IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul reclamo ex art. 669-terdecies del c.p.c., iscritto al n. 3/1994 ruolo gen. reg. reclami, proposto da Chillotti Angela, residente in Baunei, fraz. S. Maria Navarrese, rappresentata e difesa dal dott. proc. Antonio Orru', giusta procura 14 settembre 1994 a margine dell'atto di reclamo ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale del medesimo in Lanusei, via Umberto n. 11, nei confronti di Chillotti Antonio, residente in Baunei, fraz. S. Maria Navarrese, non costituito. PREMESSO IN FATTO Con ricorso al pretore di Lanusei, sez. distaccata di Tortoli', in data 31 agosto 1994, Chillotti Angela esponeva: che sin dall'epoca della costruzione della propria abitazione in S. Maria Navarrese, avvenuta nel 1981, i relativi scarichi, sia delle acque bianche che fognari, erano stati collegati alla fossa asettica realizzata nel terreno del Germano Antonio con il consenso di quet'ultimo, il quale ricevette in tale occasione dal defunto marito dell'esponente la somma di lire 250.000; che, da allora, il deflusso delle acque di scarico era avvenuto regolarmente e mai il fratello Antonio si era lamentato di alcunche'; che, peraltro, recentemente quest'ultimo aveva minacciato di provvedere personalmente a chiudere i tubi di scarico e di intraprendere al riguardo azioni legali; che il 28 agosto 1994 il medesimo aveva effettivamente ostruito le predette tubazioni di scarico impedendo il deflusso dei liquami; che tale situazione impediva alla ricorrente l'utilizzo degli impianti igienici oltre a creare "forti miasmi pericolosi anche per la salute"; che il fratello Antonio si era rifiutato di ripristinare il collegamento e di consentire che l'esponente vi provvedesse a proprie spese. Tanto premesso, la Chillotti chiedeva che venisse ordinato al fratello Antonio di rimuovere le ostruzioni o gli ostacoli che impedivano il regolare deflusso dei liquami e di astenersi per il futuro dal turbare il pacifico possesso dell'esponente. Il convenuto non si costituiva in giudizio. Il pretore, istruita la causa con l'audizione delle parti e con l'assunzione di sommarie informazioni a mezzo dei Carabinieri di S. Maria Navarrese, sulla scorta della documentazione acquisita, rigettava il ricorso con ordinanza del 12 settembre 1994, compensando integralmente le spese tra le parti. Avverso l'ordinanza pretorile proponeva reclamo al Collegio la Chillotti, con ricorso del 16 settembre 1994, chiedendo la revoca della stessa e l'adozione dei provvedimenti gia' invocati in prima istanza. All'udienza odierna, fissata per la convocazione delle parti, il procuratore della reclamante si richiamava integralmente alle deduzioni contenute nell'atto di reclamo; le parti, comparse personalmente, confermavano quanto gia' rispettivamente affermato, richiamandosi alle dichiarazioni rese innanzi al pretore. Il tribunale si riservava la decisione. CONSIDERATO IN DIRITTO Osserva il Collegio, sciogliendo la riserva, che, preliminarmente all'esame del merito, e' necessario verificare l'ammissibilita' del proposto reclamo ex art. 669-terdecies avverso il provvedimento pretorile di rigetto in data 12 settembre 1994. Sotto un primo profilo, e' noto che una parte della giurisprudenza (cfr. Trib. Roma, ord. 26 marzo 1993, in Foro It. 1993, I, 1677) ed alcuni cultori della materia negano che i provvedimenti possessori interdittali siano suscettibili di reclamo, ritenendo inapplicabili ai procedimenti possessori gli articoli 669- ter, 669-quater, 669-septies, 669-octies e 669-terdecies del c.p.c. A tale conclusione si perviene sulla base di una lettura in chiave fortemente restrittiva della norma di cui all'art. 703, comma secondo, del c.p.c. (come modificata dall'art. 77 della legge n. 353/1990) che non pare condivisibile, anche alla luce delle osservazioni svolte sul punto da autorevole dottrina la quale ha evidenziato le incongruenze e le gravi lacune nel dettato normativo di riferimento cui inevitabilmente condurrebbe detta opzione ermeneutica. Altra parte della giurisprudenza (fra Pretura di Napoli, sez. dist. di Castellammare di Stabia, ord. 15 dicembre 1993, in Foro It. 1994, I, 623) e della dottrina riconosce, invece, l'applicabilita' anche ai procedimenti possessori dell'art. 669-terdecies del c.p.c. Tale orientamento interpretativo appare, per molteplici ragioni, nettamente preferibile; ed in particolare il Collegio ritiene di dover aderire, con il conforto di autorevoli studiosi, a quella tesi che, facendo leva sulla diversa natura e funzione dei provvedimenti possessori urgenti rispetto a quelli cautelari, giunge a ritenere applicabili, tra le norme richiamate dall'art. 703, comma secondo, del c.p.c., solo quelle compatibili con la peculiare funzione dei provvedimenti possessori. Sulla base di tale premessa, si prospetta pertanto una ricostruzione del procedimento possessorio la quale, mentre non prevede l'applicabilita' dell'art. 669-octies e novies del c.p.c. (non essendo configurabile un autonomo giudizio a cognizione piena sul c.d. "merito possessorio"), riconosce pacificamente l'ammissibilita' del reclamo al Collegio avverso i provvedimenti possessori. Sotto un secondo ed ulteriore profilo, e' peraltro necessario rilevare che l'art. 669-terdecies del c.p.c. limita la possibilita' di reclamo al solo provvedimento concessivo della tutela invocata; a tale riguardo, com'e' noto, va rammentato che con sentenza 20-23 giugno 1994, n. 253 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1994) la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 669-terdecies