IL TRIBUNALE ORDINARIO
   Ha  deliberato  la  seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 numero 455 del registro delle  impugnazioni  delle  misure  cautelari
 personali  dell'anno  1995  e vertente verso Mazzuca Raffaele, nato a
 Cosenza addi' 13 ottobre 1958, cola' residente  alla  via  Popilia  -
 strada  IX,  n.  8, in atto ristretto presso la casa circondariale di
 Cosenza; imputato:
     Omissis . . .
     D) del delitto di associazione di tipo mafioso a' sensi dell'art.
 416-bis c.p.
   In Cosenza e localita' circostanti, acc. fino al 22 aprile 1994;
     E) del delitto di associazione per delinquere a' sensi  dell'art.
 416 c.p.
   In Cosenza e localita' circostanti, acc. fino al 22 aprile 1994.
     Omissis . . .
     U-1) del delitto di omicidio a' sensi degli artt. 110, 112 n.  1,
 81,  575  e  56 c.p. consumato in danno di Lanzino Mario e tentato in
 danno di Bevilacqua Fiore, Brunetti Massimo e Chirillo Carmine  (gia'
 capo N-2 della rubrica della ordinanza cautelare del 7 ottobre 1994);
     V-1) dei delitti di detenzione e di porto illegali di arma comune
 da  sparo  a' sensi degli artt. 81 cpv. c.p., 10, 12 e 14 della legge
 14 ottobre 1974 n. 497 (gia' capo 0-2 della rubrica  della  ordinanza
 cautelare del 7 ottobre 1994).
   In Cosenza il 5 marzo 1982;
     Omissis . . .
     Q-3) del delitto di rapina aggravata a' sensi degli art. 110, 112
 n.  1,  628  primo  e  terzo  comma, n. 1 c.p. in danno di Ziccarelli
 Fausto (gia' capo 0-4 della rubrica della ordinanza cautelare  del  7
 ottobre 1994).
     R-3) dei delitti di detenzione e di porto illegali di arma comune
 da  sparo  a' sensi degli artt. 110, 112 n. 1, 81 cpv. c.p., 10, 12 e
 14 della legge 14 ottobre 1974 n. 497 (gia' capo  P-4  della  rubrica
 della ordinanza cautelare del 7 ottobre 194).
   In Cosenza il 6 luglio 1980;
   Sulla richiesta di
                                Riesame
 dell'ordinanza  di  applicazione  della  misura  cautelare coercitiva
 della custodia  in  carcere,  emessa  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari del tribunale ordinario di Catanzaro il 7 ottobre 1994;
   Esaminati gli atti di causa;
   Udito il presidente relatore;
   Premette:
     che,  con  ordinanza  7  ottobre 1994, il giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale ordinario di  Catanzaro,  provvedendo
 a'   termini   dell'art.   328,  comma  1-bis  c.p.p.,  ha  applicato
 all'imputato, Mazzuca Raffaele, la misura cautelare, coercitiva della
 custodia in carcere per i delitti in epigrafe indicati  ai  capi  D),
 E),  Q-3) e R-3), "unificate nell'unica fattispecie di cui al capo D)
 della richiesta le  fattispecie  di  cui  ai  capi  D)  ed  E)  della
 medesima",  nonche'  per  il  delitto di omicidio tentato in danno di
 Bevacqua  Armando  (capo  sub  P)  della  rubrica   della   precitata
 ordinanza); e ha contestualmente rigettato la richiesta cautelare del
 p.m..  relativamente  ai  residui reati, in epigrafe indicati ai capi
 U-1) e V-1);
     che,  con  atti  depositati  in data 14 ottobre 1994 e 20 ottobre
 1994, l'imputato e i difensori, avvocati Enzo Lo Giudice e  Pierluigi
 Nucci,  nell'interesse  dell'imputato  in  epigrafe,  hanno  proposto
 richiesta di riesame avverso l'ordinanza sopra indicata;
     che questo tribunale, in esito alla trattazione del  gravame,  ha
 revocato  la  misura  cautelare,  giusta  ordinanza  deliberata il 27
 ottobre 1994 e depositata il 31 ottobre 1994;
     che, sul ricorso proposto dal p.m. avverso  detto  provvedimento,
 la  Corte  suprema  di cassazione, sezione VI penale, con sentenza 14
 marzo 1995 n. 987  (depositata  il  27  maggio  1995),  ha  annullato
 l'ordinanza  impugnata  e  ha  rinviato  a questo tribunale per nuovo
 esame;
     che gli atti sono pervenuti il 20 giugno 1995;
     che, nelle more del deposito della precitata sentenza della Corte
 suprema di cassazione, il giudice  per  le  indagini  preliminari  ha
 disposto  il  rinvio  a  giudizio  dell'imputato,  Mazzuca  Raffaele,
