ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione Veneto notificato  il
 17  maggio  1995,  depositato  in  Cancelleria  il 24 successivo, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito della notifica da parte del
 Commissario del Governo nella Regione Veneto, con atto n.  2042/20820
 in  data  11  aprile  1995,  del  rinvio  disposto  dal Governo della
 Repubblica a nuovo esame del Consiglio regionale della  legge  "Piano
 socio-sanitario 1995-1997", giusta provvedimento della Presidenza del
 Consiglio  dei  ministri n. 200/2072/VE.50.18.4 - Dipartimento Affari
 Regionali, ed iscritto al n. 15 del registro conflitti 1995;
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1995 il Giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  gli  avvocati  Romano Morra e Fabio Lorenzoni per la Regione
 Veneto e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                            Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Veneto ha sollevato conflitto di attribuzione  contro  il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  in  relazione  all'atto di rinvio per
 riesame della legge  regionale  approvata  il  9  marzo  1995  (Piano
 socio-sanitario 1995-1997), disposto dal Governo con il provvedimento
 n.   200/2072/VE.50.18.4,   notificato  alla  Regione  con  nota  del
 Commissario del Governo dell'11 aprile 1995, n. 2042/20820.
   La Regione, premesso che la legge e' stata rinviata perche' la  sua
 approvazione,  disattendendo  il  termine  previsto dall'art. 3 della
 legge n. 108 del 1968, e' intervenuta  il  quarantacinquesimo  giorno
 antecedente la elezione del nuovo Consiglio regionale, ritiene l'atto
 del Governo invasivo delle proprie attribuzioni.
   Assume in particolare che:
     a)  il  rinvio  sarebbe  stato disposto non per violazione di una
 norma costituzionale, bensi' per  il  mancato  rispetto  dell'art.  3
 della legge n. 108 del 1968;
     b) il Governo avrebbe esercitato la sua discrezionale valutazione
 senza  tenere  presente il limite della ragionevolezza, e cioe' senza
 considerare la "significativita'" dell'oggetto del disegno di  legge,
 vale  a  dire la sanita', ne' la "conclusivita' dell'iter normativo",
 che, solo per il voto finale, ha  utilizzato  ventisette  minuti  del
 quarantacinquesimo giorno antecedente la data delle elezioni;
     c)  i  Consigli  regionali,  anche alla luce della giurisprudenza
 costituzionale (si richiama la sentenza n. 468  del 1991), fino  alla
 scadenza  del  quinquennio  sarebbero  comunque  provvisti  di poteri
 attenuati, tra i quali rientrerebbe la conclusione di un procedimento
 legislativo in itinere.
   2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri   sostenendo  la  inammissibilita'  del  conflitto.  Secondo
 l'Avvocatura  dello  Stato,  il  rinvio  della  legge  regionale  non
 potrebbe   in   alcun   modo   menomare   la  sfera  di  attribuzione
 costituzionalmente   assegnata   alla   Regione,    perche'    questa
 conserverebbe  comunque la facolta' di riapprovare la legge rinviata.
 Ne', nel caso in esame, si potrebbe sostenere che, essendo  trascorso
 il  termine  del  quarantaseiesimo giorno antecedente alla data delle
 elezioni, tale  facolta'  sia  venuta  meno,  atteso  che,  anzi,  la
 riapprovazione  di  una  legge  rinviata  -  previa valutazione della
 indifferibilita'  e  necessita'  dell'atto  legislativo  -   rientra,
 secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  proprio nell'ambito dei
 poteri attenuati che spettano al Consiglio regionale  nei  45  giorni
 che precedono le elezioni.
   Nel merito, il conflitto sarebbe comunque infondato.
   Osservato   che   la   natura  temporanea  dei  Consigli  regionali
 costituisce un principio fondamentale dell'ordinamento, a fronte  del
 quale  la  legge  ordinaria  si  pone  come legge di attuazione della
 Costituzione, si deduce che il termine di 45 giorni posto dalla legge
 sarebbe strettamente correlato ai termini del controllo spettante  al
 Governo, al fine di evitare che l'attivita' legislativa del Consiglio
 venga   a   perfezionarsi   dopo  l'elezione  del  successivo  organo
 rappresentativo.
   Circa la lamentata violazione del principio di  ragionevolezza,  si
 oppone che questo sarebbe compromesso proprio se i termini "potessero
 considerarsi in ogni caso flessibili".
   Infine,  quanto  al principio che consente ai Consigli regionali di
 esercitare i loro poteri, pur dopo la scadenza del termine, nei  casi
 di  urgenza e di indifferibilita', deve trattarsi di esigenze che non
 si pongano in contraddizione con l'avvenuta scadenza  degli  ordinari
 poteri,  ferma la necessita' che "il legislatore regionale compia con
 consapevolezza,  responsabilita'  e  ragionevolezza  una  valutazione
 dell'atto  come  ricompreso  tra  quelli  indifferibili e necessari",
 valutazione neppure ipotizzata nel caso di specie.
