IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile previdenziale promossa dal ricorrente Giardini Paolo contro il Ministero degli interni (n. 484.95). Rilevato che il ricorrente domanda la erogazione di indennita' di accompagnamento, siccome invalido civile totalmente inabile, e nell'impossibilita' di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, trattamento revocatogli dall'amministrazione competente; Rilevato che il Ministero degli interni convenuto eccepisce che il ricorrente ha rinunciato alla provvidenza, prestando adesione alla revoca, ai sensi dell'art. 11, comma quarto, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; Ritenuto che la rinuncia concerne il diritto alla assistenza, da considerarsi indisponibile, siccome diritto inviolabile (art. 2 della Costituzione), in forza di norma di rango costituzionale: "Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale" - art. 38, comma primo, della Costituzione; Ritenuto che deve inoltre dubitarsi della piena capacita' di autodeterminazione di un soggetto che sia, in ipotesi, gravemente invalido, e venga posto innanzi all'alternativa tra rinunciare ad una provvidenza, ovvero rischiare la condanna alla ripetizione di quanto gia' percepito in forza di un titolo la cui fondatezza viene contestata dalla pubblica autorita', la quale per di piu' minaccia esplicitamente di procedere alla ripetizione, con dichiarazione contenuta nello stesso stampato in cui si raccoglie la rinuncia; Ritenuto che, per quanto attiene al profilo psicologico, deve altresi' considerarsi l'influenza che' puo' esercitare nei confronti di persona la quale si trovi gia', in ipotesi, in condizioni di grave menomazione e bisogno, il clima di contestazione che nell'opinione pubblica viene alimentato nei confronti dei fruitori delle provvidenze assistenziali da una vasta, articolata e tenace campagna di propaganda; Ritenuto quindi che l'esercizio della facolta' di rinuncia e' suscettibile di essere inficiato da considerazioni che possono compromettere la ragionevolezza della decisione, e conseguentemente condurre a rinunce ingiustificate, come tali lesive del diritto indisponibile all'assistenza; mentre d'altro canto la rinuncia effettuata da chi in ipotesi abbia indebitamente e dolosamente fruito di assistenza varrebbe come esimente, consentendogli di trattenere l'indebito, in violazione dei principi di ragionevolezza e eguaglianza; Ritenuto pertanto che deve dubitarsi della conformita' ai principi costituzionali della norma che ha attribuito al beneficiario la facolta' di rinunciare al trattamento assistenziale, con dichiarazione di volonta', per di piu' riferita alla minacciata ripetizione di quanto gia' percepito, anziche', eventualmente, con pura e semplice adesione ad un giudizio medico che lo concerna, e nel quale si dia atto di una condizione oggettiva;