IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMARI
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale a
 carico di Miotti Massimo, nato a L'Aquila  il  22  maggio  1955,  ivi
 residente; imputato:
     a)  del  reato  p.  e p. dagli artt. 110 c.p. e 323 r.d. 267/1942
 (l.f.), comma I, in relazione all'art. 216,  perche'  concorreva  con
 Martinelli   Amedeo,   nei   confronti  del  quale  si  e'  proceduto
 separatamente, nella condotta di appropriazione e  distrazione  della
 somma  di  l.   100 milioni dalla procedura fallimentare in corso nei
 confronti dello stesso  Martinelli,  partecipando  alla  ideazione  e
 programmazione del disegno criminoso ed intervenendo anche nella fase
 della materiale esecuzione di esso. In L'Aquila, 30 maggio 1994;
     b) del reato p. e p. dagli artt. 110, 640, primo comma e 61 n.  2
 c.p.  perche'  in  concorso  con  Martinelli  Amedeo,  ed  al fine di
 eseguire  l'illecita  distrazione  di  cui  al  capo  precedente,  si
 procuravano l'ingiusto profitto costituito dalla disponibilita' della
 somma  di  L.  100 milioni, corrisposta al Martinelli, in adempimento
 della transazione in data 30 marzo 1994, con  danno  patrimoniale  di
 rilevante  gravita'  per la controparte Europa Park Hotel srl, che in
 persona  del  proprio  legale  rappresentante  veniva  indotta,   con
 artifizi  e  raggiri  (consistiti  nel tacere le effettive condizioni
 personali  e  patrimoniali  del  Martinelli,  e  nel   garantire   la
 regolarita'  dell'operazione con intervento professionale del Miotti,
 avvocato) a confidare erroneamente nella validita' ed efficacia dello
 stipulando negozio transattivo. In Sulmona, 30 marzo 1994;
   Considerato  che  all'odierna  udienza  preliminare  l'imputato  ha
 chiesto,  con  il  consenso  del p.m. e questo ufficio ha disposto il
 procedimento allo stato degli atti a norma degli artt.  438  e  segg.
 c.p.p.
                             O s s e r v a
   In  occasione  del  procedimento  con  il  rito  abbreviato, questo
 giudice ritiene di  sollevare  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  34  c.p.p.  nella parte in cui non prevede
 l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice nel procedimento
 ai sensi degli artt. 438 e segg. c.p.p.,del giudice per  le  indagini
 preliminari  che  abbia  emesso, come nel caso di specie era avvenuto
 per l'avvocato Miotti Massimo, la misura  cautelare  personale  della
 custodia in carcere, o altra misura cautelare personale.
   La  questione  e'  sicuramente  rilevante  nel  presente  giudizio,
 perche' questo giudice - nel caso la questione stessa fosse  ritenuta
 fondata  -  avrebbe  obbligo  di  astenersi,  ovvero  potrebbe essere
 ricusato da una delle parti.
   Quanto alla non manifesta infondatezza, e'  sufficiente  in  questa
 sede richiamare, per il contrasto della ricordata norma dell'art.  34
 c.p.p.  sia  con  gli  artt.  3 e 24, sia con gli artt. 76 e 77 della
 Corte costituzionale, le sentenze emesse dalla  Corte  costituzionale
 in situazioni del tutto analoghe, sentenze che qui debbono intendersi
 integralmente  richiamate, e cioe' da un lato la recente decisione n.
 432 del 15  settembre  1995,  che  ha  dichiarato  la  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  34  c.p.p., nella parte in cui non prevede
 che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il  giudice  per
 le  indagini  preliminari  che  abbia  applicato una misura cautelare
 personale nei confronti dell'imputato, dall'altro lato  le  decisioni
 n.  496  del  26  ottobre  1990 e n. 401 del 12 novembre 1991, con le
 quali era  stata  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
 stessa  norma  nella  parte  in  cui  non  prevede    che  non  possa
 partecipare al  giudizio  con  rito  abbreviato  il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  la  pretura ed anche il giudice per le
 indagini preliminari presso il tribunale che abbiano emesso ordinanza
 rispettivamente ai sensi dell'art. 554, secondo  comma,  e  dell'art.
 509,  quinto  comma,  c.p.p.  imponendo  al  p.m.  che  aveva chiesto
 l'archiviazione  di  iniziare  invece  l'azione   penale   formulando
 l'imputazione.
   In  entrambi  i casi, la Corte costituzionale ha motivato nel senso
 che il sistema processuale  deve  prevedere  l'incompatibilita'  ogni
 qualvolta  il giudice che abbia compiuto una valutazione non formale,
 ma di contenuto, nel corso delle indagini  preliminari  (o  ritenendo
 contrariamente al p.m. che il caso non deve essere archiviato, ovvero
 valutando  i  gravi  indizi  posti  a  base delle emissioni di misura
 cautelare) sia chiamato poi a decidere con sentenza che  puo'  essere
 anche di condanna.
   Ancora,  la  Corte  costituzionale,  nelle richiamate sentenze e in
 altre,  sempre  in  tema  di  incompatibilita',  ha   sostanzialmente
 equiparato  tra loro le varie forme di giudizio di merito, e cioe' il
 giudizio ordinario dibattimentale e quello abbreviato.
   Ne' avrebbe pregio, in senso contrario, l'argomentazione secondo la
 quale il giudizio abbreviato, come  il  patteggiamento,  e'  un  rito
 richiesto dalle parti, derivandone una libera scelta dell'imputato di
 essere  giudicato  da chi abbia gia' applicato nei suoi confronti una
 misura cautelare; la scelta del rito abbreviato, invero, e'  motivata
 dalla  prospettiva,  in  caso  di condanna, di una riduzione di pena,
 senza ovviamente  ammissione  di  responsabilita'  e  sempre  con  la
 prospettiva  anche  di  una  sentenza  assolutoria,  e  non  gia' dal
 desiderio di essere giudicati dalla  stessa  persona  fisica  che  ha
 emesso un provvedimento negativo nel corso delle indagini.