ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del  decreto
 legislativo    3    febbraio    1993,    n.   29   (Razionalizzazione
 dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
 disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
 della  legge  23 ottobre 1992, n. 421), promosso con ordinanza emessa
 il 17 ottobre 1994 dal T.A.R. del Lazio di Roma sul ricorso  proposto
 da  Burani Pietro contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 17
 del registro ordinanze 1995 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di costituzione di Burani Pietro nonche' gli atti di
 intervento di Vidale Massimo ed altri e del Presidente del  Consiglio
 dei ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  dicembre  1995  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
   Udito l'avv. Gaetano Lepore per Burani Pietro  e  l'Avvocato  dello
 Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel corso di un giudizio promosso da Pietro Burani contro il
 Ministero della difesa per ottenere il riconoscimento del diritto  di
 essere  inquadrato - ai sensi dell'art. 4 della legge 11 luglio 1980,
 n. 312 - nella superiore  qualifica  funzionale  corrispondente  alle
 mansioni   esercitate   per   oltre   cinque   anni,   il   Tribunale
 amministrativo del Lazio, con  ordinanza  del  17  ottobre  1994,  ha
 sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  76 e 77 Cost., questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 74 del d.lgs. 3 febbraio  1993,
 n.  29,  nella  parte  in  cui  ha  abrogato  l'art. 4, commi decimo,
 undicesimo, dodicesimo e tredicesimo, della citata legge n.  312  del
 1980.
   Questa  legge, relativa al nuovo assetto retributivo-funzionale del
 personale civile e militare dello Stato, ha disposto un inquadramento
 provvisorio del personale in servizio al 1 gennaio 1978  nelle  nuove
 qualifiche  funzionali  secondo  le corrispondenze indicate nell'art.
 4, primo comma, e un inquadramento  definitivo,  previo  inserimento,
 con le modalita' indicate nel comma ottavo, dei profili professionali
 di  cui  al  precedente  art.  3  nelle  qualifiche  funzionali.  Due
 correttivi  a  tale  regola  sono  previsti  dal  nono  comma  per  i
 dipendenti  che  per  un  periodo non inferiore a cinque anni abbiano
 svolto le mansioni di un profilo diverso  dalla  qualifica  rivestita
 secondo  il  vecchio ordinamento oppure mansioni corrispondenti a una
 qualifica funzionale superiore a quella di inquadramento. Nel secondo
 caso, a norma dell'art.  4, commi decimo,  undicesimo,  dodicesimo  e
 tredicesimo,  abrogati  dalla  disposizione  impugnata, a domanda, da
 presentarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della  legge,
 e  previa favorevole valutazione del consiglio di amministrazione, il
 dipendente poteva ottenere l'inquadramento nella qualifica  superiore
 mediante  l'espletamento  di  una prova selettiva intesa ad accertare
 l'effettivo possesso della relativa professionalita'.
   Ad avviso del giudice rimettente la normativa  impugnata  eccede  i
 limiti della delega disposta nell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992,
 n.  421,  il  quale  alla lettera o) autorizza il Governo a procedere
 all'abrogazione delle  disposizioni  che  prevedono  automatismi  che
 influenzano il trattamento economico fondamentale ed accessorio, e di
 quelle  che  prevedono  trattamenti  economici accessori, settoriali,
 comunque denominati, a favore dei pubblici dipendenti,  sostituendole
 con  corrispondenti  disposizioni di accordi contrattuali. Nel novero
 di  tali   disposizioni   non   rientrerebbe   il   procedimento   di
 inquadramento  disciplinato  dai commi citati dell'art. 4 della legge
 n. 312 del 1980, attesa la natura  meramente  programmatica  di  tale
 disciplina,  la  quale  non  comporta per se stessa alcun automatismo
 incidente sul trattamento  economico  dei  dipendenti  legittimati  a
 domandare l'attuazione del procedimento.
   2.   -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  costituzionale  si  e'
 costituito il ricorrente, il quale ha promosso il giudizio principale
 deducendo di avere svolto mansioni  corrispondenti  a  una  qualifica
 superiore  a  quella  di  appartenenza  in  base a ordini di servizio
 dell'Amministrazione reiterati dal 1987 al 1993.
   Nel  merito  la  parte   costituita   aderisce   all'ordinanza   di
 rimessione, aggiungendo che l'abrogazione dell'art. 4, commi decimo e
 segg.,  della  legge  del  1980  non  puo' trovare fondamento nemmeno
 nell'altro criterio direttivo fissato dalla lettera  n)  dell'art.  2
 della stessa legge di delega.
   3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che  la
 questione sia dichiarata infondata.
   L'Avvocatura premette che la valutazione della portata della delega
 legislativa conferita al Governo nel settore del pubblico impiego non
 puo'  prescindere  dall'esame di tutti i principi e criteri direttivi
 enunciati dal citato art. 2 della legge n. 421 del 1992 nei punti  da
 a)  a  n), e anzitutto dal primo comma, che stabilisce implicitamente
 la  possibilita',  da   parte   della   legislazione   delegata,   di
 abrogazione,  per  incompatibilita',  della  normativa  in precedenza
 vigente nel detto settore.
