IL  PRETORE
   Ha   pronunciato   e  pubblicato,  mediante  lettura,  la  seguente
 ordinanza;
   Letti gli atti del procedimento penale iscritto ai nn. 876/92  r.g.
 mod.  22  e  153/93 r. g. mod. 23, instaurato nei confronti di Orsini
 Gabriella, nata il 13 ottobre 1962 ad Ascoli Piceno, ivi residente in
 via Faiano n. 126, libera,  assente,  Gibellieri  Enio,  nato  il  13
 luglio  1932  ad Ascoli Piceno, ivi residente in via 3 ottobre n. 47,
 libero, assente, Orsini Gianfranco, nato il 24 ottobre 1961 ad Ascoli
 Piceno, ivi residente in via Faiano n. 126, libero, assente,  osserva
 in
                           Fatto  e  diritto
   Orsini  Gabriella,  Gibellieri  Enio  ed  Orsini Gianfranco, meglio
 qualificati in epigrafe, venivano tratti dinanzi a questo giudicante,
 acche' si potesse vagliare la loro penale responsabilita'  in  ordine
 al   reato   di   installazione   ovvero  esercizio  di  impianti  di
 radiodiffusione televisiva  in  assenza  dell'apposito  provvedimento
 concessorio,  di  cui  al  terzo comma dell'art. 195, d.P.R. 29 marzo
 1973, n. 156, siccome novellato dall'art. 30,  comma  settimo,  della
 legge  6 agosto 1990, n. 223. La contestazione riguarda l'illegittimo
 esercizio di impianti di radiodiffusione televisiva in Pioraco ed  in
 Fiuminata,  da  parte  dell'emittente locale "T.V.A. Telecentro", del
 cui  consiglio  di  amministrazione  i  tre  imputati  sono   membri,
 rivestendo  le  cariche  di  presidente, la Orsini Gabriella, di vice
 presidente,  il  Gibellieri  Enio,   e   di   consigliere,   l'Orsini
 Gianfranco.
   Regolarmente  citati  per  l'udienza  del  21  maggio  1993,  prima
 dibattimentale, gli imputati si presentavano personalmente. In  esito
 all'esposizione  introduttiva, si provvedeva all'ammissione dei mezzi
 di prova richiesti; esaurita  l'istruttoria  dibattimentale,  che  si
 compendiava nell'esame dei testi indotti dal p. m. e nell'esame della
 sola   imputata   Orsini   Gabriella,   che  vi  consentiva,  nonche'
 nell'acquisizione delle spontanee  dichiarazioni,  alla  stregua  del
 disposto  dell'art.  494  c.p.p.,  dell'imputato  Orsini Gianfranco e
 delle produzioni documentali delle parti, queste ultime  concludevano
 come da separato verbale.
   In  esito  alla discussione, avvenuta nel corso dell'udienza del 31
 marzo  1994,  questo  giudicante  ravvisava  la  sussistenza  di   un
 conflitto  tra  il disposto dell'art. 32 legge 6 agosto 1990, n. 223,
 nella parte in cui impediva l'applicazione della "sanatoria" in  esso
 prevista  ai  titolari di emittenti televisive, i quali, alla data di
 entrata in vigore della legge suddetta, avessero soltanto  installato
 impianti di diffusione sonora e televisiva, senza aver mai provveduto
 a  diffondere,  sino alla data prefata, trasmissioni di alcun genere,
 ed   il   disposto   dell'art.   3   della   Costituzione:    veniva,
 conseguentemente,  disposto  che  il procedimento rimanesse sospeso e
 che gli atti fossero trasmessi alla Consulta, previ  gli  adempimenti
 di rito.
   In  data  8-20  febbraio  1995, la Corte costituzionale pronunziava
 ordinanza n. 53, con la quale veniva disposta la  restituzione  degli
 atti   al   giudice  remittente,  alla  stregua  di  un  giudizio  di
 irrilevanza della sollevata questione di legittimita'  costituzionale
 nel  procedimento  a  quo, in quanto i fatti contestati agli imputati
 risalivano, comunque, ad epoca posteriore all'entrata in vigore della
 legge 6 agosto 1990, n. 223.
