ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 131,  comma  10,
 lettera  b),  della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia 19
 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in  materia  di  pianificazione
 territoriale ed urbanistica), introdotto dall'art. 23, comma 2, della
 legge  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  14 luglio 1992, n. 19,
 promossi con ordinanze emesse:
     1) il 29 aprile 1995 dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  la  Pretura  circondariale di Udine nel procedimento penale a
 carico di Mario De Eccher, iscritta al n. 380 del registro  ordinanze
 1995  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26,
 prima serie speciale, dell'anno 1995;
     2) l'8 maggio 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso
 la Pretura circondariale di Udine nel procedimento penale a carico di
 Pierdomenico Stefanuto ed altro, iscritta  al  n.  468  del  registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;
   Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                            Ritenuto in fatto
   1. - Con due ordinanze di identico contenuto emesse  il  29  aprile
 1995 (r.o. n. 380 del 1995) e l'8 maggio 1995 (r.o. n. 468 del 1995),
 il   Giudice   per   le   indagini   preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale di Udine ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25,
 secondo comma, e 116 della Costituzione,  questioni  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 131, comma 10, lettera b), della legge della
 Regione   Friuli-Venezia  Giulia  19  novembre  1991,  n.  52  (Norme
 regionali in materia di pianificazione territoriale ed  urbanistica),
 introdotto   dall'art.   23,  comma  2,  della  legge  della  Regione
 Friuli-Venezia Giulia 14 luglio 1992, n. 19.  Le questioni sono state
 sollevate  nel  corso  di  due  procedimenti  penali  nei  confronti,
 rispettivamente,  di  Marco  De Eccher e di Pierdomenico Stefanuto ed
 altro, i quali, avendo effettuato il taglio di alberi in boschi senza
 l'autorizzazione richiesta in materia di bellezze naturali  dall'art.
 7  della  legge  29  giugno  1939, n. 1497, erano stati sottoposti ad
 indagini  per  il reato previsto dall'art. 1-sexies del decreto-legge
 27 giugno 1985, n. 312, aggiunto dalla legge di conversione 8  agosto
 1985, n. 431.
   La  disposizione  denunciata  prevede  che, nelle zone sottoposte a
 vincolo paesaggistico elencate all'art. 82, quinto comma, del  d.P.R.
 24   luglio  1977,  n.  616,  non  sono  soggette  all'autorizzazione
 richiesta dalle norme di protezione delle bellezze naturali  (art.  7
 della  legge  n.  1497  del 1939) le operazioni ammesse dalle vigenti
 norme ed attinenti all'attivita' agricola, al  taglio  colturale  del
 bosco,  al  taglio  di diradamento, all'avviamento del bosco ceduo al
 governo ad alto fusto,  ai  tagli  di  utilizzazione  boschiva,  alla
 forestazione,  alla  riforestazione, agli interventi antincendio e di
 conservazione,  escluse  le  operazioni  di  difesa  forestale  e  di
 sistemazione  idraulico-forestale,  le  piste  forestali, le opere di
 bonifica fondiaria, ivi compresi i riordini fondiari.
   Il giudice rimettente ricorda che l'ottavo comma dell'art.  82  del
 d.P.R.  n.  616  del  1977,  aggiunto  in  sede  di  conversione  del
 decreto-legge n. 312 del 1985, permette nelle foreste e  nei  boschi,
 sottoposti  a  vincolo  paesaggistico  dal  quinto comma, lettera g),
 dello stesso  art.  82,  il  taglio  colturale  ed  altri  interventi
 autorizzati  in  base alle norme vigenti in materia. Sarebbero quindi
 consentite le ordinarie attivita' di utilizzazione del bosco,  svolte
 rispettando  le  prescrizioni  delle  norme forestali, mentre sarebbe
 vietato qualsiasi intervento diretto alla distruzione  anziche'  alla
 conservazione del bosco, quale il taglio a raso di piante, che altera
 in  modo  permanente  lo  stato  dei  luoghi  e  modifica  il sistema
 ambientale nelle sue componenti estetiche e naturalistiche.
   Ad avviso del giudice rimettente, gli interventi di silvicoltura  e
 di   taglio   colturale   sarebbero   consentiti,   in   assenza   di
 autorizzazione paesaggistica ma  in  base  alla  sola  autorizzazione
 forestale,  esclusivamente  per i boschi e le foreste in quanto tali;
 non quando essi siano compresi in altre zone sottoposte egualmente  a
 vincolo  paesaggistico  dallo  stesso  art.  82 del d.P.R. n. 616 del
 1977, quali le sponde dei corsi d'acqua per una fascia di 150 metri o
 le montagne per la parte eccedente i 1600 o i 1200 metri sul  livello
 del   mare,   rispettivamente   nella   catena  alpina  o  in  quella
 appenninica. In questi casi il vincolo riguarderebbe una porzione  di
 territorio  gia'  autonomamente  tutelata  anche  per  la vegetazione
 esistente, che rappresenta una struttura costitutiva dell'ambiente.