                         Considerato in diritto
   1. - Con il ricorso in epigrafe, la  Regione  Veneto  ha  sollevato
 conflitto  di  attribuzione  nei  confronti dello Stato, in relazione
 alla deliberazione governativa, comunicata con atto  del  Commissario
 del  Governo  dell'11  aprile 1995, con la quale e' stato disposto il
 rinvio  per il riesame della legge approvata il 9 marzo 1995, recante
 il "Piano socio-sanitario 1995-1997".
   La Regione chiede che sia dichiarata la non  spettanza  al  Governo
 del  potere  di  rinvio  di una legge approvata alcuni minuti dopo la
 scadenza del termine stabilito  dall'art.  3,  secondo  comma,  della
 legge  n.  108  del  1968, e cioe' quello del quarantaseiesimo giorno
 antecedente alla data delle elezioni previste per la rinnovazione del
 Consiglio regionale.
   In particolare, la ricorrente assume che:
     a) il rinvio sarebbe stato disposto non  per  violazione  di  una
 norma  costituzionale,  bensi'  per  il  mancato rispetto dell'art. 3
 della legge n. 108 del 1968;
     b) il Governo avrebbe esercitato la sua discrezionale valutazione
 senza tenere presente il limite della ragionevolezza, e  cioe'  senza
 considerare  la "significativita'" dell'oggetto del disegno di legge,
 vale a dire la sanita', ne' la "conclusivita'  dell'iter  normativo",
 che,  solo  per  il  voto finale, ha utilizzato ventisette minuti del
 quarantacinquesimo giorno antecedente la data delle elezioni;
     c) il  rinvio  sarebbe  stato  effettuato  in  contrasto  con  il
 principio  secondo  il quale i Consigli regionali, fino alla scadenza
 del quinquennio sono comunque provvisti di poteri  attenuati,  tra  i
 quali  rientrerebbe  la conclusione di un procedimento legislativo in
 itinere.
   2. - Va,  preliminarmente,  esaminata  l'eccezione  dell'Avvocatura
 dello  Stato,  la  quale  deduce la inammissibilita' del conflitto di
 attribuzione, in quanto avente ad oggetto un atto di  rinvio  di  una
 legge  regionale,  assumendo che da tale atto non potrebbe discendere
 la  menomazione  della  sfera  di   attribuzione   costituzionalmente
 assegnata  alla regione, dal momento che questa conserva in ogni caso
 il potere di riapprovare la legge rinviata.
   La eccezione, che cosi' come formulata appare rivolta ad  escludere
 un'attitudine  in  se'  lesiva  dell'atto  di rinvio, non puo' essere
 condivisa. La Corte ha gia' ritenuto  che,  in  via  generale,  detta
 attitudine  possa  riscontrarsi  in qualunque atto che, a prescindere
 dalle sue caratteristiche intrinseche  o  dal  suo  regime  o  valore
 tipico, attenti all'integrita' delle attribuzioni di uno dei soggetti
 o  poteri indicati nell'art. 134 della Costituzione, determinando una
 illegittima  compressione  delle  attribuzioni  di   uno   di   essi,
 attraverso  l'illegittima  espansione  ovvero l'illegittimo esercizio
 dei poteri dell'altro (sentenza n. 473 del 1992).
   In armonia con detto orientamento,  anche  l'esercizio  del  potere
 governativo  di  rinvio  e'  suscettibile  di  dar luogo a conflitto,
 quando tenda ad alterare il  rapporto  esistente  fra  le  reciproche
 sfere  di  competenza,  come  nel caso, ripetutamente esaminato dalla
 giurisprudenza costituzionale, di illegittima reiterazione del rinvio
 medesimo, che da' luogo da una parte ad un'espansione della sfera  di
 attribuzione  del  Governo  al  di la' della previsione dell'art. 127
 della Costituzione e pone in essere, dall'altra, una compressione  di
 quella  della  regione:    quest'ultima  viene, infatti, assoggettata
 all'onere di riprendere in esame la legge che ne e' stata oggetto,  e
 puo' rimuovere l'ostacolo che il rinvio pone alla promulgazione, solo
 attraverso la riapprovazione con la prevista maggioranza qualificata.
   Nel  caso  qui esaminato, il Governo ha rinviato la legge reputando
 la stessa approvata quando la Regione non ne aveva  piu'  il  potere,
 essendo  trascorsi  i  termini  stabiliti dall'art. 3, secondo comma,
 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, a tenore del quale  i  Consigli
 regionali esercitano le loro funzioni fino al quarantaseiesimo giorno
 antecedente alla data delle elezioni per le loro rinnovazione.