   All'udienza del 20 ottobre 1995, il rappresentante di  udienza  del
 p.m.  provvedeva  al  mutamento del capo di imputazione, nel senso di
 contestare agli imputati fatti di illegittimo esercizio  di  impianti
 di  radiodiffusione  televisiva  in Pioraco ed in Fiuminata, da parte
 dell'emittente locale "T.V.A. Telecentro", dall'anno 1988 in poi.  Si
 provvedeva alla sospensione  del  dibattimento,  onde  consentire  la
 notifica   agli  imputati,  assenti,  dell'estratto  del  verbale  di
 udienza, contenente  la  modifica  della  contestazione.  All'odierna
 udienza, le parti concludevano nuovamente come da separato verbale.
   L'esperita  istruttoria  dibattimentale  ha consentito di accertare
 che, anteriormente alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  6
 agosto  1990,  n.  223  (cd.  legge Mammi), recante la disciplina del
 sistema  radiotelevisivo  pubblico  e  privato,  l'emittente  privata
 "T.V.A.  Telecentro", avente diffusione locale, aveva provveduto, per
 il tramite del proprio personale  tecnico,  ad  installare,  in  zona
 Piano  del  Sasso  di  Fiuminata  ed  in  zona  Rocchetta di Pioraco,
 apparecchiature che consentissero, in  qualche  modo,  l'irradiazione
 dei  programmi  trasmessi anche nelle zone surrichiamate ed in quelle
 limitrofe. In tal senso fanno fede le dichiarazioni dei  testi  Giuli
 Girolamo,  Grelloni Angelo (per vero, tale teste in maniera piuttosto
 perplessa),  Ottaviucci  Riccardo,  Carminucci  Silvestro,  Piccinini
 Luigi,  Pierannunzi Piervincenzo, Simoni Sandro, Regimenti Pietro (v.
 in atti). La circostanza trova conferma  nelle  stesse  relazioni  di
 servizio   dei   tecnici   del  Circolo  costruzioni  telegrafiche  e
 telefoniche di Ancona,  i  quali,  nel  1992,  furono  incaricati  di
 esperire sopralluoghi, tra l'altro, anche in Fiuminata ed in Pioraco,
 onde  verificare  la  funzionalita',  in  zona, delle varie emissioni
 televisive (v., in atti, relazioni redatte entrambe in data 13 giugno
 1992, recanti i numeri 222/92/CZ  e  223/92/CZ,  del  Gruppo  tecnico
 mobile  -  controllo  emissioni radioelettriche di Ancona, laddove e'
 detto  che  gli  impianti  della  "T.V.A.  Telecentro"  in  localita'
 Fiuminata  e  Pioraco erano stati attivati, per la prima volta, circa
 un anno e mezzo o due  prima  della  redazione  del  rapporto).    La
 circostanza,  d'altro  canto,  deve ritenersi pacifica, in quanto non
 contestata, alla stregua delle risultanze istruttorie, dalla pubblica
 accusa. Cio' che appare in termini sfumati  e  tali  da  suscitare  i
 contrasti  interpretativi  tra  la  pubblica accusa e la difesa degli
 imputati e' il  periodo  di  operativita'  degli  impianti  predetti.
 L'istruttoria   dibattimentale   ha   consentito   di  apprezzare  la
 circostanza    che,    in     epoca     immediatamente     successiva
 all'installazione,  quindi,  come  si ricordera', prima del 23 agosto
 1990, data di entrata  in  vigore  della  legge  Mammi',  l'emittente
 "T.V.A.  Telecentro"  irradio'  programmi,  nelle zone di Fiuminata e
 Pioraco, soltanto per pochi giorni ed in maniera  definita  "pessima"
 (v.,  in  atti,  dichiarazioni  dei  testi  Carminucci  e  Piccinini,
 particolarmente  attendibili  in  quanto  dipendenti   della   stessa
 emittente  televisiva  in questione). Che', anzi, a ben vedere, anche
 tale circostanza fattuale appare del tutto incontestata tra le parti.
 La  divergenza  si verifica in relazione alla questione inerente alla
 sufficienza di tale dato fattuale a far ritenere  integrata,  per  le
 zone  di  Fiuminata e Pioraco, la fattispecie prevista e disciplinata
 dal primo comma  dell'art.  32  legge  6  agosto  1990,  n.  223.  In
 sostanza, secondo la tesi della pubblica accusa, gli odierni imputati
 dovrebbero  rispondere  del reato loro ascritto, in quanto, alla data
 di entrata in vigore della legge Mammi', gli stessi, quali membri del
 consiglio  di  amministrazione  della  s.r.l.  "T.V.A.   Telecentro",
 avrebbero  semplicemente installato, ma non esercitato, nelle zone di
 Fiuminata e  di  Pioraco,  impianti  di  radiodiffusione  televisiva,
 sicche',  in  ordine ai prefati impianti, non troverebbe applicazione
 la "sanatoria" di cui al ridetto primo comma dell'art.  32  legge  n.
