IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza, letti gli atti del proc. pen. n. 225ÿ/ÿ95 r.g.n.r. (254ÿ/ÿ95 r.g.g.i.p.) a carico, tra gli altri, di Rosati Leonardo, nato il 28 marzo 1970 a San Benedetto del Tronto; nell'udienza preliminare del 13 ottobre 1955. Premesso che all'odierna udienza preliminare l'imputato ha chiesto che il processo nei suoi confronti venisse definito nelle forme del giudizio abbreviato e che in relazione a tale richiesta il p.m. ha prestato il proprio consenso. Premesso che questo giudice ritiene il processo a carizo del Rosati definibile allo stato degli atti. Premesso che in data 21 gennaio 1995, questo giudice ha peraltro emesso, nei confronti dell'imputato e per gli stessi fatti, ordinanza applicativa nella misura cautelare della custodia in carcere. O s s e r v a Dev'essere sollevata d'ufficio la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., per contrasto con gli art. 3, 24, 25 e 101 della Costituzione, nella parte in cui detta norma non pevede l'incompatibilita' a partecipare al giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato misura cautelare personale, per gli stessi fatti, nei confronti dell'imputato. Infatti la omessa previsione di incopatibilita' nella predetta situazione contrasta in primo luogo con il principio del giusto processo e con le garanzie di imparzialita' e indipendenza del giudice di cui agli artt. 24, 25 e 101 della Costituzione, poiche' la previa pronuncia sulle condizioni di applicabilita' della misura cautelare personale (nella specie, della custodia in carcere), e' suscettibile di compromettere la genuinita' e correttezza del processo formativo del libero convincimento del giudice, a causa della naturale tendenza a mantenere ferma una precedente decisione (c.d. "pregiudizio"). Invero l'accertamento circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., l'obbligo di motivazione sugli elementi a carico ed a favore imposto dall'art. 292, lett. c) e c)-bis, c.p.p., le valutazioni imposte dagli artt. 273, comma secondo, e 275, comma secondo-bis, c.p.p. determinato, gia' in sede di applicazione della misura nella fase delle indagini preliminari, un pregnante e approfondito giudizio di colpevolezza dell'indagato che non puo' non condizionare la decisione sul merito della regiudicanda. Tale incisiva influenza condizionante e' tanto piu' evidente quando, come nel caso di specie, trattasi di giudizio allo stato degli atti, gli stessi posti a fondamento della misura, ed e' escluso ogni nuovo apporto dibattimentale. Ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale dell'omessa previsione di incompatibilita' sopra esposta va ravvisato nel contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma primo, della Costituzione. Sussiste infatti sostanziale identita' di situazioni rispetto all'ipotesi di incompatibilita' sopra esposta va ravvisato nel contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, comma primo, della Costituzione. Sussiste infatti sostanziale identita' di situazioni rispetto all'ipotesi di incompatibilita' ravvisata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 432 del 6-15 settembre 1995. Sussiste infatti il g.i.p. che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato non puo' partecipare al successivo giudizio dibattimentale per gli stessi fatti, situazione sostanzialmente identica si verifica nel caso di giudizio abbreviato. Anzi, va a fortiori ravvisata una situazione di maggiore rischio di pervenzione del giudicante, dato che verra' sicuramente a mancare, con l'ordinanza ammissiva del giudizio abbreviato, ogni possibilita' di ulteriore apporto probatorio eventualmente favorevole all'imputato. Ne' puo' sostenersi, ad avviso di questo Giudice, che il vantaggio della rivalutazione di un terzo della pena, in ipotesi di condanna, sia compensativo dell'eventuale rischio di prae-judicium da parte del magistrato giudicante. La "ratio" dell'incentivo preliminare di cui all'art. 442, secondo comma, c.p.p., e' infatti connesso alla sola rinuncia, da parte dell'imputato, alle garanzie dibattimentali della formazione della prova, non certo alla rinuncia ad un giudice sereno ed imparziale. Pertanto, pur nella consapevolezza delle problematiche che potrebbero essere originate da una pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 c.p.p. nei sensi di cui sopra, particolarmente in relazione ad uffici giudiziari con organici incompleti o sottodimensionati, (problematiche che andrebbero comunque affrontate e risolte in altre sedi), non puo' questo giudice esimersi dal chiedere l'intervento della Corte costituzionale.