   Le  ragioni poste dal Governo a fondamento del rifiuto del visto si
 risolvono, dunque, nonostante l'invito  a  sottoporre  nuovamente  al
 Consiglio  regionale  la  legge, contenuto nell'atto di rinvio, nella
 negazione, in radice, della potesta'  legislativa  regionale  nei  45
 giorni  antecedenti le elezioni, aprendo per cio' stesso la strada al
 ricorso per conflitto di attribuzione, che appare l'unico  mezzo  del
 quale  la Regione dispone per provocare una decisione di questa Corte
 che restauri, ove necessario, l'ordine delle competenze.
   Ne  discende,  al  tempo  stesso,   l'infondatezza   dell'eccezione
 sollevata    dall'Avvocatura,   che   fa   propria   la   sostanziale
 contraddittorieta' dell'atto di rinvio, nella parte in cui, negata la
 potesta' di approvare in prima lettura la legge, invita la Regione  a
 sottoporla a riesame da parte del Consiglio.
   3. - Nel merito il ricorso va accolto.
   L'art.  3  della  legge 17 febbraio 1968, n. 108, dispone, al primo
 comma, che i  Consigli  regionali  si  rinnovano  ogni  cinque  anni.
 Prevede,  poi,  al comma successivo, che i Consigli stessi esercitano
 le loro funzioni fino al  quarantaseiesimo  giorno  antecedente  alla
 data  delle  elezioni per la loro rinnovazione. Elezioni che potranno
 aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento
 del predetto periodo quinquennale.
   Questa Corte, in ordine alla portata delle norme  in  questione,  e
 soprattutto  alla  loro  reciproca  correlazione,  ha  gia'  espresso
 l'avviso che i Consigli, abilitati a svolgere tutte le funzioni  loro
 spettanti  fino al quarantaseiesimo giorno antecedente quello fissato
 per le elezioni, dispongono, comunque, dopo tale  data  e  fino  alla
 loro cessazione, di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione
 di  organi  in scadenza, analoga a quella degli organi legislativi in
 prorogatio (sentenza n. 468 del 1991).
   Si  verifica,  in  sostanza,  una  fase  di  depotenziamento  delle
 funzioni  del  Consiglio  la  cui  ratio  e'  stata individuata dalla
 giurisprudenza costituzionale  nel  principio  di  rappresentativita'
 connaturato  alle assemblee consiliari regionali in virtu' della loro
 diretta investitura popolare e della  loro  responsabilita'  politica
 verso  la  comunita'  regionale,  si' da comportare la piena garanzia
 dell'autonomia costituzionale riconosciuta alle  anzidette  assemblee
 e, conseguentemente, la totale disponibilita', da parte delle stesse,
 delle  attribuzioni  costituzionalmente  spettanti  ad esse e ai loro
 membri.
   Peraltro,  se  tale  principio  comporta  che   nessuna   assemblea
 rappresentativa  ha  il  potere  di  vincolare quelle successive alle
 decisioni da essa prese nell'ambito di procedimenti  legislativi  che
 non  si  siano perfezionati con la definitiva approvazione consiliare
 della legge, il principio stesso va, tuttavia, coniugato  con  quello
 della continuita' funzionale dell'organo, continuita' che esclude che
 il  depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino a comportare
 una indiscriminata e totale paralisi  dell'organo  stesso,  tanto  e'
 vero  che,  proprio  per  questo,  la  giurisprudenza  della Corte ha
 ritenuto che,  in  caso  di  rinvio  da  parte  del  Governo,  l'atto
 legislativo  rinviato  che  sia  reputato  dal  legislatore regionale
 indifferibile e necessario possa essere riapprovato, ai  sensi  e  ai
 fini  dell'art.  127 della Costituzione, anche nel corso degli ultimi
 45 giorni di permanenza in carica del Consiglio.
   La ratio teste'  accennata,  espressiva  in  se'  dell'esigenza  di
 contemperamento  fra  principio  di rappresentativita' e principio di
 continuita' funzionale, induce a ritenere, quanto ai limiti nei quali
 e' consentito portare a definizione i procedimenti legislativi in via
 di svolgimento, che il relativo iter, una  volta  che  i  lavori  del
 Consiglio  siano stati tempestivamente iniziati, puo' essere concluso
 anche al di  la'  della  scadenza  temporale  prevista  dall'art.  3,
 secondo  comma,  della legge n. 108 del 1968, quando la seduta - come
 nel caso della approvazione del Piano socio-sanitario  della  Regione
 Veneto - non subisca interruzioni.
   Con  l'accoglimento  del  ricorso  nei  termini di cui sopra, resta
 assorbito ogni altro motivo di doglianza.