LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale di ricusazione proposto dall'imputato Angelo Tino nei confronti della dott.ssa M. L. Dameno e del dott. V. Colombo, rispettivamente presidente e componente del Collegio davanti al quale pende il giudizio a carico del Tino; Vista la richiesta del p.g. di dichiarare la predetta ricusazione inammissibile perche' non relativa ad uno dei casi tassativamente previsti dal c.p.p., oltre che manifestamente inammissibile per tardivita'; Decidendo in sede di valutazione dell'ammissibilita'; O s s e r v a La ricusazione e' stata proposta con riferimento al fatto che i giudici ricusati hanno fatto parte, prima del giudizio, del tribunale del riesame che ha respinto la impugnazione proposta dal Tino contro un provvedimento restrittivo della liberta' personale adottato dal g.i.p. di Milano nei suoi confronti. Non vi e' dubbio che, secondo la giurisprudenza costituzionale (cfr. C. cost. n. 502/1991), tale ipotesi non ricade sotto il divieto di cui all'art. 34 c.p.p.; sotto tale profilo la ricusazione risulterebbe senz'altro inammissibile stante la tassativita' dei casi in cui essa e' prevista dalla legge, mentre non puo' aver alcun rilievo la tardivita' invocata dal p.g. posto che il termine di tre giorni non ha mai iniziato a decorrere per la inesistenza del momento iniziale, ravvisato dall'art. 38 c.p.p. nel sorgere ovvero nella conoscenza della causa di ricusazione, nella specie, come si e' rilevato, inesistente. La Corte non puo' tuttavia esimersi dal considerare che la ricusazione in esame e' stata proposta sulla base di una invocata incostituzionalita' della norma che, nella ricordata interpretazione, non ravvisa incompatibilita' fra la partecipazione al tribunale del riesame e quella del tribunale del merito: infatti se venisse ravvisata tale illegittimita' costituzionale sorgerebbe, dal momento della pronuncia in proposito della Corte costituzionale, un nuovo motivo di incompatibilita' avente effetto sul processo in corso (in quanto norma processuale-ordinamentale). La questione risulta gia' sollevata in altre sedi, con la conseguente possibilita' che il giudizio a carico del Tino ne venga comunque influenzato, poiche' in tale processo la questione e' gia' stata posta) a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 432/1995 la quale, decidendo un caso diverso, ha comunque espressamente mutato in maniera significativa il precedente orientamento in materia di incompatibilita' di funzioni giudiziarie, nell'intento di garantire la piu' ampia esplicazione del diritto di difesa e di tenere conto della ratio legis della recente legge 8 agosto 1995, n. 332; significativo, in particolare, e' il fatto che la Corte citi, tra le decisioni antecedenti alla "diversa conclusione" cui oggi essa perviene, proprio la sentenza 502 del 1991 in tema di art. 309 del c.p.p., che appare quindi superata, nel giudizio della Corte, in base alle nuove argomentazioni. Ritiene in sostanza la Corte costituzionale che il magistrato il quale abbia giudicato in una fase antecedente al giudizio di merito non possa partecipare a quest'ultimo quando la sua prima valutazione non sia stata la mera legittimita' ma si sia estesa ad una valutazione, sia pure parziale, del merito "circa l'idoneita' delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilita' dell'imputato". Nella sentenza della Corte costituzionale sono utilizzati anche altri argomenti piu' strettamente riferibili al caso allora in esame (che riguarda la incompatibilita' del g.i.p.), ma il principio di fondo sopra enunciato pare decisamente dotato di una portata estensibile ad ogni caso di duplicazione nell'esercizio, da parte di un solo magistrato, di funzioni attinenti al merito in momenti diversi. Tale considerazione, ad avviso di questa Corte, dimostra all'evidenza la non manifesta infondatezza della questione, mentre la rilevanza di essa nel caso in esame e' gia' stata ricordata in precedenza, e deriva comunque dal fatto che, in concreto, il tribunale del riesame di cui facevano parte i due magistrati oggi ricusati compi' pregnanti valutazioni sul merito del giudizio, per cui, qualora la Corte costituzionale ritenesse fondata la questione, la ricusazione proposta dal Tino diverrebbe ammissibile. La Corte deve quindi rimettere la decisione sulla indicata questione alla Corte costituzionale, sospendendo il procedimento incidentale (pronuncia sulla ricusazione) pendente davanti ad essa.