ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.    371,  comma
 secondo,  del  codice  penale,  promosso  con  ordinanza  emessa l'11
 gennaio 1995 dalla  Corte  d'appello  di  Trieste,  nel  procedimento
 penale  a  carico  di Tomada Gianni, iscritta al n.  107 del registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n.  10, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 18 ottobre 1995 il Giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                            Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un  giudizio  di  impugnazione  di  una  sentenza
 pretorile  di condanna per falso giuramento (reso in una causa civile
 promossa dallo stesso imputato), la Corte d'appello di  Trieste,  con
 ordinanza  emessa  l'11  gennaio  1995,  ha sollevato, in riferimento
 all'art.     3  della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art.
  371,  secondo  comma,  del  codice penale, nella parte in cui limita
 l'operativita'  della  causa  di  non  punibilita'  costituita  dalla
 ritrattazione alla sola ipotesi di giuramento deferito d'ufficio.
   Osserva  il  giudice  a  quo che l'omessa previsione del giuramento
 deferito  dalla  parte  non  troverebbe  alcuna   giustificazione   e
 concreterebbe    un   trattamento   difforme   per   due   situazioni
 sostanzialmente omogenee.  La norma e' infatti concepita,  rileva  il
 remittente, con riferimento alla disciplina dettata per il giuramento
 dal previgente codice civile del 1865.
   2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso
 per  l'inammissibilita'  sotto un duplice motivo: da un lato la norma
 sarebbe stata tacitamente abrogata a seguito della  nuova  disciplina
 del giuramento decisorio contemplata nel codice civile del 1942, come
 ritenuto  dalla  giurisprudenza di legittimita'; dall'altro lato, ove
 tale tesi dovesse essere disattesa, si verterebbe  comunque  nel  non
 estensibile campo di applicazione di una norma eccezionale.
                         Considerato in diritto
   1.  -  E'  sospettato d'illegittimita' costituzionale l'art.   371,
 secondo  comma,  del  codice  penale,  che  per  il  reato  di  falso
 giuramento  prevede  l'esimente  della ritrattazione solo nel caso di
 giuramento  deferito  d'ufficio.  A  parere  della  Corte   d'appello
 remittente,  l'omessa  estensione  della  causa di non punibilita' in
 parola anche  all'ipotesi  di  giuramento  deferito  dalla  parte  si
 risolverebbe  in  una  lesione  dell'art. 3 della Costituzione per la
 diversita'  del  trattamento  riservato  a  due  situazioni  definite
 omogenee.
   2. - La questione non e' fondata.
   2.1.  -  In conformita' a quanto ritiene la Corte di cassazione, la
 norma impugnata deve considerarsi abrogata per effetto dell'art.
  2738 del codice civile.
   Il legislatore del 1930, infatti,  aveva  costruito  la  previsione
 della  speciale  causa di non punibilita' con riferimento al contesto
 normativo offerto dal codice civile del 1865, all'epoca vigente.   Il
 giuramento   era  da  questo  codice  disciplinato  in  due  distinti
 paragrafi:   nel  primo  era  contemplato  il  giuramento  decisorio,
 deferito  (o  riferito)  dalla  parte,  per  il  quale  l'art.   1370
 esplicitamente escludeva la prova della falsita', una volta prestato;
 nel secondo paragrafo era poi descritto  il  giuramento,  suppletorio
 oppure  estimatorio,  deferito d'ufficio. A tale secondo istituto non
 era applicabile l'assoluta incontrovertibilita' sancita per il primo,
 sicche' era  opinione  pacifica  che  il  giuramento  d'ufficio,  per
 propria  natura, non escludesse necessariamente la deduzione di nuove
 prove successivamente alla sua prestazione.
   Il legislatore del 1930 prendeva atto di tale diversita', basandovi
 la sua scelta di limitare l'esimente al solo caso  -  quello  appunto
 del  giuramento  d'ufficio  -  in cui la ritrattazione fosse utile ad
 evitare un giudicato che si  fondasse  sulla  falsita'  (effetto  non
 configurabile   per  il  giuramento  decisorio)  e  in  coerenza  con
 l'interesse  dell'amministrazione  della  giustizia,  oggetto   della
 tutela apprestata dalla norma incriminatrice.
   La  diversa  rilevanza  della ritrattazione sul piano degli effetti
 scandiva quella differenza sostanziale dell'efficacia processuale dei
 due istituti, che  costituiva  a  sua  volta  il  presupposto  stesso
 dell'esimente,    giustificandone    l'esclusione   nell'ipotesi   di
 giuramento incontrovertibile.
   2.2. - Ma  il  quadro  di  riferimento  e'  del  tutto  mutato  con
 l'entrata  in  vigore del codice civile del 1942, che nell'art.  2738
 unifica il regime per entrambe le specie  di  giuramento,  escludendo
 sempre  la  prova  contraria  ed inibendo in ogni caso la revocazione
 della sentenza qualora il giuramento sia stato dichiarato  falso:  la
 ritrattazione  del  giuramento  suppletorio  o estimatorio non spiega
 piu' alcun effetto impeditivo al formarsi del giudicato.
   Conseguentemente, la causa  di  esclusione  della  punibilita'  non
 trova  ormai  piu'  alcuna  giustificazione,  e  la sua sopravvivenza
 creerebbe un'evidente incoerenza nel sistema, risultando contraria al
 principio di ragionevolezza anche perche' chi  ha  giurato  il  falso
 potrebbe  trarne  vantaggio  ottenendo  una  decisione favorevole nel
 giudizio civile ma sottraendosi alle conseguenze penali attraverso la
 ritrattazione.
   Come parte della dottrina  e  la  richiamata  giurisprudenza  della
 Corte  di  cassazione  hanno  posto  in  luce,  l'entrata  in  vigore
 dell'art.
  2738 cod.  civ.  realizza  una  delle  ipotesi  di  abrogazione  per
 incompatibilita'  ai  sensi  dell'art.    15 delle disposizioni sulla
 legge in generale.   Infatti, la  sopravvenuta  generale  ininfluenza
 della   ritrattazione   per  via  della  efficacia  probatoria  piena
 attribuita  dal  nuovo  codice  civile  ad  entrambe  le  specie   di
 giuramento, non consente piu' di collegare alla ritrattazione stessa,
 neppure  con riguardo al giuramento deferito d'ufficio, la previsione
 premiale contenuta nell'art.  371, secondo comma, del  codice  penale
 in  relazione  diretta con la normativa dettata dal codice civile del
 1865.
   2.3. - Non essendo dunque piu' in vigore la norma che prevedeva  la
 speciale  causa di non punibilita' in esame, ancorata ad una condotta
 ormai processualmente irrilevante, addirittura non  configurabile  si
 palesa  l'invocata  estensione della stessa all'ipotesi di giuramento
 decisorio.
   D'altra  parte,  la  contraria  tesi  della   sopravvivenza   della
 denunciata norma sarebbe seriamente sostenibile solo ove si ritenesse
 tuttora da escludere un'identita' di effetti o comunque si supponesse
 una   perdurante   diversita'  di  funzione  tra  le  due  specie  di
 giuramento.   Ma allora  verrebbe  a  cadere  ipso  facto  l'asserita
 disparita'   di  trattamento,  per  l'evidente  disomogeneita'  della
 situazione  oggetto  del  giudizio  a   quo   rispetto   al   tertium
 comparationis indicato dal remittente.
   Pertanto,   la   questione  va  in  ogni  caso  ritenuta  priva  di
 fondamento.