ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  promosso  con  ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna
 notificato il 7 luglio 1995, depositato in cancelleria il  18  luglio
 1995,  per conflitto di attribuzione, sorto a seguito del decreto del
 Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, in  data  25
 maggio  1995  -  con  il  quale e' stato disposto lo scioglimento del
 Consiglio di amministrazione e del Collegio  dei  Sindaci  di  nomina
 assembleare  del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e nominato
 Commissario governativo  del  Consorzio  medesimo  il  dott.  Antonio
 Todisco - ed iscritto al n. 22 del registro conflitti 1995.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  novembre  1995  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
   Udito  l'avvocato  dello  Stato Claudio Linda per il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto  in  fatto
   1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato,  la  Regione
 Emilia-Romagna,  in  persona  del Presidente pro-tempore della Giunta
 regionale, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello
 Stato in relazione al decreto del Ministro  delle  risorse  agricole,
 alimentari e forestali 25 maggio 1995, con il quale e' stato disposto
 lo  scioglimento  del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei
 sindaci di nomina assembleare del Consorzio  agrario  provinciale  di
 Piacenza e nominato Commissario governativo del Consorzio medesimo il
 dott.  A.  Todisco  fino  al  30  settembre  1995. Ritiene la Regione
 ricorrente che detto decreto sia in contrasto con gli artt. 117 e 118
 della Costituzione, in relazione agli artt. 2 del d.P.R.  15  gennaio
 1972, n. 11, 66 e seguenti del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche'
 1, comma 2, e 2, comma 3, della legge 4 dicembre 1993, n. 491.
   Nel  motivare  il  ricorso, la Regione Emilia-Romagna rileva che il
 potere in questione,  come  disciplinato  dall'art.  35  del  decreto
 legislativo  7  maggio  1948,  n. 1235 (richiamato nelle premesse del
 decreto oggetto del  presente  conflitto),  fosse  di  spettanza  del
 Ministero   dell'agricoltura   prima  dell'attuazione  della  riforma
 regionale, ma deve ritenersi trasferito alle regioni a seguito  della
 riallocazione  delle funzioni agli enti territoriali operata mediante
 l'art. 11 del d.P.R. n. 11 del 1972.
   Ne' avrebbe pregio l'argomento relativo alla pretesa strumentalita'
 dei Consorzi agrari rispetto alla programmazione agricola  nazionale,
 dato  che tali funzioni sono oggi esercitate dallo Stato mediante una
 propria azienda, l'AIMA, ora riordinata nell'EIMA, e che ai  Consorzi
 agrari  altro  non spetta che la cura degli interessi degli operatori
 consorziati, tipicamente riferibili alla dimensione locale.
   Qualora il potere in contestazione fosse riferito  allo  Stato,  si
 avrebbe  la conseguenza di privare le regioni di qualsiasi competenza
 sugli operatori economici in materia agricola, in contraddizione  con
 le  attribuzioni spettanti alle stesse in ordine all'attuazione della
 normativa CEE ed agli interventi previsti dagli artt. 66, lettere  b)
 e c), e 67, primo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.
   E  inoltre ritiene la Regione che la legge 4 dicembre 1993, n. 491,
 nell'attribuire al Ministero delle  risorse  agricole,  alimentari  e
 forestali  funzioni  di (mero) coordinamento e non di amministrazione
 attiva, avrebbe implicitamente escluso ogni potere di  vigilanza  sui
 consorzi.
   Qualora  infine si dovesse ritenere che le funzioni di cui trattasi
 non rientrino tra quelle trasferite alle regioni, e che al  contrario
 l'effettivita'  di  tale  trasferimento,  quale stabilito dall'art. 2
 della legge n. 491 del 1993, risulti condizionata dall'emanazione  di
 un  regolamento governativo sottoposto ad un termine solo ordinatorio
 di novanta giorni (gia' abbondantemente  scaduto),  la  legge  stessa
 dovrebbe  essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art.
