IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  n.
 2897/94  r.g.p.m. e n. 12226/94 reg. g.i.p. nei confronti di Di Marco
 Cesare + 3.
   Letti gli atti del procedimento osserva: il p.m. presso la  pretura
 circondariale di Savona, a conclusione delle indagini preliminari, ha
 emesso  il  decreto di citazione a giudizio nei confronti di Di Marco
 Cesare, Piscitello Francesco Paolo, Catananti Fausto e Nizza  Nicolo'
 per  i  reati  di cui agli artt. 648, 640, 617-bis e 617-ter c.p. per
 avere tutti  partecipato,  con  ruoli  distinti,  a  piu'  operazioni
 avvenuti  in  varie  parti  d'Italia consistenti nell'aver portato, o
 aver cercato di portare, all'incasso in numerosi istituti di credito,
 assegni bancari o  circolari  per  alcuni  miliardi,  assicurando  il
 bene-fondi  tramite  un  sistema di intercettazioni telefoniche sulle
 linee della banca che risultava avere emesso i titoli.
   Dopo l'emissione del decreto di citazione gli  imputati  chiedevano
 di  essere  giudicati  col rito abbreviato dal g.i.p. Nel corso delle
 indagini preliminari, lo stesso  g.i.p.  aveva  emesso  ordinanze  di
 custodia cautelare nei confronti di tutti e quattro gli imputati.  La
 difesa  di  Di  Marco,  Catananti  e  Piscitello  eccepiva  allora la
 incompatibilita' di questo g.i.p. a svolgere il  giudizio  abbreviato
 sul  presupposto  della  illegittimita'  costituzionale dell'art. 34,
 comma 2  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  giudizio  abbreviato il g.i.p. presso la Pretura che
 abbia emesso ordinanza di  custodia  cautelare  nei  confronti  dello
 stesso imputato nel corso delle indagini.
   Come  affermato  nella  pronuncia  n. 496 del 26 ottobre 1990 della
 Corte costituzionale, il regime delle incompatibilita' indicato nella
 legge delega risponde "all'esigenza di evitare che la valutazione  di
 merito   del  giudice  possa  essere  (o  possa  ritenersi  che  sia)
 condizionata   dallo   svolgimento  di  determinate  attivita'  nelle
 precedenti  fasi  del  procedimento  o  dalla  piena  conoscenza  dei
 relativi atti processuali" (Corte costituzionale, 26 ottobre 1990, n.
 496).
   Sempre  secondo  la  Corte,  poi,  tali  attivita'  avvenute  nelle
 precedenti  fasi  devono  consistere,   ai   fini   della   eventuale
 incompatibilita',  in  valutazioni  non  formali,  ma di contenuto di
 quanto  emerso  nel   corso   delle   indagini   preliminari   (Corte
 costituzionale n. 496/1990).
   Ora,  nel caso di specie si tratta di verificare se l'emissione nel
 corso  delle  indagini  di  un'ordinanza  applicativa   di   custodia
 cautelare  integri  quell'attivita'  non  meramente  formale,  ma  di
 contenuto, cui si' e'  fatto  riferimento.  La  Corte  ha  gia'  dato
 risposta affermativa a tale quesito nella recente sentenza n. 432 del
 1995   relativa   all'incompatibilita',   nel   successivo   giudizio
 dibattimentale. L'applicazione di  una  misura  cautelare  presuppone
 l'esistenza  e  la  valutazione  di gravi indizi di colpevolezza e la
 Corte di cassazione ha  piu'  volte  affermato  che  il  concetto  di
 "gravita'"  postula  una  obiettiva  precisione  dei singoli elementi
 indizianti che, nel loro complesso, consentono  di  pervenire  ad  un
 giudizio  di  alta  probabilita' dell'esistenza del reato e della sua
 attribuibilita' all'indagato.
   Ha   osservato,   poi,   la   stessa   Corte   costituzionale   che
 l'applicazione  di una misura cautelare richiede da parte del giudice
 una adeguata motivazione degli indizi che giustificano in concreto la
 misura disposta, una valutazione sulla assenza di cause  che  possono
 condurre  al  proscioglimento  dell'indagato  e sulla possibilita' di
 ottenere con la sentenza  di  condanna  la  sospensione  condizionale
 della  pena  seppure  quest'ultimo elemento sia stato introdotto solo
 con la nuova normativa (Corte costituzionale n. 432 del 1995). In una
 parola, la Corte ha gia' concluso nel senso che la valutazione che il
 giudice deve compiere prima di applicare una misura cautelare attiene
 alla formulazione di un giudizio non  di  mera  legittimita',  ma  di
 merito sulla colpevolezza dell'imputato. Si tratta di una valutazione
 del  tutto  analoga  a quella che il g.i.p. nel giudizio pretorile si
 trova a dover compiere in altre circostanze, quali l'ordine  al  p.m.
 di   formulare   l'imputazione,   in   seguito   alla   richiesta  di
 archiviazione e il rigetto della richiesta di applicazione della pena
 concordata. Tale affermazione si trova espressamente riportata  nella
 sentenza  n.  432 del 1995 dove si legge testualmente: "a giudizio di
 questa Corte non e' ravvisabile, ai fini che qui interessano (e cioe'
 della valutazione sull'incompatibilita' del g.i.p.)  una  sostanziale
 diversita'  tra  la  valutazione  dei  risultati  delle  indagini che
 conduce alla pronuncia di una misura cautelare personale e quella che
 conduce all'ordine di formulare  l'imputazione  o  al  rigetto  della
 richiesta  di applicazione di pena concordata" (Corte costituzionale,
 n. 432 del 1995).