 223/1990,  che',  anzi,  il  loro esercizio ricadrebbe nell'ambito di
 operativita' del precetto penale di cui all'art. 195,  terzo  cornma,
 d.P.R.  n.  156/1973.  Viceversa,  la  difesa degli odierni prevenuti
 sostiene che, alla stregua delle risultanze processuali, ben si possa
 affermare che gli imputati abbiano, sin da epoca anteriore alla  data
 di entrata in vigore della legge Mammi', esercitato, anche in Pioraco
 e  Fiuminata,  mediante  gli  impianti  suddetti, sicche' agli stessi
 dovrebbe applicarsi la "sanatoria" sopra richiamata, con  conseguente
 elisione   del  carattere  di  illiceita'  penale  della  fattispecie
 contestata. Per vero, in via principale, la difesa degli imputati  ha
 sostenuto,  nel  corso  della prima discussione, avvenuta all'udienza
 del 31 marzo 1994,  che  gli  stessi  dovessero  andare  assolti,  in
 quanto,  alla  stregua  del  disposto dell'art. 1, lett. g), legge 28
 dicembre 1993, n. 561, la fattispecie  loro  contestata  risulterebbe
 depenalizzata.  Invero,  il chiaro tenore testuale della norma appena
 richiamata, la quale sottrae alla sfera di operativita'  del  diritto
 penale   soltanto  le  fattispecie  disciplinate  dal  secondo  comma
 dell'art.   195 d.P.R. 29 marzo  1973,  n.  156,  limitatamente  agli
 impianti  radioelettrici,  soggetti ad autorizzazione, rende evidente
 che la depenalizzazione non concerne gli impianti di  radiodiffusione
 televisiva, in primo luogo perche' l'esercizio ovvero l'installazione
 degli  stessi in assenza del richiesto provvedimento della competente
 autorita' ammnistrativa sono disciplinati dal terzo  comma  dell'art.
 195 del codice postale, in secondo luogo (ed il rilievo assume valore
 pregnante) perche' l'installazione e l'esercizio dei prefati impianti
 di  radiodiffusione  televisiva  sono  soggetti  a  concessione e non
 semplicemente ad autorizzazione.
   Cio' detto, non resta che indagare quale  tra  le  due  tesi  sopra
 esposte appaia dotata di maggior fondamento. Sostiene il p.m. che, in
 relazione  agli  impianti  di  Pioraco  e  di  Fiuminata non si possa
 parlare di "esercizio" degli stessi, in epoca antecedente all'entrata
 in vigore della legge Mammi', perche', come  si  e'  gia'  affermato,
 prima  del  23 agosto 1990 gli impianti trasmisero soltanto per pochi
 giorni ed in maniera pessima, per poi essere posti in  condizione  di
 migliore  funzionalita' soltanto nell'anno 1992. A tale data, dunque,
 nell'assunto  della  pubblica   accusa,   dovrebbe   farsi   risalire
 l'esercizio  degli  impianti  di  radiodiffusione  di  Pioraco  e  di
 Fiuminata, poiche' il concetto  di  "esercizio"  di  un  impianto  di
 radiodiffusione  televisiva  comporterebbe  non  tanto  e soltanto la
 piena funzionalita' dell'impianto, ma anche e soprattutto l'effettivo
 funzionamento  dello   stesso,   con   l'irradiazione,   in   maniera
 continuativa,  di  programmi  "vedibili"  senza grossi inconvenienti.
 Donde  la  punibilita'  della  condotta posta in essere dagli odierni
 imputati, in quanto gli impianti  di  Fiuminata  e  di  Pioraco,  non
 "eserciti"  prima  dell'entrata  in  vigore  della  legge Mammi', non
 avrebbero  potuto  trasmettere   successivamente,   in   assenza   di
 concessione,   perche'  sottratti  alla  "sanatoria"  amministrativa.
