IL TRIBUNALE
   Sull'istanza proposta  dai  difensori  di  Gionta  Valentino,  Caso
 Giuseppe, Sperandeo Alfredo, Arcobelli Guglielmo, Longobardi Gennaro,
 Agnello   Alfonso,  Amoruso  Vincenzo,  Palumbo  Ferdinando,  Ferraro
 Salvatore, Venerando Eduardo, Donnarumma  Gabriele,  Bove  Francesco,
 Sperandeo Gioacchino, Savino Felice, Tammaro Tito di promozione della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  per  contrasto  con  gli
 articoli 24, secondo comma, e  3,  primo  comma,  della  Costituzione
 dell'art.  34,  secondo  comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede
 che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice  che,
 quale  componente  del  Tribunale  del riesame, abbia, su appello del
 p.m., concorso ad emettere ordinanza di custodia  cautelare  o  abbia
 confermato  ex  art.    309 c.p.p. la sussistenza dei gravi indizi di
 colpevolezza posti a base dell'ordinanza applicativa della misura.
 
                               OSSERVA:
   Nel processo penale n. 1433/4/92 a carico di Gionta Valentino +  19
 per  il  delitto  di  cui  all'art.  416-bis  c.p.  e reati connessi,
 attualmente  nella  fase   della   discussione   dibattimentale,   il
 presidente  ed  uno  dei  componenti del collegio giudicante sono gli
 stessi magistrati che, quali componenti del  tribunale  del  riesame,
 hanno  concorso  ad  emettere  in  data  12 giugno 1991, a seguito di
 appello del p.m. ex art. 210 c.p.p., l'ordinanza con la quale  veniva
 applicata  la  misura  della  custodia cautelare per il reato ex art.
 art.  416-bis  c.p.  nei  confronti  degli  imputati  Caso  Giuseppe,
 Sperandeo  Alfredo,  Arcobelli Guglielmo, Longobardi Gennaro, Agnello
 Alfonso, Amoruso Vincenzo,  Palumbo  Ferdinando,  Ferraro  Salvatore,
 Venerando  Eduardo  e  in data 4 aprile 1991, a seguito di istanza di
 riesame ex art. 309 c.p.p., ordinanza, con la quale veniva confermata
 la sussistenza dei gravi  indizi  di  colpevolezza  per  i  reati  di
 concorso  in  detenzione  e  porto  di  armi da sparo clandestine nei
 confronti di Caso  Giuseppe,  Venerando  Eduardo,  Amoruso  Vincenzo,
 Palumbo  Ferdinando;  inoltre, il presidente del Collegio ha altresi'
 concorso nella stessa funzione in data 28 novembre 1991 a  confermare
 l'ordinanza di custodia cautelare ex art.  416-bis c.p. nei confronti
 di  Donnarumma Gabriele, Bove Francesco, Sperandeo Gioacchino, Savino
 Felice, Tammaro Tito e il medesimo giudice a latere  ha  concorso  in
 data  11 marzo 1991 a confermare l'ordinanza di custodia cautelare ex
 art. 416-bis c.p. nei confronti di Gionta Valentino.
   All'udienza  del  4  ottobre  1995,  fissata  per  l'inizio   della
 discussione  dei  difensori,  questi ultimi, facendo riferimento alla
 sentenza n.  432 del 6-15 settembre 1995 della Corte  costituzionale,
 sollevavano  questioni  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34,
 secondo comma, c.p.p.  in  relazione  agli  articoli  24  e  3  della
 Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede l'incompatibilita' al
 giudizio per le ipotesi di fatto sopra esposte.
   Alla   luce   del   nuovo   orientamento   espresso   dalla   Corte
 costituzionale  con  la  suindicata  sentenza  tali  questioni devono
 ritenersi non manifestamente infondate. Ed invero  la  Corte  ha  ivi
 affermato  il  principio  che  il giudice, il quale si e' pronunziato
 sulla  sussistenza  dei  gravi  indizi  di   colpevolezza   ai   fini
 dell'applicazione   di  una  misura  cautelare  personale,  ha  cosi'
 espresso  un  giudizio  di  merito  in  ordine  alla  responsabilita'
 dell'imputato   tale  da  rendere  o  fare  apparire  la  valutazione
 conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato da parte dello  stesso
 giudice  "condizionata  dalla  cosiddetta  forza della prevenzione, e
 cioe' da quella  naturale  tendenza  a  mantenere  un  giudizio  gia'
 espresso   o   un   atteggiamento  gia'  assunto,  in  altri  momenti
 decisionali dello stesso procedimento".
   Orbene,  nelle  situazioni  di fatto gia' esposte alcuni componenti
 del collegio giudicante hanno concorso ad emettere provvedimenti, nei
 quali  e'  stata  affermata  la  sussistenza  dei  gravi  indizi   di
 colpevolezza,  sicche'  ad  esse  potrebbe  ritenersi  applicabile il
 principio affermato dalla Corte  costituzionale,  anche  se  rispetto
 alla  ipotesi  gia'  esaminata  dalla  Corte  appaiono ricorrere vari
 elementi di differenziazione,  costituiti  ad  esempio  dalla  natura
 collegiale  del  giudice che si e' pronunziato e di quello davanti al
 quale e' in corso il dibattimento, dalla non identita'  dei  giudici,
 trattandosi  di  collegi diversamente composti, nonche' dai limiti di
 cognizione del giudice, il  quale  si  sia  pronunziato  in  sede  di
 appello; ma gli elementi di differenziazione ravvisabili non appaiono
 di  rilevanza  tale  da  far  ritenere  a  priori non assimilabili le
 fattispecie in esame a quella della sentenza  n.  432/1995  e  quindi
 manifestamente   infondate  le  proposte  questioni  di  legittimita'
 costituzionale,   sicche'   si   impone   il   ricorso   alla   Corte
 costituzionale.
   Le  questioni  appaiono  rilevanti  nel  presente processo, potendo
 derivare dall'eventuale accoglimento delle stesse  l'incompatibilita'
 di  alcuni  componenti  il  Collegio  al giudizio nei confronti degli
 imputati e sui fatti in ordine ai  quali  gia'  si  sono  pronunciati
 quali componenti del tribunale del riesame.
   Di  conseguenza, le questioni vanno rimesse al giudizio della Corte
 costituzionale con contestuale sospensione del processo nei confronti
 degli imputati Gionta Valentino, Caso  Giuseppe,  Sperandeo  Alfredo,
 Arcobelli  Guglielmo,  Longobardi  Gennaro,  Agnello Alfonso, Amoruso
 Vincenzo, Palumbo Ferdinando, Ferraro Salvatore,  Venerando  Eduardo,
 Donnarumma  Gabriele,  Bove  Francesco,  Sperandeo Gioacchino, Savino
 Felice, Tammaro Tito.