   Ora la disciplina speciale in tema  di  adibizione  temporanea  del
 dipendente  a  mansioni  superiori, in deroga all'art. 2103 cod.civ.,
 prefigurata nel punto n) e attuata dall'art. 57 del d.lgs. n. 29  del
 1993,  ha  necessariamente  comportato  anche  l'incompatibilita'  di
 qualsiasi normativa preesistente che avesse assunto lo svolgimento di
 mansioni superiori da parte del prestatore di lavoro come presupposto
 di un procedimento (sia pure selettivo) rivolto a far  conseguire  ai
 pubblici   dipendenti  l'attribuzione  di  profili  professionali  di
 qualifica   funzionale   superiore,   le   cui    mansioni    fossero
 corrispondenti a quelle svolte per un determinato periodo di tempo.
   In  una  memoria  depositata  in  prossimita' dell'udienza pubblica
 l'interveniente rileva  il  formalismo  da  cui,  a  suo  avviso,  e'
 inficiata  l'interpretazione  del  giudice rimettente, che esclude le
 disposizioni dell'art. 4, commi decimo sgg., della legge n.  312  del
 1980  dalla previsione del punto o) dell'art. 2 della legge delega n.
 421   del   1992.   Siffatta   interpretazione   non   tiene    conto
 dell'inscindibile  nesso  causale  che  collega  lo svolgimento delle
 mansioni superiori all'inquadramento nella relativa qualifica.
   4. - Fuori termine hanno depositato un atto  di  intervento  alcuni
 dipendenti  del  Ministero  per  i  beni culturali, associandosi alla
 domanda di dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma
 impugnata.
                         Considerato in diritto
   1. - L'art. 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e  tredicesimo,
 della   legge   11   luglio   1980,   n.   312,   sul  nuovo  assetto
 retributivo-funzionale  dei  dipendenti  dello  Stato,  prevedeva  un
 correttivo   ai  criteri  di  inquadramento  nelle  nuove  qualifiche
 funzionali (sostitutivo del precedente  sistema  delle  carriere)  in
 favore  dei  dipendenti  che  avessero  svolto per almeno cinque anni
 mansioni  corrispondenti  a  una  qualifica  superiore  a  quella  di
 appartenenza.   A   domanda,  da  presentarsi  entro  novanta  giorni
 dall'entrata in vigore della legge, e previa  valutazione  favorevole
 del  consiglio  di  amministrazione,  il  dipendente  poteva ottenere
 l'inquadramento nella nuova qualifica funzionale mediante  una  prova
 selettiva  intesa  ad  accertare  l'effettivo possesso della relativa
 professionalita'.
   L'abrogazione dei commi citati dell'art. 4, disposta dall'art.   74
 del  d.lgs.  3  febbraio 1993, n. 29, e' sospettata di illegittimita'
 costituzionale dal TAR del Lazio  per  violazione  dei  limiti  della
 delega  risultanti  dall'art.  2,  punto  o),  della  legge di delega
 legislativa 23 ottobre 1992, n. 421 (artt. 76 e 77 Cost.).
   2. - In  linea  di  fatto  il  giudice  rimettente  precisa  che  i
 ricorrenti  hanno  maturato  il  periodo  minimo  di permanenza nelle
 mansioni ritenute superiori alla qualifica di inquadramento nel 1983,
 cioe' posteriormente alla data di entrata in vigore  della  legge  n.
 312  del  1980,  lasciando  cosi'  intendere  che  egli interpreta la
 normativa abrogata nel senso che il beneficio non fosse riservato  ai
 dipendenti  che  avessero maturato il quinquennio prima di tale data,
 la sola menzionata dalla legge come dies a quo del termine di novanta
 giorni per la presentazione della domanda.  Alla  stregua  di  questa
 interpretazione estensiva, che non appare manifestamente irrazionale,
 la questione deve ritenersi rilevante, e quindi ammissibile.
   3. - Essa, pero', non e' fondata.
   Il giudice a quo ritiene che la norma abrogativa in esame sia stata
 introdotta  sulla  base dell'art. 2, punto o), della legge di delega,
 il quale autorizza il  Governo  a  "procedere  all'abrogazione  delle
 disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento
 economico  fondamentale  ed accessorio" dei pubblici dipendenti, e la
 impugna sul riflesso che il legislatore delegato avrebbe  forzato  il
 concetto  di  "automatismo"  applicandolo  indebitamente  anche  alle
 modalita' di promozione alla qualifica superiore  previste  dall'art.
 4,  commi  decimo  e  sgg., della legge n. 312 del 1980. La questione
 viene cosi' impostata su una considerazione  isolata  del  punto  o),
 senza  allargarla  al  contesto  normativo  in  cui  e' inserito e in
 particolare  senza  previamente  accertare  la  compatibilita'  della
 disciplina,  di  cui  si  censura  l'abrogazione,  con  la  direttiva
 contenuta  nel  precedente punto n), specificamente afferente al caso
 di adibizione del dipendente a mansioni superiori  a  quelle  proprie
 della qualifica assegnatagli.
