IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza di rinvio degli atti alla Corte costituzionale. Letti gli atti del procedimento n. 94/0003706 r.g.n.r. nei confronti di: 1) Bosello Vittorino, nato il 7 agosto 1966 a Camposampiero (Padova), residente a Piombino Dese (Livorno), elettivamente domiciliato a Trebaseleghe (Padova), loc. Fossalta, via Cornaiola n. 38 presso i genitori; 2) Garbin Gianfranco, nato il 12 luglio 1944 a Oderzo (Treviso), residente a Treviso, Borgo Venezia n. 23; 3) Bonaldo Maria Carla, nata il 6 febbraio 1945 a Roma, residente a Treviso, Borgo Venezia n. 23, imputati dei reati p. e p. dagli artt. 81 - 648 c.p. ed altri; Premesso in fatto che con istanze tempestivamente (per cio' che concerne Garbin Gianfranco e Bonaldo Maria Carla) depositate rispetto alla notifica del decreto di citazione a giudizio, tutti gli imputati su indicati richiedevano l'abbreviazione del rito ottenendo il consenso del pubblico ministero ex art. 556, secondo comma, del c.p.p. e che, dopo alcuni rinvii, il processo veniva infine chiamato all'udienza camerale del 9 novembre 1995; Premesso altresi' che la scrivente assegnataria del fascicolo gia' aveva adottato ordinanze di custodia cautelare sia nei confronti di Bosello Vittorino (7 marzo 1994) sia di Garbin Gianfranco e Bonaldo Maria Carla (15 marzo 1994), per i medesimi fatti per i quali ora vi e' richiesta e consenso del giudizio abbreviato; Vista l'istanza presentata alla detta udienza dai difensori che chiedono di promuovere giudizio di costituzionalita' sul punto partecipazione al giudizio del g.i.p. che abbia emesso misura cautelare nei confronti dell'imputato, istanza cui il pubblico ministero si opponeva; O s s e r v a La proposta questione di costituzionalita' risulta certamente rilevante attenendo ai requisiti di capacita' del giudice ed influendo, quindi, sulla corretta costituzione del rapporto processuale, la cui inosservanza comporta nullita' assoluta ed insanabile del processo rilevabile d'ufficio ai sensi degli artt. 178, lett. a), e 179, primo comma del c.p.p. Al contempo, peraltro, l'eccezione pare non manifestamente infondata soprattutto in considerazione della piu' recente lettura della norma dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. ad opera di questa Corte (sent. 6/15 settembre 1995, n. 432), dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale della citata disposizione laddove non prevedeva l'imcompatibilita' a partecipare al giudizio dibattimentale del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato. Pure nella fattispecie, infatti, ed anzi in modo ancor piu' accentuato, si rinvengono quegli astratti rischi di natura psicologica connessi ad un condizionamento della decisione nascente dalla c.d. "forza della prevenzione" per l'ovvia necessita' (dettata innanzitutto da ragioni di coerenza) di mantenere il giudizio gia' espresso; e di natura logica essendo giuridicamente dipendenti dalla pregressa valutazione contenutistica dei risultati delle indagini preliminari ai fini dell'adozione della misura cautelare personale, si' da formulare un giudizio prognostico, sia pur allo stato degli atti, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla contestuale non applicabilita' di cause di proscioglimento o di estinzione del reato o della pena ex art. 273 c.p.p. Non vi e' dubbio, infatti, che l'adozione di una cautela personale implichi un'anticipazione di giudizio che assume notevole pregnanza in sede di rito abbreviato, ove gli elementi allora utilizzati sotto l'aspetto indiziario vengono in seguito apprezzati come "prova" a tutti gli effetti (artt. 440, primo comma, e 562, primo comma, del c.p.p.), non potendosi astrattamente escludere che l'adozione della misura sia avvenuta al termine delle indagini preliminari, si' che il giudizio abbreviato diventa, come appunto nel caso, rinnovazione della valutazione sui medesimi dati fattuali. Cio' in apparente contrasto con la ratio dell'art. 34 del c.p.p., qual ridisegnato dai molteplici interventi ampliativi della Corte costituzionale, secondo cui non puo' partecipare al giudizio chiunque abbia gia' espresso una valutazione nel merito del suo oggetto idonea a determinare un "pregiudizio" che possa minare l'imparzialita' della decisione finale, in ossequio ai piu' alti principi posti dagli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost. che impongono un trattamento ugualitario, sereno ed imparziale del giudicando e il pieno rispetto del suo diritto di difesa nell'ambito del c.d. "giusto processo". Rispetto a detti parametri si invoca pertanto il giudizio di costituzionalita' della norma in questione.