IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a seguito di eccezione di illegittimita' costituzionale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87). Rilevato che all'udienza preliminare del 3 ottobre 1995, in corso di procedimento con rito abbreviato per reato di rapina nei confronti di Moussafer Hassane, detenuto per questa causa, la difesa dell'imputato, constatato che lo stesso giudice durante le indagini preliminari aveva, in sede di udienza di convalida dell'arresto, adottato ordinanza applicativa nei di lui confronti della misura cautelare della custodia in carcere, sollevava questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. in relazione agli artt. 3, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevde, tra le ipotesi di incompatibilita' determinata da atti compiuti nel procedimento, quella della partecipazione al giudizio abbreviato del giudice dell'udienza preliminare che, in qualita' di g.i.p., applicando una misura cautelare personale, si sia gia' pronunciato nel merito del procedimento dichiarando sussistere gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. La questione veniva motivata dal difensore con riferimento alla sentenza n. 432 del 1995 della Corte costituzionale con la quale, in ipotesi simile, veniva dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato. Veniva al proposito evidenziato come nella motivazione della suddetta sentenza la Corte costituzionale aveva fatto esplicito riferimento a ipotesi, ritenute adeguate a radicare l'incompatibilita', in cui il g.i.p. non poteva pronunciarsi in sede di giudizio abbreviato sulla res iudicanda per avere gia' svolto incisive valutazioni di merito, atte a fondare un giudizio di responsabilita' dell'imputato, quali la disposizione al p.m. di formulare l'accusa dopo la reiezione di richiesta di archiviazione (sentenza n. 401 del 12 gennaio 1991) e la reiezione di richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 44 c.p.p. (sentenza n. 409 del 16 dicembre 1993). La recente individuazione di nuova causa di incompatibilita' a esercitare funzioni di giudice nei gradi del processo nella situazione del g.i.p. che si e' pronunciato nel merito delle prove a carico dell'imputato, adottando nei suoi confronti ordinanza applicativa di misura cautelare personale, individuata dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 432 del l995, sarebbe conseguenzialmente trasferibile, per identita' di motivazioni, al giudizio abbreviato tenuto in udienza preliminare dallo stesso g.i.p. delle misure cautelari personali. Situazione, quest'ultima, in cui il g.u.p. e' chiamato a decidere nel pieno merito delle questioni dedotte in imputazione e nella quale insorgerebbe conflitto con i principi costituzionali della parita' di tutti i cittadini di fronte alla legge, che verrebbe leso rispetto ai giudicabili non assoggettati a cautele personali, e della presunzione che verrebbe leso il principio di non colpevolezza fino al giudizio definitivo dalla precedente prognosi di colpevolezza svolta in sede cautelare. E' pacifico in atti che con ordinanza in data 14 agosto 1995 questo g.i.p. in sede di udienza di convalida, ha convalidato l'arresto e applicato alla persona sottoposta ad indagini la misura cautelare coercitiva personale della custodia in carcere, con cio' pronunciandosi anche sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273 del c.p.p., ravvisati nel caso specifico nella sorpresa in flagrante possesso da parte del Moussafer, nella toelette del treno ove si era rifugiato, del denaro e del borsello dei passeggeri rapinato dopo averli storditi offrendo loro bevande contenenti sostanze ipnotiche. Rileva questo giudice, pertanto, che l'eccezione e' rilevante nel presente giudizio, con riferimento alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995, in quanto questo stesso g.i.p., seguendo la motivazione della suddetta pronuncia, avrebbe gia' svolto nello stesso procedimento, con la positiva valutazione di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in sede di applicazione di misura cautelare, un giudizio prognostico sul merito della res iudicanda che si presume idoneo a minare l'imparzialita' della decisione conclusiva del processo. Ritiene in diritto questo g.i.p., quanto alla non manifesta infondatezza della questione, che va sottolineata la non paragonabilita', ai fini di una estensione automatica del principio affermato dalla Corte al presente caso, delle situazioni poste a raffronto dal difensore dell'imputato, e cioe' quella della partecipazione al giudizio dibattimentale di un giudice che abbia gia' applicato, in qualita' di g.i.p., una misura custodiale (tenuta presente dalla Corte nella sentenza n. 432/1995) e quella del g.u.p., chiamato a decidere in giudizio abbreviato, che nello stesso procedimento abbia gia' applicato come g.i.p. una misura cautelare personale all'indagato. Numerose sono le osservazioni da svolgere al proposito. 1. - L'accoglimento di una siffatta estensione dei casi tassativi di incompatibilita' del giudice per atti gia' compiuti nel procedimento implicherebbe lo spostamento di tutti i processi in cui sono state adottate misure personali ad una figura di g.u.p. diversa da quella del g.i.p., con inevitabile duplicazione dei giudici che devono occuparsi degli stessi procedimenti e aggravio di risorse organizzative e di attivita' processuali. Si verrebbe, cioe', a definire una situazione, comune a tutte le ipotesi in cui il g.i.p. si sia pronunciato incidentalmente sulla sussistenza di gravi indizi adeguati all'adozione del singolo atto richiestogli, in cui nel corso dell'udienza preliminare, ove venisse svolta richiesta di giudizio abbreviato, il processo dovrebbe essere assegnato a giudice diverso da quello precedente. Cio' con necessita' di rimessione degli atti al capo ufficio per la designazione del nuovo g.u.p., sospensione e rinvio ad altra data del processo, attesa dei tempi afferenti le disponibilita' di ruolo del nuovo giudice assegnatario. Ne conseguirebbe, secondo lo schema processuale attualmente vigente, un aggravio di lavoro per gli uffici del g.i.p. la pratica impossibilita' per i tribunali di modeste dimensioni di reperire magistrati che, per applicazione di misure o diniego di revoca, non si siano gia' pronunciati come g.i.p. nello stesso procedimento, e il rallentamento dei processi a causa del necessario rinvio cui andrebbero sottoposti a seguito della riassegnazione (imprevedibile e senza causa fino all'udienza preliminare) del giudizio abbreviato. Cio' a dispetto delle finalita' di semplificazione e di snellimento del processo ordinario che i procedimenti speciali - in diretta esecuzione della direttiva n. 1 dell'art. 2 della legge delega - sono chiamati a svolgere e del connesso principio della massima concentrazione nello stesso giudice di tutti gli atti concernenti lo stesso procedimento, alle stesse finalita' di economia processuale rivolto, stabilito dll'art. 7-ter del r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, introdotto dall'art. 3 del d.P.R. n. 449/1988 di adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale. Situazione, quella in esame, oltretutto estensibile ad una serie di giudizi speciali, quali il giudizio per decreto (ove lo stesso g.i.p. prima condanna inaudita altera parte, poi giudica con rito abbreviato ex art. 464 c.p.p.), i giudizi direttissimi sia del tribunale che del pretore (ove lo stesso organo e' chiamato a giudicare nel pieno merito dopo essersi appena pronunciato sulle richieste del p.m. in ordine alla custodia cautelare), nonche', sempre in tema di abbreviato tenuto dal g.u.p., alle ipotesi in cui lo stesso, quale g.i.p., abbia autorizzato l'intercettazione telefonica (valutando anche in quel caso la sussistenza di gravi indizi ex 266 c.p.p.). In altre parole, si verrebbero a creare piu' incompatibilita' processuali suscettibili di compromettere seriamente la pratica esperibilita' delle funzioni giudiziarie in ipotesi di precedenti valutazioni incidentali compiute dagli stessi giudici chiamati a decidere nell'ambito di taluni procedimenti speciali. Tale aggravio dell'attuale processo penale (nel quale, vale ricordare, i procedimenti speciali hanno lo scopo di rendere realizzabile la riforma attraverso deflazione del rito ordinario con riti piu' snelli) comporterebbe, ove estrapolata dallo schema globale del codice di rito, compromissione del principio del buon andamento dell'amministrazione, tutelato dall'art. 97 della Costituzione. Occorre, a questo punto, valutare se il conflitto dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. con gli artt. 3 e 27, da una parte, e quello, conseguente alla sua richiesta riforma, con l'art. 97 della Costituzione, dall'altra, debba essere risolto a discapito della tutela costituzionale di quest'ultimo ovvero se sia affermabile che nei procedimenti speciali la compressione di certi diritti, pur costituzionalmente garantito nell'ordinarieta', e' interno al sistema di economia processuale cui e' ispirata la stessa specialita'. Vale al proposito rilevare come, in ipotesi assai simili, la stessa Corte costituzionale abbia ritenuto prevalente l'esigenza di snellimento processuale su altri istituti posti a garanzia dell'imputato (vedasi, ad esempio, l'ordinanza 19 gennaio 1995 n. 22 con la quale e' stata respinta per manifesta infondatezza la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 554 del c.p.p. nella parte in cui esclude l'udienza preliminare nel procedimento pretorile, osservandosi dalla Corte che, gia' fissando la direttiva n. 1 della legge delega il principio della massima semplificazione del processo, la diversita' tra il rito pretorile, meno garantista, e quello del tribunale trova giustificazione nel principio della snellezza del rito che contraddistingue il secondo). Il principio suddetto potrebbe, quindi, trovare applicazione anche nell'ipotesi sopra affrontata, posto che l'identita' del g.u.p. con il g.i.p., nell'ambito della semplificazione delle procedure speciali, e' principio ricavabile dalla identica direttiva e dal gia' citato art. 7-ter dell'Ordinamento giudiziario. 