   Questa  direttiva  esclude,  in  deroga all'art. 2103 cod.civ., che
 alla permanenza del lavoratore  nelle  mansioni  superiori  oltre  il
 limite   di   tempo   fissato  dalla  legge  possa  essere  collegata
 l'attribuzione  del  "diritto   all'assegnazione   definitiva   delle
 stesse".  La  formulazione  del  punto  n)  indica,  gia' in linea di
 interpretazione  letterale,  che  la  direttiva   non   puo'   essere
 concettualizzata  in termini speculari alla disposizione derogata del
 codice, la quale usa una formula diversa ("l'assegnazione a  mansioni
 superiori  diviene  definitiva"  dopo un certo periodo di tempo), che
 caratterizza l'effetto ivi previsto come promozione automatica  (ipso
 iure)  alla  qualifica corrispondente.   Che le due formule non siano
 coestensive   si   chiarisce,    in    linea    di    interpretazione
 logico-sistematica, alla luce:
     a)  degli  artt.  8,  28  e  36  del  decreto  delegato,  che, in
 conformita' dell'art. 97, terzo comma, Cost., prescrivono determinate
 procedure per la copertura dei posti in organico;
     b) dell'art. 2 della legge delega, che impartisce  una  direttiva
 di  contenimento,  razionalizzazione  e  controllo della spesa per il
 settore del pubblico  impiego,  di  miglioramento  dell'efficienza  e
 della produttivita', in vista di una riorganizzazione del settore;
     c)  dell'art.  2,  punto  a), della medesima legge, che collega i
 limiti  al  principio  della  contrattualizzazione  dei  rapporti  di
 pubblico  impiego  secondo la disciplina del codice civile (nel quale
 consiste l'innovazione fondamentale della riforma  del  1992-93)  "al
 perseguimento   degli   interessi  generali  cui  l'organizzazione  e
 l'azione delle pubbliche amministrazioni sono indirizzate".
   Interpretato in  questo  quadro  normativo,  il  sintagma  "diritto
 all'assegnazione definitiva" usato nel punto n) assume un significato
 ampio comprensivo non solo di automatismi del tipo di quello previsto
 dall'art.  2103  cod.civ.,  ma  di  qualsiasi effetto in qualche modo
 vincolante per l'amministrazione nella forma di un diritto soggettivo
 attribuito al dipendente  in  ragione  dell'adibizione  temporanea  a
 mansioni superiori.
   Di  tale  natura e' l'effetto collegato all'esercizio temporaneo di
 mansioni  superiori  dalla  disciplina  abrogata  dalla  disposizione
 denunciata.  Esso  non  consiste nell'attribuzione automatica, in via
 definitiva, delle mansioni superiori, l'inquadramento nella qualifica
 corrispondente essendo subordinato al conseguimento di un giudizio di
 idoneita' mediante una prova selettiva. Ma se cio' puo' forse mettere
 fuori  causa,  come  criterio  giustificativo  dell'abrogazione,   il
 criterio  dell'art.  2, punto o), della legge n. 421 del 1992, non e'
 invece un argomento sufficiente in relazione al punto n). A parte  il
 rilievo  che  la  progressione  di  carriera  mediante  la  procedura
 selettiva prevista dall'art. 4, comma decimo, della legge n. 312  del
 1980  e'  ammessa  dal  nuovo  ordinamento  solo  per  le  qualifiche
 impiegatizie (art. 36 del d.lgs. n. 29 del 1993), importa soprattutto
 che l'accesso alla prova  di  idoneita'  forma  il  contenuto  di  un
 diritto  potestativo  del  dipendente  e  di  un  vincolo correlativo
 dell'amministrazione,  cosi'  che  egli  ha  un  diritto,  sia   pure
 condizionato,  all'assegnazione  definitiva  delle  mansioni: diritto
 incompatibile col principio di  ordine  pubblico,  salvaguardato  dal
 punto  n)  dell'art. 2 della legge di delega, per cui la copertura di
 posti  in  organico  presuppone   una   deliberazione   discrezionale
 dell'amministra-zione  di  avviare  le  procedure  per l'accesso o la
 progressione del personale a quei posti (art.   8 d.lgs.  n.  29  del
 1993).
   Fondamento  giustificativo  della  norma  abrogatrice impugnata e',
 quindi, non tanto  la  direttiva  del  punto  o)  -  concernente  gli
 automatismi  legali  incidenti sui soli trattamenti economici, la cui
 abrogazione e' autorizzata in funzione di  un  controllo  globale  di
 tali  trattamenti  da  parte della contrattazione collettiva - quanto
 l'incompatibilita' della disciplina abrogata  con  la  direttiva  del
 punto  n),  attuata  dall'art.  57  del  decreto  delegato. Nel nuovo
 ordinamento l'esercizio temporaneo di mansioni superiori non solo non
 puo' comportare una promozione automatica, ma nemmeno un  diritto  di
 riserva  del  posto, subordinato a una prova di idoneita' da attuarsi
 obbligatoriamente su domanda dell'interessato.