IL GIUDICE DI PACE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  civile  promossa
 con  ricorso  dd.  31  maggio 1995 da Bonomi Maddalena, res. Riva del
 Garda, contro l'ufficio registro di Rapallo  e  Aquilini  Ivan,  res.
 Brescia, in punto: opposizione ordinanza-ingiunzione.
   Il   decreto-legge  n.  238/95  recante  interventi  urgenti  sulla
 disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353  relativa
 al  processo  civile, e' costituzionalmente illegittimo in violazione
 degli artt.   1 (secondo comma), 2, 3  (secondo  comma),  4  (secondo
 comma), 24, 25, 70, 71, 76 e 77 della Costituzione.
   Infatti  la  legge  26  novembre  1990  n.  353  ha  operato alcune
 modifiche  del  codice  di  procedura  civile  che   e'   stato   poi
 ulteriormente  ridefinito  e completato con la legge 21 novembre 1991
 n. 374 istitutiva dal giudice di pace.
   Trattasi di due leggi di  rango  costituzionale,  che  hanno  cioe'
 parzialmente  attuato  il  principio del diritto del cittadino ad una
 giustizia rapida  e  non  costosa  in  armonia  con  le  disposizioni
 internazionali e comunitarie sui "Diritti dell'Uomo".
   Queste  due  leggi  hanno  avuto  un  regolare, anche se lungo iter
 parlamentare, ma ci sono voluti cinque anni per concretizzare la loro
 entrata in vigore, brutalizzata da una serie  di  decreti  che  hanno
 determinato  l'impressione  che  il  giudice  di  pace  non avesse ad
 entrare in funzione  mai  piu'.  Tanto  che  le  Amministrazioni  che
 avrebbero  dovuto  provvedere all'organizzazione degli uffici e delle
 strutture operative, non hanno  provveduto  che  parzialmente  e  con
 colpevolissimo  ritardo, fatta eccezione per la regione Trentino-Alto
 Adige dove le strutture sono di tutto rispetto.  Ebbene,  un  decreto
 ministeriale  (ancorche'  mascherato da decreto governativo) non puo'
 abrogare  norme  di  legge  regolari  e  di  rango  cosi'   pregnante
 nell'economia del processo e della giustizia.
   Anche  sotto  il profilo dell'illogicita' e della contradditorieta'
 il decreto Mancuso n. 238/1995  viola  la  Costituzione.  Infatti  la
 nuova  figura  del giudice di pace e' nata con l'obiettivo principale
 di togliere ai giudici togati le cause di  piccola  portata  ed    in
 particolare  le  cause  di  opposizione  alla  irrogazione delle pene
 pecuniarie conseguenti alle  varie  depenalizzazioni.  Tanto  che  il
 nuovo  codice  della  strada  entrato in vigore a seguito della legge
 delega 13 giugno 1991 n. 190 e del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285,  con
 il  suo  articolo  205  espressamente  demanda  al giudice di pace la
 competenza per le opposizioni alle contravvenzioni punite con la sola
 pena pecuniaria.    E  questa  competenza  specifica  deve  ritenersi
 tuttora operante in capo al giudice di pace.
   Togliere  la  competenza  in  materia  di opposizione alle sanzioni
 pecuniarie amministrative equivale a snaturare  la  legge  istitutiva
 del  giudice  di pace; e non puo' percio' stesso essere lasciata agli
 umori  di  un  ministro  spaventato  dalla  presa  di   posizione   -
 ingiustificata  e  ai  limiti dell'incoscienza - della classe forense
 aspramente  criticata  da  molti  avvocati  e  che  ha  portato  alle
 dimissioni  del  Presidente  del  Cons.  Nazionale  Forense  (sia  da
 Presidente che da membro del predetto Consiglio).
   La stessa intestazione del decreto (Interventi urgenti sul processo
 civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990 n.
 353  relativa al medesimo processo) non parla del giudice di pace ne'
 della legge  istitutiva  dello  stesso,  limitandosi  a  nominare  il
 giudice di pace all'art. 1.
   Non  vi e' cenno dei motivi che hanno fatto ritenere la sussistenza
 di una "straordinaria necessita' ed urgenza": mancando  la  quale  il
 ricorso  al  decreto-legge  diventa  costituzionalmente illegittimo e
 percio' non sono obbligatorie le norme contenute nello stesso.
   Uno  "sciopero"  del  partito  degli  avvocati  non   puo'   essere
 ragionevolmente   ritenuto   causa  di  straordinaria  necessita'  ed
 urgenza. Basti considerare che fin dal 1990 gli avvocati  conoscevano
 le norme modificative del processo civile.
   E  poi  se  ad ogni sciopero si dovessero cambiare le leggi, non e'
 chi non veda che si precipiterebbe in un  caos  ancor  piu'  nero  di
 quello che permea attualmente il pianeta giustizia.
   In  conclusione,  un decreto-legge non puo' essere emanato solo per
 favorire rivendicazioni corporative,  e  deve  contenere  motivazioni
 profonde e convincenti (non solo strettamente politiche di equilibrio
 all'interno   di   una   compagine   governativa):  altrimenti  entra
 violentemente in collisione con gli artt. 70, 71, 72, 76 e  77  della
 Costituzione.    Anche  la  modifica  (inserita  quasi  di  nascosto)
 dell'art. 641 c.p.c.,  ancorche'  non  direttamente  influente  sulla
 continuazione  del  processo,  e' del tutto ingiustificata e priva di
 motivazione oltre che  illogica  e  peregrina  (quaranta  giorni  per
 l'opposizione a un decreto ingiuntivo per il pagamento di 10.000 lire
 a  fronte  di "soli" trenta giorni per l'appello contro una settimana
 del valore di miliardi).
   La disciplina transitoria non provvede sui  giudizi  pendenti  alla
 data   della   entrata  in  vigore  del  decreto,  creando  ulteriore
 confusione, impedendo il  funzionamento  dell'ufficio  per  tutte  le
 cause in corso.