IL V. PRETORE Osserva che preliminarmente deve essere interpretato il secondo comma dell'art. 703 c.p.p. Invero, a decorrere dal 1 gennaio 1993, ai sensi dell'art. 77 della legge 26 novembre 1990, n. 353, il secondo e terzo comma dell'art. 703 c.p.c. sono stati sostituiti dal comma unico: "Il giudice provvede ai sensi degli artt. 669-bis e seguenti". Nell'art. 669-quaterdecies il legislatore ha precisato che i procedimenti cautelari regolati dal codice di procedura civile sono quelli previsti dalle sezioni II, III e V del Capo III e che le disposizioni della sezione si applicano anche ai procedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle altre leggi speciali. Le azioni nunciatorie (sez. III) sono espressamente incluse nei procedimenti cautelari, mentre ne sono stati esclusi i procedimenti possessori. Si evince chiaramente che il legislatore ha voluto disciplinare in modo uniforme tutti i procedimenti cautelari e stabilire una netta separazione tra la fase cautelare e quella di merito, ribadendo la strumentalita' del provvedimento cautelare. L'abrogazione degli artt. 689 e 690 c.p.c. che regolavano anche i procedimenti possessori e l'inclusione delle azioni nunciatorie fra i procedimenti cautelari, dirette anche a tutelare, in via preventiva, il possessore confermano anche la svolta che il legislatore ha dato al procedimento possessorio, partendo dalla pacifica distinzione delle azioni nunciatorie da quelle possessorie. Le prime, infatti, hanno carattere preventivo, essendo dirette ad evitare un danno che puo' minacciare tanto il diritto di proprieta' che altro diritto reale ed anche il possesso, le seconde, invece, hanno carattere repressivo e sono volte alla rimozione definitiva della situazione dannosa (Cass. II, 27 aprile 1991). Il legislatore, pertanto, ha voluto riservare la fase cautelare, interinale e provvisoria del possesso alle azioni nunciatorie, mentre quella definitiva al procedimento possessorio vero e proprio. Cio' si evince sia dall'abrogazione degli artt. 689 e 690 c.p.c., sia dalla netta separazione tra fase cautelare e merito, sia perche' e' inconcepibile che il possessore possa ottenere, a difesa del suo possesso, sia il provvedimento cautelare, con l'azione nunciatoria, sia quello interdittale in una fase sommaria del procedimento possessorio e sia che, in caso positivo, quello interinale coincida con quello definitivo. ΓΏ indubbio che, se non e' possibile esperire l'azione nunciatoria, a difesa del possesso, perche' ad es. l'opera e' terminata o la situazione dannosa si e' ormai consolidata, sara' possibile soltanto agire in via possessoria proponendo con ricorso al pretore la domanda di reintegrazione o di manuntenzione del possesso. Il pretore provvedera' ai sensi dell'art. 669-sexies accogliendo o rigettando la domanda con ordinanza, che avra' valore di sentenza, decidendo anche sulle spese ai sensi dell'art. 91 c.p.c. e sara' appellabile. Questa e' l'unica soluzione che permette di armonizzare l'art. 703 c.p.c. con le norme del procedimento cautelare uniforme. La decisione definitiva con ordinanza non solo e' coerente con l'ultimo comma dell'art. 1168 del codice civile, (secondo il quale: "La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorieta' del fatto, senza dilazione"), ma risponde pienamente alla esigenza di ordine pubblico di uno Stato di diritto, sottolineata dalla Corte costituzionale nella sentenza del 3 febbraio 1992, n. 25, affinche' siano "prontamente ripristinate le situazioni soggettive di fatto arbitrariamente modificate da un terzo senza previo accertamento giudiziale o negoziale, nonche' di garanzia del diritto di difesa e della proprieta' privata (artt. 24 e 42 Cost.), perche' da un lato la tutela possessoria avendo carattere interinale, non priva il proprietario della tutela giurisdizionale del suo diritto, ma la rinvia soltanto ad un giudizio