IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'incidente di incostituzionalita' dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di giudice del dibattimento da parte del giudice che abbia composto il collegio in funzione di Tribunale del riesame delle ordinanze che disponevano una misura coercitiva nei confronti degli indagati, successivamente citati a giudizio; sentiti i difensori della parti private e il p.m. che congiuntamente hanno prospettato l'incidente. O s s e r v a Con decreto del 2 dicembre 1994 del g.i.p. del tribunale di Salerno, Passaro Pasquale ed altri venti indagati venivano citati a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 81, capoverso 61, n. 2, 110 e 479 cp. ed altri fatti commessi in Salerno fino al 5 novembre 1993. In precedenza, questa stessa sezione del tribunale composta dai sig. dott. Vitiello Francesco; dott.ssa Vitagliano Francesca e dott.ssa D'Avino Giancarla si era pronunziata in data 19 maggio 1994 sulla istanza di riesame proposta nell'interesse di Passaro Pasquale e Corniola Gaspare avverso l'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari loro imposta con ordinanza del g.i.p. in sede del 28 aprile 1994. In tale sede, questo tribunale rigetto' l'impugnazione confermando l'ordinanza coercitiva ritenendo la sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari. Cio' posto e passando all'esame della questione di legittimita' costituzionale essa e' innanzitutto rilevante sul giudizio in corso in quanto in caso di fondatezza della stessa, due dei giudici che compongono l'odierno Collegio, risulterebbero incompatibili. Ma la questione e' anche non manifestamente infondata. Sussistono in vero seri dubbi sul contrasto tra l'art. 34, primo e secondo comma c.p.p. e gli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, laddove non prevedono che non puo' partecipare al giudizio il giudice che abbia proceduto al riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva ai sensi dell'art. 309 c.p.p. nei confronti dell'indagato successivamente citato a giudizio. Non ignora il Collegio che la Corte costituzionale con sentenza n. 502/1991 ebbe a dichiarare non fondata la medesima questione con riferimento agli artt. 76 e 25 della Costituzione sulla base del rilievo che l'incompatibilita' sarebbe limitata tassativamente alla partecipazione ad un precedente grado di giudizio e tale non potrebbe definirsi la fase processuale svolta innanzi al tribunale della liberta' cio' anche perche' l'oggetto del giudizio incidentale a quello del giudizio di merito sarebbe sostanzialmente diverso implicando il primo, con cognizione parziale ed allo stato, una pronunzia sulla mera cautela processuale, il secondo un giudizio sull'intera vicenza sostanziale e con cognizione estesa su tutto il rapporto processuale. Va pero', osservato che la stessa Corte costituzionale, con sentenza n. 432/1995 del 15 settembre 1995 ha radicalmente innovato il quadro preesistente dichiarando l'illegittimita' dell'art. 34, comma secondo, c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il g.i.p. che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato. Orbene, la motivazione di detta ultima pronuncia afferma principi che sembrano rilevabili anche al caso di specie. In vero, il tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma nono e, peraltro per costante giurisprudenza di legittimita', ha la stessa piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato svolgendo sia una attivita' di controllo dello in tema di legittimita' e di merito, sia addirittura una funzione integrativa della motivazione eventualmente lacunosa. Pertanto, come evidenziato dalla stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 432/1995, citata, il controllo sulla sussistenza della gravita' degli indizi postula il giudizio che, pur senza raggiungere il grado di certezza richiesta per la condanna, e' di altra probabilita' dell'esistenza del reato e della sua attribuibilita' all'indagato. Di piu', alla luce delle innovazioni di cui alla legge n. 332/1995, il giudice del riesame e' tenuto, altresi', ad esprimere una valutazione non solo circa l'esistenza di condizioni legittimanti il proscioglimento ex art. 273, secondo comma c.p.p. in ordine alla possibilita' di ottenere con la sentenza le'a sospensione condizionale della esecuzione della pena. Tale essendo in sintesi le valutazioni che il tribunale del riesame deve compiere allorquando controlla una misura cautelare si deve riconoscere che detta attivita' comporta la formulazione di un giudizio non di mera legittimita' ma di merito sulla colpevolezza dell'imputato. Di conseguenza, si delinea il contrasto denunciato con l'art. 3 della Costituzione, attesa la evidente disparita' tra l'imputato che viene giudicato dai giudici che non si sono pronunciati positivamente sulla esistenza di un grave quadro indiziario legittimante l'adozione di un provvedimento cautelare e l'imputato che, invece, viene giudicato da giudici che tale valutazione abbiano gia' positivamente espresso. Si profila, altresi', il contrasto con l'art. 24 della Costituzione per la violazione del diritto di difesa in quanto la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato potrebbe essere pregiudicata dalla c.d. forza della prevenzione e, cioe', da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altro momento decisionale dello stesso procedimento.