge n. 724 del 1994 e' un provvedimento di clemenza della stessa natura di quello di cui alla legge n. 47 del 1985; pertanto valgono le considerazioni gia' formulate da codesta Corte Costituzionale, con la sentenza n. 369 del 23-31 marzo 1988, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 13 aprile 1988, che ha escluso trattarsi di amnistia o di oblazione, sostenendo trattarsi di un provvedimento di clemenza speciale. Al punto 5, pag. 23 della sentenza la Corte si pose allora il problema della conformita' della legge n. 47 del 1985 ai principi sanciti dall'art. 3 della Costituzione. La Corte in particolare affronto' il tema dei limiti costituzionali all'esercizio della potesta' di clemenza dello Stato, osservando che: "Tutte le volte in cui si rompe il nesso costante tra reato e punibilita' e quest'ultima viene utilizzata per fini estranei a quelli relativi alla difesa dei beni tutelati attraverso l'incriminazione penale, tale uso, nell'incidere negativamente sul principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., deve trovare la sua "giustificazione" nel quadro costituzionale che determina il fondamento ed i limiti del potere punitivo dello Stato"; la Corte ribadi' - come gia' aveva fatto con la sentenza n. 36 del 19 febbraio 1986 - la necessita' di porre in evidenza "il carattere eccezionale dell'amnistia e la necessita' di contenere, nei piu' ristretti limiti, l'esercizio della relativa potesta'" e che "detti limiti vanno ancor piu' richiamati quando l'effetto estintivo debba dispiegarsi nei confronti di reati che, direttamente o indirettamente, violano precetti, costituzionalmente sanciti, posti a tutela di fondamentali esigenze della collettivita'". Tali considerazioni a parere della Corte non valgono solo per l'amnistia, ma nei confronti di tutti i provvedimenti di clemenza e specialmente nei confronti del cosiddetto condono edilizio. Infatti "contraddire, vanificare, sia pure temporaneamente, le "ragioni prime" della "punibilita'", attraverso l'esercizio arbitrario della "non punibilita'", equivale non soltanto a violare l'art. 3 Cost., ma ad alterare, con il principio dell'obbligatorieta' della pena, l'intero "volto" del sistema costituzionale in materia penale". In sostanza la Corte riteneva che il condono edilizio del 1985 potesse essere considerato in ultima analisi non in contrasto con l'art. 3 Cost., esclusivamente perche' si trattava di un provvedimento di clemenza una tantum, del tutto eccezionale, necessario per chiudere un passato di illegalita' ed iniziare una nuova era di legalita': infatti al punto 6, pag. 24 della sentenza, si legge, tra l'altro: "Il legislatore, con la legge citata, ha inteso chiudere un passato d'illegalita' di massa, alla quale aveva anche contribuito la non sempre perfetta efficienza delle competenti autorita' amministrative ed ha mirato a porre "sicure" basi normative per la repressione futura di fatti che violano fondamentali esigenze sottese al governo del territorio, come la sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata, il suo coordinamento a fini sociali (art. 41, secondo e terzo comma Cost.) la funzione sociale della proprieta' (art. 42, secondo comma, Cost.) la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico (art. 9, secondo comma, Cost.) ecc". Gia' allora quella motivazione desto' notevoli perplessita' determinate dall'impressione che si volesse far sopravvivere l'iniqua legge di condono per ragioni di opportunita' sociale e soprattutto finanziaria (posto che il condono era stato determinato anche allora da ragioni di bilancio deficitario dello Stato). Oggi quella stessa motivazione non sembra possa richiamarsi se non per dichiarare che l'odierno provvedimento di clemenza confligge con i principi di uguaglianza dei cittadini, di tutela del territorio e dell'ambiente, della iniziativa privata, dello sviluppo ordinato della societa' e dell'economia, della salute pubblica, cioe' di tutti i beni fondamentali che lo Stato dovrebbe proteggere in via primaria e che non possono essere sviliti da semplici considerazioni finanziarie. L'attuale condono si salda cronologicamente al precedente, escludendo la punibilita' per tutti i reati edilizi commessi ininterrottamente sino al 31 dicembre 1993, ivi compresi quelli ancor piu' gravi - anche sotto il profilo soggettivo - commessi dopo l'ottobre 1983, e perfino dopo la vigenza della legge n. 47 del 1985; cioe' proprio di quella legge che avrebbe dovuto non solo "chiudere" con il passato, ma soprattutto garantire il pieno rispetto delle regole per il futuro. Cosi' anche coloro che, ad onta di reiterati sequestri e ripetute violazioni di sigilli, hanno continuato con l'abusivismo selvaggio in dispregio delle norme vigenti e irridendo gli altri cittadini che si comportavano secondo legge, possono oggi godere dell'impunita' penale e accrescere il proprio patrimonio, sottraendo alla pubblica amministrazione il potere di regolamentare l'uso del territorio. 