 Viceversa, la difesa sostiene che per esercizio  di  un  impianto  di
 radiodiffusione  televisiva  debba  intendersi  l'astratta  idoneita'
 all'effettuazione  di  trasmissioni,  id  est  il   mantenimento,   a
 disposizione  del  gestore,  dell'impianto  previamente installato in
 condizioni di idoneita' e di funzionalita',  concetto,  quest'ultimo,
 che  prescinde  dall'effettiva utilizzazione dell'impianto e, quindi,
 dal funzionamento del medesimo. Nell'argomentare in siffatta maniera,
 la difesa degli imputati si riporta a giurisprudenza di legittimita',
 inerente al concetto di esercizio,  delineato  nell'ambito  dell'art.
 195  d.P.R.    29  marzo 1973, n. 156 (v. Cass., sez. I penale, 14-24
 ottobre 1986, n. 1728, pres. Carnevale, rel. Dinacci, Berlusconi,  in
 C.E.D.  Cassazione,  n.  riv.  172527;  Cass.,  sez.  III  penale, 16
 dicembre  1983-8  marzo  1984,  n.   2160,   pres.   Radaelli,   rel.
 Martuscelli, Cappelletti, in C.E.D. Cassazione, n. riv. 163035). Tale
 argomentazione  e'  contestata  dal  p.m.,  il  quale sostiene che il
 concetto di "esercizio" di  impianto  di  radiodiffusione  televisiva
 siffattamente  delineato  trova  applicazione  soltanto  allorche' si
 debba interpretare il disposto dell'art. 195 codice  postale  e  non,
 viceversa,  allorche' si sia chiamati a dare concretezza giuridica al
 dettato del primo comma dell'art. 32 legge 6 agosto 1990, n. 223,  in
 relazione  al quale il concetto di "esercizio" dell'impianto andrebbe
 delineato come funzionamento effettivo e concreto  dello  stesso,  in
 maniera  continuativa,  con  le  conseguenze  sopra  riferite  a fini
 penalistici. Orbene, non puo' negarsi che la tesi del p.m.  trova  un
 valido  sostegno  nel  criterio  di interpretazione sistematico ed in
 quello teleologico: e' fuor di dubbio che lo scopo  della  richiamata
 normativa  fosse  quello  di  cristallizzare  la  situazione di fatto
 esistente, in campo di emissioni televisive pubbliche e private, alla
 data di entrata in vigore della legge Mammi', per  poi  provvedere  a
 "sanare"   amministrativamente  la  situazione  esistente.  Pertanto,
 proprio per evitare che, ad esempio, nel periodo di vacatio legis  si
 verificassero   episodi  di  selvaggia  autoattribuzione  dell'etere,
 mediante la semplice installazione di  apparecchiature  in  localita'
 precedentemente  non  coperte  da  emittenti  televisive  private (si
 rammenti che la situazione di fatto, riguardante  la  diffusione  dei
 vari  bacini  di  utenza delle emittenti private, che la legge Mammi'
 aveva  l'intendimento  di  sanare,  avrebbe,   poi,   costituito   il
 fondamento  per  l'attribuzione statuale delle frequenze e dei bacini
 stessi), il legislatore ha preveduto, al secondo comma  dell'art.  32
 legge  6  agosto  1990,  n.  223,  il  divieto di modificazione della
 fimzionalita'  tecnico-operativa   degli   impianti   di   diffusione
 televisiva durante il periodo intercorrente tra la data di entrata in
 vigore  della  legge  Mammi'  e  la  data  della  concessione,  della
 reiezione della domanda di concessione ovvero la data di scadenza del
 termine ultimo  previsto  dal  primo  comma  dell'art.  32  medesimo,
 successivamente  prorogato. Da cio' e' dato desumere che, ai fini che
 ne occupano, id est, allo scopo  di  individuare  il  significato  da
 attribuire  al concetto di "esercizio" di impianti di radiodiffusione
 televisiva, previsto dal primo comma  dell'art.  32  legge  6  agosto
 1990,  n.  223,  deve  farsi  riferimento  al  concetto  di effettivo
 funzionamento  degli  impianti   stessi,   sicche'   e'   ragionevole
 concludere  che  il  legislatore  del  1990 abbia inteso provvedere a
 sanare soltanto la situazione di quelle emittenti private,  prive  di
 autorizzazione  (rectius:  concessione), che provvedevano, all'epoca,
 ad irradiare in maniera continuativa ed effettiva  i  loro  programmi
 (ovviamente  in  relazione  alle zone coperte dalla diffusione). Cio'
 stante, dovrebbe concludersi che la disciplina di cui al primo  comma
 dell'art.  32 legge n. 223/1990 non debba applicarsi agli impianti di
 Fiuminata e di Pioraco dell'emittente "T.V.A. Telecentro",  che  alla
 data  del  23 agosto 1990 non trasmettevano in maniera regolare nelle
 zone predette. Conseguentemente, gli impianti stessi  non  dovrebbero
 aver goduto della "sanatoria" di cui al prefato primo comma dell'art.
