IL TRIBUNALE
   Ha  pronunziato  la seguente ordinanza nel procedimento a carico di
 Costantino Vincenzo +1; alla pubblica udienza dibattimentale  del  10
 ottobre  1995;  premesso  che: con decreto del 1 dicembre 1994 emesso
 dal g.p.i. - sede veniva disposto il  giudizio  -  innanzi  a  questa
 sezione  -  nei confronti di Costantino Vincenzo e Esposito Luigi, in
 relazione ai reati di cui agli artt. 110, 628, comma  terzo,  n.    1
 c.p., 61, n. 7; 648 c.p.; legge n. 110/1975, art. 2, comma quarto; in
 data  24  gennaio  1994  veniva  emessa  dal  tribunale  del riesame,
 composto, tra gli altri, dalla dott.ssa Stefania Daniele - a  seguito
 di  istanza  di  riesame avverso l'ordinanza di custodia cautelare in
 carcere emessa dal g.i.p.  -  sede  in  data  17  dicembre  1993  nei
 confronti  del  Costantino - ordinanza con la quale veniva confermato
 il predetto provvedimento custodiale.
                             O s s e r v a
   La  Corte  costituzionale,  con  la  sentenza  n.  432  del   1995,
 pervenendo   a   diversa   conclusione  rispetto  al  suo  precedente
 orientamento sul punto (cfr. sent. n. 502 del 1991), ha ritenuto  che
 la  decisione  emessa  dal  g.i.p.  in tema di sussistenza dei "gravi
 indizi di colpevolezza" - di cui all'art. 273 c.p.p. -, involgendo un
 giudizio di  merito  circa  l'idoneita'  degli  elementi  raccolti  a
 fondare   una   elevata   probabilita'  di  condanna,  non  puo'  non
 riflettersi sulla serenita' ed imparzialita' di giudizio, qualora  il
 medesimo  giudice  partecipi  al  collegio  chiamato  a  decidere sul
 medesimo fatto.
   In tal senso  la  Corte,  nella  succitata  sentenza,  ha  ritenuto
 sussistente   il   pericolo  che  "la  valutazione  conclusiva  sulla
 responsabilita' dell'imputato sia,  o  possa  apparire,  condizionata
 dalla  cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale
 tendenza a mantenere un giudizio gia'  espresso  o  un  atteggiamento
 gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento".
   L'articolato  ragionamento della Corte e le assai condivisibili - e
 da piu' parti auspicate - conclusioni cui la stessa e' pervenuta  non
 possono  -  ad  avviso  del  collegio - non far porre la questione di
 legittimita'  costituzionale  anche  nella  fattispecie   in   esame,
 considerato  che  il tribunale del riesame deve procedere anch'esso a
 quelle valutazioni - con tutti gli amplissimi poteri  riconosciutigli
 dall'art. 309 c.p.p. - gia' effettuate dal g.i.p.
   Nel  caso  di  specie  -  come  gia'  precisato  in  premessa  - un
 componente dell'attuale collegio ha fatto  parte  del  tribunale  del
 riesame che, con la sopra menzionata decisione, ritenne sussistenti i
 gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Costantino Vincenzo, in
 ordine ai fatti su cui oggi il collegio e' chiamato a pronunciarsi.
   Tale  situazione  processuale,  come  piu'  sopra evidenziato, puo'
 concretare quel pericolo di "prevenzione" che ha indotto la  Corte  a
 pervenire   alla   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34, comma secondo, del c.p.p.
   La questione per tutto quanto sinora osservato, appare  ictu  oculi
 rilevante e non manifestamente infondata.
   In  ordine  a  tale  ultimo  parametro  va solo aggiunto che ove si
 consentisse la partecipazione al giudizio dibattimentale del  giudice
 componente  il  collegio  del  tribunale  per  il  riesame  che abbia
 ritenuto sussistere i  gravi  indizi,  ne  deriverebbe  una  evidente
 violazione  dei  principi  costituzionali  di  parita' di trattamento
 normativo di situazioni analoghe (art. 3 della  Costituzione),  della
 inviolabilita'  della  difesa  in ogni stato e grado del procedimento
 (art. 24, comma secondo, della Costituzione),  nonche'  della  stessa
 presunzione  di non colpevolezza sino a condanna definitiva (art. 27,
 comma secondo, della Costituzione).
   Ed  invero,  ove  si  consentisse  l'identita'  di  giudice   nelle
 situazioni   su   richiamate,   evidente  sarebbe  la  disparita'  di
 trattamento  rispetto  al  cittadino   giudicato   da   giudici   non
 "prevenuti"  (nei  sensi  precisati  dalla Corte costituzionale nella
 menzionata sentenza), nonche' il pregiudizio  arrecato  all'esercizio
 del  diritto  di  difesa  rispetto  ad  un  siffatto  giudice, che al
 contempo non apparirebbe garantire adeguatamente all'imputato il  suo
 diritto  a  non  essere  considerato  colpevole  sino  a  sentenza di
 condanna.
   La sussistenza di tali presupposti di fatto e di diritto impone  al
 tribunale    di    sollevare    la    sopraesposta    questione    di
 costituzionalita', con conseguente sospensione del presente  processo
 e trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.