del c.p.c. " .. nella parte in cui non ammette il reclamo ivi previsto anche avverso l'ordinanza con cui sia stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare ..". Orbene, nel caso di specie (sottoposto all'esame di questo Collegio), trattasi di provvedimento in materia possessoria e, dunque, non propriamente "cautelare": e', infatti, opinione pressoche' unanimemente condivisa che i provvedimenti possessori non abbiano natura e funzione cautelare. Escluso, dalla piu' accreditata dottrina, che la tutela sommaria possessoria svolga funzione cautelare rispetto al giudizio petitorio, si esclude, altresi', che oggetto della tutela possessoria sia una posizione giuridico-soggettiva (bensi' una mera situazione fattuale, destinata sempre a cedere di fronte all'accertamento di contrastanti ragioni di diritto); e dunque, non essendo individuabile nel nostro ordinamento un diritto che costituisca oggetto del processo a cognizione piena e della cui soddisfazione il provvedimento possessorio costituisca anticipazione, deve concludersi che difetta, nel procedimento possessorio, quel carattere di strumentalita' che e' elemento essenziale e distintivo dei provvedimenti cautelari. Le sopraesposte considerazioni portano, a questo punto, il Collegio a interrogarsi sulla portata e sulla ampiezza della declaratoria di incostituzionalita' contenuta nella surrichiamata pronuncia n. 253/1994 della Corte; occorre cioe' chiedersi se dalle espressioni usate o dai concetti in essa esplicitati possa ricavarsi, in termini di certezza, un preciso dato di riferibilita' anche ai provvedimenti possessori. A questo interrogativo, a parere del Collegio, non e' possibile rispondere affermativamente, posto che nella motivazione della sentenza non pare rinvenibile alcun riferimento, neppure indiretto, al procedimento possessorio e che il dictum della Corte costituzionale non e' assoggettabile ad interpretazioni estensive o analogiche. Sembra, pertanto, doversi escludere che la pronuncia in questione (concernente, come gia' chiarito, i soli provvedimenti "cautelari") riguardi anche i provvedimenti "possessori", ditalche' resta ancora esclusa la possibilita', per il ricorrente in possessoria, di avvalersi della revisio prioris instantiae ex art. 669-terdecies del c.p.c. avverso i provvedimenti di rigetto della domanda dal medesimo proposta. Siffatta conclusione induce il Collegio a sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della norma teste' citata, interpretata nei suddetti termini, dovendosi ritenere la questione rilevante e non manifestamente infondata. La rilevanza e' evidente: il reclamo de quo non puo', infatti, essere esaminato e deciso nel merito se prima non viene risolta la questione di legittimita' costituzionale. Quanto al secondo aspetto (non manifesta infondatezza), appare sufficiente richiamare qui le osservazioni esposte dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 253/1994, atteso che esse sembrano valere anche per i procedimenti possessori. Non pare, infatti, che la diversita' di disciplina normativa circa la possibilita' di impugnazione, ex art. 669-terdecies del c.p.c., dei provvedimenti negativi in materia cautelare e di quelli in materia possessoria sia giustificabile sulla base della diversita' della situazioni dedotte in giudizio (situazione assunta come lesiva di un diritto soggettivo, nel primo caso, e di una semplice relazione di fatto, nel secondo). Ed invero, paiono valere anche nel procedimento possessorio le seguenti considerazioni svolte dalla Corte costituzionale: a) il principio sancito dall'art. 3, primo comma, della Costituzione implica anche la piena uguaglianza delle parti nel processo civile, nel quale esse si contrappongono in posizione paritaria, con la conseguenza che il legislatore e' tenuto a " .. disciplinare la distribuzione di poteri, doveri ed oneri processuali secondo criteri di equilibrio"; b) "L'equivalenza nell'attribuzione dei mezzi processuali esperibili dalle parti .. e' in un rapporto di necessaria strumentalita' con le garanzie di azione e di difesa sancite dall'art. 24 della Costituzione, si' che una distribuzione squilibrata dei mezzi di tutela, riducendo la possibilita' di una delle parti di far valere le proprie ragioni, condiziona impropriamente in suo danno ed a favore della controparte l'andamento e l'esito del processo". E' da notare che, anche nell'ambito del procedimento introdotto dalle domande di reintegrazione o manutenzione nel possesso, le parti si trovano in posizione simmetricamente equivalente nei confronti dell'ordinamento processuale, sicche' non e' giustificabile l'attribuzione di maggiori possibilita' di far valere le proprie ragioni a chi resiste alla domanda possessoria rispetto a chi tale domanda ha proposto. A cio' va aggiunto che, neppure in subiecta materia, vi e' possibilita' logica di ritenere a priori piu' probabile il fondamento giuridico dei provvedimenti di rigetto rispetto a quelli di accoglimento. Alla luce di tali considerazioni, deve concludersi che anche in materia di procedimento possessorio valgono le medesime ragioni poste alla base della piu' volte citata pronuncia della Corte costituzionale. In sintesi, il reclamo secundum eventum litis si risolve in una compressione del principio di parita' delle parti del procedimento, talche' l'art. 669-terdecies del codice di procedura civile appare in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione: il presente procedimento va, pertanto, sospeso e gli atti devono essere trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione.