IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  decidendo  sulla  eccezione
 proposta  dalla  difesa  dell'imputato  Ranasinghe  Sunil  Milroy  di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 4, secondo comma,  c.p.p.  in
 relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che
 non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice che abbia
 fatto  parte  del  Collegio  del  tribunale  del  riesame, chiamato a
 pronunciarsi  sulla  sussistenza  dei  gravi  indizi   in   sede   di
 impugnazione   del  provvedimento  costitutivo  di  misura  cautelare
 personale.
   Premesso che effettivamente il presidente ed il giudice anziano  di
 questo  collegio  coincidono con quelli che riesaminarono l'ordinanza
 dispositiva nei confronti dell'odierno imputato  della  misura  della
 custodia  cautelare in carcere e che in quella sede (con ordinanza 12
 settembre 1994, confermativa di quella del g.i.p.) fu  specificamente
 ritenuta  la sussistenza dei gravi indizi del reato del quale oggi il
 Banasinghe e' chiamato a rispondere.
                             O s s e r v a
   Che la questione sollevata e'  di  evidente  rilevanza,  in  quanto
 dalla   soluzione   della   stessa   deriva   l'affermazione   ovvero
 l'esclusione di un obbligo di  astensione  di  due  terzi  di  questo
 collegio  ai  sensi dell'art. 1 lett. g) del c.p.p. e di una facolta'
 di ricusazione da parte dell'imputato;
     che, circa la fondatezza della  questione,  recentissimamente  la
 Corte  costituzionale con sent. n. 432 del 15 settembre 1993, mutando
 opinione rispetto a quanto in precedenza affermato,  ha  asserito  la
 sussistenza   della   "possibilita'   che  alcuni  apprezzamenti  sui
 risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione  di
 giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' del giudice", poiche'
 "i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273, comma primo,
 per l'applicabilita' delle misure cautelari si sostanziano pur sempre
 in  una  serie  di  elementi  probatori  individuati  nelle  indagini
 preliminari  e  idonei  a  fornire  una  consistente  e   ragionevole
 probabilita'   di   colpevolezza  dell'indagato";  al  termine  della
 sentenza in questione la corte ha pure chiarito quali sarebbero  "gli
 effetti  che l'art.   34 mira a prevenire, e cioe' che la valutazione
 conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire,
 condizionata dalla cosiddetta forza della  prevenzione,  e  cioe'  da
 quella  naturale  tendenza  a  mantenere  un giudizio gia' assunto in
 altri momenti decisionali dello stesso procedimento";
     che  appare difficile escludere l'applicabilita' di tali principi
 al caso in esame, del tutto analogo a quello oggetto specifico  della
 citata  sentenza  (concernente  il g.i.p. che ha applicato una misura
 cautelare);
     che, pertanto, la prospettata eccezione appare  rilevante  e  non
 manifestamente infondata;