   In base a questa interpretazione dell'art. 82 del d.P.R. n. 616 del
 1977,  quale  risulta  integrato  dalla  legge  di  conversione   del
 decreto-legge  n.  312  del  1985,  il  taglio colturale in foreste o
 boschi compresi topograficamente in altre aree protette dalla  stessa
 disposizione  richiederebbe  l'autorizzazione paesaggistica, prevista
 dall'art.  7 della legge n. 1497 del 1939 per le  bellezze  naturali.
 In  mancanza  di essa, sarebbe configurabile un reato, secondo quanto
 stabilisce l'art. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985.
   L'art. 131, comma 10, lettera b), della legge regionale n.  52  del
 1991,  discostandosi  da  queste  prescrizioni  della  legge statale,
 qualificate come  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale
 (art.  2  della  legge  n.  431  del  1985),  consentirebbe il taglio
 colturale ed altri interventi boschivi eseguiti  nel  rispetto  della
 normativa   forestale,   senza   la   necessita'   di  autorizzazione
 ambientale, anche per le foreste ed i boschi  siti  in  zone  che  ad
 altro titolo sono sottoposte dall'art.  82 del d.P.R. n. 616 del 1977
 a vincolo paesaggistico.
   Ad  avviso  del  giudice  rimettente, la norma regionale denunciata
 contrasterebbe con l'art.  25,  secondo  comma,  della  Costituzione,
 incidendo sul principio di riserva di legge e sull'esclusiva potesta'
 sanzionatoria penale dello Stato. La Regione Friuli-Venezia Giulia vi
 avrebbe  indirettamente  interferito,  rendendo  lecita  una condotta
 altrimenti considerata illecita e penalmente sanzionata  dalle  norme
 statali.  La  legge  regionale avrebbe anche violato l'art. 116 della
 Costituzione,  dettando  una  disciplina  in  contrasto   con   norme
 fondamentali  di riforma economico-sociale. Inoltre, in contrasto con
 l'art.  3  della  Costituzione,  coloro  che  attuano  interventi  di
 ceduazione    nell'ambito    del   territorio   regionale   sarebbero
 privilegiati rispetto a quanti  operano  gli  stessi  interventi  nel
 restante  territorio  nazionale,  perche'  non  sarebbero  soggetti a
 sanzioni penali.
   Il giudice rimettente motiva, in entrambi i giudizi,  la  rilevanza
 della  questione di legittimita' costituzionale, affermando che dalla
 soluzione di essa dipendono le  ragioni  dell'archiviazione.  Essendo
 stati  eseguiti,  in  conformita'  alle  norme  vigenti in materia di
 polizia forestale, tagli colturali in boschi siti in  prossimita'  di
 corsi  d'acqua,  gli  atti  dei procedimenti penali dovrebbero essere
 archiviati, ma con motivazioni diverse: per  l'assenza  di  un  fatto
 penalmente  rilevante,  in  caso  di  non  fondatezza  del  dubbio di
 legittimita' costituzionale; per  carenza  dell'elemento  psicologico
 del   reato   nella  persona  sottoposta  ad  indagini,  in  caso  di
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma  regionale
 denunciata.
   2.  -  La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'  intervenuta nei due
 giudizi, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o,
 comunque, infondate.
   La Regione ritiene che la  soluzione  del  dubbio  di  legittimita'
 costituzionale  sia  irrilevante nei giudizi principali, nei quali in
 ogni caso la condotta degli indagati non potrebbe  essere  perseguita
 penalmente.
   Nel  merito  la  Regione  rileva  che la ceduazione non comporta la
 distruzione del bosco. Un intervento di ordinario prelievo  di  massa
 legnosa  da  aree  destinate a boschi cedui, che rimangono tali ed in
 tempi medio-brevi  vedranno  ricrescere  le  piante  originarie,  non
 determina un'alterazione permanente del paesaggio.
   Ad avviso della Regione, il presupposto interpretativo da cui muove
 il    giudice   rimettente   sarebbe   inesatto   ed   una   corretta
 interpretazione dell'art. 82, ottavo comma, del  d.P.R.  n.  616  del
 1977  porterebbe ad escludere che la norma regionale contrasti con la
 disciplina statale, giacche'  entrambe  esentano  dall'autorizzazione
 paesaggistica  le  stesse  operazioni.  L'art.  82, ottavo comma, del
 d.P.R.  n.  616  del  1977   stabilisce   che   non   e'   necessaria
 l'autorizzazione paesaggistica per specifici interventi da attuare in
 "territori  coperti  da  foreste e da boschi".  La norma indica senza
 incertezze l'oggetto dell'esenzione, individuando i beni ed i tipi di
 intervento  per   i   quali   non   e'   richiesta   l'autorizzazione
 paesaggistica.  Sarebbe  una forzatura interpretativa ritenere che il
 legislatore statale consenta in  via  generale  il  taglio  colturale
 soltanto  in  boschi  e  foreste che insistono in aree non vincolate,
 quando  proprio foreste e boschi sono compresi nell'elenco delle aree
 vincolate.
