LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi iscritti ai numeri 348/pc e 483/pc del registro di segreteria, proposti da Perrone don Bartolomeo avverso, rispettivamente, i decreti del Provveditore agli studi di Ancona n. 10.337 del 30 dicembre 1993 e n. 301.893 del giorno 8 luglio 1994; Uditi, nella pubblica udienza del 21 luglio 1995, il cons. Luigi Di Murro e l'avv. Paolo Guerra, difensore del ricorrente; Non rappresentata l'Amministrazione resistente; Visto il d.-l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19; Visti gli altri atti e i documenti della causa. F a t t o Con il primo decreto impugnato n. 10.337 sono state accolte, dal 1 settembre 1994, le dimissioni del Perrone, nato il 23 ottobre 1937, gia' docente di ruolo della scuola di secondo grado Istituto tecnico femminile "F. Angelini" di Ancona; dimissioni presentate il 17 dicembre 1993. Da rilevare che il preside dell'anzidetto Istituto, in esecuzione della nota del Provveditore di Ancona n. 45.679/C 1 del 25 gennaio 1994, ha comunicato al Perrone il ricordato decreto n. 10.337, con l'avvertenza che, secondo l'art. 11, diciannovesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, egli aveva la possibilita' di revocare le dimissioni del dicembre 1993, tenuto conto che, giusta il sedicesimo e diciottesimo comma del medesimo art. 11, era prevista la riduzione del trattamento di quiescenza nei confronti di coloro per i quali non fosse stata accolta la domanda di pensione prima del 15 ottobre 1993. Con il secondo decreto impugnato n. 301.893, il ripetuto Provveditorato ha liquidato il trattamento provvisorio di pensione applicando la riduzione del 9% ai sensi del citato art. 11. Nel primo ricorso n. 348/pc prodotto a questa Corte il 31 marzo 1994 l'interessato sostiene che la legge n. 537/1993 discrimina fra categorie omogenee di soggetti in quanto, mentre prevede che la menzionata riduzione percentuale non si applica agli insegnanti le cui dimissioni siano state accolte prima del 15 ottobre 1993, non considera che le dimissioni del personale insegnante sono regolate dalla peculiare disposizione per cui le cessazioni dal servizio avvengono a data fissa, coincidente con la fine dell'anno scolastico: tutto cio', a giudizio del Perrone, sarebbe in contrasto con gli articoli 3, 36, 38 e 97 della Costituzione. Nel secondo ricorso n. 483/pc prodotto a questa Corte il 17 marzo 1995, l'interessato deduce che il provvedimento impugnato e' inficiato dai medesimi vizi rilevati nei confronti del provvedimento oggetto del primo ricorso, al quale chiede la riunione per connessione oggettiva e soggettiva; il petitum e' in effetti esattamente sovrapponibile a quello del primo gravame in quanto anche per il provvedimento oggetto del secondo ricorso la parte privata chiede la declaratoria della non manifesta infondatezza delle sollevate questioni di incostituzionalita' con rimessione delle stesse alla Corte costituzionale e, all'esito positivo, l'accoglimento del ricorso nel senso che sia riconosciuto il diritto del ricorrente alla pensione non ridotta, con ogni conseguente statuizione anche in ordine agli interessi ed alle rivalutazioni di legge sulle somme non corrisposte. Agli argomenti svolti nel primo ricorso l'Amministrazione resistente ha controdedotto con la nota del 9 settembre 1994, secondo la quale il provvedimento impugnato conforme alle vigenti disposizioni di legge in materia previdenziale. L'avv. Guerra ha depositato il 10 dicembre 1984 una memoria in cui, illustrate le deduzioni svolte nel primo ricorso, ha chiesto la rimessione della controversa questione alla Corte costituzionale e, ove questa favorevolmente decida, l'accoglimento dei ricorso, con interessi e rivalutazione. Con ordinanza del 27 febbraio 1995, pronunciata quindi nell'intervallo tra i due ricorsi, la Sezione ha posto in evidenza che il primo decreto, anche se anticipatorio delle future determinazioni, non statuisce sul trattamento di quiescenza ma si limita ad accogliere le dimissioni; talche' ha ritenuto necessario acquisire documenti dimostrativi della effettivita' del nocumento subito dal Perrone. In esecuzione dell'anzidetta ordinanza il difensore del Perrone ha depositato, in data 17 marzo 1995, copia del provvedimento di liquidazione del trattamento pensionistico provvisorio (corredato di copia del relativo ricorso iscritto al n. 483/pc) dal quale risulta la decurtazione operata sul trattamento pensionistico spettante al ricorrente. Alla pubblica udienza l'avv. Guerra illustra piu' ampiamente i dedotti motivi di illegittimita' costituzionale delle disposizioni applicate per determinare il trattamento pensionistico del ricorrente ed insiste, qualora l'interpretazione delle norme stesse ad opera del Collegio non consenta ex se l'accoglimento del gravame, per la rimessione della questione al Giudice delle leggi e, ove ne sia favorevole la sentenza, per la richiesta di accoglimento