IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  sull'eccezione  difensiva  di
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui
 non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice  del
 dibattimento  del  giudice  che  abbia  partecipato  al  giudizio  di
 riesame, ai sensi dell'art. 309 c.p.p., di  un'ordinanza  applicativa
 di una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato.
                     Osserva in fatto ed in diritto
   Nista  Carmelo e Caserta Francesco sono stati tratti al giudizio di
 questo tribunale per rispondere, in concorso con  Giannetto  Giuseppe
 (nel frattempo deceduto), di tentativo di estorsione continuato.
   Due  componenti  del  Collegio  giudicante  hanno partecipato a due
 distinti giudizi di riesame di provvedimenti applicativi di  custodia
 cautelare  in  carcere  nei  confronti di Nista Carmelo e dell'allora
 coindagato in concorso nel medesimo reato Nista Nazario, entrambi  in
 relazione agli stessi fatti per i quali oggi si procede.
   La  difesa ha sollevato la questione di costituzionalita' dell'art.
 34 c.p.p. nei termini sopra indicati.
   Ritiene il tribunale che tale questione sia rilevante nel  presente
 giudizio e non manifestamente infondata.
   Premessa  l'indubbia  rilevanza  della questione, che, ove accolta,
 impedirebbe a due membri del Collegio di partecipare al dibattimento,
 appare  inevitabile   concludere   anche   la   sua   non   manifesta
 infondatezza, per violazione degli artt. 3, primo comma e 24, secondo
 comma,  della  Costituzione,  alla  luce  dei principi espressi dalla
 Corte costituzionale nella recente sentenza n. 432  del  6  settembre
 1995.
   Ed  invero  nessuna  differenza  sostanziale puo' ravvisarsi tra il
 tipo di valutazione che e' chiamato ad effettuare il  g.i.p.,  quando
 dispone  una  misura  cautelare e quello demandato al giudice che, ai
 sensi dell'art.  309  c.p.p.,  effettua  il  riesame  della  medesima
 misura.
   Va  considerato,  infatti,  che tale ultimo giudice ha il potere di
 esaminare e rivalutare la medesima situazione sulla quale si fonda la
 decisione del g.i.p.,  tenendo  conto  anche  di  eventuali  elementi
 sopravvenuti,  in  maniera  del  tutto  autonoma  e  svincolata dalle
 determinazioni del precedente giudice.
   Cio' posto, stante la sostanziale identita' tra l'apprezzamento del
 g.i.p. in sede di applicazione della  misura  cautelare  personale  e
 quella  del  giudice del riesame, appare intaccato il significato dei
 valori costituzionali del giusto processo (e del  diritto  di  difesa
 che  ne e' componente essenziale), in quanto anche nel caso di specie
 la valutazione conclusiva sulla responsabilita'  dell'imputato  e'  o
 puo'  apparire condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione,
 scaturente  da  una  valutazione   non   meramente   processuale   ma
 concretante  un'anticipazione  di  giudizio  suscettibile  di  minare
 l'imparzialita'  del  giudice;  conseguente  appare   la   violazione
 dell'art.  3  della Costituzione sotto il profilo della disparita' di
 trattamento tra chi viene giudicato da  un  magistrato  che  ha  gia'
 effettuato  una  valutazione  di  merito, sia pure prognostica e allo
 stato degli atti, sulla  sua  colpevolezza,  e  chi,  invece,  da  un
 magistrato  che  non  abbia formulato alcun preventivo giudizio sulla
 sua posizione.