   La Regione ricorda, inoltre, che non e' richiesta  l'autorizzazione
 paesaggistica   per   le   attivita'  agro-silvo-pastorali,  che  non
 comportino alterazione permanente dello stato dei  luoghi  (art.  82,
 dodicesimo   comma,   del   d.P.R.  n.  616  del  1977).  Tra  queste
 rientrerebbero  gli   interventi   specificati   nella   disposizione
 regionale denunciata.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Il dubbio di legittimita' costituzionale investe l'art. 131,
 comma 10, lettera b), della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
 19 novembre 1991, n. 52, aggiunto dall'art. 23, comma 2, della  legge
 regionale  14  luglio  1992,  n.  19,  che,  tra  le  disposizioni di
 protezione delle bellezze naturali, inserite nel contesto delle norme
 regionali in materia di pianificazione territoriale  ed  urbanistica,
 prevede  che  non  siano  soggette all'autorizzazione richiesta nelle
 zone sottoposte a vincolo paesaggistico (art. 82 del d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616 in relazione all'art. 7 della legge 29 giugno  1939,  n.
 1497)   le  operazioni  ammesse  dalle  vigenti  norme  ed  attinenti
 all'attivita' agricola, al taglio colturale del bosco, al  taglio  di
 diradamento, all'avviamento del bosco ceduo al governo ad alto fusto,
 ai tagli di utilizzazione boschiva.
   Il   Giudice   per   le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale di Udine ritiene che l'art. 82 del d.P.R.  n.  616  del
 1977  (quale  risulta  a seguito delle integrazioni introdotte con il
 decreto-legge 27 giugno  1985,  n.  312,  convertito  in  legge,  con
 modificazioni,  con  la legge 8 agosto 1985, n. 431) - consentendo il
 taglio colturale nei boschi e  nelle  foreste  sottoposti  a  vincolo
 paesaggistico  dalla  stessa  disposizione,  purche'  il  taglio  sia
 autorizzato in base alle norme in materia forestale -  limiti  questa
 regola  ai  soli  territori  coperti  da  foreste e da boschi che non
 insistono in zone che lo stesso art. 82 sottopone ad altro  titolo  a
 vincolo  paesaggistico.  Per l'intervento in tali zone sarebbe sempre
 richiesta l'autorizzazione  prevista  dalle  norme  di  tutela  delle
 bellezze naturali (art. 7 della legge n. 1497 del 1939).
   Queste  norme statali sono qualificate come fondamentali di riforma
 economico-sociale (art. 2 della legge n. 431 del 1985) ed  in  quanto
 tali   vincolanti   anche   per   la   legislazione   della   Regione
 Friuli-Venezia Giulia. Ad avviso del  giudice  rimettente,  la  norma
 regionale  denunciata,  discostandosi  da  esse,  contrasterebbe  con
 l'art. 116 della Costituzione.
   Il divieto di interventi in zone sottoposte a vincolo paesaggistico
 e'  anche  assistito  da   sanzioni   penali   (art.   1-sexies   del
 decreto-legge n. 312 del 1985), sicche' la norma denunciata, rendendo
 lecite  nel  territorio  della Regione Friuli-Venezia Giulia condotte
 altrimenti sanzionate penalmente, sarebbe in contrasto con gli  artt.
 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.
   2.  -  I  due  giudizi  hanno  ad  oggetto  la  stessa disposizione
 legislativa  e  pongono  questioni  identiche.  Essi  vanno  pertanto
 riuniti per essere decisi con unica sentenza.
   3. - L'eccezione d'inammissibilita' per irrilevanza, proposta dalla
 Regione Friuli-Venezia Giulia, deve essere disattesa.
   Il  giudice  rimettente  ha motivato, con argomentazioni adeguate e
 non censurabili in questa sede,  la  rilevanza  costituzionale  della
 questione  di  legittimita'  sull'esito dei giudizi sottoposti al suo
 esame. Per procedere all'archiviazione degli atti,  egli  ritiene  di
 dovere  preliminarmente  valutare  se,  applicando la norma regionale
 della cui  legittimita'  costituzionale  dubita,  la  condotta  degli
 indagati  non  costituisca  illecito  penale,  oppure  se, dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  che  consente   nella
 Regione  quella condotta che in ipotesi configura un reato secondo la
 legge  statale,  manchi  nelle   persone   sottoposte   ad   indagini
 preliminari l'elemento psicologico del reato.