nel senso che sia riconosciuto al ricorrente il diritto alla fruizione del trattamento pensionistico nel suo importo integrale, non senza gli interessi e la rivalutazione. D i r i t t o La sezione, riuniti in rito i due ricorsi per evidente connessione ai sensi dell'art. 274 del c.p.c., osserva che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Perrone e' rilevante ai fini del decidere, non potendosi dubitare che, se una declaratoria d'incostituzionalita' investisse l'art. 11, commi sedici e diciotto, della legge 24 dicembre 1993, n. 357, si dovrebbe riconoscere il diritto del ricorrente alla fruizione del trattamento pensionistico nella misura (non decurtata) prevista dalla normativa anteriore alla entrata in vigore della legge n. 357/1993 poc'anzi citata. Piu' complesso e' il discorso sulla non manifesta infondatezza, il quale, in relazione alle norme costituzionali che si assumono violate, si puo' articoºare nelle tre lettere che seguono. A. - Quanto alla ritenuta violazione dell'art. 3 Cost., va rilevato che il legislatore avrebbe dovuto prendere specificamente in considerazione la peculiarita' della posizione giuridica per il personale della scuola, tenendo conto della circostanza che detto personale, a norma dell'art. 10 del d.-l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge n. 417 del 1989, e' necessariamente collocato a riposo dal 1 settembre di ogni anno e che il medesimo personale il quale a mente dei commi quarto e quinto dello steso articolo, abbia presentato le proprie dimissioni dall'impiego, non puo' revocarle dopo il 31 marzo successivo, mentre le dimissioni presentate dopo tale data, ma prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo, avranno effetto dal 1 settembre dell'anno che segue il suddetto anno scolastico. In altri termini: secondo la normativa citata, il personale della scuola, per esigenze proprie del comparto di cui trattasi per il quale e' indefettibile conoscere a data certa (31 marzo di ciascun anno) l'organico di diritto sulla base del quale procedere alle nomine per il successivo anno scolastico per la tempestiva copertura dei posti a tale data risultanti vacanti, puo' presentare le proprie dimissioni dall'impiego, a valere sempre con decorrenza dall'inizio del successivo anno scolastico, nell'arco temporale che va dal 1 aprile al 31 marzo dell'anno seguente potendo altresi', nel medesimo arco temporale, revocare le dimissioni gia' presentate anche se, in ipotesi, medio tempore accolte dall'Amministrazione. Il vincolo temporale introdotto dal legislatore del 1993, che esclude dalla decurtazione del trattamento anticipato di quiescenza i soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni, confligge, infatti, per il comparto scuola che qui interessa, con l'osservazione che il Provveditorato agli Studi non solo non ha alcun obbligo di pronunciarsi con immediatezza sulle domande di pensionamento prima che sia spirato il termine entro il quale le domande medesime possono essere tempestivamente revocate dall'interessato ma deve bensi' soddisfare lo specifico interesse ad evitare, per il principio dell'economia degli atti e dei procedimenti amministrativi, l'emanazione di provvedimenti la cui stessa esistenza e' subordinata all'esercizio del predetto diritto potestativo di revoca delle dimissioni gia' presentate dal dipendente. Discende da cio' che il diritto parimenti potestativo alla presentazione delle dimissioni e, conseguentemente, all'ammontare del trattamento pensionistico, viene condizionato dall'inerzia non censurabile della Amministrazione che ridonderebbe comunque in danno per l'istante il quale risulta privo del potere di impulso per l'ottenimento del provvedimento di accoglimento delle dimissioni, con evidente disparita' di trattamento e conseguente violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., rispetto ai dipendenti degli altri comparti del pubblico impiego per i quali tornano comunque applicabili alla fattispecie in argomento le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il che rende del tutto ininfluente, per il personale di cui trattasi, la data di presentazione della domanda di dimissioni, atteso che cio' che rileva, ai fini organizzativi propri del comparto per il quale sono state dettate le specifiche disposizioni sopra dette, e' unicamente che la domanda sia stata presentata e non sia stata revocata entro il 31 marzo antecedente l'inizio del successivo anno scolastico. Potrebbe obiettarsi che la lamentata disparita' di trattamento tra personale scolastico e restante personale pubblico in generale e statale in particolare non possa essere ritenuta incostituzionale, perche' fondata sulla diversita' di situazioni - con riguardo al tipo di contrato, alle prestazioni richieste, ecc. - esistente tra le due categorie di personale, ma tale obiezione risulta positivamente superata dalla piu' recente giurisprudenza della Corte