   Orbene, l'incompatibilita' del g.i.p. presso la Pretura a  svolgere
 il  giudizio  abbreviato  quando  ha  ordinato  al  p.m. di formulare
 l'imputazione, decidendo sulla richiesta di archiviazione,  e  quando
 ha rigettato la richiesta di pena concordata e' gia' stata dichiarata
 dalla Corte costituzionale rispettivamente con le sentenze n. 496 del
 1990 e n. 439 del 1993.
   Dalle   stesse   argomentazioni   e   dai  precedenti  della  Corte
 costituzionale, sussistono quindi tutti i presupposti  perche'  venga
 dichiarato  che anche il terzo caso di quello sopra riferiti, e cioe'
 l'applicazione di misura coercitiva, che e' quello di cui  si  occupa
 nella  presente  sede,  determini  l'incompatibilita'  per  il g.i.p.
 pretorile a svolgere il successivo giudizio abbreviato.
   Se questi, infatti, sono i principi in tema di incompatibilita' del
 g.i.p.  a  partecipare  al  giudizio   abbreviato,   ritiene   questo
 giudicante  che anche la presente questione non possa essere definita
 diversamente, essendo del tutto analoga a quelle  gia'  decise  dalla
 Corte costituzionale.
   Va  solo  rilevato come non puo' esservi alcun dubbio sul fatto che
 il giudizio abbreviato rientri nel  concetto  di  "giudizio"  di  cui
 all'art.  34,  comma  2,  c.p.p.,  atteso  che  cio'  e'  gia'  stato
 dichiarato dalla stessa Corte costituzionale  (Corte  costituzionale,
 n. 496/1990; n. 401/1991; n. 261/1992; n. 439/1993).
   La  norma in questione, nella sua attuale formulazione; e cioe' con
 l'omessa previsione dell'ipotesi di  cui  si  discute  appare  quindi
 violare  il  principio dell'art. 3 della Costituzione consentendo una
 ingiustificata disparita' di trattamento  tra  situazioni  del  tutto
 analoghe.
   Se,  infatti,  come  si  e' detto in precedenza, la valutazione che
 deve essere compiuta dal g.i.p. che applica una misura  cautelare  e'
 del  tutto  analoga  a  quello che il g.i.p. compie quando, decidendo
 sulla  richiesta  di  archiviazione,  ordina  al  p.m.  di  formulare
 l'imputazione  o  quando rigetta la richiesta di applicazione di pena
 concordata (affermazione compiuta dalla  Corte  costituzionale  nella
 sentenza 432 del 1995) e posto che in questi ultimi due casi sussiste
 l'incompatibilita'  per  lo  stesso  g.i.p.  a  svolgere  il giudizio
 abbreviato proprio per la natura della valutazione gia' compiuta  non
 si  vede  in  base  a  quali  considerazioni l'incompatibilita' nello
 stesso giudizio abbreviato non debba essere estesa anche  alla  terza
 ipotesi, e cioe' quando il g.i.p. ha applicato una misura cautelare.
   Diversamente,  l'imputato  sottoposto  a  giudizio  abbreviato  nei
 confronti del quale sia stata emessa nelle indagini  un'ordinanza  di
 custodia  cautelare si troverebbe a subire un trattamento processuale
 difforme da quella dell'imputato che si trova sottoposto  a  giudizio
 abbreviato per avere il g.i.p. respinto la richiesta di archiviazione
 e ordinato al p.m. di formulare l'imputazione o per avere respinto il
 patteggiamento,   pur   essendo  le  tre  situazioni  processualmente
 identiche,  avendo  compiuto  il  giudice  la  medesima   valutazione
 preliminare  sulla  situazione  dell'imputato.    Ne',  a  parere del
 giudicante, rileva l'eventuale considerazione per  cui  presupponendo
 il  giudizio  abbreviato l'accordo delle parti, e' lo stesso imputato
 che accetterebbe di essere giudicato dal  medesimo  giudice  che  nel
 corso delle indagini ha gia' valutato gli indizi di colpevolezza. Con
 la  richiesta  di giudizio abbreviato, infatti, l'imputato accetta di
 essere giudicato da un  magistrato  dell'ufficio  g.i.p.  sulla  base
 degli  atti delle indagini, ma non dallo stesso g.i.p. persona fisica
 che ha emesso la ordinanza di custodia cautelare.
   L'accordo  sul  giudizio  abbreviato,  in  altre  parole,  riguarda
 l'accettazione di un determinato regime processuale ma non ha nulla a
 che  vedere  con  la identita' fisica del magistrato giudicante ed e'
 quindi pienamente  possibile  anche  in  presenza  di  una  causa  di
 incompatibilita' che riguardi il singolo giudice.
   In  base alle suddette considerazioni, la questione di legittimita'
 costituzionale   della   norma   denunciata   deve   ritenersi    non
 manifestamente infondata.
   La  rilevanza  della  questione nel caso concreto, poi, emerge solo
 che si consideri che il presente giudicante ha emesso nel corso delle
 indagini ordinanze di custodia cautelare nei  confronti  di  tutti  e
 quattro  gli  imputati (la questione non puo' non riguardare anche il
 Nizza, sebbene  formalmente  il  suo  difensore  non  abbia  eccepito
 alcunche')  e,  pertanto,  una  eventuale pronuncia di illegittimita'
 costituzionale  della  norma   determinerebbe   una   situazione   di
 incompatibilita', rilevante altrimenti ex artt. 178 e segg.