ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 12 del decreto-legge 7 gennaio 1995, n. 3 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in materia di smaltimento dei rifiuti), 12 del decreto-legge 9 marzo 1995, n. 66, dallo stesso titolo, 2, quarto e quinto comma, 12, terzo e quarto comma e 15 del citato decreto-legge n. 3 del 1995, promossi con ordinanze emesse il 17 gennaio 1995 dal Pretore di Perugia, sez. distaccata di Assisi, il 3 febbraio 1995 dal Pretore di Trieste, il 3 marzo 1995 dal Pretore di Udine, sez. distaccata di S. Daniele del Friuli (n. 2 ordinanze), il 28 febbraio 1995 dal Pretore di Udine, sez. distaccata di Cividale del Friuli, il 21 febbraio 1995 dal Pretore di Udine (n. 3 ordinanze), il 14 marzo 1995 dal Pretore di Perugia, sez. distaccata di Assisi, il 15 e il 19 febbraio 1995 dal Pretore di Udine, sez. distaccata di Tarcento, il 3 febbraio 1995 dal Pretore di Trieste, rispettivamente iscritte ai nn. 167, 186, 246, 247, 274, 279, 280, 281, 288, 332, 333 e 370 del 1995 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 13, 15, 19, 21, 22, 24 e 26, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'8 novembre 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; Ritenuto che, con due ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, emesse, nel corso di altrettanti procedimenti penali, in data 17 gennaio 1995 e 14 marzo 1995 (r.o. nn. 167 e 288 del 1995), il Pretore di Perugia, sezione distaccata di Assisi, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale rispettivamente dell'art. 12 del decreto-legge 7 gennaio 1995, n. 3 (Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in materia di smaltimento dei rifiuti), che reiterava precedenti decreti-legge non convertiti, e dell'art. 12 del decreto-legge 9 marzo 1995, n. 66, che ha fatto seguito al primo, a sua volta non convertito; che, ad avviso del giudice rimettente, le predette norme, nel realizzare un'abrogazione dell'originale impianto sanzionatorio di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, violerebbero gli artt. 25 e 77 della Costituzione, in quanto la reiterazione dei decreti-legge, con la incertezza legislativa che ne consegue, determinerebbe effetti pregiudizievoli sul piano del rispetto dei principi di legalita' e di riserva di legge in materia penale, in assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza che giustificano l'attribuzione al Governo di una propria potesta' legislativa; che sarebbero, inoltre, violati: a) il combinato disposto degli artt. 3 e 25 della Costituzione, in quanto, in contrasto con i principi di parita' di trattamento e, ancora una volta, di riserva di legge in materia penale, verrebbero sottratte alla disciplina dei rifiuti quelle sostanze che la Camera di commercio inserisce nei listini ufficiali; b) l'art. 10 della Costituzione, per il contrasto di fondo tra i decreti-legge in esame e le direttive CEE nn. 156 e 689 del 1991, nonche' il regolamento n. 259 del 1993; c) infine, gli artt. 9 e 32 della Costituzione, che tutelano l'ambiente e la salute; che, con motivazioni analoghe, il Pretore di Udine, con tre ordinanze di identico contenuto, emesse, nel corso di altrettanti procedimenti penali, in data 21 febbraio 1995 (r.o. nn. 279, 280 e 281 del 1995), ha impugnato, in riferimento agli artt. 9, secondo comma, 32, 10, 25 e 77 della Costituzione, gli artt. 12, quarto comma, e 15 del decreto-legge n. 3 del 1995, nella parte in cui rispettivamente escludono la punibilita' di chi abbia effettuato, in determinate condizioni, lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, e fanno venir meno l'obbligo di autorizzazione e iscrizione all'albo nazionale per chi effettui lo stoccaggio, nell'ambito dello stesso insediamento produttivo, con le modalita' prestabilite; che le medesime norme, con riferimento agli stessi parametri costituzionali, sono state censurate dai Pretori di Udine, sezione distaccata di San Daniele del Friuli (ordinanze r.o. nn. 246 e 247 del 1995, emesse in data 3 marzo 1995), e sezione distaccata di Tarcento (ordinanza r.o. n. 333 del 1995, emessa in data 19 febbraio 1995); che il Pretore di Trieste, con due ordinanze di identico contenuto, emesse in data 3 febbraio 1995 (r.o. nn. 186 e 370 del 1995), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, quarto e quinto comma, del decreto-legge n. 3 del 1995 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto, con l'affidare all'autorita' amministrativa il potere di includere o meno un determinato materiale in un listino, sottraendolo alla normativa sui rifiuti, rischierebbe di dare origine ad ingiustificate disparita' di trattamento tra regione e regione nonche' tra identici beni, qualificati ora come merce liberamente circolante, ora come rifiuto; e per violazione, altresi', del principio della riserva di legge in materia penale e di stretta legalita', di cui all'art. 25 della Costituzione, e di quello del buon andamento della pubblica amministrazione (e, quindi, anche delle decisioni giudiziarie) di cui all'art. 97 della Costituzione, nonche' degli artt. 10 e 11 della Costituzione, a seguito della entrata in vigore del regolamento CEE n. 259 del 1993, che richiama la nozione di rifiuto di cui alla direttiva CEE n. 75/442 come modificata dalla successiva n. 91/156, e che non contempla sostanze escluse dalla sua applicazione; che i Pretori di Udine, sezioni distaccate di Cividale del Friuli e di Tarcento, con due ordinanze di contenuto analogo (r.o. n. 274 del 1995, emessa in data 28 febbraio 1995, e r.o. n. 332 del 1995, emessa in data 15 febbraio 1995), hanno impugnato, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo comma, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, con argomentazioni analoghe a quelle gia' riferite, l'art. 2, quarto e quinto comma, e l'art. 12, terzo comma, del decreto-legge n. 3 del 1995; che, nel giudizio susseguente alla ordinanza r.o. n. 288 del 1995, e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilita' della questione, avuto riguardo alla mancata conversione del decreto impugnato; Considerato che le ordinanze di rimessione prospettano questioni identiche o connesse, e che pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia; che il decreto-legge 7 gennaio 1995, n. 3, non e' stato convertito in legge entro il termine previsto dall'art. 77 della Costituzione, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57, serie generale, del 9 marzo 1995; che neanche il successivo decreto-legge 9 marzo 1995, n. 66, e' stato convertito nel predetto termine (si veda il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 106, serie generale, del 9 maggio 1995); che, pertanto, le prospettate questioni di legittimita' costituzionale devono essere dichiarate manifestamente inammissibili, tenuto anche conto che il decreto-legge attualmente vigente a seguito di successive reiterazioni (decreto-legge 8 novembre 1995, n. 463) ha un contenuto solo parzialmente riproduttivo della normativa impugnata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.