ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 7, del
 decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di
 previdenza, di sanita' e di pubblico  impiego,  nonche'  disposizioni
 fiscali),  convertito  dalla  legge  14  novembre  1992,  n.  438,  e
 dell'art.   2, comma 4, del decreto-legge  11  luglio  1992,  n.  333
 (Misure  urgenti  per  la finanza pubblica), convertito dalla legge 8
 agosto 1992, n.  359, promosso con ordinanze emesse:
     1) il 6 aprile 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la
 Puglia sezione distaccata di Lecce  sul ricorso proposto da  Coccioli
 Gianfranco  ed  altri  contro  il  Ministero di grazia e giustizia ed
 altro, iscritta al n. 260 del registro ordinanze  1995  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1995;
     2) il 10 marzo 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la
 Puglia sezione distaccata di Lecce sui ricorsi  riuniti  proposti  da
 Aprile  Ercole  ed  altri  contro il Ministero di grazia e giustizia,
 iscritta al n. 261 del registro ordinanze  1995  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21, prima serie speciale,
 dell'anno 1995;
   Visti gli atti di costituzione di Mignone Elsa Valeria ed  altri  e
 di  Maruccia  Antonio  ed  altri  nonche'  gli atti di intervento del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 22  novembre  1995  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
   Ritenuto  che  nel corso del giudizio proposto da alcuni magistrati
 ordinari  per  l'accertamento  di  diritti   patrimoniali   ad   essi
 spettanti,  al  fine  di ottenere l'allineamento del loro trattamento
 economico a quello riconosciuto al  collega  dott.  Massimo  Terzi  -
 nominato  uditore  giudiziario  con  d.m.  13 maggio 1981, transitato
 successivamente   nei   ruoli   dei   referendari    dei    Tribunali
 amministrativi regionali e riammesso nella magistratura ordinaria con
 d.P.R. del 18 luglio 1988 - il Tribunale amministrativo regionale per
 la  Puglia,  sezione  distaccata di Lecce, con ordinanza del 6 aprile
 1994  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e   97   della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 7, comma 7, del decreto-legge  19  settembre  1992,  n.  384  (Misure
 urgenti  in  materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego,
 nonche' disposizioni fiscali), convertito  dalla  legge  14  novembre
 1992,   n.   438,   nonche',   in   riferimento  all'art.  107  della
 Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 2,  comma 4, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti
 per la finanza pubblica), convertito dalla legge  8 agosto  1992,  n.
 359 (r.o. n. 260 del 1995);
     che  nell'ordinanza si afferma che i ricorrenti, fino all'entrata
 in vigore dell'art. 2 del decreto-legge 11 luglio 1992, n.  333,  che
 ha  disposto la soppressione delle norme su cui si fondava l'istituto
 dell'allineamento stipendiale, versavano in una situazione  che  dava
 loro  diritto  all'applicazione di tale istituto, ma che la posizione
 giuridica dei  ricorrenti  e'  risultata  modificata  a  causa  della
 successiva  previsione dell'art. 7, comma 7, del decreto-legge n. 384
 del 1992 che vieta l'adozione di provvedimenti stipendiali, ancorche'
 aventi effetti anteriori all'11 luglio 1992;
     che  il  giudice  remittente  osserva  che  la  Corte  si e' gia'
 pronunciata, con la sentenza n. 6 del 1994, sulla legittimita'  delle
 norme  impugnate,  ma  che  la  particolare  situazione riguardante i
 magistrati ricorrenti - per i quali il Ministero della giustizia, nel
 mese di  maggio  1992,  aveva  predisposto  i  relativi  decreti  poi
 restituiti   dalla  competente  Ragioneria  centrale  dello  Stato  -
 giustifica  la  riproposizione  della   questione   di   legittimita'
 costituzionale;
     che,  in  riferimento  alla  violazione  degli artt. 3 e 97 della
 Costituzione, il giudice remittente osserva  che  dopo  l'entrata  in
 vigore dell'art. 7, comma 7, del decreto-legge n. 384 del 1992, si e'
 determinata una disparita' di trattamento tra coloro che hanno goduto
 degli  effetti  dell'allineamento  e  chi,  pur  avendo maturato tale
 diritto prima dell'11 luglio 1992, ne  risulta  escluso  per  ragioni
 fortuite   e   non  giuridicamente  apprezzabili,  quali  il  mancato
 completamento   del   procedimento   amministrativo   preordinato   a
 riconoscere il nuovo trattamento economico;
     che,  inoltre,  nell'ordinanza si censurano le norme impugnate in
 riferimento all'art. 107, terzo comma, della Costituzione, osservando
 che le differenze di trattamento retributivo  dei  magistrati  devono
 connettersi   all'esercizio   di   differenti  funzioni  e  che  tali
 disparita' non possono essere ammesse per altre ragioni;
     che con analoghe argomentazioni, contenute in un'altra  ordinanza
 del  10  marzo  1994  (r.o.  n.  261  del  1995), lo stesso Tribunale
 amministrativo regionale per la Puglia, sezione distaccata di  Lecce,
 ha   sollevato,   in   riferimento  agli  artt.  3,  36  e  97  della
 Costituzione, la questione di costituzionalita' dell'art. 7, comma 7,
 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito  dalla  legge
 14  novembre  1992, n. 438, e, in riferimento agli artt. 3, 36 e 107,
 dell'art. 2, comma 4, del  decreto-legge  11  luglio  1992,  n.  333,
 convertito  dalla  legge  8 agosto 1992, n. 359, nonche' del medesimo
 art. 7, comma 7, del decreto-legge n. 384 del 1992;
     che nei giudizi davanti alla Corte hanno spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che  le  questioni
 siano  dichiarate  inammissibili  o infondate, e le parti private nei
 giudizi a quibus, che hanno depositato memorie nelle quali aderiscono
 alle argomentazioni delle ordinanze di rimessione;
   Considerato  che  le  ordinanze  sopra  richiamate  sollevano,  con
 analoghe  argomentazioni,  questioni concernenti le medesime norme, e
 pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica
 pronuncia;
     che questa Corte, con sentenza n. 6 del 1994 e con ordinanze  nn.
 105  e 394 del 1994, ha gia' dichiarato, rispettivamente, infondate e
 manifestamente  infondate   identiche   questioni   di   legittimita'
 costituzionale,  ribadendo ripetutamente, con particolare riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, che eventuali  disparita'  tra  coloro
 che  hanno  potuto  godere  del  diritto all'allineamento stipendiale
 prima dell'entrata in vigore delle norme impugnate  e  coloro  che  -
 come  i ricorrenti nei giudizi a quibus - pur trovandosi in posizione
 identica ai primi, non possono godere di tale vantaggio, non assumono
 rilievo costituzionale, dal momento che tale disparita' "non potrebbe
 giustificare  la sopravvivenza, sia pure limitata, di un istituto che
 si e'  voluto  espungere  radicalmente  dall'ordinamento  proprio  in
 relazione   alla   sua  intrinseca  irrazionalita'  ed  agli  effetti
 sperequativi che andava determinando";
     che nelle sue ordinanze di remissione il Tribunale amministrativo
 regionale per la Puglia, sezione distaccata di Lecce,  ha  riproposto
 con argomentazioni analoghe a quelle gia' esaminate dalla Corte nelle
 decisioni  richiamate la questione di costituzionalita' dell'art.  7,
 comma 7, del decreto-legge n. 384 del 1992, convertito dalla legge n.
 438 del 1992, e dell'art. 2, comma 4, del decreto-legge  n.  333  del
 1992,  convertito  dalla  legge  n. 359 del 1992, in riferimento agli
 artt. 3, 36 e 97 della Costituzione;
     che, in riferimento alla lamentata violazione -  da  parte  delle
 norme  impugnate  -  dell'art.  107, terzo comma, della Costituzione,
 secondo  il  quale  i  giudici  si  distinguono  fra  loro  solo  per
 diversita'  di  funzioni,  questa Corte ha piu' volte chiarito che il
 precetto costituzionale invocato dal remittente  "mira  a  precludere
 diversita'  per  gradi  gerarchici" tra i magistrati (v. ordinanza n.
 275 del 1994, sentenza n. 310 del 1992) e ad evitare "qualsiasi  tipo
 di  arbitraria  categorizzazione"  nelle  qualifiche  dei  magistrati
 medesimi, non sorretta da ragioni di ordine funzionale  (v.  sentenze
 nn. 133 del 1985 e 86 del 1982);
     che,  di  conseguenza,  il  parametro  di cui all'art. 107, terzo
 comma, della  Costituzione  risulta  inconferente  se  richiamato  in
 relazione  alle  norme  impugnate  nel presente giudizio, che, per le
 ragioni anzidette, si sono  limitate  ad  eliminare  dall'ordinamento
 l'istituto   dell'allineamento   stipendiale,  senza  incidere  sulle
 qualifiche dei magistrati;
     che,  pertanto,   le   questioni   sollevate   vanno   dichiarate
 manifestamente infondate;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;