2. - Le necessita' di genuinita' completa del giudice del dibattimento non si ripresentano per il giudice del rito abbreviato. Nel primo, infatti, la prova su cui si deve formare il convincimento dei giudicanti si forma ex novo nell'istruttoria dibattimentale, e presuppone un giudice che non conosca gli atti per non esserne influenzato; nel secondo, il giudice deve fondare il proprio convincimento su tutti gli atti del processo, ivi compresi quelli gia' personalmente compiuti, e non subisce pregiudizio, nella formazione del convincimento, dall'averli gia' conosciuti, quest'ultimo formandosi non solo sulle conoscenze incidentali e parziali degli atti, ma sulla loro complessita', conoscibile solo all'udienza preliminare. Ben differenti sono, quindi, le esigenze di evitare pregiudizi nella fase del dibattimento, come esaminato dalla Corte con la sentenza n. 432/1995, che non in quella del giudizio abbreviato. Cio' altro a voler presumere che il giudice dell'abbreviato, una volta espostosi in una fase incidentale (spesso iniziale e inaudita altera parte) con l'applicazione di misure, non abbia la forza psicologica di discostarsi dalla originaria valutazione di colpevolezza pur in presenza di elementi nuovi e a indagini definitivamente concluse. Argomento non condivisibile, stante l'opposta presunzione legale ricavabile dall'art. 7-ter dell'Ordinamento giudiziario, sul quale non e' stata sollevata questione. Va, da ultimo, rilevato, che la sentenza a seguito di giudizio abbreviato non e' soggetta a limiti di appello nel merito e che, quindi, eventuali radicamenti ingiustificati del g.u.p. alle proprie prognosi di g.i.p. potranno essere riformati in secondo grado. 3. - Al giudizio abbreviato si perviene su richiesta dell'imputato: richiesta che viene formulata rebus sic stantibus. Cioe' allo stato degli atti e con l'ufficio dell'udienza preliminare composto dallo stesso, g.u.p. che adotto' le misure come g.i.p. La speditezza ed economicita' del rito giustifica lo sconto di pena per l'ipotesi di condanna ma non puo' costituire un diritto ad un rito con sconto di pena modellato sui presupposti del rito ordinario. Inoltre, il rito abbreviato non e' obbligatorio. Ove non ritenga di aderire al procedimento speciale l'imputato puo' pur sempre optare per il rito ordinario, con le maggiori garanzie di un giudice collegiale totalmente genuino e di una istruttoria dibattimentale integralmente nuova rispetto agli atti gia' compiuti. Come si e' osservato, una riforma del regime delle incompatibilita' di cui all'art. 34 del c.p.p. nel senso proposto dalla difesa non si esaurirebbe nella modifica del singolo istituto del giudizio abbreviato, ma sarebbe foriera di uno sconvolgimento dell'impianto codicistico dei riti speciali e implicherebbe una vasta riforma organizzativa degli uffici, oltre che alla istituzionalizzazione - attualmente non solo non prevista ma negata - di una figura di g.u.p. diversa da quella di g.i.p., contrariamente al disposto dell'art. 7-ter dell'Ordinamento giudiziario, come appositamente riformato coevamente all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Il principio affermato nella sentenza n. 432/1995 puo' ben restare valido con esclusivo riferimento alla situazione ivi considerata, cioe' per l'incompatibilita' del g.i.p. delle misure personali a partecipare al giudizio dibattimentale, e non deve essere esteso per necessita' logica al g.u.p. del giudizio abbreviato che, come g.i.p., abbia applicato una misura cautelare personale. A cio' ostando la diversita' delle situazioni e delle discipline che rendono inequiparabili gli affiancati istituti processuali. Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, quindi, l'applicazione anche al giudizio abbreviato del g.u.p. dell'incompatibilita' gia' rilevata dalla Corte costituzionale per il g.i.p. delle misure cautelari personali che partecipi al dibattimento e' tutt'altro che automatica, opponendosi alle valutazioni afferenti il giudizio dibattimentale ordinario avanti al Tribunale una serie di considerazioni tipiche del procedimento speciale con rito abbreviato davanti al giudice dell'udienza preliminare che pongono in dubbio l'estensibilita' del principio affermato nella sentenza n. 432/1995 ad altre ipotesi di giudizi speciali per la diversita' dei principi sottostanti ai relativi procedimenti. La questione di incostituzionalita', nonostante le avverse considerazioni, e' tutt'altro che pacifica e non risolvibile in via interpretativa in ragione del precedente piu' volte rammentato. La situazione di dubbio - sintomatica di una non manifesta infondatezza della medesima - ne impone la rimessione alla Corte costituzionale a mente dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.