 75 della Costituzione, in quanto ripristinatrice in capo al ministero
 di  funzioni  di  amministrazione  attiva  incidenti  su  materie  di
 competenza  regionale;  nonche'  dell'VIII  disposizione  transitoria
 della  Costituzione,  in  quanto  la   legge,   cosi'   interpretata,
 consentirebbe  che  il  suddetto  trasferimento  sia operato con atto
 amministrativo anziche' legislativo,  in  violazione  pertanto  della
 riserva di legge ivi stabilita.
   2.  -  Si  e'  costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 chiedendo che il ricorso della Regione Emilia-Romagna sia rigettato.
   Ritiene   la   difesa  erariale  che  il  potere  di  vigilanza  e'
 prevalentemente  connesso  alle  funzioni  statali  in   materia   di
 cooperazione,   stante   il   disposto   di  cui  all'art.  45  della
 Costituzione.
   Con riguardo alla legge n. 491 del 1993, la  stessa  difesa  rileva
 che  le  lettere  b),  c)  e  d) dell'art. 2 riservano allo Stato, in
 concorso  con  le  regioni  (art.  1,  comma  4),  l'elaborazione   e
 l'attuazione  di  una  politica  agricola  nazionale  e  comunitaria:
 pertanto, gli organismi attraverso i quali lo Stato attua la  propria
 politica  di  mercato non possono considerarsi come entita' autonome,
 bensi'  come  entita'  convergenti  in  un  unico  sistema  di   rete
 nell'interesse del mondo agricolo.
   In  tal  senso  dovrebbero essere considerati i Consorzi agrari, in
 quanto  operanti  su  tutto  il   territorio   nazionale,   ancorche'
 organizzati   a   livello   provinciale   ed  interprovinciale,  come
 risulterebbe   altresi'   dall'aggregazione   degli   stessi    nella
 Federazione  nazionale  dei  Consorzi  agrari,  operata  dal  decreto
 legislativo n. 1235 del 1948.
   Detta conclusione sarebbe altresi' rafforzata dal disposto  di  cui
 all'art.  6,  comma  1,  lettera c), della legge n. 491 del 1993, che
 demanda ad un regolamento governativo il riordino o  la  soppressione
 degli  enti  vigilati dall'ex Ministero dell'agricoltura: non essendo
 ancora stato emanato il relativo regolamento, il potere di  vigilanza
 deve ritenersi tuttora di competenza dello Stato.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La  Regione  Emilia-Romagna,  nell'impugnare  il decreto del
 Ministro delle risorse agricole, alimentari  e  forestali  25  maggio
 1995, con il quale e' stato disposto lo scioglimento del Consiglio di
 amministrazione  e del Collegio dei sindaci di nomina assembleare del
 Consorzio agrario provinciale di Piacenza e nominato  un  Commissario
 governativo  del  Consorzio medesimo, dubita della spettanza di detto
 potere allo Stato,  ed  in  particolare  al  Ministro  delle  risorse
 agricole,  alimentari e forestali, in base agli artt. 117 e 118 della
 Costituzione, in riferimento all'art. 2 del d.P.R. 15  gennaio  1972,
 n.  11;  agli artt.  66 e ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; agli
 artt. 1, comma 2, e 2, comma 3, della legge 4 dicembre 1993, n. 491.
    Questione sostanzialmente identica era stata posta a questa  Corte
 mediante analogo conflitto, proposto con ricorso della stessa Regione
 e nei confronti di un precedente decreto ministeriale (sebbene avente
 ad oggetto il medesimo Consorzio agrario), risolto con la sentenza n.
 384 del 1995, nel senso della spettanza allo Stato di detto potere di
 scioglimento.
    2.  -  Occorre in primo luogo esaminare gli elementi di differenza
 del primo decreto rispetto a quello oggetto del  presente  conflitto,
 anche al fine di valutare l'ammissibilita' di quest'ultimo.
   Tali  elementi  riguardano  quattro distinti profili: i presupposti
 motivanti  l'emanazione  del  decreto;  la  persona  fisica  nominata
 Commissario  governativo;  la  data  stabilita  per l'esercizio delle
 relative funzioni; i poteri attribuiti al suddetto Commissario.