 32  legge  n.  223/1990  e  successivi atti di esercizio degli stessi
 dovrebbero ricadere nella sfera di operativita' dell'art.  195 d.P.R.
 29 marzo 1973, n. 156.
   Peraltro, la prefata interpretazione del disposto del  primo  comma
 dell'art.  32  legge  6  agosto  1990,  n.  223, unica possibile alla
 stregua del dato testuale  e  del  criterio  sistematico,  confligge,
 secondo   l'opinione  di  questo  giudicante,  con  il  principio  di
 eguaglianza, sancito dal primo comma dell'art. 3  della  Costituzione
 della  Repubblica.   Si consideri, a tal proposito, che, non trovando
 applicazione, nella fattispecie concreta soggetta all'odierno  vaglio
 di  questo  pretore, il disposto del primo comma dell'art. 32 legge 6
 agosto 1990, n.   223, l'esercizio  degli  impianti  di  Fiuminata  e
 Pioraco, in epoca posteriore all'entrata in vigore della legge Mammi'
 -  che'  un  eventuale esercizio, nel senso sopra precisato, in epoca
 anteriore sarebbe, comunque, scriminato dalla normativa richiamata  -
 ricade  nell'ambito  di  operativita'  dell'art.  195 d.P.R. 29 marzo
 1973, n. 156. Orbene,  la  norma  incriminatrice,  allorche'  punisce
 l'esercizio  di  impianti di radiodiffusione televisiva in assenza di
 concessione, delinea una tipica fattispecie criminosa progressiva.  A
 tal riguardo, si ponga mente alla circostanza che, onde esercitare un
 impianto  televisivo,  e'  necessario dapprima installare lo stesso e
 provvedere all'allacciamento di tutti i collegamenti necessari.  Tale
 ultima   attivita',   se   effettuata   in  assenza  di  concessione,
 costituisce di per se' sola reato, come desumesi dal tenore  testuale
 dell'art. 195 codice postale, il quale sanziona anche l'installazione
 di  impianti di radiodiffusione televisiva in assenza di concessione.
 Dunque, l'esercizio degli impianti,  presuppone,  come  propedeutica,
 l'attivita'   di   installazione   e   costituisce,   in  assenza  di
 concessione, una tipica ipotesi di progressione criminosa, in cui  si
 verifica la sussistenza di una situazione illecita, caratterizzata da
 una  pluralita'  di  azioni,  ciascuna  delle  quali,  disgiuntamente
 considerata, costituisce reato. Orbene,  l'art.  32  legge  6  agosto
 1990,   n.  223,  provvede  a  "sanare",  in  via  amministrativa  e,
 conseguenzialmente,  anche  penale,  a  determinate  condizioni,   la
 situazione  dell'emittente  televisiva  privata che eserciti, id est,
 per quel che sopra si e' esposto, gestisca in maniera continuativa  e
 funzionante,  impianti di radiodiffusione televisiva. Si provvede, in
 tal modo, a scriminare il soggetto  che,  alla  data  di  entrata  in
 vigore  della  legge  Mammi',  aveva  compiuto, nella sua intierezza,
 l'iter della progressione criminosa, passando attraverso i vari stadi
 per giungere sino alla fase  finale  del  funzionamento  concreto  ed
 effettivo   dell'impianto  televisivo.    Viceversa,  non  rimarrebbe
 egualmente "scriminata" o "sanata", che dir si voglia, la  situazione
 del  soggetto  che  alla  data  dell'entrata in vigore della legge n.
 223/1990 si fosse  soltanto  limitato,  in  assenza  di  qualsivoglia
 provvedimento   lato   sensu   autorizzatorio,   a   predisporre   le
 apparecchiature atte a consentire, in un secondo momento, la messa in
 onda di programmi televisivi, con cio' realizzando soltanto la  prima
 parte  della progressione criminosa, la quale, peraltro, costituisce,
 come gia' detto, di per se' reato. Orbene, sembra a questo giudicante
 che tale disciplina crei una disparita' trattamentale  in  insanabile
 contrasto   con   il   disposto   dell'art.  3,  primo  comma,  della
 Costituzione, non ravvisandosi alcuna ragionevolezza nel riservare un
 trattamento di maggior favore nei confronti di un soggetto, il  quale
 abbia posto in essere una condotta astrattamente piu' grave di quella
 di  colui  che si sia limitato alla mera installazione, in assenza di
 autorizzazione, di impianto di radiodiffusione televisiva.