6. - Contrasto con gli artt. 3 e 101, secondo comma, della Costituzione. L'attuale condono (art. 39, comma 4, secondo periodo, legge n. 724/1994) prevede che l'interessato rilasci un'autocertificazione ex art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 e sostanzialmente si sostituisca all'Amministrazione nell'accertamento dei fatti: e' previsto che il lasso di tempo di uno o due anni equivalga a rilascio di concessione tacita in sanatoria. Cio' impedirebbe al giudice di sindacare la concessione, per evitare illecite ingerenze nell'attivita' della pubblica amministrazione: di fatto, dunque, sarebbe il privato a determinare tutti i presupposti sia per il rilascio della concessione sia per la declaratoria di estinzione del reato. La normativa sul condono prevede che si intendano ultimate le costruzioni costituite dal rustico e dalla copertura; prevede inoltre che la costruzione sia sanata in virtu' di singole richieste di concessione ciascuna per 750 metri cubi. Poiche' il rustico e' costituito dalla sola tamponatura esterna e dalla copertura e prescinde dalla divisione interna degli ambienti in uno o piu' appartamenti, ogni costruttore abusivo che abbia eseguito un fabbricato superiore ai 750 metri cubi puo' dichiarare che l'immobile ancora vuoto internamente e con le sole tramezzature che dunque non ne' individuano con certezza le destinazioni) andra' diviso in piu' appartamenti, ciascuno di 750 metri cubi, ottenendo cosi' la possibilita' di sanatoria. Potra' inoltre ad libitum sanare anche dei volumi che aveva originariamente destinato a scopi tecnici, ottenendo cioe' una sanatoria anticipata per variazioni che saranno effettuate di fatto solo successivamente alla scadenza dei termini del condono. Sostanzialmente la punibilita' per il fatto commesso sara' determinata dalla sola volonta' dell'interessato, con violazione dell'art. 101, secondo comma, Cost. A cio' si aggiunge che e' prevista l'estinzione dei reati e delle relative sanzioni, ivi compresa la demolizione, solo sulla base dell'ultimazione del rustico e della copertura entro il termine del 31 dicembre 1993, a prescindere dalla circostanza che oltre tale termine i lavori siano illecitamente proseguiti, sia pure per suddividere il fabbricato in piu' appartamenti o per trasformare volumi tecnici in volumi residenziali. Sostanzialmente tali soggetti godranno dell'estinzione dei reati o della sanatoria amministrativa, evitando l'acquisizione o la demolizione, pur avendo di fatto operato illecitamente anche dopo il termine di scadenza del condono e solo perche' avevano gia' eseguito le tamponature esterne del fabbricato e posto un tetto di copertura. Cio' viola sia il precetto di cui all'art. 3 che quello di cui all'art. 101, comma secondo, della Costituzione. 7. - Contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione. In sostanza il governo del territorio fino al 31 dicembre 1993 viene di fatto sottratto agli enti preposti: regioni, province, comuni, in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost.; anzi tali enti saranno costretti a rivedere i propri piani e saranno di fatto condizionati dall'esistenza di opere anche in zone scarsamente urbanizzate. Con la nuova legge di condono sarebbero coloro che hanno costruito abusivamente ad avere disciplinato sino ad oggi, di fatto, il territorio e a programmarne lo sviluppo futuro, a decidere dove e come e cosa costruire, esautorando gli enti pubblici e condizionandone la futura attivita', costringendoli a variare i piani regolatori anche in modo radicale. 