   Le  differenze  riscontrabili  tra   i   predetti   elementi   sono
 sufficienti  a  ritenere  che ci si trovi ora di fronte ad un decreto
 nuovo e diverso rispetto a quello precedente; relativamente al  quale
 non  valgono  pertanto  motivi  di  preclusione alla proposizione del
 conflitto.
   3. - Malgrado questo, va  rilevato  che  il  thema  decidendum  del
 presente  conflitto  non si discosta da quello proprio del precedente
 (se cioe' il potere di sorveglianza sui consorzi agrari  spetti  allo
 Stato  ovvero  alle  regioni),  e  anche  i motivi a sostegno dei due
 conflitti rivelano molti aspetti di assonanza.
   Prima  di  esaminarne  il  merito,  va  precisato  che,  come  gia'
 affermato in precedenza da questa Corte, non e' possibile attivare un
 nuovo procedimento per esercitare, in forma surrettizia, un sindacato
 del  merito  di  una  decisione  costituzionale  (ordinanza n. 27 del
 1990), e che pertanto il conflitto in esame deve  essere  inteso  non
 come   rivolto  a  censurare  la  precedente  pronuncia  -  cio'  che
 certamente non e' in alcun modo consentito - quanto invece a rilevare
 i vizi del decreto in esame in relazione ai parametri invocati.
   4. - Con riferimento specifico a tale delimitazione del  conflitto,
 occorre  riaffermare  la  spettanza  allo  Stato  delle competenze in
 esame.
   Vanno al riguardo  ribadite  le  motivazioni  poste  a  base  della
 richiamata sentenza di questa Corte (n. 384 del 1995), secondo cui "i
 Consorzi  agrari  costituiscono a tutt'oggi strumenti dell'intervento
 pubblico sul mercato agricolo, e risultano pertanto  ancora  ispirati
 al  conseguimento  di  finalita'  nazionali,  finalita' che in questa
 materia non risultano essere soddisfatte in via  esclusiva  da  altri
 organismi (AIMA o EIMA)".
   Cio'  non  vale  ad  escludere,  peraltro,  la  possibilita',  come
 sostenuto in questa sede anche dalla difesa erariale, che mediante il
 regolamento governativo previsto dall'art. 6, comma  1,  lettera  c),
 della  legge  n.  491  del 1993 si provveda, nell'ambito del riordino
 degli enti vigilati dall'ex Ministero dell'agricoltura, a una diversa
 attribuzione della funzione in oggetto, anche per rinvenire soluzioni
 che concilino l'esigenza del conseguimento di finalita'  nazionali  -
 ispiranti  la  natura dei Consorzi agrari e la loro convergenza in un
 unico sistema di rete nell'interesse del mondo agricolo (sentenza  n.
 384  del  1995)  -  con quella di consentire alle regioni l'esercizio
 delle funzioni previste  dalla  normativa  vigente,  nella  direzione
 indicata dalla volonta' referendaria.
   5. - La Regione ricorrente richiede, in via subordinata, che questa
 Corte  sollevi  d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale
 della legge 4 dicembre 1993, n. 491, nella parte in cui ripristina in
 capo al Ministero delle risorse agricole, alimentari e  forestali  le
 funzioni di amministrazione attiva incidenti su materie di competenza
 regionale,   in  riferimento  all'art.  75  e  all'VIII  disposizione
 transitoria della Costituzione.
   Detta richiesta  non  puo'  essere  accolta,  sia  in  quanto  cio'
 potrebbe trasformare il conflitto in un modo surrettizio di sollevare
 (fuori dai termini tassativamente stabiliti dagli artt. 2 della legge
 costituzionale  9 febbraio 1948, n. 1 e 32 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87) la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni
 normative che  stanno  alla  base  dell'atto  impugnato  (da  ultimo,
 sentenza   n.   472   del  1995),  sia  perche',  come  rilevato,  la
 disposizione legislativa non esclude in modo tassativo un eventuale e
 diverso atteggiarsi in sede regolamentare delle competenze statali  e
 regionali in materia.