   4.  -  Il  giudice  rimettente  fonda  il  dubbio  di  legittimita'
 costituzionale, con riferimento a tutti i parametri  indicati,  sulla
 premessa di un asserito contrasto tra la disciplina posta dalla legge
 statale,    contenente    norme    qualificate    come   di   riforma
 economico-sociale, e la regolamentazione dettata, per  il  territorio
 del  Friuli-Venezia  Giulia, dalla norma regionale denunciata. L'art.
 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 consentirebbe il taglio  colturale  dei
 boschi,  in  quanto  tali sottoposti a vincolo paesaggistico, purche'
 esso avvenga in conformita' alla disciplina forestale  e  solo  se  i
 boschi  non  insistano su territori egualmente sottoposti al medesimo
 vincolo. Diversa,  ad  avviso  del  giudice  rimettente,  sarebbe  la
 disciplina  dettata  dall'art. 131, comma 10, lettera b), della legge
 regionale n. 52 del 1991, che permetterebbe in ogni  caso  il  taglio
 colturale  con  l'autorizzazione  forestale, senza che sia necessaria
 l'autorizzazione paesaggistica prevista nell'ambito della  protezione
 delle bellezze naturali dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939.
   Questo  presupposto  interpretativo non puo' essere condiviso. Esso
 vede  del  tutto  differenziati  l'interesse   forestale   e   quello
 paesaggistico, i quali, invece, nel sistema della generale protezione
 di  intere  categorie  di  beni  ambientali previsto dall'art. 82 del
 d.P.R. n.  616 del 1977, si implicano e si integrano  reciprocamente.
 L'interesse paesaggistico richiede che i territori coperti da foreste
 e  da boschi rimangano tali. L'interesse forestale tende, proteggendo
 l'ambiente, a preservare nel tempo il bosco, la sua  vita  e  la  sua
 consistenza,  mediante  l'adozione di tecniche appropriate, elaborate
 dalle scienze forestali e non di rado recepite in atti normativi. Per
 raggiungere  questo  scopo  sono  opportuni,  e  talvolta  necessari,
 interventi  di  silvicoltura  e  di  appropriato  taglio  che, con la
 utilizzazione,  permettono  anche  di  perseguire  la  finalita'   di
 protezione  del  bosco,  considerato nel suo insieme permanente e non
 nei singoli alberi che concorrono a comporlo.
   L'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, in  un  contesto  di  vincolo
 paesaggistico  generale  per  determinati  territori, permette sempre
 l'attivita'  agro-silvo-pastorale  che   non   comporti   alterazioni
 permanenti  dello  stato  dei  luoghi.  In  questo ambito deve essere
 collocato il taglio degli alberi, quando sia  eseguito  nel  rispetto
 delle prescrizioni forestali e rientri nel normale governo del bosco.
 Questo intervento e' gia' sottoposto a vigilanza e controllo, essendo
 per esso previsto l'obbligo di denuncia all'autorita' forestale.
   La   preservazione  nel  tempo  di  boschi  e  foreste  nella  loro
 complessiva integrita' costituisce  lo  scopo  sia  della  protezione
 forestale  che  di  quella paesaggistica generale. In vista di questo
 obiettivo, la legge statale, sottoponendo a vincolo tutti  i  boschi,
 prevede che il taglio colturale e le altre operazioni ammesse possano
 essere   compiute   con   autorizzazione  forestale,  senza  che  sia
 necessaria  anche  l'autorizzazione  paesaggistica,  che  verrebbe  a
 sovrapporsi  e  ad  iterare  il  contenuto  della prima. La finalita'
 generale di conservazione dei boschi nel tempo, che  caratterizza  la
 norma  di  protezione,  non  muta  e  non puo' operare diversamente a
 seconda del territorio sul quale il bosco stesso insiste.
   Cosi' delineato il contenuto prescrittivo dell'art. 82  del  d.P.R.
 n.  616  del 1977, non risulta configurabile l'asserito contrasto con
 tale  disposizione  della  norma  regionale  denunciata,  la   quale,
 consentendo  il  taglio  colturale  del  bosco  senza  autorizzazione
 paesaggistica,  rispecchia   sostanzialmente   il   contenuto   della
 disciplina  statale  e  si  sottrae  alle  ipotesi  di illegittimita'
 costituzionale prefigurate dalle ordinanze di rimessione.
   Rimane estranea alla  valutazione  di  legittimita'  costituzionale
 della norma, essendo affidata alla competenza del giudice rimettente,
 la  verifica delle concrete caratteristiche del taglio eseguito nella
 specie, dovendo tale operazione essere conforme, per il bosco  ceduo,
 alle prescrizioni delle norme vigenti in materia forestale al fine di
 permettere il mantenimento e la conservazione nel tempo del bosco.