 dinnanzi alla Corte di assise di Cosenza, per  i  reati  indicati  in
 epigrafe  ai  capi  sub  D),  E,  U-1),  V-1),  Q-3) e R-3), fissando
 l'udienza dell'8 gennaio 1996, giusta decreto 4  maggio  1995;  e  ha
 dichiarato   non   luogo   a  procedere  nei  confronti  del  Mazzuca
 limitatamente al delitto di omicidio tentato  in  danno  di  Bevacqua
 Armando  (capo  sub  P) della rubrica della ordinanza cautelare del 7
 ottobre 1994) per non aver commesso il fatto, giusta sentenza  del  4
 maggio 1994;
     che  alla  udienza del 27 luglio 1995, fissata per la trattazione
 del gravame,  giusta  decreto  20  luglio  1995,  e  celebrata  senza
 l'intervento  del  p.m.  dell'imputato,  il  tribunale ha differito a
 nuovo decreto la trattazione del  procedimento,  in  accoglimento  di
 eccezione difensiva relativa ai termini di comparizione.
   Rileva
   Il  rinvio della Cassazione concerne, per quanto riguarda i delitti
 associativi,  il  punto  della  sussistenza  dei  gravi   indizi   di
 colpevolezza.
   In  proposito  e' pregiudiziale il rilievo che - siccome esposto in
 premessa - nelle more del deposito  della  sentenza  di  annullamento
 della  Corte  suprema  di  cassazione,  il  giudice  per  le indagini
 preliminari ha ordinato il rinvio a giudizio  dell'imputato,  Mazzuca
 Raffaele, dinnanzi alla Corte di assise di Cosenza.
   Secondo la costante e consolidata giurisprudenza di legittimita' il
 rinvio  a  giudizio  (ancorche'  sopravvenuto) dell'imputato preclude
 l'esame della questione dei gravi indizi di colpevolezza.
   La giurisprudenza della Corte suprema  di  cassazione  ha,  infatti
 stabilito che:
   In tema di misure cautelari personali, al giudice dell'impugnazione
 contro  un  provvedimento  di  coercizione  emesso  nella  fase delle
 indaqini  preliminari  e'  preclusa   ogni   valutazione   circa   la
 sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza allorche' sia stato, nel
 frattempo,  disposto  il  giudizio  o  sia  intervenuta  sentenza  di
 condanna dell'imputato; e cio' perche' in tali  casi  l'apprezzamento
 degli indizi deve considerarsi definitivamente rimesso al giudice del
 dibattimento  nei  suoi  vari  gradi,  salvo  il  caso  che si sia in
 presenza di fatti nuovi o sopravvenuti i quali, per cio' stesso,  non
 vengono  ad essere in contrasto con l'intervenuta decisione di rinvio
 a giudizio adottata all'esito dell'udienza preliminare.
   (Sez.  1  Sent.  04446  del  21 novembre 1994 (CC. 11 ottobre 1994)
 Massima n. 199665)
   In relazione alle ordinanze de libertate, una volta pronunciato  il
 decreto che dispone il giudizio, il giudice della fase delle indagini
 prelininari  si spoglia del processo e la cancelleria trasmette senza
 ritardo il decreto stesso alla  cancelleria  del  giudice  competente
 insieme  al  fascicolo  per  il dibattimento, per cui la competenza a
 provvedere sulle richieste e sulle  istanze  relative  alla  liberta'
 personale    passa    ipso    iure    al    giudice   dibattimentale,
 indipendentemente dalla circostanza che quest'ultimo non abbia ancora
 ricevuto gli atti. Ne consegue che dopo la  chiusura  delle  indagini
 preliminari  la  competenza  del Tribunale della liberta' e' limitata
 alla verifica delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 cod. proc.
 pen. e all'adeguatezza e proporzionalita' delle misure  ex  art.  275
 stesso codice, giacche' se gli si riconoscesse il potere di sindacare
 i   provvedimenti   coercitivi,   dopo  la  chiusura  delle  indagini
 preliminari, anche in relazione alla  sufficienza  degli  indizi,  si
 farebbe  regredire  il  materiale  probatorio  allo  stato  iniziale,
 obliterando le valutazioni compiute medio tempore dal giudice che  ha
 la   piena  cognizione  della  vicenda  processuale,  oppure  gli  si
 attribuirebbe una competenza a rivedere tali valutazioni che la legge
 conferisce in via  esclusiva  al  giudice  della  fase  o  del  grado
 successivo del giudizio.
