Ricorso  della  Regione  Siciliana,  in  persona   del   Presidente
 pro-tempore,   on.  Matteo  Graziano,  autorizzato  a  ricorrere  con
 deliberazione della Giunta regionale  n.  20  del  25  gennaio  1996,
 rappresentato  e  difeso,  sia congiuntamente che disgiuntamente, per
 procura a margine del presente atto, dagli avv.ti Francesco  Torre  e
 Francesco   Castaldi,   ed   elettivamente   domiciliato  nella  sede
 dell'ufficio della regione  siciliana  in  Roma,  via  Marghera,  36,
 contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  in persona del
 Presidente  del  Consiglio  pro-tempore,  per  la  dichiarazione   di
 incostituzionalita'  del  combinato disposto dei commi 143, 146 e 241
 dell'art. 3 della legge 28 dicembre  1995,  n.  549  (pubblicata  nel
 supplemento  ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre
 1995) che destina all'erario statale la tassa per l'attribuzione  del
 numero di partita I.V.A. e quella annuale istituite con l'art. 36 del
 d.-l. 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge
 27 aprile 1989, n. 154.
                                Premesse
   Nel  supplemento  ordinario  alla  Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29
 dicembre 1995 e' stata pubblicata la legge 28 dicembre 1995,  n.  549
 recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
   In  particolare l'art. 3 della legge, fra l'altro, nei commi da 138
 a 146, ha apportato diverse modifiche  alla  disciplina  delle  tasse
 sulle  concessioni  governative, prevedendo la soppressione immediata
 di alcune di esse, differendo la soppressione di  altre  al  1998  ed
 elevando la misura o modificando la disciplina di quelle rimaste.
   Per  quanto riguarda specificamente la tassa per l'attribuzione del
 numero di partita I.V.A. e quella annuale istituite con  l'art.    36
 del  d.-l.  2  marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni, nella
 legge 27 aprile 1989, n. 154, che non  conteneva  alcuna  riserva  in
 favore   dell'erario  statale,  l'art.  3,  comma  143,  della  legge
 impugnata prevede che le  predette  tasse  vengano  corrisposte  -  a
 decorrere dal 1 gennaio 1996 (cf. il successivo comma 146) - mediante
 delega alle aziende e agli istituti di credito o per il tramite degli
 uffici postali che provvedono a versarla alle sezioni della tesoreria
 provinciale  dello Stato, mentre le precedenti modalita' di pagamento
 consistevano nel versamento presso l'ufficio del  registro  tasse  di
 concessioni governative di Roma.
   Infine  il comma 241 del medesimo art. 3 dispone che "le entrate di
 cui ai commi 82 e seguenti del presente articolo ...  sono  destinate
 all'erario  e  concorrono  alla copertura degli oneri per il servizio
 del debito  pubblico,  nonche'  alla  realizzazione  delle  linee  di
 politica  economica  e  finanziaria  in  funzione  degli  impegni  di
 riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".
   Siffatta disposizione normativa e' sospetta di  incostituzionalita'
 per i seguenti motivi:
                             D i r i t t o
   Violazione dell'articolo 36 dello statuto della regione siciliana e
 dell'art.  2  delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui
 d.P.Rep. 26 luglio 1965, n. 1074.
   Ai sensi dell'art. 2, primo comma, delle norme di attuazione  dello
 statuto  siciliano  in  materia finanziaria approvate col d.P.Rep. 26
 luglio 1965, n. 1074 - che concorrono ad integrare  il  parametro  di
 costituzionalita' insito nell'art. 36 dello Statuto stesso - spettano
 alla   Regione   siciliana   tutte  le  entrate  tributarie  erariali
 riscossenel  suo  territorio,  ad  eccezione  delle   nuove   entrate
 tributarie  il  cui  gettito  sia destinato, con apposite leggi, alla
 copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari   finalita'
 contingenti  o  continuative  dello  Stato,  specificate  nelle leggi
 medesime.
   Secondo la  costante  giurisprudenza  di  codesta  Corte  requisito
 basilare  per  la  devoluzione  allo  Stato  delle entrate tributarie
 riscosse in Sicilia e' quello della novita' dell'entrata, ravvisabile
 in "un'entrata derivante da  un atto impositivo  nuovo,  in  mancanza
 del  quale l'entrata non si sarebbe verificata, a nulla rilevando che
 il nuovo atto impositivo introduca un  tributo  nuovo  o  ne  aumenti
 soltanto uno precedente" (sent. n. 47 del 1968 n. 49 del 1972).
   Ora,  le  modifiche introdotte dal citato art. 3 della legge n. 549
 del 1995 alla previgente normativa concernente la tassa sulla partita
 I.V.A. non  incrementano  il  flusso  della  corrispondente  entrata,
 essendo  limitate  esclusivamente alle modalita' di versamento, senza
 alcuna  variazione  dell'importo  del  tributo  sinora  pacificamente
 incamerato dalla Regione.
   Manca,  quindi,  all'entrata  in  discorso l'estremo della novita',
 come precisato dalla giurisprudenza di codesta Corte.
   Senonche' il comma 241 dello stesso  art.  3  recante  la  clausola
 devolutiva  all'erario  prevista  dal  citato  art. 2 del d.P.Rep. n.
 1074/1965 riferendosi indiscriminatamente alle  "entrate  di  cui  ai
 commi  82  e seguenti del presente articolo", e quindi anche a quella
 derivante dalla tassa sulla partita I.V.A., che nuova non e', si pone
 in contrasto con l'art. 36 dello statuto siciliano e con le  relative
 norme  di  attuazione di cui al piu' volte citato art. 2 d.P.Rep.  n.
 1074 del 1965.
   Vero e' che, ai sensi del comma 243 dello stesso art. 3 della legge
 n. 549/1995,  le  disposizioni  di  questa  "sono  applicabili  nelle
 regioni  a  statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di
 Bolzano in quanto non  in  contrasto  con  le  norme  dei  rispettivi
 statuti  e  con  le relative norme di attuazione". Sta di fatto pero'
 che il Ministero delle finanze, con circolare n. II/4/126/96  del  15
 gennaio  1996  (che  si  deposita)  per  le  operazioni effettuate in
 Sicilia, da' istruzioni alle banche di versare  il  50%  delle  somme
 riscosse  a  titolo  di  tassa annuale partita I.V.A. alle competenti
 sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, al Capo VIII,  capitolo
 1217,  art.  3  del  bilancio  dello  Stato  e solo la restante parte
 direttamente all'Ufficio provinciale della Cassa regionale siciliana.
   Onde si impone  una  sentenza  chiarificatrice  di  codesta  ecc.ma
 Corte,  che  renda conforme allo statuto siciliano il contenuto della
 disposizione impugnata,  impedendo  "colpi  di  mano"  da  parte  del
 Ministero in danno delle finanze regionali.