8. - Contrasto con gli artt. 3, 41, secondo e terzo comma, 42, secondo comma, della Costituzione. noto che i Comuni dovranno affrontare per le opere di urbanizzazione delle spese di gran lunga maggiori rispetto agli introiti che deriveranno dal cosiddetto condono edilizio; cio' comportera', come per il passato, aumenti di imposte locali e statali, che andranno ripartite anche tra coloro che hanno rispettato le leggi ed anche cio' determina la violazione dei diritti tutelati dagli artt. 3, 41, secondo e terzo comma, 42, secondo comma, Cost. Attraverso il condono la condotta illecita dei privati che hanno costruito illegalmente assurge a fonte originaria di acquisto di un diritto soggettivo perfetto, mentre coloro che non hanno violato le leggi resteranno confusi in un massa che puo' vantare solo interesse legittimo all'uso del territorio: in altri termini il diritto di proprieta' di coloro che non hanno sino ad oggi costruito ed il diritto di iniziativa economica privata viene ad essere condizionato non dagli strumenti urbanistici vigenti predisposti dall'autorita', bensi' da quelli creati di fatto dai costruttori abusivi: coloro che, rispettosi della normativa vigente, non hanno costruito, subiranno inevitabili limitazioni sia per l'iniziativa privata sia per il libero diritto di proprieta', in contrasto con gli artt. 3, primo e secondo comma, 41, primo e terzo comma, 42, secondo comma della Costituzione. Essi, infatti, dovranno modulare le richieste di concessione edilizia tenendo conto del preesistente (con limitazioni per le distanze, per i volumi) e correranno anche il rischio del diniego di concessione nel caso in cui i limiti urbanistici di densita' siano stati gia' saturati dalle costruzioni abusive. Ne' puo' obiettarsi che, eventualmente, i comuni potranno rilasciare concessioni in deroga ai predetti limiti per non danneggiare i futuri richiedenti le concessioni: sia perche' non sembra consentito dalle vigenti disposizioni; sia perche' cio' determinerebbe un ulteriore problema, che, in verita', si pone fin da oggi proprio in virtu' del cosiddetto condono edilizio, in relazione all'art. 32 Cost., come si chiarira' al punto seguente. 9. - Contrasto con l'art. 32 della Costituzione. Fa parte del patrimonio culturale sia scientifico che comune anche in virtu' di esperimenti effettuati che lo stato di salute psicofisico dipende in grandissima parte dal contesto urbanistico edilizio e ambientale in cui si vive. La programmazione pubblica dello sviluppo edilizio serve non solo a disciplinare in senso lato lo sviluppo ordinato delle citta', ma serve, piu' concretamente, a consentire che siano previste aree destinate all'insediamento di ospedali, posti di pronto soccorso, posti di polizia, caserme dei vigili del fuoco, consistenti aree destinate al verde, aree destinate a parcheggi e strade sufficientemente larghe per consentire un flusso di traffico scorrevole che limiti l'inquinamento acustico ed atmosferico. Il condono indiscriminato di tutte le costruzioni sostanzialmente impedisce la programmazione e determina la creazione di interi quartieri del tutto privi di caratteristiche di vivibilita': il traffico si blocca, con evidente limitazioni transito perfino per i mezzi di soccorso: si pensi ai feriti bloccati nelle ambulanze o ai mezzi dei vigili del fuoco che non possono raggiungere con la necessaria celerita' la meta. Il rallentamento del traffico determina un consistente aumento dell'inquinamento atmosferico ed acustico; i provvedimenti frequenti con cui i sindaci di molte citta' italiane gia' da tempo limitano la circolazione dei veicoli perche' sono stati superati gli indici di tollerabilita' dell'inquinamento atmosferico sono noti a tutti. Ugualmente noti sono i comunicati degli organi pubblici che invitano la popolazione, specie giovanissimi ed anziani, a non uscire per evitare danni alla salute a causa del grave inquinamento. Si tratta di notevolissime limitazioni della liberta' individuale e soprattutto di attentati alla salute pubblica. Inoltre il condono attuale prescinde anche dal rispetto dei limiti di densita' di popolazione rispetto alle superfici disponibili: e' stato scientificamente dimostrato che il sovraffollamento determina un aumento considerevole di patologie psichiche. Da quanto sopra emerge, ad avviso dello scrivente, che la normativa sul condono edilizio si pone in contrasto con i principi stabiliti dall'art. 32, comma 1, Cost. 10. - Sono in contrasto con l'art. 32, comma primo, della Costituzione anche l'art. 38 della legge n. 47 del 1985, laddove prevede l'estinzione del reato di cui all'art. 221 t.u. leggi sanitarie e l'art. 35, penultimo comma, della medesima legge, laddove consente il rilascio della licenza di abitabilita' anche in deroga alle disposizioni vigenti (salvo in materia di statica o di prevenzione incendi), con cio' privilegiando l'uso del bene da parte del privato rispetto alla tutela della salute sia di chi abita l'immobile condonato, sia dei condomini e degli abitanti del quartiere che vedranno aumentare ingiustificatamente il carico urbanistico, l'uso delle fogne (quando esistono), delle strade e delle altre infrastrutture. Si sottolinea infatti che e' giurisprudenza costante in tema di licenza di abitabilita' (valida anche dopo la recente modifica dell'art. 221, comma primo, t.u. leggi sanitarie) - come stabilito anche dalle sezioni unite della cassazione con sentenza 12 ottobre 1993, Pulera' - che il disposto dall'art. 221 t.u. citato protegge sia l'interesse igienico sanitario che quello urbanistico. L'interesse sanitario non e' limitato all'accertamento della salubrita' del singolo appartamento e alla tutela di colui che intende occuparlo, ma anche alla verifica della esistenza di idonee infrastrutture, perche' si estende alla tutela anche degli altri occupanti dell'immobile e del quartiere: sarebbe del tutto irrazionale consentire di abitare un fabbricato i cui muri siano asciutti, ma privo di allacciamenti alle fogne o tale da creare un'eccedenza del numero di abitanti previsto dagli strumenti urbanistici: cio' infatti determinerebbe danni generali per il conseguente inquinamento. 11. - Lo sviluppo disordinato della citta' crea interi quartieri privi di infrastrutture di fondamentale importanza (specialmente le scuole), determinando cosi' dei veri e propri ghetti, dove non solo la popolazione vive in condizioni di disagio fisico e psicologico, ma dove si creano le condizioni di sottosviluppo culturale che poi sfocia nella proliferazione della delinquenza, dapprima comune e poi organizzata. Cio' contrasta con i principi di tutela indicati dall'art. 3, secondo comma, della Costituzione che assegna alla Repubblica il compito di rimuovere ogni ostacolo al "pieno sviluppo della personalita' umana". 12. - Ulteriore profilo di contrasto con gli artt. 3 e 101 della Costituzione. Un altro aspetto che va considerato e' la superficialita' e l'irrazionalita' della disciplina. Occorre dire che la norma risente certamente dell'anomalia della sua nascita: il Governo ha infatti emanato il primo decreto-legge di condono edilizio, fondato su ragioni di urgenza di sapore esclusivamente finanziario, ponendo cosi' il Parlamento di fronte al fatto compiuto ed alla difficolta' di far marcia indietro. Frattanto la reiterazione dei decreti ha creato una situazione di incertezza e di abusivismo diffuso: sono fiorite le costruzioni abusive, ma nella normativa non si prevedeva alcuna disposizione (ad esempio di aerofotogrammetria preventiva) atta a dimostrare in modo oggettivo l'esistenza delle costruzioni ad una data certa. La disposizione di cui all'art. 39 della legge n. 724 del 1994 (c.d. legge finanziaria) risente dunque della necessita' di garantire immediati introiti allo Stato, indipendentemente dalle conseguenze sul piano economico, sociale, giudiziario. L'impatto e' premiale per coloro che consapevolmente violano le norme penali. Invero gli strumenti di controllo della veridicita' dell'assunto degli interessati sono esigui: e' sufficiente che la parte rilasci una dichiarazione sostitutiva di atto notorio per creare i presupposti di condono; non vi e' una norma di raccordo tra l'amministrazione e l'a.g. La sospensione del processo avviene in presenza del versamento di una rata di oblazione; non e' previsto l'obbligo della parte di trasmettere all'a.g. procedente la copia dei successivi versamenti; sicche' se l'interessato versa solo la prima rata e interrompe i versamenti successivi, il termine di prescrizione del reato riprende a decorrere senza che l'a.g. lo sappia (la sospensione di diritto del processo, e quindi della prescrizione del reato, opera solo nel caso in cui sia osservata la procedura di condono); con il rischio che (per i reati per i quali sia gia' decorso per buona parte il termine di prescrizione), alla scadenza dei termini di condono, quando il processo sara' ripreso per verificare se vi sia stata estinzione del reato per avvenuto integrale versamento dall'oblazione, il giudice si trovera' di fronte ad un reato estinto invece per prescrizione. Seguendo l'autorevole tesi espressa, sia pure incidentalmente, dalle sezioni unite cassazione (12 ottobre 1993, Pulera') secondo cui il giudice ordinario non puo' sindacare la domanda di condono, si perviene all'assurdo che la sentenza di proscioglimento e' nella disponibilita' dell'imputato che abbia solo prodotto in udienza la domanda di condono ed abbia atteso il decorso del termine per la concessione tacita; in siffatti casi il giudice ordinario diventa semplice notaio della volonta' dell'imputato, con violazione dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione.