Ricorso della regione Toscana in persona del presidente pro-tempore in forza della delibera di giunta n. 4350 del 13 novembre 1995, rappresentata e difesa per mandato in calce al presente ricorso dall'avv. Vito Vacchi, domiciliato in Roma, presso lo studio dell'avv. Fabio Lorenzoni, via Alessandria n. 130 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.-l. 30 ottobre 1995 n. 448, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 254 del 30 ottobre 1995, recante disposizioni urgenti in materia di assistenza farmaceutica e di sanita'. L'art. 2 del d.-l. n. 448/1995 dispone che a decorrere dal 1 gennaio 1995 la contabilita' economico-finanziaria e patrimoniale e la contabilita' finanziaria delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere dovranno essere tenute separate rispetto a quella degli anni 1994 e precedenti, fatta salva la possibilita' di utilizzare gli eventuali avanzi di gestione per estinguere le situazioni debitorie preesistenti. La norma prosegue poi stabilendo che "la contabilita' economico-finanziaria e patrimoniale e la contabilita' finanziaria delle unita' sanitari locali e delle aziende ospedaliere relative agli anni precedenti al 1995 sono garantite direttamente dalle Regioni, che ne assumono integralmente le relative obbligazioni"; si prevede poi che entro il 30 settembre 1995 con decreto del Ministero della sanita', adottato di concerto con i Ministri del bilancio e della programmazione economica e del tesoro e in accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome devono essere stabiliti le modalita' ed i criteri di ripianamento del debito eventualmente accertato fino alla data di costituzione in aziende delle unita' sanitarie locali e degli ospedali. La norma appare costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi: 1. - Essa lede l'autonomia finanziaria garantita alle regioni ai sensi dell'art. 119 della Costituzione, perche' accolla integralmente e con effetto immediato in capo alle regioni tutte le obbligazioni delle USL e degli ospedali, senza che si distingua in alcun modo fra disavanzi o quote di disavanzo derivanti da fattori controllabili e governabili da parte delle regioni e disavanzi derivanti da fattori interamente governati dagli organi centrali o con strumenti di carattere nazionale. Come immediata conseguenza della pubblicazione di tale disposizione, molti debitori delle USL e degli ospedali hanno ottenuto dai giudici di merito decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi nei confronti della regione ricorrente, per elevati importi, e la legittimazione passiva della regione viene riconosciuta proprio in virtu' dell'impugnata norma. La lesione dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 della Costituzione risulta quindi evidente, specie ricordando i principi stabiliti in materia dalla suprema Corte costituzionale. Gia' nella sentenza n. 245 del 1984 la Corte ha affermato che "la parte essenziale della spesa sanitaria ed ospedaliera non puo' non gravare sullo Stato ... per l'evidente ragione che il diritto alla salute spetta ugualmente a tutti i cittadini e va salvaguardato sull'intero territorio nazionale"; che "non e' pertanto casuale che la spesa in questione sia prevalentemente rigida e non si presti ad essere manovrata, in qualche misura, se non dagli organi centrali di governo"; che "l'esigenza di pari trattamento, sottesa all'intera riforma sanitaria" spiega il fatto che le regioni non possano incidere sulle voci piu' rilevanti della spesa sanitaria, e che "per non violare l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio" la stessa sfera di operativita' delle norme che riconoscono alle regioni il potere di stabilire quote di partecipazione degli assistiti al costo della prestazione "deve essere ...ridotta ai minimi termini", mentre "e' solo lo Stato che dispone, ancora una volta, della potesta' di circoscrivere in tal senso la spesa"; ancora e' affermato che non si puo' presupporre "che le amministrazioni regionali portino ... l'effettiva responsabilita' degli eventuali disavanzi delle USL", in quanto gran parte della spesa sanitaria si forma indipendentemente dalle scelte regionali. Lo stesso principio e' stato riconfermato dalla Corte nella sentenza n. 452 del 1989, ove e' stato ritenuto contrastante con l'autonomia finanziaria delle regioni l'art. 2 della legge n. 37/1989 nella parte in cui disponeva che eventuali eccedenze di spesa non potessero essere poste a carico dello Stato. Ne' puo' obiettarsi che i suddetti principi sanciti dalla giurisprudenza costituzionale siano superati a seguito del riordino della disciplina in materia sanitaria disposto con i decreti leqislativi n. 502/1992 e n. 517/1993: vero e' infatti che essendo divenute le USL enti strumentali delle regioni (art. 3 comma primo del decreto legislativo n. 502/1992), le regioni stesse vengono ad avere alcuni poteri che permettono di governare la spesa delle USL medesime, diversamente da quanto avveniva invece nel passato in cui le USL erano configurate come strutture operative dei Comuni con la conseguenza che la responsabilita' finanziaria del servizio poteva gravare sulle regioni solo nei limiti della quota sanitario loro attribuita. Cio' nonostante e' richiesta una gradualita' nell'attuazione del nuovo meccanismo: infatti la Corte con la sentenza n. 355/1993 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 13 del citato decreto legislativo n. 502/1992 nella parte in cui, nello stabilire l'esonero immediato e totale dello Stato da interventi finanziari volti a far fronte ai disavanzi di gestione delle aziende sanitarie, non prevede una disciplina diretta a rendere graduale il passaggio e la messa a regime del sistema di finanziamento previsto dal decreto delegato; tale gradualita' e' indispensabile per far fronte nella prima fase al possibile scarto, presumibilmente elevato, fra i costi delle prestazioni assistenziali ipotizzati, secondo un parametro ottimale, dallo Stato e la situazione di partenza effettivamente esistente nelle unita' sanitarie locali. Nuovamente la Corte ha riconfermato i sopradetti principi nella recente sentenza n. 416/1995, in riferimento all'art. 10 della legge n. 724/1994 ove si legge nuovamente che "lo Stato non puo' addossare al bilancio regionale oneri relativi alla spesa sanitaria che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse", e quindi "una norma che impone alle regioni di provvedere al ripiano dei disavanzi di gestione anche in relazione a scelte legislative dello Stato, viola l'autonomia finanziaria, di bilancio e di spesa delle regioni, operando un condizionamento della medesima finanza regionale ed urta contro il principio del parallelismo tra responsabilita' di disciplina e di controllo e responsabilita' finanziaria". Cio' quanto avviene ad opera della disposizione impugnata, che accolla alle regioni integralmente ogni obbligazione assunta dalle USL e dagli ospedali, consentendo cosi' una immediata "aggressione" da parte dei creditori delle USL verso i bilanci regionali, per debiti del tutto indipendenti da decisioni regionali e quindi non imputabile all'amministrazione ricorrente. 2. - La norma impugnata viola altresi' il principio di copertura finanziaria delle nuove spese sancito dall'articolo 81, quarto comma della Costituzione, perche', per quanto sopra esposto, essa pone a carico delle regioni maggiori spese, peraltro non quantificate, senza contestualmente disporre l'assegnazione delle risorse finanziarie per farvi fronte. La violazione del principio di cui all'art. 81, u.c. della Costituzione e' ravvisabile anche perche' l'obbligo del legislatore di indicare i mezzi per fare fronte a nuove o maggiori spese va osservato con puntualita' rigorosa per le spese che - come quelle in esame - incidono sull'esercizio in corso, per il quale e' stato consacrato con l'approvazione del Parlamento l'equilibrio tra le entrate e le spese stesse (sentenza n. 12/1987). 3. - La norma impugnata appare poi in contrasto con l'art. 97 della Costituzione a causa della sua irragionevolezza: la disposizione infatti non ha alcuna motivazione (a cui pure il decreto-legge e' costituzionalmente tenuto) che legittimi l'assunzione integrale da parte delle regioni di tutte le obbligazioni sanitarie; in particolare la misura in questione non e' affatto giustificabile con le esigenze di contenimento del deficit sanitario, perche' essa riguarda solo la ripartizione della spesa tra lo Stato e le regioni, nell'evidente tentativo di scaricare il piu' possibile la spesa sanitaria sulle regioni e di alterare i principi costituzionali e le garanzie poste per evitare l'invasione delle competenze garantite dall'art. 119 della Costituzione. Il che e' rilevante tanto sotto il profilo dell'irragionevolezza quanto sotto quello dell'eccesso di potere legislativo. L'irragionevolezza della disposizione e' poi aggravata dal fatto che si dispone l'emanazione di un futuro decreto ministeriale, per stabilire le modalita' ed i criteri di ripianamento del debito, entro il 30 settembre 1995: detto termine, tuttavia, e' gia' abbondantemente decorso al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge in oggettoº Cio' crea una notevole confusione legislativa e rende evidente che la previsione dell'emanando decreto ministeriale e' un fatto puramente formale ed eventuale, che non impedisce l'integrale assunzione da parte delle regioni dei debiti delle USL e degli ospedali con efficacia immediata, come, del resto, testimoniano i molteplici decreti ingiuntivi concessi dai giudici di merito, con tanto di provvisoria esecuzione mai sospesa, nei confronti della regione ricorrente, seguiti da puntuali pignoramenti delle somme giacenti presso le tesorerie regionali. La norma quindi e' costituzionalmente illegittima quanto meno la' dove non subordina l'assunzione da parte delle regioni delle spese sanitarie alla contestuale entrata in vigore delle disposizioni che determinino le modalita' ed i criteri del ripianamento del debito, in conformita' ai principi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale, e quindi con accollo da parte delle regioni solo delle spese ad esse riferibili in quanto causate da fattori governabili dalle amministrazioni regionali medesime. 4. - I dedotti profili di illegittimita' costituzionale della norma sono aggravati dal fatto che l'accollo in capo alle regioni dell'integrale onere sanitario e' disposto con decreto-legge e quindi con uno strumento che consente al Governo, in virtu' dell'immediatezza degli effetti, di diminuire istantaneamente la spesa dello Stato, addossandola integralmente alle regioni, senza consentire loro di poter almeno svolgere le programmazioni e le previsioni necessarie, con ulteriore violazione dell'autonomia regionale costituzionalmente garantita ai sensi dell'art. 119 della Costituzione. Cio' determina una grava menomazione delle attribuzioni regionali: come gia' detto i pignoramenti che i creditori stanno eseguendo determinano un immobilizzato di notevole parte delle entrate regionali, cosi' vanificando per la regione la possibilita' di dare attuazione alle decisioni gia' assunte e, al tempo stesso, di continuare un razionale esercizio della propria potesta' programmatoria e della propria autonomia decisionale, con conseguente violazione anche dell'art. 117 della Costituzione.