   L'impossibilita' di estendere a questi soggetti  la  disciplina  di
 "sanatoria" amministrativa e penale, in relazione agli impianti dagli
 stessi installati, ma non ancora "esercitati" alla data di entrata in
 vigore  della  legge  Mammi',  produce  una  lesione del principio di
 eguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge,  senza  che  sia
 dato  ravvisare  alcun motivo ragionevole, sotteso all'ingiustificata
 disparita'  trattamentale.  Pertanto,  nella   fattispecie   concreta
 soggetta all'odierno vaglio di questo giudicante, e' dato delibare la
 non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
 costituzionale del disposto del primo  comma  dell'art.  32  legge  6
 agosto  1990,  n.   223, nella parte in cui esclude dalla "sanatoria"
 amministrativa  e,  conseguentemente,  penale,  la  situazione  delle
 emittenti  private,  che,  alla data di entrata in vigore della legge
 predetta,   avessero    semplicemente    installato    impianti    di
 radiodiffusione  televisiva,  mantenendo  gli stessi in condizione di
 idoneita' ad un qualsivoglia  funzionamento,  senza,  peraltro,  aver
 provveduto  a  rendere  gli stessi funzionanti, oltre che funzionali,
 entro e non oltre la data suddetta.
   Cio' detto in  relazione  alla  non  manifesta  infondatezza  della
 dedotta  questione,  non  ci  si  soffermera'  piu'  del  dovuto  per
 sottolineare la rilevanza della stessa nell'ambito  del  procedimento
 penale soggetto all'odierno vaglio di questo giudicante: si consideri
 soltanto,   a  tal  proposito,  ed  in  considerazione  dell'avvenuto
 mutamento del capo  di  imputazione,  che,  ora,  concerne  fatti  di
 installazione  di impianti di diffusione televisiva datanti dal 1988,
 che  laddove  la  normativa  in  disamina  dovesse  essere   ritenuta
 effettivamente confliggente con il disposto costituzionale segnalato,
 questo  Pretore  avrebbe,  ai sensi del dettato dell'art. 129 c.p.p.,
 l'obbligo di  un'immediata  declaratoria  di  non  punibilita'  degli
 imputati per non essere il fatto preveduto come reato.
   Gli  ulteriori  profili  di incostituzionalita', sottolineati dalla
 difesa degli imputati,  appaiono,  invero,  alla  stregua  di  quanto
 precede, irrilevanti: nulla muterebbe, infatti, ove la disciplina del
 sistema  radiotelevisivo  pubblico e privato prefigurasse, allo scopo
 di consentire al privato l'irradiazione di programini televisivi,  un
 regime   di  autorizzazione,  anziche'  di  concessione:  l'emittente
 "T.V.A. Telecentro", infatti, era sprovvista, alla data di entrata in
 vigore della legge Mammi', di  autorizzazione  (v.,  in  atti,  copia
 fotostatica  della domanda ex art. 32 legge n. 223/1990, sottoscritta
 in data 20 ottobre 1990  dall'imputata  Orsini  Gabriella),  ne',  in
 ordine agli impianti di Fiuminata e di Pioraco, in relazione a quanto
 sopra  esposto,  avrebbe  potuto  essere  autorizzata,  ex lege, alla
 prosecuzione di un esercizio di fatto degli stessi, inesistente  alla
 stregua dei dati interpretativi sopra evidenziati. Pertanto, sembrano
 prive  di  rilevanza, nella fattispecie, le eccezioni di legittimita'
 costituzionale degli artt. 2, 3, 15, 16 e 19 legge 6 agosto 1990,  n.
 223,  in  relazione  agli artt. 15, 21 e 41 della Costituzione, nella
 parte in cui subordinano l'esercizio di impianti  di  radiodiffusione
 televisiva  da  parte  di  privati  al  conseguimento  di  un  titolo
 concessorio e non  meramente  autorizzatorio,  nonche'  in  relazione
 all'art.  3  della  Costituzione, nella parte in cui differenziano il
 regime  giuridico  degli  impianti  di   diffusione   radiotelevisiva
 rispetto a quello dei ripetitori di segnali provenienti dall'estero.