costituzionale la quale, con sentenza n. 439 del 12-13 dicembre 1994, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella parte in cui differisce, fino al 1 gennaio 1994, la corresponsione della pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per dimissioni, dal 1 settembre 1993. In proposito appare significativo rilevare che le norme dichiarate incostituzionali in parte qua sono rivolte al pubblico impiego in genere e che, secondo la Corte costituzionale, dette disposizioni mal si conciliano con l'ordinamento scolastico, con la conseguenza di recare una lesione del tutto ingiustificata al personale della scuola, soggetto com'e' allo specifico regime sopra illustrato per l'accettazione delle dimissioni volontarie. E che il comparto scuola debba essere considerato, per le proprie peculiarita', in via autonoma rispetto al restante personale pubblico, e' altresi' dimostrato dalla recentissima legge 8 agosto 1995 n. 335, relativa alla riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, che ha ritenuto di dover dettare, al comma 31 dell'art. 1, una disciplina differenziata proprio per il personale del comparto scuola ai fini dell'accesso al trattamento di pensione. Anche le disposizioni che qui interessano risultano avere ad oggetto tutti indistintamente i pubblici dipendenti, e quindi anche per queste puo' fondatamente sostenersi che mal si conciliano con il comparto scuola proprio per la peculiarita' del procedimento di presentazione e di accettazione delle dimissioni volontarie del personale appartenente a detto comparto. Ma la disparita' piu' evidente e' rinvenibile all'interno del medesimo comparto della scuola. Come esattamente rilevato dalla difesa del ricorrente nella memoria difensiva, un soggetto con minore anzianita' contributiva, il quale abbia presentato la propria domanda di pensionamento anticipato che risulti accolta prima del 15 ottobre 1993, pur cessando dal servizio in coincidenza temporale (1 settembre 1994) con altro soggetto avente una maggiore anzianita' contributiva la cui domanda di pensionamento anticipato sia stata, viceversa, accolta dopo la predetta data del 15 ottobre 1993, godra' di un trattamento pensionistico che, per non essere soggetto alle decurtazioni di cui alla legge n. 537/1993, puo' risultare superiore a quello spettante al secondo, anche in considerazione del fa'tto che le decurtazioni in parola operano, altresi', nei confronti dell'indennita' integrativa speciale che, a sua volta, risulta gia' proporzionalmente ridotta in ragione degli anni mancanti al compimento del quarantesimo anno di servizio utile a pensione ai sensi dell'art. 10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, in legge 25 marzo 1983, n. 79. Appare spiegabile, per quanto sopra esposto, il dubbio che l'aver disciplinato in modo identico situazioni cosi' difformi si sia tradotto in un trattamento ingiustificatamente discriminatorio per il personale scolastico, mentre diverse scelte legislative avrebbero dovuto conciliare l'esigenza sottesa all'emanazione delle norme contestate con la parita' di trattamento dei suoi destinatari. B. - Quanto alla ritenuta violazione degli articoli 36 e 38, che garantiscono al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad assicurargli un'esistenza libera e dignitosa, e che tutelano non soltanto la retribuzione corrisposta nel corso del rapporto di lavoro bensi' anche quella differita alla cessazione di tale rapporto, ai fini previdenziali, nella forma del trattamento di liquidazione e di quiescenza, appare sufficiente il rinvio alle decisioni della Corte costituzionale n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992 con le quali si e' anche affermato che, in caso di cumulo del trattamento pensionistico con quello di attivita', le riduzioni del primo sono giustificate e considerate compatibili con l'art. 36 Cost. solo ove correlate con retribuzioni nella nuova attivita' lavorativa che ne giustifichino la misura; nel caso di specie, e soprattutto in considerazione della doppia decurtazione gravante sia sulla base pensionabile dalla quale si determina il trattamento pensionistico in ragione del numero degli anni utili a pensione, sia sull'indennita' integrativa speciale (che attualmente incide in misura rilevante sul trattamento economico di servizio), i suesposti principi costituzionali appaiono particolarmente vulnerati. C. - Quanto all'art. 97 Cost., e' appena il caso di osservare come il disposto del primo comma, ai sensi del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, sia violato dalla manifesta possibilita', per l'Amministrazione scolastica, di procurare, con comportamenti non censurabili, ingenti danni o, per converso, indebiti vantaggi, sol procastinando ovvero tempestivamente accogliendo le domande di pensionamento anticipato. Il giudizio va, quindi, sospeso, con il rinvio degli atti alla Corte costituzionale per la conseguente pronunzia.