successivo e dall'altro avvantaggia lo stesso proprietario-possessore, consentendogli, quando subisca uno spoglio od una molestia, un rimedio rapido che non richiede la prova del diritto. La sentenza, infatti, ribadisce "l'urgenza di un intervento del braccio della legge per ripristinare uno stato di cose arbitriariamente alterato dal comportamento arbitrario di un terzo ed il carattere complessivo della celerita'" in modo da arrecare al convenuto, che sia titolare di un diritto reale sulla cosa (o alla cosa), un sacrificio transeunte e reversibile, cui porra' riparo il successivo giudizio pertitorio". Cosicche' solo l'ordinanza emessa in sede nunciatoria sara' reclamabile ed essa potra' essere definitivamente sostituita in via definitiva nel successivo giudizio possessorio da un'ordinanza che ad es. ordini la demolizione o riduzione dell'opera se illegale o al contrario la sua ultimazione. Ma il secondo comma dell'art. 703 c.p.c. (Il giudice provvede ai sensi degli artt. 669-bis e segg.) impone che al procedimento possessorio si applichino gli artt. 669-bis e segg. e cioe' anche gli artt. 669-septies ed octies c.p.c. Senonche' l'applicazione di dette norme da' luogo ad un rilevante squilibrio tra le parti. L'art. 669-septies, infatti, esclude che al provvedimento negativo possa seguire il giudizio di merito; avverso di esso l'art. terdecies esclude la possibilita' del reclamo. Infine la Corte di cassazione, pur non avendo operato una scelta tra processo cautelare e processo somma non cautelare, ritiene il provvedimento adottato non definitivo ne' decisorio e percio' non imputabile con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass., sez. I, 17 febbraio 1995, n. 1735). L'art. 669-octies, invece, fa seguire al provvedimento positivo il giudizio di merito, che sarebbe a cognizione piena e che dovrebbe, pero', aver inizio con altro ricorso, avente lo stesso contenuto di quello proposto in via cautelare. Cio', tra l'altro, farebbe venir meno proprio quella celerita' che secondo la Corte costituzionale (sent. n. 25/1992) il giudizio possessorio deve aver per far seguire al piu' presto il giudizio petitorio. Se il giudizio di merito, poi, dovesse concludersi con il rigetto della domanda e quindi la revoca del provvedimento positivo, potrebbe proporsi appello, mentre il rigetto, in sede cautelare, non sarebbe nemmeno reclamabile. L'iter processuale in sostanza non dipende dalla natura dell'azione, ma dall'esito del suo esercizio. La disparita' e gli inconvenienti innanzi indicati fanno si che l'applicazione degli artt. 669-septies e 669-octies c.p.c. e' in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, per violazione del principio di uguaglianza e per limitazione del diritto di difesa. Il processo civile, infatti, si regge sul principio della parita' di posizioni tra le parti, ed i poteri, i doveri e gli oneri procedurali devono essere distribuiti in modo da assicurare non solo piena uguaglianza, ma anche piena ed eguale possibilita' di difesa. Essendo da escludere, a causa dell'abrogazione degli artt. 689 e 690 c.p.c., che il procedimento sia ancora suddiviso in due fasi, di cui una interdittale e l'altra di merito, con il passaggio alla seconda fase, anche in caso di provvedimento negativo, deve sollevarsi questione di illegittimita' costituzionale di applicazione degli artt. 669-septies ed octies c.p.c. al procedimento possessorio. La questione non soltanto non e' non manifestamente infondata, ma e' anche rilevante per la soluzione da dare al presente giudizio. Se, infatti, la tesi dell'illegittimita' costituzionale degli artt. 669-septies ed octies fosse accolta, il giudicante dovrebbe definire il giudizio con ordinanza ex art. 669-sexies e provvedere sulle spese ai sensi dell'art. 91 c.p.c.; in mancanza dovrebbe, in caso di provvedimento positivo, fissare il termine per l'inizio del giudizio di merito.