   (Sez.  1  Sent. 00946 del 21 aprile 1993 (CC. 8 marzo 1993) Massima
 n. 193712)
   Intervenuta la richiesta di rinvio a giudizio, non puo' essere piu'
 oggetto di discussione in sede di riesame la questione concernente la
 sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
   (Sez. 1 Sent. 01720 del 10  novembre  1992  (CC.  21  aprile  1992)
 Massima n. 192163)
   Dopo  il rinvio a giudizio la questione sulla sussistenza dei gravi
 indizi che legittimano, ai sensi dell'art.  273,  comma  primo,  cod.
 proc.  pen.,  la  custodia  cautelare,  e'  esaurita  in  virtu'  del
 provvedimento stesso che dispone il giudizio, ed ogni valutazione  al
 riguardo   e'   assorbita  necessariamente  nella  piu'  pregnante  e
 conclusiva decisione in ordine  all'accertamento  della  prova  sulla
 responsabilita', che e' pronunziata in esito al dibattimento.
   (Sez.  1  Sent.  04220  del 10 dicembre 1991 (CC. 11 novembre 1991)
 Massima n. 188706)
   V., pure: Cass., Sez. V, 5 maggio 1994 n. 1652, massima n.  198022;
 cui  adde:  12  giugno  1991  n.  2145, massima n. 187476; Sez. V, 12
 giugno 1991 n. 483, massima n. 187637; Sez. I, 5 giugno 1992 n. 1963,
 massima n. 190856; Sez. I, 26 maggio 1993 n. 5355, massima n. 194218;
 Sez.  I, 19 luglio 1993 n. 2678, massima n. 194739; Sez. I, 7 gennaio
 1994 n. 5120, massima n. 196084; Sez. I, 12 febbraio  1994  n.  5196,
 massima n. 196408; Sez. V, 17 marzo 1994 n. 895, massima n. 197291 in
 archivio penale - C.E.D. Cassazione.
   Consegue  a  cio',  che l'art. 309 c.p.p., alla stregua del diritto
 vivente, non consente al giudice del riesame di valutare, nel caso di
 rinvio  a  giudizio  dell'imputato,   la   condizione   generale   di
 applicabilita'  della misura cautelare, prevista dall'art. 273, primo
 comma del c.p.p.  della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
   Ma  questo  collegio  dubita  della  legittimita' costituzionale di
 detta norma di diritto  vivente,  nei  termini  sopra  indicati,  per
 sospetta   violazione:   (I)   dell'art.   3,   primo   comma,  della
 Costituzione; (II) dell'art. 97,  primo  comma,  della  Costituzione;
 (III) dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
   La  questione  e',  innanzitutto,  rilevante,  in  quanto  la Corte
 suprema di cassazione ha demandato a questo tribunale, quale  giudice
 del  rinvio,  proprio  la  rivalutazione  del  punto  concernente  la
 condizione  della  sussistenza  dei  gravi  indizi  di  colpevolezza,
 sicche'  e'  preliminare  la decisione se, in seguito al sopravvenuto
 decreto del 4 maggio 1995, che ha disposto il giudizio nei  confronti
 dell'imputato,  la questione de qua deve ritenersi, ormai preclusa al
 giudice del riesame, alla stregua della  norma  di  diritto  vivente,
 sospettata di incostituzionalita', ovvero no.
   La questione appare al tribunale non manifestamente infondata.
   Sotto   il   primo  profilo  basta  considerare  che,  rispetto  al
 procedimento incidentale  di  applicazione  delle  misure  cautelari,
 l'eventualita'  del  rinvio  a  giudizio dell'imputato e' circostanza
 meramente estrinseca e accidentale.
   Peraltro, simmetricamente, l'ordinamento non  prevede,  neppure  in
 relazione  ai  reati di cui all'art. 275, terzo comma, c.p.p., che il
 rinvio a giudizio comporti di per se'  l'adozione  di  alcuna  misura
 cautelare:  ne consegue che, sul piano normativo, la relazione tra il
 procedimento incidentale di applicazione delle misure cautelari e  la
 adozione  del  decreto  che  dispone  il  giudizio  e'  di assoluta e
 reciproca indifferenza.
   Tale indifferenza implica,  allora,  che,  in  sede  cautelare,  le
 posizioni  (a)  dell'imputato, nei cui confronti e' stato disposto il
 rinvio a giudizio, (b) dell'imputato, non ancora rinviato a giudizio,
 e (c) del mero indagato devono considerarsi necessariamente uguali.
   Eppero' il difforme trattamento di posizioni (cautelarmente) uguali
 - discriminazione conseguente  al  riconoscimento  della  preclusione
 sospettata di illegittimita' costituzionale - pare porsi in contrasto
 con   il  principio  di  uguaglianza  consacrato  dall'art.  3  della
 Costituzione.
   Sotto il secondo profilo sembra del tutto illogico, al  di  la'  di
 ogni  ragionevole  esercizio  della  discrezionalita' legislativa, e,
 comunque,  in  conflitto  con  il  principio  del  "buon   andamento"
 organizzativo,   fissato   dall'art.   97,   primo   comma,     della
 Costituzione, che il giudice del riesame - eppero', in base  all'ordo
 judiciorum  dei  procedimenti  incidentali  de  libertate, il giudice
 superiore  -  incontri  nell'esame  della   materia   oggetto   della
 impugnazione  una  preclusione  che  e'  costituita da atto (peraltro
 insindacabile e inoppugnabile, v. infra) adottato proprio dal giudice
 a quo, e cioe',  dal  giudice  inferiore,  autore  del  provvedimento
 impugnato.
   Sotto  il  terzo  profilo  il  diritto  di difesa dell'imputato, in
 relazione  al  bene  primario  della  liberta',  sembra   doppiamente
 vulnerato dalla considerazione:
     a) che, avverso il decreto che dispone il giudizio, l'ordinamento
 non consente all'imputato di sperimentare alcuna impugnativa, sicche'
 la  (positiva)  valutazione  operata  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari, in sede di  applicazione  della  misura  cautelare,  sul
 punto  della  gravita'  degli  indizi  di colpevolezza, finirebbe col
 restare assolutamente insindacabile e sottratta a qualsiasi rimedio e
 controllo  (e'  appena il caso di aggiungere che, allorche', come nel
 caso di specie, atteso il titolo del reato, il  periculum  libertatis
 e'  normativamente  presunto  a'  termini dell'art. 275, terzo comma,
 c.p.p.,  l'imputato  -  considerata  la  estrema  difficolta'   della
 rigorosa  prova  della  esclusione  del  periculum  - resta di fatto,
 addirittura,  completamente  privo  di  ogni  effettiva  e   concreta
 possibilita' di difesa della propria liberta' personale);
     b)  che l'art. 429, primo comma, lettera d) c.p.p. stabilisce che
 il  decreto  che  dispone  il  giudizio  deve  contenere   (soltanto)
 "l'indicazione  sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si
 riferiscono" e non pure l'enunciazione degli "elementi  di  fatto  da
 cui  sono  desunti (gli indizi che giustificano in concreto la misura
 cautelare disposta) e i motivi  della  loro  rilevanza"  (cfr.:  art.
 292,  secondo comma, lettera c) c.p.p.), con la aberrante conseguenza
 che l'adozione (precedente, contestuale o sopravvenuta)  del  decreto
 che  dispone  il  rinvio  a  giudizio  dell'imputato precluderebbe il
 sindacato del giudice del riesame in  ordine  alla  condizione  della
 sussistenza  dei  gravi indizi di colpevolezza, anche nel caso in cui
 l'ordinanza cautelare impugnata sia,  sul  punto,  insufficientemente
 motivata  ovvero,  addirittura, affatto priva di motivazione (ipotesi
 questa costituente "colpa grave" a' sensi dell'art. 2,  terzo  comma,
 lettera d) della legge 13 aprile 1988 n. 117).
   Tanto  considerato, il tribunale delibera di sollevare d'ufficio la
 questione di legittimita' costituzionale nei termini esposti.
   La presente ordinanza e' emessa  de  plano,  senza  procedere  alla
 celebrazione  di  nuova  udienza in camera di consiglio, per evidenti
 ragioni di speditezza e di economia processuale.